Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4190 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 285/2024 R.G. proposto da :
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso il domicilio digitale del medesimo Pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati NOMECOGNOME ed elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio del primo
Pec:
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4190 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
Pec:
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2187/2023 depositata il 16/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 8/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali fideiussori della società RAGIONE_SOCIALE, proposero opposizione ad un decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Benevento aveva loro intimato il pagamento, in favore della Banca del Lavoro e del Piccolo Risparmio, della somma di € 396.285,59 oltre interessi e spese, in parte costituita dal saldo debitore del conto corrente acceso presso la banca ed in parte quale debito per anticipi fatture rimaste insolute.
A sostegno dell’opposizione eccepirono la mancanza di certezza del saldo creditore della banca per mancanza di idonea documentazione, e la non debenza della somma ingiunta in assenza di verifica sull’effettivo rispetto, nel corso del rapporto, delle condizioni inderogabili di legge, con riguardo ad interessi oltre la soglia antiusura, interessi anatocistici e commissioni di massimo scoperto. I fideiussori proposero anche domanda riconvenzionale nei confronti della Banca per sentir accertare il proprio diritto alla ripetizione di somme indebitamente trattenute con nomina di CTU per la loro corretta individuazione.
La Banca convenuta si costituì in giudizio ed eccepì il difetto di legittimazione attiva dei fideiussori e, nel merito, contestò tutte le eccezioni degli opponenti e la conseguente domanda riconvenzionale dai medesimi proposta, affermando che tutte le movimentazioni validamente operate sui conti risultavano pienamente provate dagli estratti di conto corrente, dai conti scalari e da altra documentazione tempestivamente prodotta in giudizio.
Il Tribunale di Benevento non ritenne di dover ammettere una CTU, risultando la debitoria idoneamente documentata dalla banca e, nel merito, rigettò l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo sul
presupposto dell ‘ adeguata prova del rapporto di apertura di credito su fatture e di conto corrente e della qualificazione del contratto sottoscritto dagli opponenti quale contratto autonomo di garanzia e non quale fideiussione, con la conseguente impossibilità, da parte dei garanti, di eccepire l’invalidità di eventuali clausole contrattuali che abbiano influito sulla determinazione del debito, così come risultante dalle scritture contabili della banca.
I fideiussori proposero appello prospettando l’erroneità della sentenza impugnata sulla qualificazione del contratto, quale autonomo di garanzia anzichè quale negozio fideiussorio ai sensi dell’art. 1936 c.c. , caratterizzato quindi dalla accessorietà ex art. 1945 c.c. rispetto all’obbligazione del debitore principale. Conclusero chiedendo, previa nomina di un CTU, la riforma della sentenza di primo grado in punto di qualificazione del contratto, senza reiterare le eccezioni sollevate in primo grado e rimaste assorbite dalla pronuncia del Tribunale.
La Banca si costituì opponendosi all’accoglimento del gravame e si costituì in giudizio anche la Banca Popolare Pugliese RAGIONE_SOCIALE, quale successore nei diritti della prima, in forza di atto di fusione per incorporazione.
La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza depositata in data 16/5/2023, ha rigettato il gravame ritenendo inconferente ed irrilevante l’unica questione fatta oggetto di appello, relativa alla qualificazione del rapporto quale contratto autonomo di garanzia, in quanto la stessa era stata effettuata dal giudice di prime cure quale mero presupposto logico-giuridico per il rigetto delle eccezioni e domande proposte dagli opponenti; non avendo gli opponenti reiterato dette eccezioni e domande nel grado di appello, la corte ha ritenuto che le stesse debbano considerarsi rinunciate ai sensi dell’art. 346 c.p.c. con la conseguente irrilevanza dell’accert amento della natura del contratto, stante per l’appunto la mancata riproposizione di quelle domande ed eccezioni. Inoltre ha ritenuto che la banca opposta avesse
tempestivamente provato in via documentale i fatti costitutivi del credito (contratti bancari di conto corrente, apertura di credito, fideiussione, estratti di conto corrente, etc) di guisa da confermare la sentenza di primo grado ed il decreto ingiuntivo. sulla sussistenza del proprio diritto.
Avverso la sentenza i fideiussori propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Resiste Banca Popolare Pugliese con controricorso.
Considerato che:
Va pregiudizialmente dichiarata l’inammissibilità del controricorso perché depositato tardivamente rispetto ai termini di legge.
A fronte della notifica del ricorso perfezionata in data 15/12/2023, il controricorso risulta depositato in data 25/1/2024 ( data della procura speciale all’uopo rilasciata ) , quando il termine ultimo per il deposito era il 24/1/2024.
Con il primo motivo -violazione ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 346 c.p.c. e 1945 c.c.- i ricorrenti lamentano che la Corte ha illegittimamente ritenuto irrilevante la riqualificazione del contratto di garanzia sottoscritto in data 1/4/2009 sia perché non sarebbe vero che non fossero state riproposte le eccezioni sollevate in primo grado, avendo i fideiussori, nelle conclusioni dell’atto di appello, chiesto la nomina di un CTU al fine di ricostruire i rapporti di dare e avere tra le parti, sia perché, nel testo del contratto, non vi era alcuna volontà delle parti di rinunciare alla possibilità di sollevare eccezioni ai sensi dell’art. 1945 c.c. ; peraltro, anche in presenza di contratto autonomo di garanzia, il garante è legittimato a proporre eccezioni fondate sulla nullità del contratto per violazione di norme imperative, quali nel caso in esame l’eccezione di nullità della clausola anatocistica. Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c. per omessa indicazione dei documenti sui quali si fonda e per omessa trascrizione delle parti dei medesimi, rilevanti ai fini della decisione;
esso è inammissibile anche perché non si confronta affatto con la ratio decidendi dell’impugnata sentenza , secondo cui le eccezioni derivanti dal rapporto principale non erano state riproposte in appello e quindi, quale che fosse la qualificazione del contratto, le stesse erano da intendersi rinunciate ai sensi dell’art. 346 c.p.c.
Con il secondo motivo -violazione ai sensi dell’art. 360, comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c. degli artt. 1418, 1419, 1421 c.c. omessa pronuncia sulla nullità ex officio del contratto fideiussorio per violazione della legge 10/10/1990 n. 287 -i ricorrenti lamentano che la corte d’appello non si è pronunciata sulla eccepita nullità del contratto di fideiussione in ragione della presenza di clausole nulle quali la clausola di reviviscenza, quella di rinuncia ai termini e la clausola di sopravvivenza perché conformi al modello ABI dichiarato illegittimo dalla Banca d’Italia per violazione delle norme sulla concorrenza. Occorre rilevare che non vi era alcuna domanda di nullità della fideiussione per la presenza di clausole conformi al modello Abi nell’atto introduttivo del giudizio ; soltanto dopo il deposito della comparsa di costituzione e risposta in appello, i fideiussori hanno sollevato la questione della nullità per contrarietà con la normativa antitrust senza neppure depositare i documenti su cui tale nullità si basa.
Il motivo è infondato, in quanto anche in difetto di un’espressa deduzione di parte o per vizi di nullità diversi da quelli denunciati nella domanda introduttiva del giudizio, occorre sempre che detti vizi siano desumibili dagli atti ritualmente acquisiti al processo (Cass., 3, n. 34590 dell’11/12/2023 ), cosa che pacificamente non è avvenuta nel termine per le preclusioni; infatti le nullità negoziali -che non siano state rilevate d’ufficio in primo grado- sono suscettibili di tale rilievo in grado di appello o in cassazione, a condizione che i relativi fatti costitutivi siano stati ritualmente allegati dalle parti. In una fattispecie analoga alla presente (Cass., 3, n. 20713 del 17/7/2023) questa Corte, in relazione alla contrarietà alla normativa “antitrust” di un contratto di
fideiussione “omnibus” posto a valle di intese anticoncorrenziali, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto precluso il rilievo officioso della nullità in appello, per non avere la parte interessata, nell’ambito del giudizio di primo grado, dedotto la conformità delle clausole contrattuali al modello ABI né prodotto il modello medesimo.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, stante la rilevata tardività del controricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile