Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10137 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 12448/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale
– ricorrente –
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa da ll’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale
– controricorrente –
N. 12448/21 R.G.
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Napoli, n. 3673/2020, depositata il 31.12.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13.2.2024 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE con atto del 9.4.2015, citò RAGIONE_SOCIALE dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, chiedendo dichiararsi la risoluzione del contratto di affitto di azienda inter partes del 21.11.2014 (con cui essa società aveva concesso in affitto alla convenuta -dal 22.11.2014 al 22.11.2020 – il ramo d’azienda in Casapulla relativo a supermercato), nonché la condanna della stessa al rilascio dell’azienda ed al pagamento dei canoni ins oluti da novembre 2014 sino all’effettivo rilas cio. A fronte della data indicata in citazione (25.7.2015), RAGIONE_SOCIALE si costituì con comparsa del 10.7.2015, eccependo in compensazione un proprio controcredito. Con sentenza del 7.8.2018, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dichiarò inammissibile l’e ccezione di compensazione di RAGIONE_SOCIALE perché tardiva; accertò la risoluzione di diritto del contratto, ai sensi dell’art. 1454 c.c., e condannò RAGIONE_SOCIALE al rilascio del ramo d’azienda, nonché al pagamento di € 57.673,79 a titolo di canoni scaduti alla data della domanda giudiziale, oltre interessi al tasso contrattualmente stabilito. La Nuzzo propose gravame avverso detta decisione, per omessa esatta qualificazione della domanda quale azione di condanna per i titoli di cui all’art. 1591 c.c. e quindi omessa pronuncia ed illogica motivazione. RAGIONE_SOCIALE, costituitasi, propose appello incidentale, contestando la ritenuta inammissibilità dell’eccezione di compensazione. La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 31.12.2020,
N. 12448/21 R.G.
accolse l’appello principale e, in parziale riforma della prima decisione, condannò RAGIONE_SOCIALE al pagamento dei canoni dal maggio 2015 sino alla data di effettivo rilascio, oltre interessi di cui all’art. 5 del contratto; rigettò l’appello incidentale. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi, cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c. La società affittuaria, odierna ricorrente, si duole dell’omessa pronuncia sull’eccezione proposta circa l’inesistenza dell’azienda di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, eccezione in virtù della quale essa RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto l’infondatezza della domanda di pagamento dei canoni maturati successivamente all’aprile 2015, poiché l’azienda più non esisteva. La Corte d’appello, secondo la RAGIONE_SOCIALE, avrebbe dovuto esaminare preliminarmente tale eccezione e di conseguenza non avrebbe potuto accogliere la domanda di pagamento di canoni futuri relativi al godimento di un bene inesistente.
1.2 -Col secondo motivo si denuncia l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Il fatto non esaminato consiste -secondo la RAGIONE_SOCIALE nell’inesistenza dell’azienda oggetto del contratto di affitto, la quale si era disintegrata per volontà della RAGIONE_SOCIALE, poiché questa aveva rinunciato alla licenza ed al contratto di locazione.
1.3 -Col terzo motivo si lamenta l’ omesso esame di documenti decisivi per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Secondo la ricorrente, la Corte napoletana non avrebbe esaminato documenti, depositati sia in primo che in secondo grado, a suo dire decisivi perché escludono, ‘ a monte ‘, che possa configurarsi l’esistenza di un’azienda di proprietà della Nuzzo e, ‘ a valle ‘ , la sussistenza del diritto al pagamento dei canoni maturati.
1.4 -Col quarto motivo, infine, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 168bis , commi 4 e 5, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. La Corte d’appello avrebbe errato nell’applicare al caso di specie l’art. 168bis comma 4, c.p.c., essendo invece applicabile il comma 5, e ha quindi rigettato l’appello incidentale proposto da essa ricorrente, in quanto non era evidente il rinvio avvenuto all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato.
2.1 -Il primo motivo è inammissibile, anzitutto perché omette di indicare se l’eccezione che si dice avanzata con la comparsa di costituzione di primo grado e riproposta nella comparsa di appello (e che, in effetti, poteva esserlo, in quanto non era stata oggetto di pronuncia di rigetto da parte del Tribunale e non necessitava di appello incidentale condizionato) era stata mantenuta in sede di conclusioni definitivamente rassegnate dinanzi al Tribunale sammaritano.
In secondo luogo, perché la ricorrente non ha precisato, con la necessaria analiticità, il tenore dell’eccezione in parola – cui essa stessa attribuisce natura rappresentativa di un fatto avente efficacia estintiva o impeditiva -per come sollevato dinanzi allo stesso Tribunale. Tale analiticità si rende indispensabile nel
giudizio di legittimità, noto essendo che ‘ In tema di giudizio di cassazione, l’omessa considerazione di fatti impeditivi, modificativi o estintivi, dedotti come eccezione, non configura un vizio di motivazione, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ma un “error in procedendo”, per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., con la conseguenza che la sua deduzione in sede di legittimità postula che la parte abbia formulato l’eccezione in modo autonomamente apprezzabile ed inequivoco e che la stessa sia stata puntualmente riportata nel ricorso per cassazione nei suoi esatti termini, con l’indicazione specifica dell’atto difensivo o del verbale di udienza in cui era stata proposta ‘ ( Cass. n. 16899/2023). Il che, appunto, difetta nella prospettazione del mezzo in esame, donde l’inammissibilità.
3.1 -Il secondo e il terzo motivo restano conseguentemente assorbiti, posto che sulla questione della dedotta inesistenza dell’azienda ( rectius , sulla effettiva esistenza di questa) deve oramai ritenersi formato il giudicato interno.
4.1 -Il quarto motivo è infondato.
Al di là della fumosa ricostruzione delle vicende processuali offerta dalla ricorrente, non v’è dubbio che nella specie si tratti di rinvio soggetto alla disciplina di cui all’ art. 168bis , comma 4, c.p.c., giacché l’udienza del 25 .7.2015 indicata in citazione dalla RAGIONE_SOCIALE venne differita d’ufficio al 16.9.2015 successivo. L a statuizione del giudice d’appello che, in ragione della natura di tale rinvio, ha ritenuto che il termine per la costituzione del convenuto non potesse subire uno spostamento ‘in avanti’ – si rivela dunque corretta.
N. 12448/21 R.G.
4.1 -In definitiva, è inammissibile il primo motivo, restano assorbiti il secondo e il terzo, mentre il quarto è infondato; il ricorso è dunque nel complesso rigettato.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione in favore del procuratore antistatario, che ha reso la prescritta dichiarazione.
In relazione alla data di proposizione del ricorso principale (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.0 00,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno