Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16689 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 16689 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
Oggetto: fusione opposizione – effetti
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 33220/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
Fallimento della RAGIONE_SOCIALE a socio unico in liquidazione, in persona del curatore pro tempore
– intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 2059/2019, depositata il 28 marzo 2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udit o l’avv. NOME COGNOME per la ricorrente.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata il 28 marzo 2019, di reiezione dell’appello per la riforma della sentenza del locale Tribunale che aveva dichiarato improcedibile la sua opposizione alla fusione per incorporazione della RAGIONE_SOCIALE nella RAGIONE_SOCIALE poi divenuta RAGIONE_SOCIALE unipersonale.
La Corte di appello ha dato atto che il giudice di primo grado aveva rilevato che la fusione era stata approvata da tale società e iscritta nel Registro delle Imprese nonostante l’opposizione alla fusione dell’odierna ricorrente (fondata sul vanto di un credito di euro 2.191.827,13 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e su ll’idoneità dell’operazione a pregiudicare la sua ragione di credito) e aveva ritenuto che tale iscrizione comportava la sanatoria di qualunque vizio o irregolarità, ivi incluso quello, ricorrente nella specie, dell’esecuzione dell’operazione in pendenza dell’opposizione del creditore ex art. 2503 cod. civ.
Ha, quindi, disatteso il gravame condividendo la argomentazione del Tribunale in ordine alla irretrattabilità degli effetti della fusione societaria a seguito dell’iscrizione nel Registro delle Imprese della relativa delibera.
Il ricorso è affidato a due motivi.
Il Fallimento della RAGIONE_SOCIALE a socio unico in liquidazione non spiega alcuna difesa.
La ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Con ordinanza interlocutoria del 10 gennaio 2024 la causa è stata
rimessa alla pubblica udienza in considerazione della particolare rilevanza della questione l’ambito di estensione dell’effetto preclusivo previsto dall’art. 2504 -quater , primo comma, cod. civ.
La ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione de ll’art. 2504 quater cod. civ., nonché il «vizio della motivazione, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., non essendo possibile ricostruire la ratio della decisione in base alla quale l’art. 2504 quater c.c. viene applicato alla fattispecie in esame».
Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2504 quater cod. civ.
Con tali censure la parte, oltre a lamentarsi della mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta applicabilità dell’art. 2504 quater cod. civ. al caso in esame, si duole della ritenuta estensione dell’ambito di operatività di tale disposizione anche alle situazioni in cui la delibera di fusione è stata iscritta nel Registro delle Imprese in pendenza dell’opposizione del creditore e all’affermata irretroattività degli effetti della fusione benché si fosse in presenza non già di una situazione di invalidità della delibera medesima, bensì di sua inefficacia relativa al singolo opponente.
I motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati.
Come accennato in precedenza, la Corte di appello ha ritenuto che in una evenienza quale quella in esame, in cui la delibera di fusione è approvata e iscritta nel Registro delle Imprese nonostante l’opposizione di un creditore, tale adempimento pubblicitario ha un effetto sanante del vizio derivante dall’esecuzione della fusione senza attendere la decisione sull’opposizione, residuando al creditore opponente pregiudicato unicamente una tutela di natura risarcitoria.
Ha sottolineato la coerenza di tale ricostruzione interpretativa con le prevalenti esigenze del pubblico affidamento e della irretrattabilità
degli effetti prodotti dall’esecuzione di atti organizzativi delle società e la equivalenza della tutela risarcitoria rispetto a quella reale.
Ha, inoltre, ritenuto non ipotizzabile -diversamente da quanto sostenuto dall’appellante una inefficacia relativa della fusione societaria, limitatamente a un creditore di una delle società coinvolte, avuto riguardo alla struttura complessa dell’operazione, identica per tutte le società.
Ciò posto, si osserva, in primo luogo, che tale motivazione consente di individuare l’ iter argomentativo seguito dal giudice di merito, per cui la sentenza impugnata si sottrae al denunciato vizio motivazionale, avuto riguardo al ribadito principio secondo cui il sindacato di legittimità sulla motivazione è ormai ridotto alla verifica del rispetto del cd. minimo costituzionale che nel caso in esame risulta essere osservato (cfr. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; nello stesso senso, più recentemente, Cass. 16 maggio 2024, n. 13621; Cass. 11 aprile 2024, n. 9807; Cass. 7 marzo 2024, n. 6127).
In ordine, poi, al dedotto vizio di violazione o falsa applicazione di legge, si rammenta che l’atto di fusione rappresenta il momento finale del procedimento a formazione progressiva -che ha inizio con la predisposizione del progetto di fusione e prosegue con la fase della delibera assembleare approvativa -e la sua iscrizione costituisce la esecuzione della fusione.
L’ art. 2504quater , primo comma, cod. civ., attribuisce all’iscrizione dell’atto di fusione nel registro delle imprese l’effetto di precluderne la dichiarazione di invalidità.
Tale disposizione è stata dichiaratamente ispirata dall’esigenza di assicurare la certezza e la stabilità dell’atto, salvaguardando perciò stesso l’affidamento dei terzi, in considerazione del fatto che la sua eliminazione rischierebbe altrimenti di travolgere gli effetti dell’avvenuta integrazione giuridico-aziendale di realtà societarie ormai non più agevolmente districabili l’una dall’altra (cfr. Cass. 28 febbraio
2020, n. 5602; Cass. 1° giugno 2012, n. 8864).
20. Infatti, l’imponente complessità degli effetti che dall’atto di fusione discendono, avuto particolare riguardo alla natura organizzativa dell’atto, e l’esigenza di tutela dell’affidamento ingenerato nei terzi che vengono ad avere rapporti con la società post-fusione inducono a ritenere che il legislatore abbia considerato inopportune soluzioni demolitorie ex tunc di tali effetti, una volta prodottisi.
21. Analoga esigenza è espressa anche nel nono Considerando della terza direttiva n. 78/855/CEE, relativa alle fusioni delle società per azioni, il quale prevede che, «in vista di garantire la sicurezza giuridica nelle relazioni sia fra le società interessate che fra queste ed i terzi nonché fra gli azionisti bisogna limitare i casi di nullità e stabilire da una parte il principio della sanatoria ogni volta che essa è possibile … ». 22. La disposizione di cui all’art. 2504quater cod. civ. pone, dunque, una preclusione di carattere assoluto, che riguarda tanto il caso in cui si deducano vizi inerenti direttamente all’atto di fusione, quanto l’ipotesi in cui i vizi concernano il procedimento di formazione dell’atto e della sua iscrizione (così, Cass. 20 dicembre 2005, n. 28242) e si pone in coerenza con il favor del legislatore della riforma del 2003 per la tutela obbligatoria, in luogo di quella reale, delle situazioni giuridiche soggettive incisa da atti societari.
23. Deve, pertanto, ritenersi che, in ragione delle prevalenti esigenze sottese alla introduzione di tale norma, l’ambito di operatività dell’effetto sanante ivi disciplinato si estenda a tutte le form e di inosservanza della disciplina -anche procedimentale -che conducano alla approvazione della delibera di fusione e della sua iscrizione nel Registro delle imprese.
24. Solo qualora gli eventuali vizi o le possibili lacune del procedimento di fusione, conclusosi con il suaccennato adempimento pubblicitario, determinino uno stravolgimento del procedimento medesimo tale da apparire manifestamente irriconoscibile nei suoi tratti essenziali anche
ai terzi potrebbe ipotizzarsi l’inesistenza giuridica dell’atto di fusione, iscritto nel registro (cfr. le già richiamate cfr. Cass. 28 febbraio 2020, n. 5602; Cass. 1° giugno 2012, n. 8864).
Tale situazione non ricorre, tuttavia, nel caso in esame, in cui non vi è evidenza di un siffatto irriconoscibile stravolgimento del procedimento che ha portato alla iscrizione della delibera.
26. La ricorrente sottolinea che l’art. 2504 -quater, primo comma, cod. civ. si riferisce unicamente alle ipotesi di invalidità della delibera di fusione -ossia, di nullità e annullabilità -, ma non anche alle ipotesi di inefficacia relativa o inopponibilità, nel cui ambito rientrerebbe il caso in esame, in cui l’effetto retroattivo interessa unicamente la posizione del creditore opponente e, in quanto tale, non è idoneo a pregiudicare la tutela del pubblico affidamento e del principio di irreversibilità degli effetti della delibera di fusione iscritta nel Registro delle Imprese.
27. Sostiene, in proposito, che l’effetto sanante di cui al predetto art. 2504quater , primo comma, cod. civ. presuppone una fusione efficace ed evidenzia che l’ordinamento conosce rimedi volti a rendere inopponibili nei confronti del singolo creditore la delibera di fusione che indebitamente pregiudichi i suoi interessi, quale l’azione revocatoria con cui l’opposizione ex art. 2503 cod. civ. condivide, nella sostanza, il risultato perseguito.
Aggiunge, poi, che quand’anche si riten ga che il risultato dell’opposizione alla delibera di fusione produc a effetti erga omnes , l’interesse pubblico alla conservazione dell’atto dovrebbe cedere rispetto all’interesse alla demolizione dell’atto di organizzazione societaria che risulti frutto di frode in danno dei creditori e finalizzato ad alterare le regole del concorso della successiva procedura concorsuale.
Con le memorie depositate predica, infine, la sostanziale ineffettività del solo rimedio risarcitorio atteso che «chi realizza illegittimamente la fusione è perfettamente consapevole di doverne
rispondere e, per questo, tipicamente ed ex ante privo di qualsiasi patrimonio».
30. Questo Collegio osserva, al riguardo, che il riferimento all’ammissibilità dell’azione revocatoria avente a oggetto la fusione (o la scissione) societaria non risulta pertinente e i conseguenti effetti di inefficacia o inopponibilità relativa dell’atto contestato non appaiono pertinenti.
31. Infatti, il rimedio di cui all’art. 2901 cod. civ. fa conseguire l’inefficacia relativa dell’atto alla pronuncia del giudice che accerti la sussistenza dei requisiti previsti dalla fattispecie, mentre nel caso in esame manca un accertamento giudiziale in ordine alla fondatezza dell’opposizione e, dunque, alla insussistenza nella società risultante dalla fusione di mezzi patrimoniali sufficienti a tutelare i creditori sociali.
32. Nella sostanza, l’ inefficacia relativa della delibera di fusione viene argomentata non già con la sussistenza dei requisiti per l’accoglimento dell’opposizione, ma con il mero fatto che il giudizio di opposizione è divenuto improcedibile per fatto riconducibile alla volontà degli amministratori della società. Una siffatta circostanza risulta attenere, tuttavia, alle condizioni di formazione dell’atto di fusione e, dunque, alla validità dello stesso, e non alla sua efficacia.
33. Inoltre, benché i rimedi dell ‘azione revocatoria e del diritto di opposizione presentino sostanziali assonanze sotto il profilo funzionale, in quanto entrambi strumentali alla conservazione della garanzia patrimoniale generica della società debitrice, mentre il primo mira a ottenere l’inefficacia relativa dell’atto, tale da tenderlo inopponibile al solo creditore pregiudicato, il secondo è finalizzato a farne valere l’invalidità (cfr. Cass. 6 maggio 2021, n. 12047; Cass. 29 gennaio 2021, n. 2153; Cass. 4 dicembre 2019, n. 31654).
34. Ne consegue che anche assimilando l’iscrizione della delibera di fusione in pendenza di un’opposizione all’accoglimento dell’opposizione
medesima il vizio che ne deriverebbe sarebbe invalidante di tale delibera e, in quanto tale, soggiacerebbe all’effetto sanante di cui all’art. 2504 -quater , primo comma, cod. civ.
35. Infine, come accennato in precedenza, il favor per una tutela risarcitoria dei soci o creditori pregiudicati da atti societari , di cui l’art. 2504 quater , primo comma, cod. civ. è espressione, riflette l’interesse generale dell’ordinamento alla stabilità degli atti di organizzazione della società e alla certezza dei rapporti giuridici e costituisce una chiara scelta del legislatore del 2003; tale forma di tutela non può, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, ritenersi inadeguata o non effettiva.
36. In proposito, si osserva, in primo luogo, che l’argomento della ricorrente è sviluppato in relazione a una situazione fattuale -di atto in frode ai creditori -di cui non vi è evidenza nella sentenza impugnata. 37. In secondo luogo, si evidenzia che il riconoscimento della facoltà di esercitare l’azione di risarcimento dei danni sofferti dall’esecuzione della delibera di fusione, operato con l’art. 2504quater , secondo comma, cod. civ., trova il suo fondamento giustificativo proprio nella preclusione di ogni pronuncia di invalidità dell’atto di fusione prevista dal comma precedente, e nella necessità di prevedere un rimedio alternativo che permetta di tenere comunque il socio o il terzo indenne dalle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’esecuzione della delibera invalida.
38. Non esistono elementi che consentano di ritenere, in via astratta, che il rimedio per equivalente previsto a tutela dei soggetti pregiudicati da delibere societarie invalide che non possono essere caducate, per ragioni di natura soggettiva o oggettiva, sia meno effettivo di quello in forma specifica, né, tanto meno, che una interpretazione delle norme in senso contrario alla ritenuta sanatoria dell’invalidità della delibera di fusione, con concentrazione della tutela dei danneggiati sul versante risarcitorio, sia imposta dal diritto unionale. Infatti, la giurisprudenza
della Corte di Giustizia dell’Unione Europea richiamata dalla ricorrente -si limita ad affermare che il risarcimento deve essere adeguato e pieno e che le modalità non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’ esercizio dei diritti, ma non impone l’adozione del criterio del risarcimento in forma specifica, previsto solo in casi particolari ed eccezionali in presenza di relativa disposizione normativa (cfr. Corte Giust. UE 5 marzo 1996, C-46/93, Brasserie du pêcheur / Bundesrepublik Deutschland e The RAGIONE_SOCIALE / Secretary of RAGIONE_SOCIALE, ex parte Factortame e a. ; Corte Giust. CE 19 novembre 1991, C-6/90, COGNOME e COGNOME / Italia ).
Non va, infine, sottaciuto che la negazione della invocata tutela reale non osta a che il creditore possa far valere il suo interesse alla conservazione della garanzia patrimoniale, sia pure ex post , mediante l’esercizio dell’azione revocatoria (cfr. la giurisprudenza nazionale da ultimo citata).
Pertanto, per le indicate considerazioni, il ricorso non può essere accolto.
Nulla va disposto in tema di spese processuali in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.