Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6271 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 6271 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 26708-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE FIRENZE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 232/2022 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 29/03/2022 R.G.N. 267/2021;
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 18/01/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza n. 232 del 2022 la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della pronuncia resa dal Tribunale della stessa sede, ha respinto l’opposizione, proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ordinanza con cui era stato ingiunto alla suddetta società e alla legale rappresentante NOME COGNOME il pagamento in solido di euro 44.950,00, a titolo di sanzione amministrativa, per irregolarità relative ai lavoratori NOME COGNOME (impiegata senza la preventiva comunicazione e per non avere consegnato la stessa o il contratto individuale di RAGIONE_SOCIALE prima della instaurazione del rapporto di RAGIONE_SOCIALE nonché per avere omesso di effettuare le prescritte registrazioni sul LUL) e NOME COGNOME COGNOME (per avere effettuato, relativamente ad esso, infedeli registrazioni con riguardo all’orario svolto nel periodo del rapporto di RAGIONE_SOCIALE).
I giudici di seconde cure, premesso che vi era stata una discordanza tra le dichiarazioni rese agli ispettori e quelle rese, invece, in sede giudiziale, hanno ritenuto che quelle acquisite nel procedimento amministrativo rappresentassero validi elementi ai fini del libero convincimento del giudice che, valutando tutto il materiale istruttorio, avrebbe potuto anche attribuire ad esse maggiore rilievo rispetto alle altre assunte in sede giudiziale. Sulla base di tale premessa, valutando tutte le risultanze istruttorie, essi hanno considerato dimostrati gli illeciti contestati e, atteso il rigetto della opposizione, hanno condannato la società al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 31.10.2022, la RAGIONE_SOCIALE, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso, depositato il 21.3.2023, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE La voro di RAGIONE_SOCIALE, segnalando l’irritualità della notifica del ricorso effettuata
presso l’Avvocatura Distrettuale e non presso l’Avvocatura Generale dello Stato.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 co. 5 D.lgs. n. 124/2004 nonché degli artt. 115 e 116 cpc e degli artt. 2697 e 2700 cc, per avere erroneamente la Corte territoriale applicato le disposizioni sopra indicate ritenendo prevalenti le dichiarazioni rese in sede ispettiva a fronte dell’avvenuta assunzione di mezzi di prova contrari a tali dichiarazioni, oltretutto provenienti sia dagli stessi dichiaranti al momento dell’ispezione che da altri soggetti terzi; l’errore denunciato concerne, secondo parte ricorrente, il fatto di avere la Corte di merito attribuito valore preponderante alle dichiarazioni ispettive anche se poi smentite in giudizio.
Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 co. 2 cpc, per avere la Corte distrettuale condannato essa società alla refusione delle spese dei due gradi di giudizio, riformando la pronuncia di primo grado nel punto in cui aveva disposto la compensazione delle stesse, pur in presenza di molteplici orientamenti giurisprudenziali diversi in ordine alla efficacia probatoria dei verbali di accesso ispettivo.
Preliminarmente, va evidenziato che il controricorso dell’RAGIONE_SOCIALE, sebbene tardivo, in quanto diretto a sanare una nullità della notifica del ricorso (effettuata presso l’Avvocatura Distrettuale e non presso quella Generale dello Stato), è valido (Cass. n. 6300 del 2023): ciò ai fini della valutazione sulla corretta instaurazione del contraddittorio e sugli effetti della regolare costituzione delle parti.
Ciò premesso, il primo motivo è infondato.
I verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’RAGIONE_SOCIALE fanno piena prova dei fatti
che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza o da loro compiuti, mentre, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato (ad esempio, per le dichiarazioni provenienti da terzi, quali i lavoratori, rese agli ispettori) il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti (per tutte Cass. n. 9251/2010).
Inoltre, è stato precisato (Cass. n. 24208/2020) che la valutazione complessiva delle risultanze di causa ben consente al giudice di attribuire maggior rilievo alle circostanze riferite dagli interessati ai verbalizzanti, nell’immediatezza dei fatti, piuttosto che alle circostanze da essi riferite in sede di deposizione in giudizio, (cfr. Cass. n. 17555/02), e che in sostanza i verbali di contravvenzione forniscono elementi di valutazione liberamente apprezzabili dal giudice, il quale può peraltro anche considerarli prova sufficiente delle relative circostanze, sia nell’ipotesi di assoluta carenza di elementi probatori contrari – considerata la sussistenza in capo al datore di RAGIONE_SOCIALE, obbligato ai versamenti contributivi, del relativo onere probatorio -, sia qualora il giudice di merito, nel valutare nel suo complesso il materiale probatorio a sua disposizione, pervenga, con adeguata motivazione, al convincimento della effettiva sussistenza degli illeciti denunciati (cfr. Cass. n. 11900/03, Cass. n. 3527/01, Cass. n. 9384/95).
Nel caso de quo , la Corte territoriale è giunta ad una valorizzazione dell’efficacia probatoria delle dichiarazioni rese agli ispettori attraverso una valutazione completa ed esaustiva di tutto il materiale probatorio, scrutinando compiutamente e con adeguata motivazione le testimonianze acquisite nel corso del giudizio e quelle rese in sede amministrativa ed evidenziando i profili di inattendibilità di alcuni dichiaranti rispetto agli altri.
E’ opportuno ribadire che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi (art. 244 cpc), come la scelta, tra le varie emergenze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto
riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467 del 2017).
In tema di ricorso per cassazione, poi, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.
Deve, infine, ribadirsi che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cc si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata non avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito de lla prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 cpc (Cass. n. 19064/2006; Cass. n. 2935/2006), con i relativi limiti di operatività ratione temporis applicabili.
Le articolate censure, quindi, escluso il problema di diritto denunciato, non si sostanziano in violazioni o falsa applicazione delle disposizioni denunciate, ma tendono, invece, alla sollecitazione
di una rivisitazione del merito della vicenda (Cass. n. 27197/2011; Cass. n. 6288/2011, Cass. n. 16038/2013), non consentita in sede di legittimità.
Anche il secondo motivo è infondato.
I principi da tenere in considerazione sono i seguenti.
Il giudice di appello, allorché riforma in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, dato che l’onere di esse va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite (Cass. n. 7846/2006; Cass. n. 8837/2010).
In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass. n. 24502/2017).
Nella fattispecie in esame, pertanto, corretta è stata la decisione della Corte territoriale di procedere ad una nuova determinazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio avendo riguardo all’esito complessivo della lite, in quanto era stata riformata totalmente la pronuncia di prime cure, e insindacabile è la statuizione sulla mancata compensazione in quanto relativa all’esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 gennaio 2024