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Edificabilità di fatto: Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione interviene sul tema del risarcimento per occupazione illegittima di un terreno da parte di un Comune. La Corte ha stabilito che la valutazione di un’area priva di destinazione urbanistica (‘area bianca’) non può basarsi sul criterio dell’edificabilità di fatto, ovvero sulla presenza di costruzioni nelle vicinanze, specialmente se di natura abusiva. La sentenza impugnata è stata annullata con rinvio per una nuova determinazione del valore del terreno, escludendo l’applicazione del criterio dell’edificabilità di fatto.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Edificabilità di Fatto: Quando il Contesto Urbano Non Basta a Determinare il Valore di un Terreno

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sui criteri di valutazione dei terreni in caso di occupazione illegittima da parte della pubblica amministrazione, con un focus specifico sulla nozione di edificabilità di fatto. La vicenda, che vede contrapposti un Comune e due cittadini privati, mette in luce i limiti di un approccio valutativo basato esclusivamente sul contesto urbano circostante, soprattutto in assenza di una chiara pianificazione urbanistica.

I Fatti di Causa

La controversia ha origine quando un Comune, dopo aver legittimamente acquisito una porzione di terreno per la realizzazione di una strada, occupa arbitrariamente un’ulteriore superficie di proprietà di due privati. Questi ultimi si rivolgono al Tribunale per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’illegittima occupazione e dall’irreversibile trasformazione del loro suolo.

Il Tribunale accoglie la domanda, condannando l’ente locale al pagamento di una somma a titolo di risarcimento. La Corte d’Appello, chiamata a decidere sull’impugnazione del Comune, conferma la decisione di primo grado, basando la quantificazione del danno sul criterio della cosiddetta edificabilità di fatto. Secondo i giudici di merito, nonostante il piano regolatore comunale non fosse stato approvato (rendendo il terreno un'”area bianca”), la vocazione edificatoria del suolo poteva essere desunta dalla presenza di numerose costruzioni nelle vicinanze e dalla prossimità a importanti vie di comunicazione. Il Comune, non condividendo tale impostazione, ha proposto ricorso per cassazione.

Il Concetto di Edificabilità di Fatto nelle Aree Bianche

Il nodo centrale della questione giuridica riguarda la corretta valutazione di un'”area bianca”, ovvero un terreno privo di una specifica destinazione nel piano urbanistico. La Corte d’Appello aveva ritenuto di poter superare questa indeterminatezza normativa facendo ricorso al criterio dell’edificabilità di fatto. Questo approccio consiste nell’accertare il valore di un’area non sulla base delle previsioni di piano, ma in relazione al microsistema urbanistico in cui è inserita, valorizzando la presenza di edifici e infrastrutture circostanti.

Tuttavia, come evidenziato dalla Cassazione, tale criterio presenta notevoli criticità quando applicato a situazioni urbanistiche non consolidate. La semplice presenza di costruzioni vicine non garantisce di per sé una futura e legittima possibilità di edificare, specialmente se non viene accertata la regolarità edilizia di tali costruzioni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Comune, cassando la sentenza d’appello. Il ragionamento dei giudici di legittimità si fonda su un principio cardine: per un'”area bianca”, il criterio dell’edificabilità di fatto è inapplicabile.

La Corte ha specificato che, sebbene il terreno in questione non fosse gravato da vincoli di inedificabilità assoluta, la sua qualificazione come “area bianca” lo pone in una situazione transitoria, in attesa di una futura pianificazione da parte del Comune. In questo contesto, valorizzare il terreno basandosi su una presunta vocazione edificatoria desunta dal contesto circostante è un errore di diritto. Questo approccio, infatti, finirebbe per attribuire un valore speculativo al terreno, influenzato dalla presenza di un’edificazione esterna la cui legittimità, peraltro, non era stata accertata.

In sostanza, la Corte ha chiarito che il valore di un’area deve essere determinato sulla base di parametri oggettivi e legali, e non su potenzialità future e incerte. L’applicazione dell’edificabilità di fatto è stata quindi ritenuta scorretta perché ha portato a una stima del valore del terreno che non rifletteva la sua reale condizione giuridico-urbanistica, ma piuttosto una situazione di fatto potenzialmente illegittima e non consolidata.

Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di espropriazione e valutazione immobiliare: la determinazione del valore di un terreno deve ancorarsi a criteri giuridici certi. L’edificabilità di fatto non può essere utilizzata come scorciatoia per attribuire un valore edificatorio a terreni che, dal punto di vista della pianificazione urbanistica, ne sono privi. Questa pronuncia rappresenta un monito per le valutazioni tecniche (C.T.U.) e per le decisioni dei giudici di merito, richiamando a una maggiore aderenza alla situazione normativa del bene, al fine di evitare stime che includano aspettative speculative o che, indirettamente, finiscano per “premiare” contesti di abusivismo edilizio. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione che dovrà prescindere da tale criterio errato.

Come si valuta un terreno in un'”area bianca”, cioè senza una specifica destinazione urbanistica?
Non si può applicare il criterio dell’edificabilità di fatto, che si basa sul contesto urbano circostante. La sua valutazione deve tenere conto della sua natura di area in attesa di una nuova regolamentazione urbanistica, senza poter presumere una futura edificabilità basata sulla presenza di edifici vicini, specialmente se abusivi.

La presenza di numerosi edifici in una zona influenza la valutazione di un terreno adiacente non edificabile sulla carta?
Secondo questa ordinanza, no. La Corte di Cassazione ha stabilito che la valorizzazione di un’area non può basarsi sulla presenza di costruzioni vicine, soprattutto se non è accertato il loro numero e la loro regolarità. Utilizzare questo criterio, definito “edificabilità di fatto”, è errato per le “aree bianche”.

Cosa succede se un Comune occupa illegalmente un terreno privato?
Il Comune è tenuto a risarcire il proprietario per i danni derivanti dall’occupazione illegittima e dalla trasformazione irreversibile del terreno. La controversia, come in questo caso, si concentra sulla corretta quantificazione del valore del terreno per determinare l’ammontare del risarcimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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