Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32959 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32959 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 389/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE in persona dell’Amministratore delegato e legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 532/2020, depositata in data 05/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto:
Opposizione a decreto ingiuntivo -Integrazione delle prove -Efficacia probatoria degli estratti conto
Il Tribunale di Bari, con la sentenza n. 6187/2016, rigettava l’opposizione proposta da NOME COGNOME al decreto n. 1302/2013 con cui gli era stato ingiunto il pagamento di euro 11.259,50, al netto degli interessi moratori e delle competenze di legge, a favore di RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito vantato da Credem S.p.A. nei confronti dell’ingiunto.
La Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 532/2010, resa pubblica in data 5/03/2020, ha rigettato l’impugnazione di NOME COGNOME e ha confermato la decisione di primo grado.
Segnatamente, ha ritenuto che:
erano state tempestivamente depositate (quanto meno in data 4/12/2004, cioè in occasione della prima udienza e prima del decorso dei termini di cui all’art. 183, 6° comma, cod. proc. civ.) la dichiarazione ex art. 58 d.lgs. n. 385/1993 nonché le fotocopie degli estratti conto, e ciò a prescindere dal fatto che detti documenti fossero stati indicati nell’indice sottoscritto dal cancelliere, poiché, ex art. 87 disp. att. cod. proc. civ., i documenti offerti in comunicazione dalle parti dopo la costituzione possono essere prodotti in udienza e di essi deve farsi menzione nel verbale, ma l’eventuale omessa annotazione da parte del cancelliere siccome l’incertezza in ordine all’avvenuta annotazione non possono tradursi in prova del mancato o tardivo deposito (Cass. n. 21704/2011);
nel giudizio di opposizione il giudice è tenuto ad accertare con cognizione piena la completezza della documentazione e che il creditore può integrare le prove precedenti con efficacia retroattiva e può finanche fornire nuove prove;
gli estratti conto al 31/12/2010 e al 31/05/2011 (data della chiusura del conto) non erano stati tempestivamente contestati dall’opponente (solo in sede di precisazione delle conclusioni, l’ingiunto aveva dedotto la mancanza di prova piena ed esaustiva dell’esistenza e della consistenza del credito), erano idonei a
provare il saldo attivo a favore della banca, e, essendo riproduzioni meccaniche di supporti magnetici, per disconoscerli l’opponente avrebbe dovuto, ai sensi dell’art. 2712 cod. civ., contestare la veridicità delle singole operazioni e non già disconoscere le fotocopie ex art. 2719 cod. civ.
NOME COGNOME ricorre ora per la cassazione di detta pronuncia formulando tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
È stata disposta la trattazione in Camera di Consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380bis 1 cod. proc. civ.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denunzia «violazione e falsa applicazione degli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c. e 638, 115 c. 1, 116 e 183 c. VI n. 2) c.p.c.».
Attinta da censura è la statuizione con cui la Corte d’appello di Bari ha ritenuto legittimamente avvenuto il deposito dei due estratti conto del 31/12/2010 e del 31/05/2011; ad avviso del ricorrente, le fotocopie dei suddetti estratti conto sarebbero state arbitrariamente inserite nel fascicolo della fase monitoria sicuramente dopo l’emissione del decreto ingiuntivo opposto e dopo l’opposizione. La Corte territoriale sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 638 cod. proc. civ., consentendo l’alterazione del fascicolo della fase monitoria, senza che vi fossero state richieste di integrazione ex art. 640, 1° comma, cod. proc. civ. e senza che risultassero annotazioni vidimate dal cancelliere relative alla produzione di documentazione ulteriore e per giunta nonostante il difensore dell’opposta non avesse negato di aver consegnato al giudice dell’opposizione il fascicolo d ella fase monitoria, integrato con fotocopie di documenti non prodotti prima dell’emissione del provvedimento monitorio.
Non avendo prodotto i documenti oggetto delle fotocopie entro i termini di cui all’art. 183, 6° comma, cod. proc. civ., il giudice a quo avrebbe dovuto intendere che l’opponente avesse rinunciato ad avvalersene nel giudizio di merito.
Né, secondo il ricorrente, la Corte d’appello ha spiegato da cosa abbia tratto il convincimento che il difensore della RAGIONE_SOCIALE avesse prodotto i documenti di cui si controverte nell’udienza del 4/12/2004, in assenza dei requisiti di forma di cui agli artt. 74 e 87 cod. proc. civ.
Il motivo è nel suo complesso infondato.
A prescindere dal se i documenti di cui si tratta fossero già presenti nel fascicolo monitorio per aver ottemperato l’opposta a un ordine di integrazione del giudice, come viene sostenuto nel controricorso (v. p. 6) -ciò che spiegherebbe anche perché l’opposta aveva riconosciuto di avere integrato il fascicolo monitorio -il giudice a quo ha correttamente affermato che l’opposta poteva produrre nel giudizio di merito a cognizione piena nuove prove, integranti quelle prodotte in sede monitoria. Ne deriva la non conducenza della censura volta a sostenere, peraltro in maniera assertiva, che il fascicolo del giudizio monitorio era stato alterato dopo l’emanazione del decreto ingiuntivo.
Il procedimento monitorio è un ordinario giudizio di cognizione caratterizzato dal carattere eventuale e differito del contraddittorio, il quale si instaura soltanto nella fase dell’opposizione, ma deve essere rapportato al momento iniziale dell’intero procedimento costituito dalla presentazione del ricorso, sicché il potere cognitivo del giudice dell’opposizione non si limita ad un mero controllo circa la ricorrenza o meno dei presupposti richiesti dalla legge per l’emanazione del decreto ingiuntivo, e in particolare della prova a ciò sufficiente, ma si estende al pieno accertamento delle condizioni dell’azione dedotta in giudizio, e specificamente dell’esistenza o meno della prova del credito fornita dal preteso creditore nel corso
di entrambe le fasi dell’ iter processuale, indipendentemente dalla valutazione sommaria già compiuta dal giudice nel decreto ingiuntivo, senza il contraddittorio dell’altra parte; a tal fine non è necessario che la parte richiedente l’ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda diretta ad ottenere una pronuncia sul merito della propria pretesa creditoria, essendo invece sufficiente che resista alla proposta opposizione e chieda conferma del decreto opposto: v. Cass., 28/05/2019, n. 14486).
A tale stregua, la plena cognitio caratterizzante il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo consente la produzione e la valutazione anche di nuove prove integranti con efficacia retroattiva quelle prodotte in sede monitoria, dovendo il giudice del merito procedere all’autonomo esame di tutti gli elementi forniti dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa e dall’opponente per contestare la pretesa stessa (v. Cass. 28/05/2019, n.14473).
Dirimente è, comunque, la circostanza che la Corte di merito abbia ritenuto che i documenti erano stati prodotti almeno entro il 4/12/2014, quindi tempestivamente; ciò è, peraltro, indirettamente dimostrato dalle affermazioni dello stesso ricorrente, il quale, a p. 20 del ricorso, riferisce di aver preso visione, «per la prima volta, delle fotocopie dei documenti di cui agli allegati 9 e 10 solo nell’udienza del 04.12.2014, dove, eccependo l’irritualità della loro presenza nel fascicolo di parte della fase monitoria, dichiarava di non accettare il contraddittorio sugli stessi e li disconosceva formalmente».
Con il secondo motivo si denunzia «violazione e falsa applicazione degli artt. 1335, 1832 e 2697 cod. civ.».
La tesi del ricorrente è che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto non tempestivamente contestato l’invio degli estratti conto né dedotti errori o eventuali voci non dovute o nullità di clausole, perché le fotocopie raffiguranti gli estratti conto non erano presenti
nel fascicolo della fase monitoria e quindi non gli era possibile contestarle; in aggiunta, il ricorrente lamenta che sia stata disattesa la distribuzione dell’onere della prova, spettando alla banca opposta produrre gli estratti conto e provarne l’invio, per far operare la presunzione di cui all’art. 1335 cod. civ.
Il motivo è inammissibile.
Secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, gli estratti conto nella fase monitoria sono prova idonea ad ottenere l’emissione del provvedimento ingiuntivo e parimenti assolvono all’onere della prova dell’esistenza e dell’ammontare del credito nel processo a cognizione piena introdotto con l’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. , allorquando l’ingiunto non ne abbia in modo specifico contestato la conformità alle scritture contabili della banca (v. Cass. 10/05/2024, n. 12818).
Di detto indirizzo la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione, avendo ritenuto, con una statuizione insindacabile in sede di legittimità, che le contestazioni del ricorrente non avevano avuto ad oggetto le risultanze degli estratti conto, id est la loro erroneità, l’inserimento di voci non dovute o di clausole nulle (p. 5 della sentenza), avendo il ricorrente dedotto esclusivamente l’avvenuta estinzione del suo debito. Il che determina l’inammissibilità del motivo e rende privo di rilievo lo sforzo confutativo del ricorrente nella parte in cui, peraltro assertivamente, insiste nell’affermare che le contestazioni mosse agli estratti conto erano state tempestivamente formulate, anche in considerazione del fatto che in tema di rapporti bancari, ai fini dell’accertamento del rapporto di dare/avere, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è sempre possibile per il giudice di merito, a fronte di una produzione non integrale degli estratti conto, ricostruire i saldi attraverso l ‘ impiego di mezzi di prova ulteriori, comprese le ammissioni del correntista, purché questi siano idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all ‘ inizio del periodo per cui
sono stati prodotti gli estratti (Cass. 25/07/2023, n. 22290; Cass. 2/05/2019, n. 11543).
3) Con il terzo motivo si denunzia «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2712 e 2719 c.c.».
Premesso che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’opposto ha l’onere di provare l’origine del credito, il ricorrente deduce che, dopo aver preso visione delle fotocopie sparse riproducenti gli estratti nel corso dell’udienza del 4/12/2004 ed aver eccepito l’irritualità della loro presenza nel fascicolo di parte della fase monitoria, le aveva anche formalmente disconosciute, di conseguenza era onere della RAGIONE_SOCIALE provare la conformità delle fotocopie agli estratti conto trasmessigli da RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è inammissibile.
Gli argomenti difensivi del ricorrente non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata e quindi non la confutano efficacemente.
Il giudice a quo ha ritenuto irrilevante, stante la sua genericità, la contestazione della conformità agli originali delle fotocopie degli estratti conto ( ex art. 2719 cod. civ.) e non proposta la necessaria contestazione (ai sensi dell’art. 2712 cod. civ.) della corrispondenza dei dati riportati negli estratti alla realtà, richiamando correttamente la giurisprudenza di questa Corte quanto al fatto che gli estratti conto costituiscono riproduzioni meccaniche di supporti magnetici, il cui disconoscimento non è regolato dall’art. 2719 cod. civ., bensì dall’art. 2712 cod. civ., il quale richiede che la contestazione abbia ad oggetto la veridicità delle singole operazioni registrate (Cass. 16/11/2016, n. 23389 cui adde Cass. 06/06/2018, n. 14686 ); il ricorrente, invece, muove dal convincimento, che non trova riscontro nella trama argomentativa del decisum impugnato, che la Corte d ‘ appello abbia considerato irrilevante l’invio degli estratti conto da parte della banca al fine di provare il credito (a p. 5 della pronuncia si legge,
infatti, che l’opponente non aveva tempestivamente contestato di avere ricevuto gli estratti conto periodici e non già che la banca sia stata ritenuta esonerata dall’onere di aver tempestivamente trasmesso al correntista gli estratti conto), tant’è vero che oltre a ribadire di aver effettuato la contestazione ex art. 2712 cod. civ. -contestazione che, però, la Corte d’appello ha ritenuto inidonea (cfr. supra ), deduce di avere ignorato quegli estratti conto, avendone preso visione per la prima volta, scoprendone le relative fotocopie negli allegati 9 e 10 del fascicolo monitorio, e di averli contestati, benché -si ribadisce -senza richiamare specificamente gli atti difensivi a ciò relativi, necessari (anche) allo scopo di dimostrare la conducenza delle contestazioni formulate (cfr. supra, sub § 1).
Alla ritenuta inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi euro 2.300,00, oltre a euro 200,00 per esborsi, nonché alle spese generali ed accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in