Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27336 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 27336 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26896/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) unitamente agli avvocati COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE),
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE ,
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 4720/2024 depositata il 21/11/2024.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentito il Procuratore Generale in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Sentito, per il ricorrente, l’AVV_NOTAIO, su delega degli avvocati COGNOME e COGNOME, che conclude come da ricorso introduttivo e memoria, chiedendo dichiararsi l’ineleggibilità del COGNOME. Sentito, per il controricorrente, l’AVV_NOTAIO COGNOME che conclude per il rigetto del ricorso, perché infondato e inammissibile in merito al motivo n. 4.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 4720/2024, pubblicata il 21/11/2024, ha respinto il ricorso proposto, ai sensi dell’art. 44, l. 18/1979 e dell’art. 23, d.lgs. 150/2011, notificato in data 27.7.2024, da NOME COGNOME, iscritto nelle liste elettorali del Comune di RAGIONE_SOCIALE e avente titolo a partecipare ai comizi per le elezione dei membri del Parlamento Europeo spettanti all’Italia, convocati per i giorni 8 e 9 giugno, nei confronti di NOME COGNOME, al fine di sentire accertare e dichiarare che il convenuto, incluso nell’elenco dei candidati eletti membri del Parlamento europeo, pubblicato nel luglio 2024, versava all’epoca della sua elezione, in quanto Sindaco del Comune di RAGIONE_SOCIALE e della Città Metropolitana di RAGIONE_SOCIALE dal 21/6/2919 almeno sino all’8/7/2024, in una condizione soggettiva di ineleggibilità alla carica di membro del Parlamento Europeo, alla stregua degli artt.51 L. n. 18/1979 e 7 D.P.R. n. 361/1957, e che, sin dalla data di accettazione della candidatura a membro del Parlamento europeo per le elezioni tenutesi nei giorni 8 e 9 giugno 2024, egli era comunque decaduto sia dalla carica di Sindaco del Comune di RAGIONE_SOCIALE, sia dalla carica di Sindaco della Città metropolitana di RAGIONE_SOCIALE, con conseguente declaratoria di decadenza del COGNOME dalla carica di membro del Parlamento europeo siccome a questa ineleggibile.
La Corte d’appello ha ritenuto infondato l’assunto dell’attore, secondo il quale l’art. 7 del D.P.R. 361/1957, che stabilisce che i sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, come il Comune di RAGIONE_SOCIALE, non sono eleggibili alla carica di RAGIONE_SOCIALE
della Repubblica Italiana qualora non abbiano presentato le proprie dimissioni dalla carica di sindaco ed effettivamente cessato dall’esercitare le relative funzioni almeno 180 giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della RAGIONE_SOCIALE i cui membri devono essere eletti o, nel caso in cui la RAGIONE_SOCIALE sia sciolta più di 120 giorni prima della scadenza del quinquennio della sua durata, entro i 7 giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di scioglimento nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e, comunque, qualora accettino la candidatura all’elezione alla carica di deputato, decadono dalla carica di sindaco, debba applicarsi alle elezioni europee, in forza dell’art. 51 della legge 18/1979, in materia di disciplina delle elezioni europee, che stabilisce che, salvo quanto disposto da tale legge, « per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del testo unico delle leggi per l’elezione della RAGIONE_SOCIALE, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni ».
Ad avviso della Corte territoriale, da un lato, il titolo II della legge n. 18/1979 (rubricato « Elettorato -eleggibilità – compatibilità ») contiene una compiuta disciplina dei requisiti di eleggibilità alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia e, dunque, a contrariis , anche delle cause di ineleggibilità a tale carica -stabilendo, all’art. 4, che «ono eleggibili alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia gli elettori che abbiano compiuto il 25° anno di età entro il giorno fissato per le elezioni che hanno luogo nel territorio nazionale », nonché « i cittadini degli altri Paesi membri dell’Unione che risultino in possesso dei requisiti di eleggibilità al Parlamento europeo previsti dall’ordinamento italiano e che non siano decaduti dal diritto di eleggibilità nello Stato membro di origine, per effetto di una decisione giudiziaria
individuale o di una decisione amministrativa, purché quest’ultima possa essere oggetto di ricorso giurisdizionale ».
Dall’altro, agli artt. 5, 5 -bis e 6, sono previste le cause di incompatibilità con tale carica, includendovi, all’art. 6, co. 1, lett. b -ter) e b-quater), le cariche di « presidente di provincia » (e dunque, oggi, deve ritenersi, di sindaco di città metropolitana) e di « sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti » e stabilendo, all’art. 6, co. 2 e 3, che, sussistendo tale incompatibilità, « il membro del Parlamento europeo risultato eletto deve dichiarare all’ufficio elettorale nazionale, entro trenta giorni dalla proclamazione, quale carica sceglie » e che, qualora non vi provveda, « l’ufficio elettorale nazionale lo dichiara decaduto e lo sostituisce con il candidato che, nella stessa lista e circoscrizione, segue immediatamente l’ultimo eletto ».
L’unico significato attribuibile a tali norme è che i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e delle città metropolitane ben possono, ove muniti dei requisiti di eleggibilità previsti dall’art. 4 della legge 18/1979, essere eletti alla carica di membro del Parlamento europeo, anche se devono poi dichiarare, entro 30 giorni dalla proclamazione, se optano per tale carica (come è incontestato che abbia nella specie fatto il COGNOME) o per la conservazione di quella ricoperta, dovendo altrimenti dall’ufficio elettorale nazionale essere dichiarati decaduti dalla prima.
Il che « impedisce dunque, per cogenti ragioni di ordine logicosistematico, che possa, ai fini della loro eleggibilità alla carica di membro del Parlamento europeo, essere applicata, in forza dell’art. 51 della stessa legge e sia pure mutatis mutandis, la disciplina dettata dall’art. 7 del d.P.R. 361/1957 ».
Avverso la suddetta pronuncia, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, notificato il 21/12/2024, affidato a quattro motivi, nei confronti di NOME COGNOME (che resiste con controricorso).
Il P.G. ha depositato memoria, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c. n. 3), la violazione o falsa applicazione dell’articolo 51 della legge n. 18/1979 in relazione all’articolo 7 del d.p.r. n. 361/1957, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata, nonché degli articoli 4, 5, 5-bis, 6 della legge n.18/1979; b) con il secondo motivo, ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c. , la violazione e falsa applicazione degli articoli 4, 5, 5-bis, 6, e 51 della legge n. 18/1979 in relazione all’inciso « in quanto applicabili », contenuto nell’articolo 51 e riferito al rinvio alle disposizioni di cui al d.p.r. n. 361/1957; c) con il terzo motivo, in subordine, ai sensi dell’art. 360 n. 3, la violazione o falsa applicazione degli articoli 3, 48 e 51 della Costituzione per il tramite degli articoli 4, 5, 5-bis. 6 e 51 della legge n. 18/1979 e contestuale, chiedendo, in via subordinata, di sollevare, ai sensi dell’articolo 23 della legge n. 87/1953, la questione, rilevante e non manifestatamente infondata, di legittimità costituzionale degli articoli 4, 5, 5-bis. 6 e 5 della legge n. 18/1979; d) con il quarto motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c. n. 3), la violazione o falsa applicazione del quinto comma dell’articolo 7 quinto comma del richiamato dpr n. 361/1957, in quanto richiamato dall’articolo 51 della legge n. 18/1979, in punto di decadenza dalle cariche di Sindaco di RAGIONE_SOCIALE e di Sindaco metropolitano della Città metropolitana RAGIONE_SOCIALE, dalla data di accettazione della candidatura a membro del Parlamento Europeo.
La prima censura è infondata.
La Corte d’Appello ha considerato, quali uniche limitazioni all’eleggibilità alla carica di parlamentare europeo, quelle rivenienti dall’art. 4, legge n. 18/1979, non invece quelle stabilite all’art. 7 del DPR n. 361 del 1957 (Testo unico delle leggi per le elezioni alla RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE), norma quest’ultima non applicabile alle
elezioni europee, quindi non compresa nel rinvio di cui all’art. 51 della citata legge 18/1979.
La legge n. 18 del 24 gennaio 1979, « Elezione dei membri del Parlamento Europeo spettanti all’Italia », emanata in vista della prima elezione diretta del Parlamento europeo (7-10 giugno 1979), ha dettato la disciplina organica e compiuta delle consultazioni europee.
La legge n. 18 del 1979, come correttamente rilevato dal Giudice territoriale, reca ivi una disposizione generale sull’eleggibilità all’art. 4, secondo cui « sono eleggibili alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia gli elettori che abbiano compiuto il 25° anno di età »; ulteriori requisiti sono stabiliti al comma 2 per i cittadini di altri Stati membri dell’Unione, che pure possono candidarsi in Italia, in conformità al dettato dell’art. 51 Cost., che affida alla legge ordinaria la determinazione dei requisiti per l’accesso alle cariche elettive.
Non è prevista alcuna altra limitazione al diritto di elettorato passivo, mentre all’art. 6 sono previste e disciplinate le cause di incompatibilità che, con legge n. 90/2004, sono state estese, tra l’altro, ai sindaci.
Se il legislatore del 1979 (nonché quello del 2004) avesse voluto prevedere altre ipotesi di ineleggibilità, specifiche per l’elezione dei membri del Parlamento europeo, avrebbe potuto e dovuto farlo in maniera esplicita e tassativa, così come correttamente fatto per i casi di incompatibilità, secondo l’insuperabile principio ubi lex voluit dixit ; ciò, a maggior ragione trattandosi di introdurre limitazioni a un diritto costituzionalmente garantito.
La stessa legge sulle elezioni europee n. 18/1979, all’art. 6, annovera la carica di sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti tra le cause di incompatibilità, che – come tali comportano che l’eletto debba optare per una delle due cariche « entro trenta giorni dalla proclamazione ».
Tale previsione, inesistente nel D.P.R. n. 361/1957 (Testo unico delle leggi per le elezioni alla RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE), necessariamente presuppone l’eleggibilità di colui che, al momento della proclamazione a deputato europeo, si trovi a ricoprire la suddetta carica di sindaco: nessuna diversa interpretazione è logicamente possibile.
La Corte d’appello ha proceduto all’interpretazione logico -sistematica della complessiva disciplina delle elezioni dei membri italiani del Parlamento europeo, rilevando l’impossibilità, per l’appunto logica e sistematica, che una stessa fattispecie (sindaco di comune oltre i 15.000 abitanti) sia qualificata al tempo stesso come ineleggibilità originaria, quindi non successivamente rimediabile, e incompatibilità, suscettibile invece di essere rimossa ex post mediante opzione successiva alla proclamazione.
Invero, applicare la causa di ineleggibilità in questione alle elezioni del Parlamento europeo è operazione inconciliabile con il diritto di opzione espressamente previsto dalla specifica disciplina delle consultazioni europee.
Peraltro, vi è una profonda differenza tra le elezioni politiche nazionali e quelle per il Parlamento europeo, dal numero dei seggi da attribuire, alla natura della carica implicata, al sistema elettorale, alla dimensione dei collegi.
Quest’ultimo aspetto, fra tutti, assume una particolare, oggettiva evidenza, come sottolinea il controricorrente.
In particolare, l’elezione dei parlamentari italiani, disciplinata come detto – dal testo unico delle leggi per l’elezione della RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE (DPR 30 marzo 1957 n. 361 e s.m.i.), vede il territorio nazionale suddiviso in 27 circoscrizioni elettorali per l’elezione dei 400 membri della RAGIONE_SOCIALE dei Deputati e 27 circoscrizioni elettorali per l’elezione dei 200 membri del Senato della Repubblica, di dimensione infraregionale (o, per la sola Regione Valle d’Aosta,
regionale). Ciascuna circoscrizione è a sua volta suddivisa in diversi collegi elettorali, alcuni uninominali, altri plurinominali.
La dimensione ridotta dei collegi ha indotto il legislatore a valutare il rischio di concrete interferenze nel caso di candidati aventi ruoli di rilievo nelle amministrazioni regionali e locali, rischio eliminato appunto con la previsione di ipotesi tassative di ineleggibilità, come quella riguardante i sindaci dei comuni superiori a 20.000 abitanti, di cui all’art. 7 del DPR 361/1957.
Al contrario, il sistema elettorale per il Parlamento europeo (legge 24.01.1979, n. 18 e succ. modif.), esclusivamente proporzionale con possibilità di voto di preferenza, prevede l’assegnazione di complessivi 76 seggi nel collegio unico nazionale, a liste concorrenti presentate nell’ambito di 5 circoscrizioni molto ampie, di dimensione sovraregionale; tra questi, 18 seggi nella circoscrizione Meridionale, comprendente ben 6 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia).
Nell’ambito di circoscrizioni così estese viene meno il potere di condizionamento del risultato elettorale da parte degli amministratori locali, che si trovano a concorrere in una competizione elettorale coprendo un territorio ben più ampio del singolo comune, e anche della regione stessa di appartenenza.
3. Il secondo motivo, con il quale il ricorrente censura la decisione della Corte partenopea laddove afferma l’inapplicabilità dell’art. 7 del D.P.R. n. 361/1957 (disciplinante l’elezione dei membri della RAGIONE_SOCIALE dei Deputati) alle diverse elezioni dei membri del Parlamento Europeo spettanti all’Italia, con la conseguente esclusione dello stesso art. 7 dal rinvio di cui all’art. 51 della legge n. 18/1979, è infondato per le stesse ragioni sopra esposte.
Tra le disposizioni finali della legge n. 18 del 1979, non quindi a chiusura del titolo II della legge 18/1979, rubricato « Elettorato Eleggibilità -Compatibilità », vi è l’art.51 che recita : « Salvo quanto disposto dalla presente legge, per l’elezione dei membri del
Parlamento europeo spettanti all’Italia, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del testo unico delle leggi per l’elezione della RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni ».
Si tratta di rinvio generico e non specifico alle norme relative alla ineleggibilità ed incompatibilità dei consiglieri comunali.
Ora, le norme che derogano al principio costituzionale della generalità del diritto di elettorato passivo (art. 51 della Costituzione) sono di stretta interpretazione, anche quanto al relativo ambito di applicazione, e devono contenersi nei limiti di quanto è necessario a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate (tra le tante, Corte Cost., n. 364/1996).
Proprio perché i requisiti di eleggibilità, risolvendosi in cause di ineleggibilità, formano altrettante eccezioni al generale e fondamentale principio, enunciato in apertura dallo stesso art. 51 Cost., del libero accesso, in condizione di eguaglianza, di tutti i cittadini alle cariche elettive, è necessario che siano tipizzati dalla legge con determinatezza e precisione sufficienti ad evitare, quanto più possibile, situazioni di persistente incertezza, troppo frequenti contestazioni, soluzioni giurisprudenziali contraddittorie, che finirebbero per incrinare gravemente, in fatto, la proclamata pari capacità elettorale passiva dei cittadini (così Corte Cost., sent. n. 166/1972).
La legge in esame disciplina espressamente le cause di eleggibilità, in positivo, all’art.4.
L’inapplicabilità del rinvio è determinata dalla stessa legge del 1979 laddove, come esposto nel paragrafo precedente, attribuisce il diritto di opzione ai soggetti ivi contemplati eletti al Parlamento europeo.
L’applicazione, in forza, invece, del generico rinvio operato dall’art.51, dell’art. 7 del D.P.R. 361/1957 renderebbe inapplicabile
e inutile l’art. 6 della legge n. 18/1979, che attribuisce al sindaco (o presidente di Regione o di Provincia o consigliere o assessore regionale), eletto parlamentare europeo, il diritto/obbligo di optare tra le due cariche.
Correttamente quindi la Corte territoriale ha concluso che « i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e delle città metropolitane ben possono, ove muniti dei requisiti di eleggibilità previsti dall’art. 4 della legge 18/1979, essere eletti alla carica di membro del Parlamento europeo, anche se devono poi dichiarare, entro 30 giorni dalla proclamazione, se optano per tale carica (come è incontestato che abbia nella specie fatto il COGNOME) o per la conservazione di quella ricoperta, dovendo altrimenti dall’ufficio elettorale nazionale essere dichiarati decaduti dalla prima, ed impedisce dunque, per cogenti ragioni di ordine logicosistematico, che possa, ai fini della loro eleggibilità alla carica di membro del Parlamento europeo, essere applicata, in forza dell’art. 51 della stessa legge e sia pur mutatis mutandis, la disciplina dettata dall’art. 7 del d.P.R. 361/1957 ».
Né può dirsi che le disposizioni dell’art. 6, l. 18/1979, riguardino soltanto situazioni di incompatibilità « ovviamente sopravvenute », in quanto il testo della disposizione non reca una simile limitazione. Neppure può ritenersi, stante la piena discrezionalità del legislatore nel disciplinare la cause di ineleggibilità nelle partite elettorali, che sussista un obbligo del legislatore di prevedere cause di ineleggibilità identiche a quelle previste per la RAGIONE_SOCIALE dei Deputati, obbligo che non è sancito in nessuna fonte e nemmeno può evincersi dai principi generali che governano la delicata materia elettorale.
Dalle considerazioni espresse discende la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale prospettata con la terza censura.
5. Il quarto motivo, con il quale il ricorrente lamenta (omessa pronuncia su domanda o rigetto implicito erroneo) la mancata declaratoria di decadenza, nei confronti dell’ Ing. COGNOME, dalle cariche di Sindaco di RAGIONE_SOCIALE e di Sindaco metropolitano della Città metropolitana di RAGIONE_SOCIALE, a far data dalla accettazione della candidatura a membro del Parlamento Europeo, è infondato.
Si invoca ancora l’applicazione del D.P.R. 361/1957, in particolare del quinto comma dell’articolo 7 del richiamato decreto, secondo cui « L’accettazione della candidatura comporta in ogni caso la decadenza dalle cariche di cui alle predette lettere a ), b ) e c )».
La doglianza è errata in diritto e dunque infondata, perché basata ancora una volta sul presupposto dell’applicabilità dell’art. 7, D.P.R. n. 361/1957, presupposto erroneo per tutte le ragioni esposte nei paragrafi che precedono.
6.Si deve in conclusione affermare il seguente principio di diritto: « In tema di elezione dei membri del Parlamento Europeo spettanti all’Italia, disciplinata dalla legge n. 18 del 24 gennaio 1979, i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e delle città metropolitane, ove muniti dei requisiti di eleggibilità previsti dall’art. 4 della legge n.18/1979, possono essere eletti alla carica di membro del Parlamento europeo, anche se devono poi, ai sensi della specifica disposizione dettata dall’art.6 Legge n. 18 del 1979, dichiarare, entro 30 giorni dalla proclamazione, se optano per tale carica o per la conservazione di quella ricoperta, dovendo altrimenti dall’ufficio elettorale nazionale essere dichiarati decaduti dalla prima. Alla luce di un’interpretazione logica e sistematica, non può essere applicata, in forza del generico rinvio disposto dall’art. 51 della stessa legge, la disciplina dettata dall’art. 7 del d.P.R. 361/1957, che stabilisce che i sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, come il Comune di RAGIONE_SOCIALE, non sono eleggibili alla carica di RAGIONE_SOCIALE della Repubblica Italiana, qualora non abbiano presentato le proprie dimissioni dalla carica di sindaco
ed effettivamente cessato dall’esercitare le relative funzioni almeno 180 giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della RAGIONE_SOCIALE i cui membri devono essere eletti o, nel caso in cui la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sia sciolta più di 120 giorni prima della scadenza del quinquennio della sua durata, entro i 7 giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di scioglimento nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e che, comunque, qualora accettino la candidatura all’elezione alla carica di deputato, decadono dalla carica di sindaco ».
Per quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 7.000,00 per compensi e € 200,00 per esborsi, oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, a Roma, nella camera di consiglio dell’11 settembre 2025.
La Consigliera est.
NOME
La Presidente NOME COGNOME