Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4105 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4105 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
Oggetto: Responsabilità civile – diffamazione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1094/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO in forza di procura speciale in calce al ricorso ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (p.e.c. EMAIL;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale alle liti rilasciata su foglio separato ed allegata al controricorso dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-resistente – avverso la sentenza della Corte di appello di ROMA n. 4027/2021 depositata il 3 giugno 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023
CC 13 dicembre 2023
Ric. n. 1094/2022
Pres. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE COGNOME
dalla Consigliera NOME COGNOME.
Fatti di causa
1. Con atto di citazione NOME COGNOME ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la RAGIONE_SOCIALE ed il giornalista NOME COGNOME, in relazione alla trasmissione del Telegiornale di RAGIONE_SOCIALE, edizione delle 8.00 del mattino, in onda il 18.5.2006, all’interno del quale era stato trasmesso un servizio relativo all’inchiesta sul RAGIONE_SOCIALE scommesse nel messinese, asseritamente diffamatorio e lesivo dell’onore, reputazione ed immagine dell’attore, noto calciatore all’epoca in forze nella squadra del Messina ; ha dedotto in particolare che tale servizio, realizzato dal giornalista NOME COGNOME, aveva riportato gli esiti di un’indagine giudiziaria sul RAGIONE_SOCIALE scommesse nella quale alcune persone erano ‘finite in carcere’ a Messina ed ‘alcuni calciatori erano finiti dentro un’indagine sulle scommesse’ (in particolare erano stati menzionati NOME COGNOME e NOME COGNOME, coinvolto nell’inchiesta ‘di striscio i due calciatori’), rimanendo ‘impigliati nelle intercettazioni della squadra mobile che indagava su un giro di scommesse clandestine’, sebbene n ei confronti dei medesimi non risultasse ‘nessuna ipotesi di illecito penale’, ma unicamente ‘la frequentazione di un noto centro scommesse legato al tifo giallorosso e un’inquietante propensione a giocare forte’ ; ha lamentato, in particolare, come il servizio trasmesso durante il telegiornale avesse accostato illecitamente la propria figura a quella del RAGIONE_SOCIALE scommesse -cui era riferito il servizio in questionespecie in quanto veniva descritto come frequentatore ed assiduo giocatore presso un noto centro scommesse di Messina, gestito dalla criminalità mafiosa e da un ambiente fortemente malavitoso, meglio descritto nella successiva parte del servizio, riferita all’analitica descrizione degli esiti delle indagini svolte relativamente al giro di scommesse clandestine ed al modo truffaldino di operare dei gestori dei relativi centri; a d avviso dell’attore, dal servizio era derivata un’immagine assolutamente distorta e negativa della sua persona, gettando discredito e sospetto sulla sua partecipazione ad attività illecite, invero mai avvenuta, con il conseguente danno non
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Pres. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE COGNOME patrimoniale quantificato nella misura di euro 200.000,00; ha quindi concluso chiedendo la condanna della parte convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale subì to per l’illecita lesione della propria reputazione, nella misura indicata, oltre alla pubblicazione della sentenza di condanna sulle testate indicate in citazione ed alla condanna della controparte alla pena pecuniaria di euro 35.000,00 ex art. 12 della l.47/48, con ogni conseguenza sotto il profilo delle spese processuali.
La società convenuta, ritualmente costituita, ha eccepito preliminarmente la nullità dell’atto introduttivo per indeterminatezza dell’oggetto della domanda , in considerazione della mancata indicazione del titolo di responsabilità per cui ciascun convenuto è stato evocato in giudizio, nonché dell’assenza di allegazioni relative al danno non patrimoniale asseritamente derivato dalla trasmissione del servizio in questione; nel merito, ha contestato analiticamente il fondamento della domanda attrice ed evidenzi ato il pieno e legittimo esercizio del diritto di cronaca nell’ambito della trasmissione televisiva in questione, svolto nell’assoluto rispetto dei fondamentali canoni della pertinenza, continenza espositiva e verità della notizia; in particolare, la RAGIONE_SOCIALE con riferimento alla verità della notizia esposta, ha precisato di avere immediatamente dato atto dell’assenza di responsabilità penale dell’attore, essendosi limitata a riferire fatti attinti dalle indagini svolte (ed in particolare dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche) e relativi alla frequentazione da parte dell’attore e di un altro calciatore della squadra del Messina di un centro scommesse legato al mondo del tifo giallo-rosso e della malavita mafiosa, numerosi esponenti della quale erano peraltro stati destinatari delle misure cautelari disposte dall’autorità giudiziaria all’esito dell’inchiesta svolta dagli inquirenti per conto della Procura di Messina; i n conclusione, assodato l’interesse pubblico della notizia e la correttezza formale del linguaggio adottato, ha sottolineato che il giornalista aveva riportato, nel pieno esercizio della libertà di manifestazione del pensiero e del diritto di cronaca giudiziaria, notizie adeguatamente riscontrate ed apprese non solo da numerose testate
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giornalistiche che avevano precedentemente pubblicato la medesima notizia, ma anche dalla conferenza stampa tenutasi il giorno precedente alla trasmissione del servizio, nella quale gli inquirenti avevano reso noti i risultati delle indagini ed il coinvolg imento dell’attore risultato dalle intercettazioni svolte, in termini di mera frequentazione del predetto centro scommesse; h a dunque chiesto il rigetto dell’avversa domanda, con ogni conseguenza sotto il profilo delle spese di lite; non si è invece costituito NOME COGNOME, giornalista autore del servizio, nonostante rituale citazione in rinnovazione disposta all’udienza del 9.3.2012 ; ha rinunciato la domanda nei confronti del Direttore del Telegiornale di RAGIONE_SOCIALE come da verbale di udienza del 9.10.2012 senza aver provveduto alla notifica dell’atto introduttivo nei suoi confronti.
Il Tribunale di Roma con sentenza 16878/2015 ha rigettato la domanda e condannato l’attore al pagamento delle spese di lite in favore della controparte, liquidate in complessivi euro 13.430,00 per compensi, oltre accessori come per legge.
2 . Avverso la sentenza del Tribunale, NOME COGNOME ha proposto appello al quale ha resistito la RAGIONE_SOCIALE mentre NOME COGNOME è rimasto contumace come in primo grado.
L a Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 4027/2021, in riforma della sentenza impugnata ed in accoglimento dell’appello ha condannato gli appellati, in solido tra loro, al risarcimento del danno in favore di NOME COGNOME nella misura di euro 20.000,00, importo già rivalutato ad oggi, oltre interessi dalla data del fatto dannoso (18/05/2006) al saldo; ha condannato inoltre gli appellati, in solido tra loro, al rimborso in favore di NOME COGNOME delle spese di lite del giudizio di primo grado liquidate in euro 5.000,00 per esborsi e compensi, oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge, da corrispondersi ai procuratori antistatari e a quelle del grado di appello.
Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE articolato in tre motivi; ha resistito
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RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO. COGNOME con controricorso NOME COGNOME; sebbene intimato, NOME COGNOME non ha ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell ‘ art. 380-bis 1 c.p.c.
La parte ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il ricorso la società ricorrente lamenta:
1.1. con il primo motivo, la ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto pacifica una circostanza oggetto di espressa contestazione fra le parti (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) ‘ ; in particolare, deduce che non può ritenersi condivisibile l’applicazione data dal la Corte d’appello al principio di non contestazione, che si è risolto in un’indebita relevatio ad oneri probandi dell’attore da parte dei giudici, non potendo i rilievi sull’incertezza dell’identità del calciatore nominato nelle intercettazioni essere considerati alla stregua di fatti ‘pacifici’ fra le parti; ha errato, pertanto, la Corte d’appello nel ritenere che tale circostanza non avesse bisogno di prova, fondando il proprio convincimento esclusivamente sulla base di tale allegazione. In sostanza, denuncia un errore di diritto, consistente nella violazione dell’art. 115 c.p.c., anche in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., non avendo la Corte d’appello nella propria decisione correttamente applicato i principi in tema di principio del dispositivo, non contestazione e delimitazione del thema decidendum e probandum , alla cui stregua non basta la generica deduzione da parte dell’attore di un fatto costitutivo per spostare in capo al convenuto l’onere probatorio su di lui gravante;
1.2. con il secondo motivo, la ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 183 commi 5° e 6° c.p.c., per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto che l’estensione del thema decidendum ad un fatto costitutivo del danno da diffamazione diverso da quello dedotto inizialmente fosse un’ammissibile emendatio libelli (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) ‘ ; impugna la parte della motivazione della sentenza ove è stato affermato: «che per
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AVV_NOTAIO dirimere la controversia occorre stabilire se la dedotta incompletezza della notizia, così come offerta ai telespettatori, integrata dall’omissione delle incertezze esposte dagli stessi inquirenti circa l’identità del ‘COGNOME‘ nella conferenza stampa del giorno precedente, circostanza che l’appellante aveva in prime cure allegato solo con la memoria ex art. 183 cpc, rappresentasse una mutatio libelli ovvero una semplice emendatio , ammessa dal codice. Soccorre, al riguardo, quanto ritenuto in fattispecie analoga dalla Suprema Corte in una causa avente ad oggetto la diffamazione a mezzo stampa. Secondo i giudici di legittimità non è ravvisabile mutatio libelli (in quel caso tra la domanda in primo grado e quella proposta in appello) se il thema decidendum dell’intera fase di merito rimane quello della sussistenza dei presupposti della diffamazione a mezzo stampa a fini risarcitori e che per aversi mutatio libelli occorre, in relazione al profilo della causa petendi , il fondarsi la domanda su ‘un fatto costitut ivo radicalmente differente’ (Cass. civ., sez. III, 22/02/2012, n.2550)» .
In proposito, a parere della ricorrente la Corte d ‘ appello in primo luogo ha eluso la normativa in tema di modificazioni e precisazioni ammissibili del thema decidendum in corso di giudizio; nella specie, la domanda originariamente azionata dall’attore , diretta all’accertamento della responsabilità da diffamazione della Rai, si fondava su un’asserita violazione del requisito della continenza formale, costituito dall’accostamento dell’attore ai centri scommesse gestiti dalle organizzazioni criminali ; tale domanda è mutata in prima memoria, quando il thema decidendum dell’azione risarcitoria non è più risultato fondato sulla violazione del requisito della continenza formale (ossia l’illecito accostamento al giro delle scommesse clandestine), bensì sulla violazione del requisito della verità (intesa come omessa informazione del dubbio che gli inquirenti avrebbero formulato circa la vera identità del calciatore COGNOME citato nelle intercettazioni); ha errato, quindi, la Corte d’appello nel ritenere che tale modificazione integrasse un’ emendatio libelli e non una mutatio del fatto costitutivo originariamente prospettato. A conforto della propria
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AVV_NOTAIO prospettazione richiama diversi precedenti di legittimità che hanno affermato che costituisce un inammissibile mutamento del fatto costitutivo della pretesa l’allegazione, per la prima volta in grado di appello, di aspetti offensivi dello scritto (ad esempio, la forma, il titolo, il contenuto) non dedotti in primo grado» (Cass., Sez. 3, 27 ottobre 2000 n. 14235); e secondo cui «proposta una domanda di risarcimento del danno ‘A’, fondata sul fatto costitutivo ‘B’, mutare l’uno o l’altro di tali elementi sign ifica ampliare non già l’oggetto del pronunziare ma l’oggetto del cognoscere richiesto al giudice: e dunque tale mutamento è inammissibile, perché costituirebbe un mutamento della domanda originariamente proposta» (Cass., Sez. 6, 15 ottobre 2018 n. 25631; in senso conforme, ex multis Cass., Sez. 1, 15 novembre 1996 n. 10045).
Pertanto, i Giudici di secondo grado avrebbe dovuto cogliere la discrasia tra quanto sostenuto dall’attore in sede di citazione in primo grado -ossia di essere il COGNOME citato nelle intercettazioni (dolendosi solo del modo con cui il servizio ne dava notizia e dunque della violazione del requisito della continenza formale) -e quanto sostenuto, poi, nella prima memoria istruttoria (ossia che non si potesse affermare che il COGNOME fosse lui, e dunque un’omessa informazione).
1.3. Con il terzo motivo, l ‘ Omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio per aver la corte d’appello erroneamente omesso di esaminare un fatto storico principale, dirimente ai fini del decidere e presente negli atti di causa, oggetto di contestazione fra le parti nel corso del giudizio (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.). ‘; la ricorrente contesta la parte della sentenza impugnata in cui il G iudice d’appello ha omesso di valutare compiutamente gli atti di causa ed in par ticolare l’informativa della Questura di Messina, dai quali si sarebbe evinto il fatto storico, certo, sul quale gli inquirenti non avevano alcun dubbio circa l’individuazione dell’attore quale giocatore professionista;
In via preliminare, va disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata da parte controricorrente in relazione alla asserita violazione del
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AVV_NOTAIO COGNOME principio di sinteticità degli atti processuali civili di parte nel giudizio di legittimità, tenuto conto che la redazione del ricorso è del tutto conforme ai criteri imposti dall’art. 366 cod. proc. civ..
Per motivi di priorità logica, va esaminato il secondo motivo di ricorso, così come prospettato e sopra sinteticamente riassunto, che va disatteso perché non fondato.
3.1. In via generale, vale rammentare che questa Corte ha già affermato che non è ravvisabile un mutamento della domanda ovvero una mutatio libelli «se il thema decidendum dell’intera fase di merito è rimasto quello della sussistenza dei presupposti della diffamazione a mezzo stampa a fini risarcitori (in sintesi, non è stato introdotto nella causa un campo di indagine e di decisione diverso rispetto a quello del primo grado)» (così test. in motivazione, Cass. Sez. 3 22/02/2012 n. 2550); nella specie, deve rilevarsi che proprio quanto prospettato nel motivo di ricorso in esame, e cioè che il thema decidendum dell’azione risa rcitoria non sarebbe più risultato fondato sulla violazione del requisito della continenza formale (ossia l’illecito accostamento al giro delle scommesse clandestine), bensì sulla violazione del requisito della verità (intesa come omessa informazione del dubbio che gli inquirenti avrebbero formulato circa la vera identità del calciatore COGNOME citato nelle intercettazioni), conferma che l’ oggetto del decidere non può certo ritenersi essenzialmente modificato. In proposito deve ribadirsi quanto già statuito da questa Corte «(tra le altre, n. 17457/2009) secondo cui, per configurarsi mutatio libelli occorre, in relazione al profilo della causa petendi , il fondarsi la domanda su “un fatto costitutivo radicalmente differente”, aspetto del tutto da escludersi nel caso di specie» (così, Cass. Sez. 3 n. 2550/2012 cit.)
3.2. L’appena richiamato p recedente è stato espressamente condiviso dalla Corte d’appello al fine di affermare che il primo giudice avesse «errato nel ravvisare una mutatio libelli nell’introduzione, con la prima memoria prevista dall’art. 183 cpc, del tema dell’incompletezza del servizio televisivo scaturita dall’omissione delle incertezze circa l’identità del
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COGNOME, tema affrontato nella conferenza stampa degli inquirenti alla quale aveva presenziato il giornalista COGNOME, dati di fatto non espressamente contrastati dall’appellata, se non indirettamente attraverso l’indicazione di altri articoli di stampa che pure riferivano all’appellato i fatti così come narrati. Ma l’incertezza circa l’identità del COGNOME era la ‘prima’ notizia da offrire al pubblico per rispettare i canoni della verità dell’informazione, traditi proprio dall’ accostamento – operato senza possibilità di dubbio – della figura dell’appellante alla vicenda del RAGIONE_SOCIALE scommesse nel messinese, evidentemente gestito da malavitosi ed alla frequentazione della sala scommesse con puntate di notevole importo, tutte informazioni dalla negativa ricaduta sulla reputazione del calciatore. Ciò tanto più se si considera che la diffamazione a mezzo stampa si realizza anche in assenza di esplicita indicazione del nome (Cass. civ., sez. III, 26/10/2017, n.25420), in questo caso arbitrariamente avvenuta ben oltre le indicazioni scaturenti dalle informazioni offerte dagli inquirenti e che la completezza dell’informazione costituisce una pre-condizione dell’esimente del diritto di cronaca (Cass. civ., sez. III, 07/06/2018, n. 14727)» (pag. 12 della sentenza impugnata).
Pertanto, la domanda originaria proposta, avente ad oggetto l’accertamento dell’illecito civile commesso ai danni dell’odierno resistente in relazione al servizio giornalistico de quo , non ha affatto mutato l’oggetto del decidere.
Parimenti da disattendere perché infondato il primo motivo di ricorso.
Con esso, la ricorrente sostiene che il tema dell’incompletezza del servizio televisivo nonché quello dell’omissione delle incertezze circa l’identità del COGNOME, non sono circostanze rispetto alle quali può operare il principio di non contestazione -con liberazione dell’attore dalla relativa prova -ma elementi, al contrario, sempre contestati e che, come tali, avrebbero dovuto essere provati dalla controparte.
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In proposito, la Corte territoriale ha ritenuto che «il tema dell’incompletezza del servizio televisivo scaturita dall’omissione delle incertezze degli inquirenti circa l’identità del COGNOME , tema affrontato nella conferenza stampa degli inquirenti alla quale aveva presenziato il giornalista COGNOME erano dati di fatto non espressamente contrastati dall’appellata, se non indirettamente attraverso l’indicazione di altri articoli di stampa che pure riferivano all’appellato i fatti così come narrati» (pag. 12 della sentenza impugnata).
Il Collegio osserva che l ‘ allegazione dell’originario attore, odierno resistente, a differenza di quanto lamentato dalla odierna ricorrente, è stata ritenuta dal Giudice d’appello circostanziata e precisa dei fatti costitutivi della pretesa e rispettosa del principio dispositivo, nonché del principio di riparto degli oneri probatori; invero, dagli stralci defensionali riportati in ricorso, in ordine all ‘ allegazione del fatto che gli inquirenti avessero espresso un qualche dubbio durante la conferenza stampa , l’onere della prova era a carico di parte convenuta che si è limitata a dedurre in modo generico sul punto in prime cure e che in appello ha continuato a limitarsi a dedurre che ‘non vi fosse prova alcuna dell’omessa informazione’ (cfr. pag. 21 del ricorso).
4. Non fondato, infine, pure il terzo motivo di ricorso.
Con esso si deduce che la Corte d’appello non avrebbe considerato le risultanze emergenti dalla Informativa della Questura di Messina, prodotta sin dal primo grado dallo stesso attore, odierno resistente.
Sul punto, è sufficiente richiamare quanto osservato dalla Corte d’appello e cioè che al momento della diffusione della notizia ovvero del servizio televisivo «l’incertezza circa l’identità del COGNOME era la ‘prima’ notizia da offrire al pubblico», a nulla valendo il contenuto di un documento, quale l’informativa della Questura, che verosimilmente non era conoscibile al momento della conferenza stampa de qua , nel corso della quale, però, il tema della incertezza circa l’identità del COGNOME era stato affro ntato dagli inquirenti.
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5. In definitiva il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente a rifondere il pagamento delle spese processuali in favore della parte resistente, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie al 15% ed accessori di legge;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 13