Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10030 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10030 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3317/2021 R.G. proposto
da
COGNOME , elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
Oggetto:
Contratti
bancari –
Conto corrente
–
Linea
credito
–
Prescrizione – Eccezione –
Requisiti – Estensione
R.G.N. 3317/2021
Ud. 28/03/2025 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3930/2020 depositata il 19/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 28/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3930/2020, pubblicata in data 19 novembre 2020, la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione degli appellati NOME COGNOME e NOME COGNOME ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 2036/2017 pubblicata il 22 giugno 2017 e, per l’effetto, ha integralmente respinto la domanda originariamente proposta dagli appellati.
NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano adito il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, premettendo in fatto di essere stati cointestatari – dalla fine del 1987 e fino alla chiusura del rapporto, avvenuta in data 17 gennaio 2001 – di un conto corrente presso il Banco di Santo Spirito e di avere concordato con la Banca una linea di credito con addebito in conto corrente.
Avevano dedotto che il contratto di conto corrente prevedeva una clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e annuale degli interessi attivi e che, nei periodi di superamento del limite massimo di credito, era stata applicata una commissione di massimo scoperto, sebbene né il contratto di conto corrente né quello di apertura di credito contenessero clausola scritta di determinazione del tasso di interesse.
Sulla base di tali premesse, avevano chiesto di dichiarare la nullità, ex artt. 1283 e 1418 c.c., della clausola di capitalizzazione trimestrale di interessi, di applicazione delle commissioni nonché di determinazione degli interessi al tasso superiore a quello di legge, con rideterminazione del saldo del conto corrente e condanna di RAGIONE_SOCIALE alla ripetizione delle somme indebitamente percepite.
Accolta parzialmente in prime cure la domanda, la Corte d’appello di Napoli ha invece ritenuto fondato il motivo di gravame col quale RAGIONE_SOCIALE deduceva la prescrizione integrale della domanda, osservando che:
-aveva errato il Tribunale a ritenere tempestivamente sollevata l’eccezione di prescrizione solo con riferimento al rapporto di conto corrente ritenendola tardiva e generica con riferimento all’apertura di credito -in quanto sollevata solo con la seconda memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. -mentre invece doveva ritenersi che l’eccezione sollevata nella comparsa di costituzione e risposta fosse riferita a tutte le pretese azionate dagli odierni ricorrenti;
-l’eccezione non poteva ritenersi generica, essendo la Banca tenuta unicamente a dedurre l’inerzia del titolare del diritto, senza dover indicare in modo specifico le singole operazioni interessate;
-pertanto, essendo stato il rapporto di conto corrente con apertura di credito pacificamente chiuso in data 17 gennaio 2001 e risalendo il primo atto interruttivo ad una raccomandata del 1° luglio 2015, mentre la citazione era stata notificata il 9 ottobre 2015 , l’azione risultava prescritta ex art. 2946 c.c.;
-non poteva ritenersi valido atto interruttivo una citazione notificata il 4 luglio 2006, con la quale erano state mosse
contestazioni al rapporto di apertura di credito, in quanto la domanda ivi formulata riguardava l’accertamento e la dichiarazione di invalidità parziale del rapporto di apertura di credito, senza alcun riferimento al giudizio successivamente instaurato.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a sei motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento.
Come sintetizzato dagli stessi ricorrenti, ‘ si chiede alla S.C. di cassare la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’ Appello ha pronunciato, accogliendola, sull’eccezione fondata sull’inerzia degli attori nell’esercizio del diritto di ripetizione d’indebito derivante dall’apertura di credito. Eccezione che, invece, non è stata proposta dalla Banca, nella comparsa di costituzione e risposta e non è stata precisata in tal senso nella “memoria difensiva” ‘ .
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento, in relazione agli artt. 166, 167 e 183 c.p.c. nonché all’art. 2938 c.c.
Come sintetizzato dagli stessi ricorrenti, ‘ si chiede alla S.C. di cassare la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per
violazione degli artt. 166, 167 e 183 c.p.c., oltre che dell’art. 2938 c.c., in quanto la Corte d’ Appello ha ritenuto che l’eccezione di prescrizione sia stata precisata con riguardo al rapporto di apertura di credito nella “memoria difensiva” (i.e.: la seconda memoria istruttoria di cui all’art. 183, 6° co., c.p.c.), senza invece rilevare che la precisazione (come la modifica o la proposizione ex novo) di un’eccezione in senso stretto, è senz’altro preclusa alle parti decorso il termine ex art. 183, co. 6, n. 1) c.p.c. e non può essere rilevata d’ufficio (art. 2938 c.c.) ‘ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento in relazione agli artt. 112, 324, 329, secondo comma, e 342 c.p.c., nonché all’art. 2909 c.c.
Come sintetizzato dagli stessi ricorrenti, ‘ si chiede alla S.C. di cassare la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione degli artt. 112, 324, 329, 2° co., e 342 c.p.c., nonché dell’art. 2909 c.c., in quanto la Corte d’Appello ha negato alla citazione del 4.7.2006 il valore interruttivo della prescrizione del diritto di ripetizione di indebito derivante dall ‘ apertura di credito, omettendo di considerare che la suddetta efficacia interruttiva era stata accertata dalla sentenza di primo grado, con parti autonome non appellate e perciò passate in giudicato ‘ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1219 e 2943 c.c.
Come sintetizzato dagli stessi ricorrenti, ‘ si chiede alla S.C. di cassare la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 1219 e 2943 c.c., in quanto la Corte d’ Appello ha erroneamente negato alla citazione del 4.7.2006 l’efficacia interruttiva
della prescrizione del diritto di ripetizione di indebito derivante dall’apertura di credito ‘ .
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Come sintetizzato dagli stessi ricorrenti, ‘ si chiede alla S.C. di cassare la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., in quanto la Corte d’Appello ha accolto l’eccezione di prescrizione del diritto di ripetizione di indebito derivante dall’apertura di credito (con conseguente rigetto della domanda), omettendo di esaminare il fatto, decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, che gli attori hanno esercitato il diritto di ripetizione d’indebito fondato sull’apertura di credito con la citazione notificata in data 4.7.2006 ‘ .
1.6. Con il sesto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza in relazione all’art. 132, n. 4, c.p.c.
Come sintetizzato dagli stessi ricorrenti, ‘ si chiede alla S.C. di annullare la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 132, n. 4 c.p.c., in quanto la Corte d’ Appello ha negato alla citazione del 4.7.2006 l’efficacia interruttiva della prescrizione del diritto di ripetizione di indebito derivante dall’apertura di credito, con motivazione apparente e/o inesistente, comunque tale da non consentire all’interprete il controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio e da “non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost.” ‘ .
Il primo motivo di ricorso è infondato.
È ben vero che questa Corte ha chiarito che la concessione di un’apertura di credito utilizzabile nell’ambito di un distinto rapporto di conto corrente non dà luogo ad un unico contratto, ma a due diversi contratti, aventi ad oggetto rispettivamente la creazione di una
disponibilità a favore del cliente e lo svolgimento di un servizio di cassa da parte della banca sul presupposto dell’esistenza della predetta disponibilità (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20726 del 01/10/2014).
È, tuttavia, anche vero che tale principio non può non tenere conto dell’operatività concreta dell’apertura di credito in conto corrente, e cioè del fatto che sia le operazioni che concernono strettamente il conto corrente sia le operazioni che riguardano l’utilizzo del fido concesso vengono ad essere contabilmente regolate in via unitaria sul conto corrente, sul quale, quindi, vengono registrate sia le passività sia -tra le voci attive – le rimesse a carattere solutorio sia le rimesse a carattere ripristinatorio.
È la sommatoria di tali appostamenti contabili che viene a determinare sul conto corrente sia il saldo periodico sia -come nel caso in esame -il saldo finale al momento della chiusura definitiva del rapporto, e quindi la sussistenza di un credito o di un debito in capo al correntista.
Se, quindi, questa Corte ha costantemente affermato che il momento iniziale di decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito proposta da l correntista viene a differenziarsi, a seconda che le rimesse abbiano carattere solutorio o ripristinatorio (come affermato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 24418 del 02/12/2010; e ribadito, tra le molte, da Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 18144 del 10/07/2018; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 2660 del 30/01/2019), parimenti, e di riflesso, questa Corte ha anche avuto modo di chiarire reiteratamente che, in tema di prescrizione estintiva, l’onere di allegazione che sull’istituto di credito allorquando lo stesso voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è
soddisfatto con la semplice affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte (Cass. Sez. U – Sentenza n. 15895 del 13/06/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 18144 del 10/07/2018), essendo al contrario onere del correntista, attore nell’azione di ripetizione, quello, in primo luogo, di dedurre l’esistenza di un’apertura di credito (Cass. Sez. 1 Sentenza n. 2660 del 30/01/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 27704 del 30/10/2018) e, in secondo luogo, di produrre in giudizio gli estratti conto dai quali emerge la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21225 del 05/07/2022).
A latere di tali principi, peraltro, è stato chiarito sia che l’esistenza di un contratto di apertura di credito che consenta di attribuire semplice natura ripristinatoria della provvista alle rimesse oggetto della ripetizione dell’indebito – e, conseguentemente, di far decorrere il termine di prescrizione a far data dalla chiusura del rapporto costituisce una eccezione in senso lato, come tale deducibile dalla parte o rilevabile d’ufficio dal giudice anche in grado di appello (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 20455 del 17/07/2023; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 14958 del 14/07/2020), sia, conseguentemente, che il giudice è comunque tenuto a valorizzare la prova della stipula di un contratto di apertura di credito purché ritualmente acquisita, indipendentemente da una specifica allegazione del correntista (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 31927 del 06/12/2019).
Dai principi enunciati da questa Corte in materia, allora, emerge in modo che evidente che, poiché l’Istituto di credito convenuto il quale sollevi eccezione di prescrizione non è tenuto -come appena visto -a specificare le rimesse ritenute prescritte perché solutorie, e poiché la chiusura definitiva del rapporto di conto corrente determina in ogni
caso la decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione anche in relazione alle rimesse ripristinatorie, si deve escludere che l’istituto di credito sia tenuto a sollevare due diverse eccezioni di prescrizione, riferendone una, al conto corrente e l’altra all’apertura di credito, essendo invece l ‘ eccezione necessariamente riferita ad entrambi i rapporti, proprio perché regolati unitariamente sul conto corrente.
Tornando, allora, al caso in esame, si deve ritenere che, alla luce dei principi appena richiamati, correttamente la Corte territoriale abbia ritenuto che l’eccezione di prescrizione sollevata pacificamente, essendo ammesso anche dai ricorrenti dall’odierna controricorrente nella comparsa di costituzione e risposta del giudizio di primo grado era da intendersi riferita non solo alle operazioni direttamente scaturite dal rapporto di conto corrente ma anche alle operazioni basate sull’apertura di credito .
Infatti, la circostanza che l’eccezione non risultasse letteralmente riferita ad entrambi i rapporti -ma, secondo la tesi dei ricorrenti, al solo conto corrente -non valeva in alcun modo a delimitare l’ambito dell’eccezione medesima, non essendovi alcuna necessità che l’odierna controricorrente venisse a riferire espressamente la propria eccezione specificamente ad ognuno dei due rapporti -conto corrente ed apertura di credito -in quanto ‘realtà fattuali’ distinti e ‘ diritti diversi ‘, come argomentano invece i ricorrenti in memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
La correttezza della conclusione cui è approdata la Corte partenopea, infatti, si evidenzia nel momento in cui si consideri che entrambe le tipologie di operazioni venivano contabilmente a confluire sul conto corrente e che, nel momento in cui quest’ultimo era stato chiuso, unico era l’addebito finale a carico dei correntisti ed unico era,
conseguentemente, l’ipotetico indebito da questi ultimi chiesto in ripetizione ex art. 2033 c.c. (ancora una volta Cass. Sez. U – Sentenza n. 15895 del 13/06/2019).
Se, allora, l’eccezione di prescrizione sollevata dall’odierna controricorrente era da ritenersi riferita a tutte le possibili operazioni fonte di indebito, era -ed è -da escludere che l’eccezione di prescrizione dovesse essere esplicitamente e specificamente riferita anche all’apertura di credito ed è, conseguentemente, da escludere che la Corte territoriale sia incorsa nel vizio dedotto con il motivo di ricorso, essendosi invece la Corte pronunciata su un’eccezione ritualmente formulata e -semmai -non correttamente interpretata dal giudice di prime cure.
Il rigetto del primo motivo determina l’assorbimento del secondo .
È agevole osservare, infatti, che la questione sollevata con il motivo postulava logicamente l’accoglimento del primo mezzo, solo in questo caso potendo porsi questione della qualificazione ed ammissibilità delle difese svolte nella seconda memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c.
Il terzo motivo è infondato.
Questa Corte ha reiteratamente chiarito che, ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione – e quindi di giudicato interno se non censurate in appello – deve farsi riferimento alla nozione giurisprudenziale di “minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno”, la quale individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico, con la conseguenza che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno l’impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione
sull’intera statuizione (Cass. Sez. L -Sentenza n. 32683 del 07/11/2022; Cass. Sez. L – Sentenza n. 28565 del 03/10/2022; Cass. Sez. L – Ordinanza n. 16853 del 26/06/2018; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 24783 del 08/10/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12202 del 16/05/2017; Cass. Sez. L, Sentenza n. 2217 del 04/02/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16583 del 28/09/2012).
Alla luce di tali principi, si deve ritenere che il gravame col quale l’odierna controricorrente è venuta a riproporre la tematica della prescrizione integrale di ogni diritto azionato dai ricorrenti – compreso quello ricollegato all’apertura di credito, ritenuto invece dal giudice di prime cure non oggetto di rituale eccezione di prescrizione -ha rimesso necessariamente alla Corte di merito non solo il profilo del l’accertamento dell’ effettiva decorrenza della prescrizione medesima ma anche, trattandosi di profilo rilevabile d’ufficio, anche il profilo della sussistenza o meno di cause di interruzione della prescrizione -e quindi, nello specifico, della valenza interruttiva della precedente citazione -senza che, pertanto, potesse ritenersi sussistente una preclusione derivante da precedente giudicato, non potendosi ravvisare nella decisione del giudice di prime cure sulla valenza interruttiva del precedente giudizio i caratteri della già richiamata ‘unità minima’ decisionale.
Il quarto motivo è, parimenti, infondato.
Questa Corte ha reiteratamente chiarito che l’interpretazione della domanda giudiziale, al fine di stabilirne l’idoneità a costituire atto interruttivo della prescrizione di un determinato diritto, non involgendo l’accertamento di un vizio in procedendo , costituisce attività riservata al giudice del merito ed è sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 29609 del
16/11/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17157 del 03/12/2002; Cass. Sez. L, Sentenza n. 723 del 30/01/1981).
È ben vero che – come ricordano i ricorrenti anche nella propria memoria ex art. 380bis. 1 c.p.c. – detta insindacabilità trova un limite nella presenza -nell’accertamento del giudice di merito di errori logici o di diritto, ma è parimenti vero che i vizi dedotti con il motivo di ricorso non evidenziano la sussistenza, appunto, di vizi di tale ultima tipologia diritto ma sono riferibili direttamente proprio al profilo dell’interpretazione della precedente domanda giudiziale e quindi alla sua idoneità a costituire atto interruttivo della prescrizione -e cioè proprio a quei profili che questa Corte ha ritenuto rimessi all’accertamento del giudice del merito, traducendosi, pertanto, il motivo di ricorso in una -inammissibile – sollecitazione a sostituire in sede di legittimità la valutazione che invece in tale sede non è sindacabile.
Infondato, ulteriormente, è il quinto mezzo.
Al riguardo è sufficiente osservare che il fatto di cui i ricorrenti deducono l’omesso esame è stato invece espressamente affrontato dalla decisione impugnata, al punto che il motivo di ricorso risulta persino logicamente incompatibile con il terzo ed il quarto motivo di ricorso che invece, correttamente, postulano l’esame del profilo da parte della Corte territoriale, seppur con esito che nei due motivi è stato -come appena visto – censurato.
Infondato, infine, è il sesto ed ultimo motivo.
Questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato
di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Nessuna di dette carenze estreme risulta ravvisabile nella motivazione della decisione impugnata, la quale espone il proprio percorso argomentativo in modo sintetico ma comunque univoco, comprensibile ed immune da affermazioni reciprocamente inconciliabili, di talché risulta inevitabile constatare che le doglianze dei ricorrenti si sostanziano in una critica del merito della decisione.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 6.000,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima