Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2520 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 2520 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 11417 -2017 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dal quale è rappresentato e difeso con l’AVV_NOTAIO , giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’AVV_NOTAIO da cui è
rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– controricorrente –
e contro
COGNOME LORENZA, elettivamente domiciliata presso l’AVV_NOTAIO dalla quale è rappresentata e difesa, giusta procura notarile in atti , con indicazione dell’indirizzo pec;
– controricorrente –
e contro
COGNOME GIOIA
– intimata – avverso la sentenza n. 987/16 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 18/8/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/6/2023 dal consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con atto notificato il 29.03.2007, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in qualità di comproprietarie di un’unità immobiliare del INDIRIZZO, in Ancona convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Ancona la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 58/07 con cui era stato ingiunto al Condominio il pagamento di Euro 172.365,45, oltre interessi, ottenuto dalla società
convenuta in forza del lodo del 28.02.2006 che aveva definito una procedura di arbitrato avente ad oggetto lavori di appalto da effettuarsi sull’immobile condominiale e in undici unità in proprietà individuale.
In particolare, le opponenti contestarono in via principale il difetto di legittimazione dell’impresa a pretendere il compenso spettante agli arbitri, in quanto posto a carico del Condominio soltanto in parte percentuale e già parzialmente corrisposto mediante acconti; in riconvenzionale chiesero l’annullamento del lodo per difetto del mandato arbitrale per inopponibilità della clausola nei loro confronti e, in ogni caso, perché la nomina degli arbitri non era avvenuta secondo la previsione della clausola.
Con sentenza n. 92/09, il Tribunale accolse l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo, rimarcando che la validità del lodo era sindacabile nei limiti dell’azione di nullità perché lodo irrituale, che l’opposizione era fondata perché la clausola compromissoria e il contratto d’appalto non vincolavano le condomine , sicché l’autorità del lodo non era invocabile nei loro confronti.
3 . In accoglimento dell’appello della società RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello di Ancona rigettò l’opposizione perché rilevò che, in precedente controversia instaurata da NOME COGNOME , all’epoca terzo comproprietario dell’unità e poi erede dell’opponente COGNOME, era stata statuita con efficacia di giudicato l’applicabilità anche ai singoli condomini, in difetto di impugnazione della delibera e del contratto, della clausola compromissoria inserita nel contratto di appalto e l’inammissibilità di ogni questione di nullità del lodo per essere necessaria la separata impugnazione, nelle forme di rito.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, nella qualità di erede di NOME COGNOME, affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Anche NOME COGNOME, altra erede, si è difesa con controricorso e ha chiesto la nullità della sentenza per omessa riassunzione, nei suoi confronti, del giudizio di appello interrotto per morte della sua dante causa e, in conseguenza, per violazione del contraddittorio.
NOME COGNOME non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve dichiararsi inammissibile per tardività il controricorso di NOME COGNOME, notificato, peraltro alla sola NOME COGNOME, soltanto in data 8/7/2019, oltre il termine del termine stabilito dall’art. 370 cod. proc. civ. nella formulazione applicabile ratione temporis , atteso che la notifica del ricorso principale è avvenuta in data 3/5/2017. Ciò precisato, la questione della regolarità della notifica dell’atto riassunzione nei confronti di NOME COGNOME non è esaminabile in quanto non oggetto di ricorso incidentale.
Con il primo motivo, articolato in relazione ai n. 3 e 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli art.1129, 1137, 1710, 1711, 2909, 1362, 1372, 1418 cod. civ. e 101, 110, 112, 808, 827, 828, 829 cod. proc. civ. per avere la Corte ritenuto coperta da giudicato la domanda riconvenzionale proposta dalla dante causa, per essere stata affermata nel giudizio conclusosi con l’ordinanza di legittimità n. 22303/2008 la vincolatività della clausola compromissoria, sebbene il giudizio fosse intercorso tra soggetti differenti, atteso che egli vi aveva partecipato quale comproprietario e non quale erede e sebbene non fosse stato oggetto di quel giudizio la questione del vizio di nomina degli arbitri.
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha rimarcato che lo stesso NOME COGNOME, quale comproprietario, con la sorella e la madre NOME COGNOME, di una quota dell’appartamento in condominio i cui lavori hanno originato il credito per cui è giudizio, ha instaurato un precedente giudizio, definitosi, dopo tre gradi, con ordinanza di questa Corte n. 22303 del 2008; in quel giudizio è stata accertata nei suoi confronti, con efficacia di giudicato, l’operatività della clausola compromissoria per i singoli condomini in difetto dell’impugnazione della delibera condominiale che ne ha previsto l’inse rimento nel contratto di appalto; con la stessa pronuncia, è stato altresì stabilito che ogni censura sulla legittimità del lodo fosse inammissibile per difetto di impugnazione rituale.
La Corte territoriale ha ritenuto preclusa dal precedente giudicato l’opposizione a decreto ingiuntivo .
Per principio consolidato, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (così Cass. Sez. 2, n. 11314 del 10/05/2018; Sez. 3, n. 27013 del 14/09/2022, con numerosi richiami).
Rilevando il giudicato, la Corte territoriale ha correttamente applicato questo principio, perché nella fattispecie NOME COGNOME ha assunto , quale coerede e sia pure per quota, anche l’ obbligazione di sua madre nei confronti della società ed è perciò certamente
vincolato dalla definitività della precedente pronuncia sulla validità della clausola e del lodo.
Con il secondo motivo, il ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli art.100, 633 e 634 cod. proc. civ. e 1719 e 1720 cod. civ. , l’omessa pronuncia ex 112 cod. proc. civ. in riferimento al n. 4 e l’omesso esame di fatto decisivo ex n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., per non avere la Corte d’appello pronunciato sul difetto di legittimazione dell’impresa a pretendere il pagamento del compenso degli arbitri e per avere ignorato che una parte del compenso è stata già corrisposta dal Condominio.
2.1. Il motivo è inammissibile. Diversamente da quanto riportato in ricorso, dalla lettura della comparsa di costituzione in appello di NOME COGNOME, nella cui posizione processuale l’attuale ricorrente è, come detto, subentrato per successione, la questione del difetto di legittimazione dell’impresa a pretendere il pagamento del compenso degli arbitri e dell’avvenuta corres ponsione di una parte del compenso è stata sinteticamente riportata soltanto nella narrativa dell’atto, dove sono stati descritti i fatti di causa relativi al giudizio di primo grado; a parte questa premessa, nelle conclusioni della comparsa vi è unicamente un generico richiamo ai motivi di opposizione; per il resto, tutto l’atto di costituzione in secondo grado è sviluppato sulla non opponibilità della clausola compromissoria e del contratto di appalto e sui vizi del lodo conseguenti alla nomina degli arbitri.
Per quel che qui rileva, deve allora considerarsi che non può intendersi riprodotto, in sede di appello, un motivo di opposizione con il solo richiamo generico alle deduzioni formulate in primo grado.
Per principio consolidato, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 cod. proc. civ., l’appellante ha l’onere di riproporre, a pena di formazione del giudicato implicito, le domande e le eccezioni
non accolte in primo grado, manifestando in modo chiaro e preciso la propria volontà di riaprire la discussione e di chiederne il riesame al giudice superiore, sollecitando la decisione su di esse (Cass. Sez. 3, n. 9878 del 11/05/2005, Sez. 3, n. 830 del 18/01/2006, Sez. 2, n. 10796 del 11/05/2009, Sez. 3, n. 25840 del 13/11/2020)
È necessario, in particolare , che l’atto processuale si articoli sia in una parte volitiva -la domanda sottoposta al giudice e, nel caso di impugnazione, la richiesta di riesame – sia in una parte argomentativa -l’illustrazione dei motivi a sostegno della questione , soprattutto nell’ipotesi in cui la questione che si intende devolvere alla cognizione di secondo grado sia stata, come nella specie, assorbita. Nella sentenza di primo grado, invero, il Tribunale aveva accolto l’opposizione proprio in riferimento soltanto all’operatività della clausola e ai vizi del lodo , poi ritenuti, in secondo grado, coperti da giudicato.
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna del ricorrente NOME COGNOME e, in solido, per identità di interesse processuale, di NOME COGNOME al rimborso delle spese processuali in favore di RAGIONE_SOCIALE, liquidate in dispositivo in relazione al valore della causa. Non vi è luogo a statuire sulle spese di NOME COGNOME che non ha svolto difese.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; condanna in solido NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE
sRAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda