Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25405 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25405 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8848/2023 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
TURIST
SUD
–
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI n. 63/2023 depositata il 14/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1. -La società RAGIONE_SOCIALE ha citato in giudizio l’avv. NOME COGNOME per ottenere il pagamento della somma di 12955,95 euro: costui era presidente di una associazione sportiva di pallacanestro, che aveva effettuato trasferte, organizzate, per l’appunto, dalla società attrice, la quale lamentava di non avere ricevuto il compenso.
Il convenuto, nel costituirsi, ha eccepito la nullità dell’atto di citazione, in quanto risultava incerto chi fosse ad agire in giudizio: la società formalmente attrice era denominata RAGIONE_SOCIALE senza indicazioni ulteriori (partita iva, sede ecc.) e dunque senza possibilità di identificarla.
Il Tribunale di Cagliari ha accolto questa eccezione, ed ha ordinato la rinnovazione dell’atto introduttivo.
La nuova citazione è stata dunque notificata da parte di RAGIONE_SOCIALE. Nuovamente il convenuto ha eccepito la nullità, oltre che la prescrizione, perdurando, secondo lui, l’incertezza sul soggetto che agiva in giudizio.
Questa volta il Tribunale di Cagliari ha ritenuto sufficientemente chiaro chi fosse ad agire, ed ha rigettato l’eccezione di nullità, accogliendo nel merito la domanda.
Decisione, questa, confermata dalla Corte di Appello di Cagliari, che ha condannato altresì il convenuto appellante alle spese da lite temeraria.
2. -Avverso tale decisione ricorre l’avv. COGNOME con tre motivi. Non si è costituita l’intimata.
Ragioni della decisione
1. -Con il primo motivo di ricorso si prospetta violazione degli articoli 164,166, 167 c.p.c.
La decisione impugnata ha considerato tardiva l’eccezione di prescrizione fatta dal ricorrente. E ciò in ragione del fatto che, sia rispetto alla iniziale citazione che rispetto a quella rinnovata, costui
si era costituito tardivamente. Con la conseguenza che l’eccezione di prescrizione era tardiva a sua volta.
A questo argomento il ricorrente oppone che, quando si è costituito a seguito della rinnovazione, ha richiamato l’eccezione fatta in precedenza, ossia in occasione della costituzione in giudizio a seguito della prima citazione. E tale richiamo significa richiamo ad una eccezione fatta dunque in termini.
Secondo il ricorrente, l’errore della Corte di Appello è stato nel considerare tardiva l’eccezione ‘ senza tener conto del fatto che, una volta dichiarata la nullità dell’originario atto di citazione, ed avendo la difesa del convenuto ribadito le difese già svolte con l’originaria comparsa di costituzione e risposta, tutte quelle difese svolte nella comparsa 5.6.2007 andavano considerate tempestive, ora per allora ‘.
In sostanza è come dire: vero che la costituzione in giudizio è stata tardiva, ossia la seconda, quella a seguito della rinnovazione della citazione, ma in quella costituzione si è richiamata una eccezione già presente agli atti, in quanto fatta con la costituzione precedente, e dunque tempestiva.
Il motivo è infondato.
Esso postula che, nonostante la costituzione in giudizio (a seguito della rinnovazione) sia stata tardiva, tuttavia, l’eccezione di prescrizione è tempestiva in quanto formulata richiamando quella già fatta in occasione della precedente costituzione in giudizio.
Ma questa tesi non tiene conto del fatto che chi si costituisce in giudizio, a seguito della rinnovazione, può giovarsi, in ipotesi, della eccezione fatta nella costituzione precedente purché quest’ultima sia stata a sua volta tempestiva.
Come risulta dalla decisione impugnata, e come non è del resto contestato, il ricorrente si è costituito tardivamente sia nel primo che nel secondo caso, sia rispetto alla prima che alla seconda citazione, e dunque in entrambi i casi l’eccezione non era stata
tempestiva: dunque richiamarla equivale a richiamare una eccezione, per l’appunto, tardiva, che non diventa tempestiva per il semplice fatto di venire in seguito richiamata, in atti successivi.
In ipotesi, il convenuto si potrebbe giovare della eccezione fatta in precedenza, ossia in occasione della prima citazione poi dichiara nulla, se quella eccezione fosse stata tempestiva, ma non può giovarsi di una eccezione tardiva.
Inoltre, va considerato che anche la seconda costituzione in giudizio è stata fatta tardivamente e dunque il fatto di richiamare in quella costituzione una eccezione di prescrizione già fatta equivale a farla in quel momento, ossia tardivamente.
-Con il secondo motivo si prospetta violazione degli articoli 2700 c.c. , 164 e 116 c.p.c.
La questione attiene alla nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza dell’attore.
Il ricorrente sostiene che la società RAGIONE_SOCIALE non è in effetti chiaramente identificabile, come risulta dalla dichiarazione del notaio e da una serie di documenti in atti, mai smentiti né oggetto di querela di falso.
In sostanza, è un dato certo che quella società non è mai stata titolare del rapporto commerciale dedotto in causa e neanche risulta dal registro delle imprese. Il giudice di appello non poteva disattendere queste risultanze documentali tutte inequivocabilmente volte nel senso della inesistenza della società.
Né la rinnovazione della citazione ha potuto sanare tale nullità, poiché in rinnovazione si è costituito un diverso soggetto, e dunque non può riconoscersi continuità processuale all’atto di citazione in rinnovazione, in quanto quest’ultimo è riconducibile ad una società completamente diversa dalla precedente.
Il motivo è inammissibile.
Presuppone un diverso accertamento rispetto a quello fatto dalla decisione impugnata, la quale ha osservato che, a seguito della
dichiarazione di nullità della citazione, fatta da RAGIONE_SOCIALE, la rinnovazione è stata fatta da RAGIONE_SOCIALE, e che quest’ultima ha chiarito il legame con la prima, nel senso che il nome ufficiale è RAGIONE_SOCIALE, mentre quello di Sulcis era usato nelle transazioni commerciali.
La Corte di Appello ha concluso dunque che la rinnovazione è stata effettuata da società chiaramente identificabile.
La censure mosse dal ricorrente hanno una duplice ragione di inammissibilità: la prima, nella misura in cui prospettano l’inesistenza (formale) della Sulcis. Infatti, la rinnovazione, e dunque la citazione utile, è stata fatta da COGNOME, e quindi il fatto che la Sulcis non esistesse non rileva; ha rilevato per far dichiarare nulla la prima citazione, ma non può rilevare per la nullità della seconda, fatta da COGNOME, e non da Sulcis. In secondo luogo, l’inammissibilità deriva dal fatto che la questione se Turist abbia un qualche legame con Sulcis, e dunque se la rinnovazione della citazione sia avvenuta ad opera di soggetto diverso da quello originariamente attore, è questione risolta dalla Corte di appello con accertamento in fatto, ossia dicendo che si tratta della medesima società, che, risultante dai registri come RAGIONE_SOCIALE, usava il nome Sulcis nei rapporti commerciali con i terzi. Questo accertamento non può qui essere rivisto.
-Con il terzo motivo si prospetta violazione dell’articolo 96 c.p.c.
La Corte di Appello ha condannato il ricorrente alle spese da responsabilità processuale aggravata (art. 96, 3^ comma cpc), sulla base del fatto che costui ha pretestuosamente resistito in giudizio.
Il ricorrente contesta questo accertamento ed assume che la condanna ex articolo 96, 3^ comma cpc presuppone un abuso del processo che però non è dimostrato in alcun modo. Inoltre, egli propone una diversa interpretazione del terzo comma dell’articolo 96 c.p.c.: sostiene che, poiché quella condanna alle spese può
essere disposta d’ufficio, a differenza delle altre ipotesi che richiedono una istanza di parte, ne deriva che allora essa deve essere caratterizzata da un qualche elemento in più rispetto alle altre, e questo elemento in più non può che essere il pregiudizio per la controparte.
Il motivo è infondato.
Intanto, la censura contrappone alla ratio decidendi una apodittica ricognizione dei significati della norma, ma senza contestare che essi ricorrano nel caso concreto, ossia senza contestare che vi sia stato abuso del processo nel caso concreto: il ricorrente non adduce elementi per smentire di avere abusato del processo, si limita a definire cosa si intenda per tale abuso.
In secondo luogo, la tesi del ricorrente secondo cui, per riconoscere il danno da abuso del processo occorre un particolare e specifico pregiudizio, è infondata alla luce del principio di diritto secondo cui non occorre un particolare pregiudizio, (Cass. sez. un. 22405/ 2018) ed è sufficiente accertare l’abuso, non essendo necessario accertare la malafede o un particolare stato soggettivo (Cass. 29182/ 2019).
Questi accertamenti sono rimessi al giudice di merito, e sono insindacabili in sede di legittimità se motivati.
Il ricorso va dunque rigettato. Nulla spese, attesa la mancata costituzione della intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 26/05/2025. Il Presidente NOME COGNOME