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Eccezione inadempimento: etichetta non conforme

La Corte d’Appello di Ancona ha accolto il ricorso di un’azienda acquirente, legittimando la sua decisione di non pagare una fornitura di prodotti alimentari a causa di etichettatura non conforme. La sentenza chiarisce che, sollevata l’eccezione di inadempimento, spetta al venditore (creditore) dimostrare di aver adempiuto correttamente ai propri obblighi, inclusa la fornitura di etichette a norma di legge. La non conformità dell’etichettatura è stata considerata un inadempimento grave, tale da giustificare la sospensione del pagamento.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Eccezione inadempimento: Legittimo non pagare per etichetta non conforme

In un recente caso, la Corte d’Appello di Ancona ha stabilito un importante principio in materia di contratti di fornitura: l’acquirente può legittimamente sollevare un’eccezione di inadempimento e sospendere il pagamento se i prodotti ricevuti presentano un’etichettatura non conforme alla legge. Questa sentenza ribalta la decisione di primo grado e chiarisce la distribuzione dell’onere della prova tra le parti.

I Fatti di Causa

La controversia nasce da un rapporto di fornitura di prodotti alimentari. L’azienda acquirente si rifiutava di saldare le fatture emesse dalla società venditrice, sostenendo che i prodotti consegnati presentavano gravi irregolarità nell’etichettatura, rendendoli di fatto non commercializzabili. A seguito del mancato pagamento, la venditrice aveva ottenuto un decreto ingiuntivo. L’acquirente si era opposta, ma la sua opposizione era stata respinta in primo grado. Di qui, l’appello basato sulla legittimità della sospensione del pagamento a causa dell’inadempimento della controparte.

Eccezione di Inadempimento e Onere della Prova

Il cuore della decisione della Corte d’Appello ruota attorno all’applicazione dell’art. 1460 del codice civile, che disciplina l’eccezione di inadempimento. Questo strumento consente a una parte di un contratto a prestazioni corrispettive di rifiutarsi di adempiere alla propria obbligazione se l’altra parte non adempie alla sua.

La Corte ha chiarito un punto fondamentale sull’onere della prova, richiamando consolidata giurisprudenza della Cassazione: quando il debitore (l’acquirente) solleva tale eccezione, non deve provare l’inadempimento altrui, ma solo allegarlo. Spetta invece al creditore (il venditore), che chiede il pagamento, dimostrare di aver adempiuto in modo esatto e completo a tutti i suoi obblighi contrattuali. In questo caso, l’obbligo non era solo consegnare la merce, ma consegnarla con un’etichettatura conforme alle normative vigenti, in particolare al Regolamento UE n. 1169/2011.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte ha ritenuto l’appello fondato, riformando integralmente la sentenza di primo grado e revocando il decreto ingiuntivo. L’indagine ha confermato le irregolarità nelle etichette, come evidenziato anche da un verbale di accertamento dei NAS Carabinieri. La mancanza della dicitura “ingredienti” e altre non conformità sono state considerate violazioni significative degli obblighi gravanti sul venditore, unico soggetto responsabile delle informazioni sugli alimenti secondo la normativa europea.

L’inadempimento del venditore è stato giudicato di “apprezzabile gravità”, poiché il sequestro della merce e l’impossibilità di commercializzarla hanno inciso profondamente sull’equilibrio economico del contratto, legittimando la reazione dell’acquirente.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la fornitura di un’etichettatura corretta non è un obbligo accessorio, ma una parte essenziale della prestazione del venditore. La non conformità ha alterato l’equilibrio sinallagmatico del contratto, giustificando la sospensione del pagamento come reazione proporzionata e conforme a buona fede. La venditrice, d’altro canto, non è riuscita a fornire la prova, a lei richiesta, che l’etichettatura fosse regolare o che le irregolarità fossero imputabili all’acquirente. La Corte ha inoltre specificato che il difetto di etichettatura non costituisce un “vizio” della merce, soggetto a brevi termini di decadenza per la denuncia, ma una vera e propria violazione contrattuale.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza la tutela dell’acquirente nei contratti di fornitura. Stabilisce che la conformità legale del prodotto, inclusa la sua etichettatura, è un obbligo primario del venditore. Se questo obbligo viene violato in modo significativo, l’acquirente ha il diritto di autotutelarsi sospendendo il pagamento, trasferendo sul venditore l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato. Si tratta di un principio cruciale per garantire la correttezza delle transazioni commerciali e la circolazione di prodotti conformi alle normative a tutela del consumatore finale.

Un acquirente può rifiutarsi di pagare la merce se l’etichetta del prodotto è irregolare?
Sì. La Corte d’Appello ha stabilito che un’etichettatura non conforme alla legge costituisce un inadempimento contrattuale di gravità tale da legittimare la sospensione del pagamento da parte dell’acquirente, attraverso l’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.).

In una disputa sulla conformità dell’etichetta, chi deve provare che essa è corretta?
Quando l’acquirente solleva l’eccezione di inadempimento per etichettatura irregolare, l’onere della prova si inverte. Spetta al venditore, che richiede il pagamento, dimostrare di aver adempiuto correttamente ai propri obblighi, fornendo la prova che l’etichettatura era conforme alla legge al momento della consegna.

L’irregolarità dell’etichetta è considerata un vizio della merce da denunciare entro brevi termini?
No. La sentenza chiarisce che il difetto di etichettatura non è un vizio intrinseco del prodotto, ma una violazione contrattuale riferita a obblighi legali specifici. Pertanto, non è soggetta alla disciplina dei vizi e ai relativi brevi termini di decadenza per la denuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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