Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 35298 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 35298 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
Oggetto: Servitù di passaggio .
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23785/2020 R.G. proposto da
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME nel cui studio in Reggio Calabria, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata.
-ricorrente –
contro
NOME e NOME, quali eredi di NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO sono elettivamente domiciliati.
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 926/2019, resa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, pubblicata il 12/11/2019 e non notificata;
Udita la relazione svolta dal consigliere dott.ssa NOME COGNOME nella pubblica udienza del 5/12/2024;
lette le conclusioni scritte della Procura generale, in persona del sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale.
FATTI DI CAUSA
1. Con citazione del 29/12/1996, COGNOME NOMECOGNOME premesso di essere proprietaria di un fondo sito in Comune di Scilla, località INDIRIZZO, posto al livello inferiore del terreno di proprietà di COGNOME Stefano, convenne in giudizio quest’ultimo onde ottenere, tra le altre cose, l’accertamento dell’inesistenza della servitù di passaggio sul proprio fondo.
Costituitosi in giudizio, COGNOME NOME chiese tra le altre cose, in via riconvenzionale, la costituzione di servitù coattiva in virtù di interclusione del proprio fondo e la condanna dell’attrice al ripristino della servitù di passaggio costituita per atto del notaio 24/03/1976 e mai esercitata a causa dei manufatti dell’attrice, con sua condanna al risarcimento dei danni.
Con sentenza non definitiva n. 1004/2001, il Tribunale di Reggio Calabria dichiarò estinte, per rinuncia al diritto ex art. 75 cod. proc. civ., alcune domande riconvenzionali proposte da NOME COGNOME e rimise la causa in istruttoria con separata ordinanza.
Con sentenza definitiva n. 1805/2011 del 15/12/2011, il Tribunale di Reggio Calabria 1) accolse parzialmente la domanda formulata da COGNOME NOME contro COGNOME NOME e la domanda riconvenzionale del COGNOME, avente ad oggetto il riconoscimento dell’esistenza della servitù di passaggio in favore del suo fondo (particella 32/b) e a carico del fondo COGNOME (particella 32/a) come previsto dall’atto Notaio COGNOME del 24/3/1976, art. 2, condannando, per l’effetto quest’ultima, alla rimozione delle opere
che ne ostacolavano l’esercizio e condannò il COGNOME al pagamento, in favore della COGNOME, della somma di € 10.000,00 a titolo di risarcimento dei danni e la COGNOME a versare al primo, per il medesimo titolo, la somma di € 5.000,00.
Il giudizio di gravame, incardinato da COGNOME NOME con atto del 7/9/2012 in relazione all’accertata costituzione della servitù di passaggio sul proprio fondo per atto del notaio COGNOME, si concluse, nella resistenza degli eredi di COGNOME NOME, nel frattempo deceduto, che proposero, a loro volta, appello incidentale, con la sentenza n. 926/2019, pubblicata il 12/11/2019, con la quale la Corte d’Appello di Reggio Calabria rigettò l’appello principale e quello incidentale, confermando per il resto la sentenza di primo grado.
Per quanto qui rileva, i giudici di merito ritennero che il Tribunale avesse correttamente accertato la sussistenza della servitù di passaggio alla stregua del tenore letterale dell’atto per notar COGNOME e degli elaborati del c.t.u., che l’atto per notar COGNOME non avesse costituito alcuna servitù e che l’appellante non avesse mai eccepito la prescrizione per non uso del suddetto diritto, essendosi sempre difeso affermando l’inesistenza di qualsivoglia servitù e non avendo neppure dedotto mezzi istruttori sul punto e che il danno da mancato uso della servitù fosse in re ipsa .
Contro la predetta sentenza, propone ricorso COGNOME NOME, affidato a sei motivi. NOME NOME, NOME NOME e NOME si sono difesi con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Per motivi di priorità logica vanno esaminati il terzo e quarto motivo.
Col terzo motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza per motivazione apparente, in violazione e falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, a fronte del motivo col quale si faceva presente di avere eccepito, fin dalla prima udienza del giudizio di primo grado, la prescrizione per non uso ultraventennale della servitù di passaggio da parte del Surace (che aveva anche omesso di eliminare il dislivello che avrebbe comunque impedito siffatto passaggio), avevano affermato che non fosse applicabile il principio di diritto citato dall’appellante, secondo cui la mancata riproposizione, in sede di precisazione delle conclusioni, di una domanda precedentemente formulata non autorizzava a considerarla rinunciata se ciò fosse stato in contrasto con la condotta processuale adottata, che la COGNOME si fosse sempre difesa sostenendo l’inesistenza della servitù di passaggio e che la comparsa conclusionale e le note di replica della stessa in primo grado non avessero mai fatto riferimento all’eccezione di prescrizione. Ad avviso della ricorrente, i giudici avevano in tal modo omesso di rendere percepibile il fondamento della decisione di rigetto, in quanto non avevano precisato se l’eccezione di prescrizione estintiva fosse stata o meno tempestivamente sollevata in giudizio dalla COGNOME e fosse stata fatta oggetto di specifico e puntuale motivo di gravame ovvero se detta eccezione dovesse considerarsi abbandonata nel corso del giudizio di primo grado.
Col quarto motivo di ricorso, subordinato al terzo, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano omesso di prendere in esame l’eccezione di prescrizione della servitù di
passaggio pedonale per non uso ventennale (ove costituita con l’atto per notar COGNOME del 24/03/1976), benché questa fosse stata sollevata in primo grado alla prima udienza di trattazione (ossia con le controdeduzioni scritte alle domande riconvenzionali proposte dalla controparte), fosse stata riproposta nelle due memorie istruttorie ex art. 184 cod. proc. civ. (volte a far accertare il mancato uso della servitù) e in sede di precisazione delle conclusioni, ancorché non menzionata nella memoria conclusionale, nella quale era stato appunto chiesto il rigetto della domanda della controparte, e fosse stata ribadita con l’atto di appello, essendosi limitati ad affermare che la COGNOME si fosse sempre difesa sostenendo l’inesistenza della servitù di passaggio e che le istanze istruttorie proposte vertessero solo su quest’ultimo punto.
Il terzo e quarto motivo, da trattare congiuntamente, in quanto vertenti sul medesimo thema decidendum della mancata valutazione dell’eccezione di prescrizione sollevata fin dal primo grado del giudizio, sono fondati.
I giudici di merito hanno respinto la censura proposta su questa questione, sostenendo che non fosse pertinente il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 17582 del 14/7/2017, secondo cui la mancata riproposizione, in sede di precisazione delle conclusioni, di una domanda in precedenza formulata non autorizza alcuna presunzione di rinuncia in capo a colui che ebbe originariamente a proporla, essendo, a tal fine, necessario che, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte, possa desumersi inequivocabilmente il venir meno dell’interesse a coltivarla, in quanto la COGNOME aveva sempre sostenuto l’inesistenza della servitù di passaggio (per assenza delle necessarie modifiche dei luoghi tese a permettere il suo esercizio) e aveva, infatti, avanzato istanze istruttorie volte a dimostrare tale assunto e non a ricercare le prove dell’estinzione del diritto di
passaggio per non uso per venti anni, tant’è che la comparsa conclusionale e la memoria di replica depositate nel primo grado del giudizio non facevano alcun riferimento all’eccezione di prescrizione della servitù.
Orbene, posto che quella della prescrizione delle servitù ex art. 1073 cod. civ. è un’eccezione in senso proprio ex art. 2939 cod. civ. (Cass., Sez. 2, 12/6/1991, n. 6647), spetta al titolare del fondo servente, ossia a colui a favore del quale la prescrizione matura, non solo provarla, in applicazione del principio ex art. 2697, secondo comma, cod. civ. (Cass., Sez. 2, 2/2/2017, n. 2789; Cass., Sez. 2, 12/6/1991, n. 6647), ma prima ancora proporla, anche senza l’impiego di formule sacramentali (Cass., Sez. 2, 2/2/2017, n. 2789; Cass., Sez. 2, 18/3/2019, n. 7562; Cass., Sez. 2, 26/10/1989, n. 4413), nei termini stabiliti dalla legge.
Detti termini coincidono, nella specie, con quelli sanciti dall’art. 183, quarto comma, cod. proc. civ., nella versione antecedente alla riforma introdotta con il d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado del 29/12/1996, il quale prescriveva che la proposizione di domande ed eccezioni che fossero conseguenza della domanda riconvenzionale del convenuto dovessero essere proposte dall’attore alla prima udienza di trattazione, non potendo egli avvalersi delle memorie da depositare nei termini fissati all’art. 183, quinto comma, cod. proc. civ., in quanto finalizzate esclusivamente a consentire alle parti di precisare e modificare le domande e le eccezioni già proposte e di replicare alle domande ed eccezioni formulate tempestivamente, ma non a proporne di ulteriori, non essendo ammissibile estendere il thema decidendum (si veda Cass., Sez. U, 14/2/2011, n. 3567).
Nella specie, la Corte d’Appello si è limitata a richiamare, peraltro genericamente le istanze istruttorie, nonché le comparse
conclusionali e di replica, mentre il ricorso indica puntualmente tutti gli atti processuali da cui emerge una volontà di coltivare l’eccezione di prescrizione e, soprattutto di avere sollevato l’eccezione di prescrizione nelle memorie da essa depositate contestualmente alla prima udienza, per fare parte integrante del relativo verbale, al fine di replicare alla comparsa di costituzione del convenuto-attore, ciò che ne comportava la tempestività.
Hanno sbagliato allora i giudici di merito ad escludere la proposizione dell’eccezione di prescrizione sul solo presupposto che le difese della ricorrente si fossero concentrate sulla inesistenza della servitù e, ancor più, a valorizzare la sua mancata evidenziazione in sede di comparsa conclusionale, dovendo trovare applicazione il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui la mancata riproposizione, nelle conclusioni formalmente rassegnate nell’atto di costituzione in appello, dell’eccezione di prescrizione sollevata in primo grado, non ne comporta la tacita rinuncia, ove, in base al tenore complessivo dell’atto, la pronuncia richiesta presupponga necessariamente l’esame dell’eccezione predetta, poiché essa ha natura di eccezione di merito con funzione estintiva della domanda (Cass., Sez. 1, 20/5/2024, n. 13904; anche Cass., Sez. 1, 3/12/2019, N. 31571; Cass., Sez. 3, 30/9/2019, n. 33767, non massimata; Cass., Sez. 2, 14/7/2017, n. 17582; Cass., Sez. 1, 10/7/2014, n. 15860).
Consegue da quanto detto la fondatezza delle censure.
L’accoglimento del terzo e quarto motivo comporta l’assorbimento dei primo e del secondo, coi quali è stata, rispettivamente, lamentata la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente e/o omessa, in violazione e falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., e dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, nel riconoscere la servitù di passaggio
attraverso il suo fondo e in favore di quello del Surace, asseritamente costituita per atto del notar COGNOME, aveva reso una motivazione illogica e apparente, siccome inidonea a far comprendere il percorso logico-giuridico seguito, oltre ad avere trascurato le censure dell’appellante avverso la sentenza di primo grado, con le quali era stato evidenziato che la servitù di passaggio costituita con l’atto COGNOME a favore della particella 32b del Surace e a carico della particella 32/a della COGNOME, quale prosecuzione della servitù costituita con l’atto COGNOME a vantaggio delle particelle 35/b (proprietà COGNOME) e 35/c (proprietà COGNOME) e a carico delle particelle 37 e 35/a (proprietà COGNOME), fosse priva di utilità in quanto la particella 32/b del COGNOME era separata dalla particella 32/a della COGNOME dalla particella 35/a, pure di quest’ultima, sulla quale nessuna servitù era stata costituita a favore del medesimo COGNOME, sicché, in sua assenza, quest’ultimo non avrebbe potuto raggiungere la INDIRIZZO (primo motivo), e l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, al fine di verificare se, con l’atto COGNOME del 24/03/1976, fosse stata costituita una servitù di passaggio in favore del fondo del Surace e a carico di quello della COGNOME, non avevano tenuto conto dell’atto per notar COGNOME del 24/03/1976, espressamente richiamato dall’art. 2 del primo, e della lettura combinata dei due atti (secondo motivo).
Infatti, un’eventuale declaratoria di estinzione per non uso rende superflua ogni indagine sulla individuazione del tracciato alla stregua dei titoli, oltre ad assorbire anche il quinto e il sesto motivo, con i quali si lamenta, rispettivamente, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss., anche con riferimento agli artt. 1058, 1063, 1064 e 1065 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3,
cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano affermato la sussistenza di una servitù prediale a favore del fondo del RAGIONE_SOCIALE e a carico di quello della ricorrente, senza tener conto del significato letterale del contratto (quinto motivo) e la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, in violazione e falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito riconosciuto e liquidato in via equitativa a NOME COGNOME e oggi ai suoi eredi – un risarcimento del danno di € 5.000,00 per il mancato godimento di una via di accesso al proprio fondo (sesto motivo).
5. In conclusione, dichiarata la fondatezza del terzo e del quarto motivo e l’assorbimento dei restanti, il ricorso va accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 5/12/2024