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Eccezione riconvenzionale: difesa valida nel rito locatizio

Un’organizzazione non lucrativa, conduttrice di un immobile, ha citato in giudizio la locatrice per inadempimento, chiedendo la riduzione del canone a causa dell’inagibilità di una cantina. La locatrice ha risposto chiedendo la risoluzione del contratto per il mancato pagamento di tre mensilità. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene la domanda di risoluzione (domanda riconvenzionale) fosse stata presentata tardivamente, i fatti su cui si basava (il mancato pagamento) potevano essere legittimamente valutati come eccezione riconvenzionale, ovvero come una mera difesa volta a paralizzare la richiesta della conduttrice. Il ricorso della conduttrice è stato quindi dichiarato inammissibile.

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Eccezione Riconvenzionale: la Cassazione chiarisce i confini della difesa nel rito locatizio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nelle controversie locatizie: la distinzione tra domanda riconvenzionale tardiva e la sua possibile conversione in una tempestiva eccezione riconvenzionale. La decisione offre importanti spunti sulla strategia processuale del convenuto, chiarendo come un fatto, pur se introdotto tardivamente per fondare una contro-domanda, possa comunque essere utilizzato dal giudice come valida argomentazione difensiva per neutralizzare la pretesa della controparte.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un contratto di locazione ad uso ufficio stipulato tra un’organizzazione non lucrativa (conduttrice) e una persona fisica (locatrice). L’ente conduttore citava in giudizio la proprietaria, lamentando l’inagibilità della cantina pertinenziale, utilizzata come archivio e resa inutilizzabile da infiltrazioni d’acqua. Chiedeva quindi l’accertamento dell’inadempimento della locatrice e una conseguente riduzione del canone di locazione.

Costituendosi in giudizio, la locatrice non solo chiedeva il rigetto della domanda, ma formulava una domanda riconvenzionale per la risoluzione del contratto, sostenendo che l’ente conduttore aveva illecitamente sospeso il pagamento di tre mensilità del canone. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda della locatrice e dichiarava risolto il contratto. La Corte d’Appello, tuttavia, riformava parzialmente la sentenza: pur dichiarando tardiva la domanda riconvenzionale della locatrice, rigettava comunque l’appello dell’ente conduttore. Secondo i giudici di secondo grado, l’inadempimento nel pagamento del canone, sebbene non potesse fondare una domanda di risoluzione tardiva, poteva essere valutato come una valida difesa (eccezione) per paralizzare la richiesta di riduzione del canone.

La questione della tardività e l’eccezione riconvenzionale

Il cuore della controversia portata dinanzi alla Cassazione è proprio questo. L’ente conduttore sosteneva che, una volta dichiarata la tardività della domanda riconvenzionale, i fatti posti a suo fondamento non potessero più essere presi in considerazione dal giudice. Secondo la ricorrente, l’inadempimento nel pagamento del canone costituiva un’eccezione in senso stretto, soggetta agli stessi termini di decadenza della domanda.

La Suprema Corte ha respinto questa tesi, confermando la correttezza del ragionamento della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: nel rito del lavoro, applicabile anche alle controversie locatizie, una domanda riconvenzionale inammissibile per motivi processuali (come la tardività) non preclude al giudice di valutare il fatto storico che ne è alla base. Se tale fatto assume il valore di un’eccezione, ovvero di un evento impeditivo, estintivo o modificativo del diritto vantato dall’attore, esso può e deve essere considerato ai fini della decisione sulla domanda principale. In altre parole, la richiesta tardiva di ‘risoluzione del contratto’ (domanda) viene ‘degradata’ a mera argomentazione difensiva per dimostrare che l’attore stesso era inadempiente (eccezione), e quindi non aveva diritto alla riduzione del canone.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio secondo cui il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente i fatti portati alla sua attenzione. L’inammissibilità di una domanda riconvenzionale per vizi procedurali non cancella il fatto storico allegato dalla parte. Quest’ultimo rimane nel processo e può essere utilizzato per altri fini, come appunto fondare un’eccezione. La Corte ha chiarito che l’eccezione riconvenzionale, intesa come mera difesa, non è soggetta ai rigidi termini di decadenza previsti per la proposizione di una vera e propria contro-domanda e può essere sollevata anche in appello.

La Cassazione ha inoltre dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso. In particolare, la censura relativa alla presunta errata valutazione della gravità dei reciproci inadempimenti è stata respinta per un vizio formale: la ricorrente non aveva riprodotto nel ricorso il contenuto degli atti processuali essenziali per consentire alla Corte di valutare la fondatezza della doglianza, violando così il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio processuale con notevoli implicazioni pratiche. Per la parte convenuta in un giudizio locatizio, significa che anche un errore procedurale, come il deposito tardivo di una memoria di costituzione contenente una domanda riconvenzionale, non è necessariamente fatale. I fatti addotti a sostegno della domanda inammissibile possono ancora essere sfruttati come scudo difensivo per contrastare le pretese dell’attore. Per la parte attrice, invece, emerge la consapevolezza che non basta ottenere una declaratoria di inammissibilità della contro-domanda per vincere la causa, poiché il merito delle proprie inadempienze potrà comunque essere oggetto di valutazione da parte del giudice.

Una domanda riconvenzionale presentata in ritardo nel rito locatizio può essere considerata dal giudice?
Sì, ma solo come eccezione. La Corte ha stabilito che una domanda riconvenzionale inammissibile per motivi processuali, come la tardività, non impedisce al giudice di valutare i fatti che ne sono alla base come un’eccezione, ovvero come un argomento di mera difesa volto a neutralizzare la pretesa dell’attore.

Perché il motivo di ricorso sull’inadempimento reciproco è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché la ricorrente ha violato l’art. 366 n. 6 c.p.c., non avendo riprodotto nel ricorso il contenuto degli atti processuali fondamentali per permettere alla Corte di Cassazione di valutare la questione. In pratica, il ricorso non era ‘autosufficiente’.

Qual è la differenza tra domanda riconvenzionale ed eccezione riconvenzionale secondo la Corte?
La domanda riconvenzionale è una vera e propria contro-domanda con cui il convenuto chiede un provvedimento a sé favorevole. L’eccezione riconvenzionale, invece, è una mera difesa con cui il convenuto introduce un fatto (che potrebbe anche fondare una domanda) al solo scopo di paralizzare e ottenere il rigetto della domanda dell’attore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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