Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9452 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9452 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 36417-2019 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende unitamente a ll’AVV_NOTAIO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO e rappresentata e dife sa dall’AVV_NOTAIO
contro
ricorrente –
avverso la sentenza n. 1540/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA , depositata il 27/09/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato l’8.10.2007 COGNOME NOME evocava in giudizio COGNOME NOME innanzi il Tribunale di Avezzano, chiedendo l’accertamento dell’inesistenza del diritto di servitù di veduta esercitato dalla convenuta mediante una finestra, della quale invocava la chiusura ovvero la sua trasformazione in luce.
Si costituiva la convenuta, resistendo alla domanda e spiegando eccezione di usucapione della servitù di cui è causa.
Con sentenza n. 74/2014 il Tribunale accoglieva la domanda, ordinando l’apposizione di grata esterna e vetri opachi alla finestra oggetto di causa.
Con la sentenza impugnata, n. 1540/2019, la Corte di Appello di L’Aquila rigettava il gravame interposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME NOME, affidandosi a sei motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe rilevato d’ufficio la tardività dell’eccezione di usucapione sollevata dalla COGNOME, senza rilevare che sulla questione si sarebbe formato il giudicato
interno, a seguito della mancata riproposizione, da parte della COGNOME, della correlata eccezione di tardività.
Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia invece la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello, ravvisando la tardività dell’eccezione di usucapione sollevata dalla COGNOME in prime cure, in assenza di appello incidentale sul punto, sarebbe incorso in vizio di ultrapetizione.
Con il terzo motivo, si duole ancora della violazione o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 157 e 324 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto ravvisare la formazione del giudicato interno sull’implicito rigetto dell’eccezione di tardività sollevata dalla difesa della COGNOME in prime cure, e non riproposta in secondo grado.
Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta altresì la violazione o falsa applicazione degli artt. 343 e 346 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe omesso di considerare che l’eccezione di tardività proposta dalla COGNOME in prime cure non era stata riproposta in appello, neanche ai sensi dell’art. 346 c.p.c., e dunque avrebbe dovuto essere considerata rinunciata.
Le quattro censure, suscettibili di essere esaminate congiuntamente, poiché attingono tutte la statuizione con la quale la Corte territoriale ha ritenuto inammissibile, per tardività, l’eccezione di usucapione del diritto di servitù di veduta che la COGNOME aveva sollevato in prima istanza, sono fondate.
Dalla sentenza impugnata risulta che il Tribunale di Avezzano aveva ‘… respinto preliminarmente l’assunto di parte convenuta per difetto di prova in ordine al consolidarsi della contestata servitù per effetto dell’uso quarantennale …’ (cfr . pag. 2 della sentenza impugnata).
L’eccezione di usucapione, quindi, era stata esaminata, e respinta, per difetto di prova, ond’essa era stata ritenuta tempestivamente proposta dalla parte convenuta in prime cure.
Sempre dalla sentenza impugnata risulta che la COGNOME, nel costituirsi in appello, aveva invocato semplicemente il rigetto del gravame, senza spiegare appello incidentale in relazione alla tardività dell’eccezione di usucapione sollevata dalla COGNOME in prime cure, né riproporre la questione ai sensi dell’art. 346 c.p.c. Anche nel controricorso, la COGNOME non deduce di aver riproposto in appello l’eccezione di tardività. Al contrario, nella memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale, la stessa sostiene che l’eccezione di cui sopra costituirebbe mera difesa, il che evidentemente non è, ed in tal modo finisce per confermare, per via implicita, la sua mancata riproposizione in appello nelle forme dell’appello incidentale e/o dell’art. 346 c.p.c.
La Corte di Appello, quindi, non avrebbe potuto scrutinare l’eccezione di tardività dell’eccezione riconvenzionale di usucapione, in applicazione del principio, che merita di essere ribadito, secondo cui ‘In riferimento al principio di necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, pur dovendosi affermare che al giudice spetta il potere di dare qualificazione giuridica alle eccezioni proposte, tuttavia tale potere trova un limite in relazione agli effetti giuridici che la parte vuole conseguire deducendo un certo fatto, nel senso che la prospettazione di parte vincola il giudice a trarre dai fatti esposti l’effetto giuridico domandato’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21484 del 12/10/2007, Rv. 599435).
La Corte abruzzese, viceversa, ha ravvisato la tardività dell’eccezione, in quanto sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE oltre i termini di cui all’art. 167 c.p.c. (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata). In tal modo,
ha pronunciato su una eccezione non ritualmente riproposta in appello, e dunque in violazione dell’art. 112 c.p.c.
Va applicato infatti, all’eccezione di tardività dell’eccezione riconvenzionale di usucapione, che non sia stata riproposta in appello, lo stesso principio affermato da questa Corte in relazione all’eccezione riconvenzionale di usucapione sollevata, ma non esaminata, in primo grado e non tempestivamente riproposta dall’appellato, la quale ‘… non è rilevabile d’ufficio dal giudice del gravame, trattandosi di eccezione da ritenersi rinunciata, ex art. 346 c.p.c., in quanto fondata su una ragione del tutto autonoma e non su una mera difesa a sostegno del rigetto del gravame’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25345 del 12/12/2016, Rv. 642153). Infatti ‘L’eccezione di usucapione, sollevata in primo grado e non riproposta dall’appellato rimasto contumace non è rilevabile d’ufficio dal giudice del gravame, atteso che, alla luce del principio di parità delle parti nel processo e dell’effetto devolutivo dell’appello, non può attribuirsi all’appellato contumace una posizione di maggiore favore rispetto all’appellante’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2730 del 06/02/2014, Rv. 629282; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10236 del 04/05/2007, Rv. 596770).
Va affermato, sul punto, il seguente principio di diritto : ‘Il principio secondo cui non può essere scrutinata in appello l’eccezione riconvenzionale di usucapione che non sia stata riproposta nelle forme, rispettivamente, dell’appello incidentale -ove essa sia stata rigettata in prime cure- ovvero dell’art. 346 c.p.c. -ove invece essa non sia stata esaminata in primo grado- si applica anche all’eccezione di tardività dell’eccezione riconvenzionale di usucapione, posto che la stessa non costituisce mera difesa, bensì eccezione da sollevare, o riproporre, ad istanza di parte e non rilevabile ex officio’ .
Con il quinto motivo, la ricorrente denunzia altresì la nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello non avrebbe esaminato nel merito l’eccezione di usucapione del diritto di veduta, che la COGNOME aveva sollevato in prima istanza e riproposto in appello. In particolare, la ricorrente aveva lamentato, in appello, la violazione dell’art. 1072 e ss. c.c., perché il giudice di prime cure aveva considerato estinto per non uso il diritto di veduta esercitabile fino al 1962 mediante un soppalco, in seguito non più utilizzato, senza considerare che l’uso parziale della servitù non vale a causare l’estinzione del diritto, né a ridurne il contenuto nei limiti della minore utilità esercitata.
Con il sesto motivo, infine, la ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 100 c.p.c. e 1322 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente rigettato anche l’eccezione di carenza di interesse ad agire, che la difesa della COGNOME aveva sollevato in prime cure alla luce del comportamento della RAGIONE_SOCIALE, che aveva accettato la situazione di fatto esistente, e dunque anche la veduta oggetto di causa.
Le due censure sono assorbite dall’accoglimento dei primi quattro motivi, in quanto il giudice del rinvio dovrà procedere ad un nuovo esame della fattispecie, scrutinando l’eccezione riconvenzionale di usucapione che la COGNOME aveva sollevato in prime cure e riproposto in appello con i motivi di gravame.
In definitiva, vanno accolti i primi quattro motivi del ricorso e dichiarati assorbiti gli ultimi due.
La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alle censure accolte, e la causa rinviata alla Corte di Appello di L’Aquila, in
differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
la Corte accoglie i primi quattro motivi del ricorso e dichiara assorbiti gli ultimi due. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia la causa alla Corte di Appello di L’Aquila, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda