Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20309 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20309 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1573/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege
in ROMA, INDIRIZZO
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CF: CODICE_FISCALE)
-Ricorrente –
Contro
COGNOME NOME
–NOME – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 525/2020 depositata il 01/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
RAGIONE_SOCIALE, conduttrice di un immobile sito in Brescia, INDIRIZZO costituito da appartamento e cantina, locatole ad uso ufficio da COGNOME NOME con contratto concluso il 1°/07/2007, per la durata di anni sei ed al canone annuo di euro 7.800, da versarsi in rate mensili di euro 650, convenne dinnanzi al Tribunale di Brescia la locatrice, chiedendo che venisse accertato l’inadempimento della stessa all’obbligo di provvedere alle
riparazioni necessarie a conservare l’immobile in stato da servire all’uso convenuto e venisse ridotto il canone, in quanto non aveva ripristinato la cantina pertinenziale dell’appartamento, che utilizzava come archivio, dopo che nel 2012 delle infiltrazioni la avevano resa inagibile.
Costituendosi in giudizio, la locatrice COGNOME NOME chiese il rigetto della domanda, allegando che la cantina non era ricompresa nell’oggetto della locazione e che il suo utilizzo, concesso solo per i buoni rapporti intercorsi con la conduttrice, non incideva sulla determinazione del canone locatizio. Aggiunse che RAGIONE_SOCIALE aveva illecitamente sospeso il pagamento del canone per i mesi di ottobre-novembre-dicembre 2015, e chiese che venisse dichiarata la risoluzione del contratto per l’in adempimento della conduttrice.
Disposta CTU sullo stato di conservazione del bene locato, il Tribunale di Brescia, ritenuto che la cantina non fosse parte del contratto di locazione, che il godimento dell’immobile locato non fosse mai venuto meno e che dalle pattuizioni contrattuali e dalla entità della morosità, ammontante a tre canoni per un totale di euro 1.950,00 dovesse, accogliersi la domanda della resistente, rigettò la domanda della conduttrice e dichiarò la risoluzione del contratto.
Avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE propose gravame dinanzi alla Corte d’appello di Brescia.
Si costituì la RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto della impugnazione con il favore delle spese del grado.
Con sentenza n. 525/2020, depositata in data 01/07/2020, oggetto di ricorso, la Corte d’Appello di Brescia, in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato la tardività della domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE e rigettato la domanda di parte appellante.
Avverso la predetta sentenza la società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.
NOME COGNOME COGNOME non ha svolto difese nel presente giudizio di legittimità.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione dell’art. 416 cpc per avere la Corte territoriale ritenuto che l’inadempimento contestato da parte della locatrice possa essere esaminato come un tempestiva eccezione riconvenzionale intesa quale mera difesa che mira al rigetto della domanda avversaria e dunque non soggetta ai termini di decadenza processuali propri della domanda riconvenzionale e può essere sollevata anche in grado di appello (pag. 6 e 7 della gravata sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Brescia)’, lamentando che la Corte territoriale ha fatto malgoverno dell’art. 416 c.p.c., là dove ha affermato che ‘ l’inadempimento contestato alla conduttrice può essere esaminato come una tempestiva eccezione riconvenzionale, intesa con la mera difesa che mira al rigetto della domanda avversaria ‘ (p. 6, ultimo §, della sentenza). A detta della ricorrente, la tardiva costituzione del convenuto ai sensi dell’art. 416 c.p.c., cagiona la decadenza da domande ed eccezioni (in senso stretto), sicché nel caso di specie trattandosi di un’eccezione in sen so stretto formulata tardivamente, i giudici di merito avrebbero dovuto dichiarare la tardività della domanda-eccezione.
Sul primo motivo. La sentenza gravata ha motivato al riguardo che l’eccezione dell’odierna ricorrente – di decadenza della locatrice dalla domanda riconvenzionale volta alla dichiarazione di risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice al versamento dei canoni locatizi – è stata proposta con la memoria di costituzione, depositata alla udienza di discussione del 5/04/2017, quando il termine posto dall’art. 416 c.p.c. per la proposizione di una domanda riconvenzionale era già decorso da dieci giorni. Ha pertanto riformato la sentenza di primo grado nel capo in cui ha accolto la domanda riconvenzionale e dichiarato la risoluzione del contratto di locazione
per inadempimento del conduttore al pagamento del canone, protrattosi per tre mesi. La Corte territoriale ha tuttavia ritenuto corretto quanto dedotto dalla COGNOME, ovvero che l’inadempimento contestato alla conduttrice possa essere esaminato come una tempestiva eccezione riconvenzionale, intesa quale mera difesa che mira al rigetto della domanda avversaria, in quanto tale non soggetta ai termini di decadenza processuali propri della domanda riconvenzionale e può essere sollevata anche in grado di appello (così a p. 6, ultimo §, della sentenza).
2.1 Il procedere della corte territoriale è stato corretto. Il motivo è manifestamente infondato alla luce del principio di diritto, secondo cui <> (così Cass., Sez. III, sent n. 11679 del 26/05/2014). Espressione della stessa logica è il principio di diritto, secondo cui <> (così Cass., Sez. III, sent. 25/10/2016, n. 21472).
Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1° co., nn. 3 e 5, c.p.c., ‘Violazione dell’art. 1460 c.c. per vizio di ultra ovvero extra petizione in relazione alla pronuncia di legittimità del rifiuto della locatrice di eseguire le riparazioni nella cantina a fronte dell’inadempimento della conduttrice (Pag. 10 della gravata se ntenza emessa dalla Corte d’Appello di Brescia)’. A detta della ricorrente, la Corte territoriale è incorsa in errore logicogiuridico là dove ha affermato essere più grave l’ inadempimento della conduttrice, considerando implicitamente coevo l’inadempiment o di questa rispetto a quello della resistente. Sostiene la ricorrente, in primo luogo, che la sospensione del pagamento del canone è avvenuta successivamente all’inadempimento del locatore, e, in secondo luogo, che il danno subìto da essa ricorrente è maggiore rispetto a quello subìto dal locatore. Inoltre, la ricorrente censura la porzione della motivazione della sentenza gravata in cui si afferma che l’inadempimento di parte locatrice (che ha di fatto impedito il pacifico godimento della cantina, oggetto del contratto di locazione) non possa ritenersi grave, in quanto la ricorrente ha comunque potuto continuare a svolgere la propria attività senza alcuna interruzione, laddove si consideri che la ricorrenteconduttrice aveva adibito la cantina d’archivio d ella propria associazione e che, a seguito dello sgombero della cantina, parte dell’immobile (ove era posto l’ufficio) è stato adibito ad archivio per contenere quanto originariamente riposto nella cantina.
Sul secondo motivo. Il motivo in esame viola l’art. 366 n. 6 c.p.c., in quanto evoca gli atti fondanti senza riprodurne il contenuto, né direttamente né indirettamente, in questo secondo caso precisando la parte corrispondente dell’atto ( ex multis , Cass., Sez. Un., n. 8950 del 2022). In tal modo, questa Corte non è messa in grado che cosa
potrebbe sorreggere l’illustrazione del motivo in base agli atti evocati. Il motivo è inammissibile.
Sul terzo motivo. Il motivo è del tutto assertorio e dunque inammissibile, dal momento che non indica da che cosa e dove questa Corte dovrebbe verificare il valore della domanda per come articolata nel giudizio di merito.
Non avendo l’intimata svolto alcuna difesa nel presente giudizio di legittimità nulla è dovuto a titolo di spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo d i contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14/03/2024 nella camera di consiglio della