Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4253 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4253 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/02/2024
sul ricorso 1846/2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME NOME NOME presso lo studio di costui, in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
Monte dei Paschi di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in persona del Procuratore Speciale, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Legale Rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO è domiciliata;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 2563/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 da COGNOME NOME;
Ritenuto che
1.-Il dott. NOME COGNOME, che svolge la professione di medico dentista, ha acquistato in RAGIONE_SOCIALE beni strumentali per la sua professione (‘RAGIONE_SOCIALE‘), in particolare poltrone ed altri strumenti.
I beni sono stati venduti dalla società RAGIONE_SOCIALE, acquistati da RAGIONE_SOCIALE, poi fusa per incorporazione in RAGIONE_SOCIALE, e concessi, per l’appunto, in RAGIONE_SOCIALE al dentista.
2.-Durante il corso del rapporto, però RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto decreto ingiuntivo dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto che il concessionario si era reso inadempiente: decreto ingiuntivo volto dunque ad ottenere la restituzione dei beni ed il pagamento dei canoni omessi, per un ammontare, comprensivo di interessi, di 46.823,58 euro.
2.1.- Il dottCOGNOME ha proposto opposizione, con cui ha anche chiesto ed ottenuto la chiamata in causa del venditore (RAGIONE_SOCIALE) ed ha spiegato domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni.
3.-Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, appurato che, nel frattempo, i beni inizialmente acquistati erano stati sostituiti dal venditore con altri, e che comunque l’inadempimento permaneva, ha rigettato l’opposizione ed ha ordinato la restituzione dei beni in RAGIONE_SOCIALE, oltre al pagamento dei canoni dovuti.
3.1.- Questa statuizione è stata confermata dalla Corte di Appello.
4.-Ricorre NOME COGNOME con quattro motivi, illustrati da memoria.
Resistono con controricorso sia la RAGIONE_SOCIALE che la RAGIONE_SOCIALE, la quale ultima ha depositato anche memoria.
Considerato che
5.- Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione dell’articolo 176 c.p.c., nonché omessa motivazione su un punto decisivo.
Lamenta di aver contestato la legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE, essendo stato il contratto stipulato con RAGIONE_SOCIALE, poi incorporata in RAGIONE_SOCIALE, e che la Corte di Appello erroneamente
ha ritenuto non esplicita l’eccezione di difetto di legittimazione, affermando altresì che negli scritti difensivi ha ammesso che l’ intervenuta fusione, laddove ha invero chiaramente ed esplicitamente eccepito il difetto di legittimazione, in particolare contestando di non avere sottoscritto alcunché con la RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile, non cogliendo la censura la ratio della decisione impugnata.
I giudici di appello osservano che l’eccezione non risulta esplicitamente proposta , che sostanzialmente il ricorrente ha ammesso esservi stata incorporazione tra le due società, e questa parte della ratio decidendi è peraltro fondata, poiché da quanto riportato dallo stesso ricorrente, egli si è limitato ad eccepire di non aver sottoscritto il contratto con RAGIONE_SOCIALE: l’ eccezione è irrilevante in quanto RAGIONE_SOCIALE non ha agito quale controparte contrattuale, ma in quanto successo re di quest’ultima. Ma, ciò che più conta , è che, al di là della circostanza che il ricorrente abbia o meno eccepito adeguatamente, la Corte ritiene comunque la legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE, proprio in base alla incorporazione dell’originario contraente (RAGIONE_SOCIALE), dunque a prescindere dalla esistenza di una valida eccezione.
E lo fa sulla base della produzione, da parte della RAGIONE_SOCIALE, dell’atto notarile di fusione.
6.1.- Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione dell’articolo 2697 c.c., assumendo che, nel ritenere legittimata attivamente la RAGIONE_SOCIALE, la Corte di Appello ha invertito l’ordine della prova, o meglio, ha ammesso un fatto che chi aveva l’onere di farlo non ha provato, non essendo stato validamente depositato l’atto di fusione.
6.2.- Con il terzo motivo denunzia violazione dell’articolo 354 c.p.c.
Lamenta che l ‘atto notarile di fusione tra le due società, in base al quale l’incorporante è succeduta nei diritti contrattuali della originaria controparte del ricorrente, è stato tardivamente depositato in appello, non risultando essere giustificata dalla impossibilità di fare altrimenti.
I motivi, che presentando connessione logica possono valutarsi congiuntamente, sono infondati.
La prova della fusione, e dunque della legittimazione attiva della incorporante, è data dall’atto notarile relativo, depositato, si, in appello, ma validamente, in quanto la relativa necessità era sorta a seguito della presa di posizione fatta soltanto con la comparsa conclusionale in primo grado.
Inoltre, il ricorrente non dimostra di avere eccepito tempestivamente la tardività del documento, e di averlo fatto nel corso del giudizio di appello: si limita a censurare, in questa sede, l’erroneità della ammissione di quel documento, ma non dimostra di avere fatto altrettanto davanti al giudice di secondo grado, dove il documento era prodotto.
8.Con il quarto motivo il ricorrente denunzia violazione degli articoli 342 e 343 c.p.c.
Lamenta di avere eccepito in appello la nullità della decisione di primo grado per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, o meglio per contraddizione interna della decisione.
In particolare, pur avendo preso atto che nelle more i beni originari sono stati sostituiti con altri, nel rigettare l’opposizione a decreto ingiuntivo il Tribunale ha disposto la restituzione sia dei beni originari che di quelli forniti in sostituzione. Su questo punto la Corte di Appello ha deciso sbrigativamente, secondo il ricorrente, ritenendo il motivo di impugnazione insufficiente, o meglio, non chiaro e specifico.
Invece, come dimostrato da quanto lo stesso ricorrente riporta, la questione era stata posta chiaramente.
Così per quanto attiene ad altro capo di sentenza: quello relativo alla decurtazione dei canoni da pagare dal ricavato della vendita dei beni. Il ricorrente sostiene di aver posto la questione al giudice di merito, che però non l’ha esaminata; di averla ri proposta al giudice di appello, il quale ha nuovamente risposto che il motivo non era sufficientemente chiaro o adeguato, a dispetto invece di una precisa censura fatta con il relativo motivo di impugnazione.
Il motivo è inammissibile.
Su entrambi i punti la decisione della Corte di Appello contiene due rationes decidendi : oltre a quella sulla specificità del motivo di appello, v’è una ratio sul merito della questione.
Quanto al primo aspetto, i giudici di merito osservano come il Tribunale chiaramente ha disposto la restituzione dei soli beni consegnati successivamente in sostituzione, e precisano come la decisione di primo grado, sebbene contenga infelicemente l’espressione ‘nonché’ , non può intendersi come un ordine di restituzione anche dei beni sostituiti e non più in possesso del ricorrente. E questa interpretazione della decisione di primo grado, che peraltro toglie interesse alla censura, non è qui contestata.
Quanto al secondo aspetto, i giudici di merito, oltre a ritenere insufficiente il motivo di appello, entrano nel merito della questione e dicono che la decurtazione, per contratto, presuppone la previa soddisfazione del creditore non solo del suo credito per i canoni, ma altresì di quello per accessori (p. 59). Questa ratio, quale che ne sia il fondamento, non è qui censurata.
9.- Con il quinto motivo il ricorrente denunzia violazione dell’articolo 1375 c.c. La questione attiene alla richiesta di accertare l’inadempimento della controparte, per vizi della cosa consegnata in RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente assume di avere posto la questione in primo grado, dove è stata rigettata; di averla riproposta in appello dove invece è stata ritenuta inammissibile per genericità del motivo, o meglio perché non erano state contrapposte ragioni diverse a quelle fatte proprie dal giudice di primo grado.
10.- Con il sesto motivo denunzia violazione dell’articolo 112 c.p.c., ed è conseguente al precedente.
Ci si duole della mancata pronuncia sul risarcimento del danno richiesto con la domanda riconvenzionale, che era stata ampiamente argomentata in secondo grado e non considerata dai giudici.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi attenendo alla questione dei vizi della cosa e del danno conseguente, sono inammissibili.
I giudici di appello hanno esaminato la questione: ancora una volta, oltre a rilevare la mancanza di specificità dell’appello, hanno tuttavia deciso nel merito, negando che vi sia stato inadempimento del concedente (p. 9 in cui riportano, aderendovi, la motivazione di primo grado), e di conseguenza implicitamente rigettano la domanda di risarcimento per inadempimento (‘emerge dagli atti che
la concedente ha adempiuto esattamente RAGIONE_SOCIALE proprie obbligazioni nei confronti del COGNOME per tutta la durata del rapporto contrattuale ‘ p. 9).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.300,00, di cui euro 4.100,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge in favore della società Monte dei Paschi RAGIONE_SOCIALE; in complessivi euro 5.700,00, di cui euro 5.500,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge in favore della società RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art . 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Roma 9.11.2023
Il Presidente