Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9479 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9479 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
Oggetto: Edilizia convenzionata – Accordo di cessione volontaria delle aree con aumento di volumetria – Cessione a terzi – Validità Requisiti soggettivi.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26617/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti NOME COGNOME ed NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME, in proprio e quale unica erede di NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata.
ROMA CAPITALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata negli Uffici dell’Avvocatura capitolina, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti – avverso la sentenza n. 3394/2020, depositata il 10/7/2020 e notificata il 15/7/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Si premette che la vicenda fattuale prende avvio dal contratto del 7/8/2009, col quale NOME e COGNOME NOME promisero di cedere, in luogo dell’esproprio, al Comune di Roma il fondo di loro proprietà, sito nel Comune di Roma, zona INDIRIZZO, nel quale era previsto un intervento di edilizia residenziale pubblica, in cambio del riconoscimento della facoltà di edificare per una cubatura corrispondente a mc. 7980, condizionando risolutivamente l’accordo all’approvazione, da parte dell’ente cessionario, dei provvedimenti di densificazione entro il 30/06/2010 e indicando quale fruitore e destinatario dei diritti edificatori derivanti dalla cessione la società RAGIONE_SOCIALE
Quest’ultima società, con contratto del 19/10/2009, si accordò, a sua volta, con gli Zecchini, affinché questi le cedessero la suddetta cubatura, pattuendo, a titolo di corrispettivo, la permuta di sei appartamenti e obbligandosi a stipulare fideiussioni assicurative a prima richiesta a garanzia dell’esatto adempimento, e si accordò, altresì, con successivo contratto del 26/10/2009, con la società RAGIONE_SOCIALE per la cessione a quest’ultima dell’intera posizione contrattuale nascente dal
preliminare stipulato con gli RAGIONE_SOCIALE dietro corrispettivo di € 725.000,00, di cui € 225.000,00 corrisposti anche a titolo di caparra confirmatoria al momento della stipula, prevedendo la risoluzione del rapporto in caso di mancata assegnazione della cubatura o di stipula della convenzione col Comune di Roma relativa all’utilizzazione della cubatura.
Il termine fissato nella scrittura intercorsa tra il Comune di Roma e gli RAGIONE_SOCIALE per il provvedimento di densificazione, al quale era risolutivamente condizionato, fu prorogato al 31/12/2010 con atto nel quale intervennero le due società e gli stessi RAGIONE_SOCIALE e successivamente ulteriormente prorogato.
In data 27/07/2012, il Comune procedette all’esproprio del fondo degli COGNOME.
In ragione di ciò, RAGIONE_SOCIALE citò in giudizio, con due distinti atti, da una parte, il Comune di Roma, onde ottenerne la condanna al risarcimento dei danni derivanti dall’avere questi colpevolmente omesso di tenerla informata dell’iter procedurale che aveva condotto al decreto di esproprio, così da rendere inattuabile l’operazione posta in essere con RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME e COGNOME NOME, incardinando un giudizio nel quale furono chiamati in causa anche questi ultimi su istanza dell’ente convenuto, e, dall’altra parte, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME, al fine di ottenere, se del caso, la risoluzione del contratto per inadempimento dei convenuti e la loro condanna al pagamento della somma, quanto agli Zecchini, di € 1.740.000,00 e, quanto alla società COGNOME, del doppio della caparra, pari a € 450.000,00, oltre a € 48.000,00 pure versata, o, in subordine, alla restituzione della somma di € 318.000,00 versata in favore di RAGIONE_SOCIALE
Quest’ultima spiegò, a sua volta, contro RAGIONE_SOCIALE NOME e COGNOME NOME, domanda di manleva e riconvenzionale trasversale, volta all’accertamento del loro inadempimento e alla loro condanna al risarcimento dei danni, nonché al pagamento della somma di euro 150.000,00 ex art. 1385 cod. civ., avendo essi manifestato per fatti concludenti l’intenzione di non adempiere, allorché avevano comunicato via fax del 13/12/2011 perplessità in merito alla possibilità di conclusione dell’intera vicenda.
In seguito alla riunione dei due giudizi, il Tribunale di Roma, con sentenza del 18/4/2016, rigettò la domanda risarcitoria proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di Roma Capitale e le domande proposte da COGNOME NOME e NOME e condannò RAGIONE_SOCIALE al pagamento, a titolo restitutorio, della somma di euro 310.000,00 in favore di RAGIONE_SOCIALE, e COGNOME NOME e NOME a manlevare la stessa RAGIONE_SOCIALE con riguardo al pagamento di detta somma a titolo di doppio della caparra a favore di RAGIONE_SOCIALE nonché dell’ulteriore somma di euro 407.000,00 a titolo risarcitorio a favore di RAGIONE_SOCIALE
Il giudizio di gravame, interposto da COGNOME NOME, si concluse, nella resistenza di RAGIONE_SOCIALE, del Comune di Roma e di RAGIONE_SOCIALE, che propose, peraltro, appello incidentale, con la sentenza n. 3394/2020, pubblicata il 10/7/2020, con la quale la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, dichiarò la nullità del contratto intercorso tra COGNOME NOME e NOME e RAGIONE_SOCIALE, poi ceduto a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e condannò COGNOME NOME e NOME alla restituzione, in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 75.000,00, rigettando ogni altra domanda proposta dagli appellanti principali e compensando tra tutte le parti le spese del doppio grado del
giudizio. Quindi rigettò l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Comune di Roma, condannandola alla rifusione delle spese del grado.
Contro la predetta sentenza, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati anche con memoria. COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE si difendono con distinti controricorsi, proponendo ciascuna ricorso incidentale affidato, rispettivamente, a due motivi, illustrati anche con memorie. Si difende altresì con controricorso Roma Capitale.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso principale, si lamenta l’ingiustizia della sentenza per violazione e/o falsa applicazione della disciplina in tema di edilizia residenziale pubblica, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto che la previsione dell’intestazione di sei alloggi di siffatta natura in capo a COGNOME NOME e NOME, quale saldo del prezzo dell’acquisto dei diritti edificatori, contrastasse con le finalità dell’intera legislazione relativa agli alloggi di edilizia residenziale pubblica volta a soddisfare esigenze abitative in capo ad un determinato soggetto ai sensi dell’art. 35, comma 19, legge n. 865 del 1971, e che questa fosse, dunque, colpita da nullità per impossibilità giuridica dell’oggetto o illiceità.
I giudici non avevano, invece, considerato che nella specie andava applicata la disciplina dell’edilizia convenzionata, la quale, sia in caso di piena proprietà, sia di diritto di superficie, era disciplinata dalla convenzione tra RAGIONE_SOCIALE e/o impresa, l’unica a stabilire i requisiti soggettivi dell’assegnatario, senza prevedere alcuna nullità in caso di loro violazione, siccome non sancita da alcuna disposizione di legge, anche in caso di alloggi realizzati in
diritto di superficie, come nella specie, ma semmai una sola sanzione amministrativa.
Peraltro, la mancata previsione di contributi statali per l’intervento edificatorio in questione, che avrebbe portato al trasferimento di sei alloggi in favore degli Zecchini a titolo di saldo del prezzo dei diritti edificatori ceduti, non consentiva l’applicabilità della disciplina prevista dalla legislazione in materia di edilizia agevolata, come sancito dall’art. 45, commi 1 e 3, della legge n. 457 del 1978, anche perché il testo dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971, a differenza di quanto accade per la cessione del diritto in proprietà (ma anche probabilmente dopo l’art. 23 della legge n. 179 del 1992), non prevedeva per le aree cedute in diritto di superficie la presenza di requisiti d ell’assegnatario.
Infine, il testo dell’art. 35, comma 19, della legge n. 867 del 1971, che prevedeva alcuni requisiti per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica, cui faceva cenno la sentenza, era stato abrogato dalla legge COGNOME-Botta n. 179 del 1992.
1.2 Il primo motivo è fondato.
I giudici di merito hanno, infatti, affermato che il contratto stipulato da Zecchini NOME e COGNOME NOME, da un lato, e la RAGIONE_SOCIALE, dall’altro, avente ad oggetto la cessione, da parte dei primi in favore della seconda, dei diritti edificatori concessi dal Comune di Roma, dietro pagamento di un compenso parte in denaro e parte con cessione di sei appartamenti destinati a edilizia pubblica, fosse nullo in quanto confliggente con le finalità dell’intera legislazione relativa agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, volta a soddisfare esigenze meramente abitative in capo ad alcuni soggetti, senza che rilevasse la riserva di assegnazione a persone o enti da nominare, siccome avente finalità speculative.
Tali argomentazioni sono però giuridicamente errate.
Infatti, l’edilizia residenziale convenzionata, che attiene a quegli interventi di edilizia realizzati attraverso la previa stipulazione di una convenzione col Comune, avente ad oggetto la concessione, da parte dell’ente, di aree su cui edificare, a fronte dell’assunzione dell’obbligo di realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare, e che si distingue dall’edilizia agevolata, che presuppone, invece, il finanziamento pubblico per l’edificazione, e dall’edilizia sovvenzionata, che consiste nell’assegnazione di immobili regionali o comunali, poi passati a vari enti, può realizzarsi sia attraverso le convenzioni di attuazione di un Piano di Edilizia Economico Popolare (c.d. P.E.E.P.), destinato alla realizzazione di aree espropriate dal Comune per la costruzione di abitazioni per terzi non abbienti, che sono disciplinate dall’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, sia attraverso le convenzioni c.d. Bucalossi, destinate al riconoscimento, in favore del privato, di una riduzione del contributo concessorio per l’ottenimento del titolo edilizio, che sono disciplinate dagli artt. 7 e 8 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (c.d. legge COGNOME), successivamente sostituiti dagli artt. 17 e 18 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. per l’Edilizia).
Quando la concessione ha ad oggetto il diritto di superficie, la disciplina applicabile è sempre quella di cui all’art. 35, commi dal quinto al dodicesimo, della legge n. 865 del 1971, mentre quando ha ad oggetto il diritto di proprietà, va ricercata nella medesima norma fino al 1997 e nella legge 28 gennaio 1977, n. 10, poi d.P.R. n. 380 del 2001, nel periodo successivo in caso di convenzioni P.E.E.P., altrimenti nella legge n. 10 del 1977 confluita nel d.P.R. n. 380 del 2001, in caso di concessione Bucalossi.
In sostanza, la convenzione RAGIONE_SOCIALE è diversamente regolata a seconda che abbia ad oggetto il diritto di proprietà oppure quello di superficie, come chiaramente evincibile dal comma undicesimo dell’art. 35 della ridetta legge n. 865 del 1971, allorché stabilisce
che ‘ Le aree di cui al secondo comma destinate alla costruzione di case economiche e popolari’, ossia quelle che, comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, sono espropriate dai comuni o dai loro consorzi, sono concesse in diritto di superficie, ai sensi dei commi precedenti, o cedute in proprietà a cooperative edilizie e loro consorzi, ad imprese di costruzione e loro consorzi ed ai singoli, con preferenza per i proprietari espropriati ai sensi della presente legge sempre che questi abbiano i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni per l’assegnazione di alloggi di edilizia agevolata ‘, e dai commi da quinto a dodicesimo che regolano specificamente le sole convenzioni P.E.E.P. riguardanti il diritto di superficie modificati dall’art. 3, comma 63, legge 23 dicembre 1996 n. 662, soltanto con riferimento alle quote da destinare in superficie o proprietà, lasciate ora alla libera determinazione dei Comuni -, di cui stabiliscono anche i contenuti.
Il comma ottavo, infatti, dispone in proposito che ‘ La convenzione deve prevedere: a) il corrispettivo della concessione e le modalità del relativo versamento, determinati dalla delibera di cui al settimo comma con l’applicazione dei criteri previsti dal dodicesimo comma; b) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare a cura del comune o del consorzio, ovvero, qualora dette opere vengano eseguite a cura e spese del concessionario, le relative garanzie finanziarie, gli elementi progettuali delle opere da eseguire e le modalità del controllo sulla loro esecuzione, nonché i criteri e le modalità per il loro trasferimento ai comuni od ai consorzi; c) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da realizzare; d) i termini di inizio e di ultimazione degli edifici e delle opere di urbanizzazione; e) i criteri per la determinazione e la revisione periodica dei canoni di locazione, nonché per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, ove questa sia consentita; f) le sanzioni a carico del concessionario per
l’inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione ed i casi di maggior gravità in cui tale inosservanza comporti la decadenza dalla concessione e la conseguente estinzione del diritto di superficie; g) i criteri per la determinazione del corrispettivo in caso di rinnovo della concessione, la cui durata non può essere superiore a quella prevista nell’atto originario ‘, senza però stabilire alcunché sui requisiti soggettivi e oggettivi dei destinatari degli alloggi.
Diversamente può dirsi con riferimento alla convenzione P.E.E.P. avente ad oggetto il trasferimento della proprietà, per la quale solo il comma undicesimo richiama i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni per l’assegnazione di alloggi di edilizia agevolata, così come prevedevano, del resto, i successivi commi dal quindicesimo al diciannovesimo dell’art. 35, i quali, oltre a porre dei limiti all’alienazione o alla costituzione di diritti reali di godimento per un periodo di tempo di dieci anni dalla data del rilascio della licenza di abitabilità (comma quindicesimo), consentivano, ‘ decorso tale periodo di tempo, l’alienazione o la costituzione di diritti reali di godimento ‘ purché ‘ esclusivamente a favore di soggetti aventi i requisiti per la assegnazione di alloggi economici e popolari, al prezzo fissato dall’ufficio tecnico erariale ‘ (comma sedicesimo), stabilendo altresì, per quanto qui interessa, che ‘ Gli atti compiuti in violazione delle disposizioni contenute nei quattro precedenti commi ‘ fossero ‘nulli’ e che detta nullità potesse essere fatta valere dal Comune o da chiunque altro vi avesse interesse e potesse essere rilevata d’ufficio dal giudice (comma diciannovesimo).
La legge 17 febbraio 1992, n. 179 (c.d. COGNOME–COGNOME), entrata in vigore il 15 marzo 1992, però non solo ha liberalizzato pressoché integralmente la vendita dei beni oggetto di convenzione P.E.E.P. da parte dei proprietari o assegnatari, stabilendo solo il vincolo del rispetto di un termine di mantenimento quinquennale in proprietà
(o assegnazione), peraltro derogabile, previa autorizzazione della Regione, ove sussistenti gravi, sopravvenuti e documentati motivi (sul punto, Cass., Sez. 1, 10/11/2008, n. 26915; Cass., Sez. 2, 27/12/2017, n. 3095), ma ha soprattutto disposto, all’art. 23, l’abrogazione dei commi da quindicesimo al diciannovesimo del ridetto art. 35, ivi compresa la previsione di nullità per i trasferimenti in proprietà o per la costituzione di diritti reali di godimento dei beni in favore di soggetti privi dei requisiti per l’assegnazione di alloggi economici e popolari.
Tralasciando le successive modifiche intervenute con la legge 23 dicembre 1997, n. 662, la legge 23 dicembre 1998, n. 448, del d.l. 133 maggio 2011, n. 70, conv., con modif., nella legge 12 luglio 2011, n. 106, introduttiva dei commi 49bis e 49ter all’art. 448 del 1998, e del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv., con modif., dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, siccome afferenti ai vincoli di prezzo e di tempo per gli atti di disposizione nelle convenzioni P.E.E.P. e COGNOME, non rilevanti nella specie, ciò che va rimarcato è che l’abrogazione del comma diciottesimo dell’art. 35 ha fatto sì che per le aree P.E.E.P., ancorché rispondenti a interessi di carattere generale, l’acquirente non debba più dimostrare di possedere i requisiti soggettivi previsti dalla normativa per l’attuazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica, né altri di carattere oggettivo (ad esempio il non avere abitazioni nello stesso comune o lo spostamento della residenza), salvo che questi non siano previsti dalla convenzione stessa, le cui clausole vanno esaminate di volta in volta, potendo le stesse variare da Comune a Comune e anche nell’ambito dello stesso Comune.
Peraltro, detti requisiti, soggettivi e oggettivi, quand’anche fossero previsti dalla convenzione, sia costitutiva di un diritto di superficie, sia comportante il trasferimento della proprietà o la costituzione di un diritto reale di godimento, avrebbero al più una valenza pattizia
e dare luogo, se violati, a responsabilità contrattuale, ma non potrebbero in alcun modo incidere sulla validità del contratto, in assenza di una previsione normativa in tal senso.
Pertanto, essendo in questione, nella specie, un’ipotesi di edilizia convenzionata, con trasferimento della proprietà del bene al Comune di Roma, hanno errato i giudici di merito nel ritenere nullo l’accordo intercorso con la RAGIONE_SOCIALE in quanto contrastante con la normativa relativa agli alloggi di edilizia residenziale nella parte in cui attribuiva sei appartamenti ai medesimi COGNOME, ancorché privi dei requisiti di reddito, con conseguente fondatezza della censura.
2.1 Con il secondo motivo di ricorso principale, si lamenta l’ingiustizia della sentenza per violazione e/o falsa applicazione della disciplina in tema di presunzioni ex art. 2727 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto che la clausola n. 7 del contratto stipulato tra gli RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, secondo cui le singole unità immobiliari date in permuta potevano essere assegnate a persone o enti da nominare, fosse in frode alla legge, con conseguente sua nullità, in quanto idonea a consentire ai promissari acquirenti, privi dei requisiti di legge, di vendere gli immobili a persone aventi quei requisiti, così da perseguire finalità speculative. I giudici di merito non avevano considerato che, nella specie, i diritti edificatori riconosciuti agli COGNOME erano fondati sulla compensazione, in quanto correlati all’acquisizione, da parte del Comune, di aree oggetto di vincolo preordinato all’esproprio, che il diritto edificatorio compensativo consisteva in una quantità volumetrica riconosciuta dalla P.A. quale corrispettivo urbanistico a fronte della cessione al Comune di aree, sì da costituire moneta urbanistica, e che detto diritto consentiva di utilizzare la volumetria in caso di possesso di altro bene immobile ricompreso nelle aree individuate dallo
strumento urbanistico o, in caso di mancato possesso, di incassarne il relativo valore economico mediante il trasferimento del diritto a terzi. Infine, i giudici avevano presunto che gli Zecchini avrebbero venduto gli appartamenti a prezzo superiore a quello convenzionale senza alcuna prova al riguardo, ma soltanto per mera illazione, con conseguente contrasto con le norme in materia di prova presuntiva.
2.2 Il secondo motivo di ricorso principale resta assorbito dall’accoglimento del primo.
Col primo motivo di ricorso incidentale proposto da COGNOME NOME, rubricato ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’art. 1418 cod. civ. Condanna degli COGNOME a corrispondere in favore di RAGIONE_SOCIALE l’importo equivalente alla caparra, con interessi dal giorno della domanda. Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.. Mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato ‘, per avere i giudici di merito affermato che la caparra versata dagli COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE andasse attribuita alla RAGIONE_SOCIALE, senza considerare che la nullità del contratto intercorso tra gli COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE non poteva che travolgere anche il contratto intercorso tra quest’ultima e la RAGIONE_SOCIALE, che l’attribuzione economica avrebbe dovuto essere richiesta semmai dalla RAGIONE_SOCIALE che non lo aveva fatto e che la restituzione della caparra alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – e neppure alla RAGIONE_SOCIALE – non era stata preceduta da specifica domanda in tal senso, posto che le due società si erano limitate a chiedere i danni da inadempimento, ma non il pagamento di somme per indebito arricchimento, domanda quest’ultima che non poteva dirsi implicita in quella proposta.
4. Col secondo motivo di ricorso incidentale proposto da COGNOME NOME, rubricato ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’art. 92 cod. proc. civ.. Sulla mancata condanna di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in solido ovvero disgiuntamente tra loro, al pagamento delle spese legali dei tre gradi del giudizio e della fase cautelare incidentale ‘, perché, nonostante le due società fossero rimaste soccombenti in appello, pur avendo ottenuto in primo grado una sentenza di condanna per importi elevatissimi, mentre la sola RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto illogicamente il riconoscimento del diritto alla restituzione della caparra, i giudici di merito avevano compensato le spese in ragione della particolarità della vicenda, caratterizzata da nullità cui tutte le parti avevano contribuito, senza tener conto della diversa qualifica delle stesse, essendo gli COGNOME rispettivamente agricoltore e insegnante di educazione fisica e le altre società commerciali avvezze a simili accordi, e della enormità delle richieste avanzate da queste ultime.
Il primo e secondo motivo di ricorso incidentale proposto da COGNOME NOME, in quanto strettamente connesso, quanto al primo, alla questione della validità del contratto intercorso tra la medesima e il padre e la società RAGIONE_SOCIALE e relativo, quanto al secondo, alla regolamentazione delle spese, restano anch’essi assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.
Col primo motivo di ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE si lamenta la violazione e falsa applicazione della normativa e della documentazione in atti sulla dichiarata nullità del contratto, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello valutato erroneamente e superficialmente le risultanze probatorie di natura documentale depositate in atti dalla stessa ricorrente incidentale e
attestanti il rapporto intrattenuto col Comune di Roma, su cui era stata fondata la richiesta risarcitoria, allorché aveva affermato che la RAGIONE_SOCIALE non poteva aspirare ad ottenere il risarcimento dal predetto ente per il fallimento dell’operazione programmata in quanto questa era affetta da nullità. Al riguardo, i giudici di merito non avevano considerato, in particolare, il fatto che il Comune sapesse dell’intervenuta cessione del contratto, come attestato sia dalla comunicazione n. 41560, con cui quest’ultimo aveva comunicato a tutte e tre le parti dell’operazione l’intervenuta proroga dell’impegno, sia dalla presa d’atto da parte sua, con il documento prot. 3577 del 5/5/2011 riguardante la localizzazione della volumetria con destinazione residenziale nell’area del Piano di Zona, dell’intervenuta cessione dei diritti edificatori dagli COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE.
Col secondo motivo di ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito rigettato la domanda risarcitoria avanzata nei confronti di Roma Capitale e fatta oggetto di appello incidentale, nonostante l’ente avesse omesso di informare la RAGIONE_SOCIALE dell’intera fase finale dell’iter amministrativo relativo alle aree di proprietà degli COGNOME, benché consapevole dell’intervenuta cessione dei diritti edificatori in suo favore.
Il primo e il secondo motivo di ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE da trattare congiuntamente in quanto afferenti alla medesima questione della reiezione della domanda risarcitoria da essa proposta nei confronti di Roma COGNOME sono anch’essi assorbiti dall’accoglimento del primo motivo di ricorso principale.
Va infatti osservato come i giudici merito abbiano respinto l’appello incidentale proposto dalla predetta società in ordine alla suddetta richiesta risarcitoria, affermando che la RAGIONE_SOCIALE non potesse ‘ dolersi a titolo risarcitorio nei confronti del Comune di Roma, in relazione alla mancata attuazione dell’assetto di interessi programmato con la complessa operazione negoziale sopra descritta, siccome destinata comunque a naufragare a motivo della dichiarata nullità ‘, nullità che, come si è visto, non può configurarsi nella specie.
9. In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo motivo di ricorso principale e l’assorbimento del restante, nonché l’assorbimento dei motivi di ricorso incidentale proposto rispettivamente da Zecchini NOME e da RAGIONE_SOCIALE, il ricorso principale deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso principale, con assorbimento del restante, dichiara assorbiti i motivi dei ricorsi incidentali proposti da COGNOME NOME e da RAGIONE_SOCIALE, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 marzo 2025.
La Presidente NOME COGNOME