SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BARI N. 1237 2025 – N. R.G. 00000362 2022 DEPOSITO MINUTA 31 07 2025 PUBBLICAZIONE 11 08 2025
Ruolo Generale nr.362/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Bari, Sezione Seconda Civile, riunita in Camera di consiglio, con l’intervento dei magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME
dott. NOME COGNOME
Giudice NOME Relatore
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile di appello come innanzi rubricata, promossa
Da
, in persona del suo legale rappresentante, con sede legale in Torino ed elettivamente domiciliata in Milano alla INDIRIZZO presso lo studio degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME dai quali è congiuntamente rappresentata e difesa in forza di procura in atti
appellante
ed appellata incidentale
Contro
Consigliere
, avente causa di , nata ad Andria il 4/5/1958, ivi residente ed ivi elettivamente domiciliata alla INDIRIZZO presso lo studio del l’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura in atti
appellata ed appellante incidentale
Nonché
in persona del suo legale rappresentante, corrente in Conegliano (TV)
appellata, contumace
^^^^^
Oggetto : appelli avverso la sentenza n. 202/2022, resa dal Tribunale di Trani, in composizione monocratica, in data 31/1/2022, pubblicata in data 2/2/2022, a definizione del giudizio n.3205/2014 r.g., promosso da (dante causa di ) in danno del (dante causa di ) con chiamata in causa di parte convenuta della avente ad oggetto ‘accertamento credito bancario con ripetizione d’indebito’
Conclusioni : così riassunte con le note di trattazione scritta, depositate dalle parti in previsione dell’udienza di p.c. del 22/3/2024, trattata con modalità cartolare-telematica in ossequio al decreto presidenziale in atti, per la società appellante principale ‘ Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Bari in riforma della gravata sentenza ed in accoglimento dei motivi di gravame proposti: in via principale, riformare l’impugnata sentenza per tutte le ragioni in fatto e diritto esposte in atti e, dunque, respingere le domande tutte proposte nei confronti dell’odierna appellante (già ) accogliendo così le conclusioni come formulate dalla convenuta in primo grado con ogni conseguenziale statuizione restitutoria e di condanna, con vittoria di spese ed onorari di entrambi i gradi di giudizio oltre accessori di legge ‘ ; per la appellata principale ed appellante incidentale costituita, si insisteva per il rigetto dell’avverso gravame principale, ed articolando quello incidentale sulla scorta di quattro motivi: 1)rigetto dell’avversa eccezione di prescrizione in quanto generica; 2)omessa rivalutazione delle somme dovute al correntista; 3)decorrenza interessi legali sulle predetta dal deposito della domanda introduttiva
anziché da quello della espletata ctu in primo grado; 4)errata compensazione parziale delle spese del primo grado; con richiesta di integrale condanna dell’appellata.
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art.702 bis c.p.c. , depositato in data 19/5/2014, dinanzi il Tribunale di Trani, il dante causa dell’odierna appellata, , premetteva in fatto: a)di aver intrattenuto, a decorrere del dicembre 1992 fino al mese di aprile del 2003, un rapporto di conto corrente n.27/3629 con il (di seguito inglobato nel gruppo ) giusta contratto del 9/12/1992; b)di aver beneficiato di un’apertura di credito da parte del predetto Istituto bancario, di £3 0.000.000 (pari ad €15.493,70) concessagli in data 11/12/1992 con contestuale fideiussione prestata dalla propria moglie (odierna appellata), apertura successivamente estesa, il successivo 21/3/1994 a £50.000.000 (pari ad €25.882,84); c) di aver la propria moglie e fideiussore, in data 27/1/1999, ricevuto la concessione di un mutuo ipotecario di £75.000.000 (pari ad €38.734,27) in data 27/1/1999; d)di aver successivamente riscontrato per entrambi i suddetti rapporti, (conto corrente e mutuo ipotecario) l’applicazione, da parte della Banca, di una illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, con palese violazione dell’art.1283 c.c., oltre all’applicazione di commissioni di massimo scoperto, addebito di costi, spese ed oneri mai concordati tra le parti, valute postergate; e)di aver richiesto, con precedente missiva del 13/9/2005 al predetto Istituto bancario, l’invio di tutta la documentazione in suo possesso ed inerente il rapporto bancario di cui al predetto conto corrente e tanto ai sensi e per gli effetti di cui allì’art.119 del TUB; f) di aver poi inviato distinta missiva del 13/10/2005 con cui contestava la nullità dei contratti di apertura di conto corrente e di mutuo di cui innanzi, invitando la banca a rideterminare le reali e reciproche poste contabili ed intimando la restituzione delle somme indebitamente percepite da essa intimata in costanza dei suddetti rapporti, richiesta respinta dalla banca sostenendo la correttezza e la legittimità del meccanismo contabile dalla stessa applicato in costanza di rapporto per la quantificazione degli interessi considerandola quale unica modalità tecnica consentita; g)di aver vanamente esperito il previo tentativo di conciliazione dinanzi ad organismo riconosciuto in Andria il 7/1/2014, richiedendo, pertanto, in danno del predetto
, contestando, in diritto, la legittimità delle clausole contrattuali unilateralmente
dallo stesso applicate: 1)la declaratoria di nullità, inefficacia e/o invalidità parziale del predetto contratto di conto corrente e del predetto mutuo ipotecario, laddove i rispettivi contratti prevedevano la capitalizzazione semestrale degli interessi passivi, nonché l’inefficacia e l’invalidità di tutte le variazioni delle condizioni contrattuali successive alla stipula dei contratti e sfavorevoli ad esso ricorrente; 2)la declaratoria di non debenza, per difetto di causa, le somme addebitate per commissioni di massimo scoperto e calcolate in costanza di utilizzo dell’apertura di credito in aggiunta agli interessi passivi; 3)la rideterminazione del saldo effettivo del conto corrente predetto al momento della chiusura del 7/4/2003, calcolando per tutta la d urata del rapporto, sin dall’apertura, gli interessi passivi al tasso legale, senza alcuna capitalizzazione periodica, con espunzione delle c.m.s., delle spese non pattuite e delle valute fittizia, condannando, conseguentemente, il resistente Istituto bancario alla restituzione della somma di €56.619,42 o quell’altra maggiore o minore a determinarsi, oltre interessi dalla domanda, ovvero, in subordine, al pagamento della ridetta somma a titolo di indennità per arricchimento senza causa, oltre al pagamento delel spese processuali.
Allegava, istruttoriamente, la richiamata documentazione a supporto.
Fissata l’udienza di prima comparizione per il 26/1/2015 (con rigetto di successiva istanza di anticipazione della stessa.
Con successiva memoria difensiva depositata il 16/1/2015, si costituiva il resistente
con contestuale chiamata di terzo.
In via preliminare, eccepiva il difetto di propria legittimazione passiva in relazione al rapporto di mutuo del 27/1/1999, atteso che, con successivo atto di cessione in blocco del 25/5/2005 aveva ceduto a tutti i propri crediti derivanti da finanziamenti e mutui sia ipotecari che chirografari, tra i quali il contratto di mutuo in questione, già girato a sofferenza nel 2004 da essa cedente, dandone poi avviso sulla G.U. del 28/6/2005, con cessione, a sua volta, avvenuta tra con la cessionaria con distinto avviso sulla stessa G.U., con comunicazione operata allo direttamente da esso resistente, con missiva dell’8/11/2005, assumendo, pertanto, l’avvenuto subentro di essa cessionaria, nel rapporto di mutuo oggetto di giudizio e quindi unico soggetto passivamente legittimato a contraddire alla relativa domanda proposta dal ricorrente relativamente a tale rapporto,
dichiarando, pertanto, di voler integrare il contradittorio ex art.106 c.p.c. con la predetta terza chiamata, richiedendo il rituale differimento della fissata udienza di prima comparizione.
Sempre in via preliminare, eccepiva la nullità dell’avverso ricorso introduttivo per asserita genericità dello stesso e, in ulteriore subordine, la prescri zione dell’avversa domanda ex art.2946 c.c., posto che il conto corrente oggetto di causa risultava essere stato chiuso, già in data 10/3/1999 e quindi quindici anni circa prima del deposito del ricorso introduttivo del 19/5/2014, non ritenendosi idonea alcuna valida interruzione stragiudiziale ovvero, in ogni caso, quanto meno per il periodo decennale precedente il deposito introduttivo, richiamando, a supporto, molteplice giurisprudenza di legittimità.
Solo in via subordinata alle predette eccezioni, contestava, nel merito l’assoluta infondatezza delle avverse domande.
In particolare e con riferimento al rapporto di conto corrente, ribadiva l’avvenuta estinzione dello stesso il 10/3/1999, allegando, a supporto, i riscontri documentali (estratto a scalare con saldo pari a zero e voce ‘commissione per estinzione’, con conseguente integrale prescrizione di tutte le avverse domande, assumendo la riferibilità di tutti gli estratti conto successivi alla predetta data del 10/3/1999 ad altro e distinto rapporto di conto corrente con differente numerazione (27/4114), estraneo al giudizio.
Con riguardo all’asserita capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, oltre a ribadire l’eccepita prescrizione anche degli addebiti riferibili a tale causa, assumeva, in ogni caso, l’applicato adeguamento, a decorrere dall’1/7/2000, al nuovo regime ‘derogatorio’ di pari periodicità trimestrale per gli interessi debitori e creditori, in conformità a quanto disposto con la nota delibera CICR del 9/2/2000.
Contestava, inoltre, il preteso fenomeno anatocistico anche del rapporto di mutuo in conseguenza dell’applicazione del c.d. ammortamento alla francese con interessi composti, richiamando la maggioritaria giurisprudenza di merito in ordine alla insussistenza effettiva di alcun anatocismo derivante dalla predetta modalità contabile.
Disconosceva, infine, sia l’avversa richiesta di eliminazione delle commissioni di massimo scoperto, debitamente ed espressamente pattuite e sia il paventato superamento del tasso soglia, contestando l’avversa perizia di parte, errata, inattendibile ed inu tilizzabile,
avendo controparte erroneamente incluso nel calcolo del TEG anche le commissioni di massimo scoperto, gli oneri e le spese che avrebbero dovuto, invece, rimanere estranee al conteggio predetto.
Sulla scorta di quanto innanzi, concludeva, pertanto, in via preliminare, il differimento dell’udienza di comparizione per consentire la chiamata in causa della e, in subordine, in via preliminare per l’accoglimento delle suddette eccez ioni e, nel merito, per il rigetto delle avverse domande in quanto integralmente prescritte.
Espletati gli adempimenti di rito, con successiva comparsa del 6/7/2015 si costituiva la terza chiamata, contestando la propria legittimazione passiva in relazione al rapporto di mutuo contratto tra il e la e, solo subordinatamente, la dedotta infondatezza nel merito della domanda dell’originario ricorrente, sul quale avrebbero dovuto gravare le spese processuali.
Così integratosi il contradittorio processuale ed incardinatosi il giudizio sulle rispettive posizioni processuali di cui innanzi, disposto il mutamento del rito da quello sommario a quello ordinario, seguiva la rituale fase di trattazione ex art.183 c.p.c. nelle more della quale il difensore del ricorrente, sulla scorta del dichiaro decesso del proprio assistito, richiedeva l’anticipazione dell’udienza ex art.184 c.p.c. per consentire la rituale interruzione dello stesso, adempimento espletato nel corso della successiva udienza del 2/12/2015.
Riassunto il giudizio ad iniziativa della avente causa, , riconcessi i termini per l’appendice processuale, con successivo provvedimento istruttorio del 17/11/2017, veniva disposto l’espletamento di una ctu econometric a con designazione del dr. al quale veniva affidata la rideterminazione del saldo alla stregua dei criteri rideterminativi enunciati.
All’esito della depositata relazione peritale, la causa perveniva, dopo molteplici rinvii, all’ udienza di p.c. del 10/11/2021.
Con successiva sentenza del 31/1/2022, l’adito Tribunale monocratico definiva la controversia, accogliendo, per quanto di ragione, la domanda attorea e, previa declaratoria di nullità parziale del contratto di conto corrente, accoglieva la domanda di ripet izione d’indebito limitatamente ad €28.286,44 oltre interessi legali dalla data del
deposito della ctu al saldo effettivo; dichiarando il difetto di titolarità dal lato passivo della condannando il alla refusione, in favore della parte attrice, della somma, come innanzi determinata, di €28.286,44 con la dedotta decorrenza di interessi legali dalla data di deposito della ctu; compensando integralmente le spese di lite tra la parte attrice e la terza chiamata; condannando il convenuto alla refusione della metà delle spese di lite in favore di parte attrice oltre al
pagamento delle spese per la ctu espletata.
Con pertinente motivazione, esponeva l’estensore le ragioni addotte a supporto delle adottate soluzioni decisorie.
In via prioritaria, delibava il Tribunale l’asserita estinzione del conto contestato nel marzo del 1999 (circa quindi anni antecedenti la notifica del ricorso introduttivo) con successiva apertura di un distinto rapporto, estraneo al giudizio in esame, dis attendeno l’assunto difensivo della sulla scorta di una ritenuta e rilevata continuità del rapporto anche in disparte l’avvenuta modificazione numerica dello stesso, tanto desumendosi agevolmente dalle stesse operazioni contabili riscontrate ad estinzione del primo e conseguenziale accensione del secondo.
Con riferimento all’eccepita prescrizione, valorizzava il primo giudice l’effetto interruttivo da attribuirsi alla missiva del 17-10/2005.
A tale riguardo, individuata la data di decorrenza della prescrizione, ovvero quella anteriore al 18/10/1995 ed individuate le rimesse solutorie antecedenti la data predetta, ne deriva una parziale prescrizione delle stesse per la somma complessiva di £26.423.205 (pari ad €13.646,45) da portare in detrazione.
La eccezione prescrittiva formulata dalla banca, anche in termini generici, era in ogni caso accoglibile sia pure nei limiti di cui innanzi (Cass. 15895/2019).
Corretta reputava, quindi il primo giudice, la ricostruzione operata dal CTU con riguardo al tasso d’interesse applicato, ovvero tasso legale ordinario e quindi tasso so stitutivo a decorrere dall’entrata in vigore dell’art117 del TUB, senza mai eccedere il tasso soglia, espungendo qualsiasi forma di capitalizzazione in mancanza di clausola introduttiva di un regime di pari periodicità tra gli interessi debitori e quelli creditori.
Correttamente addebitate si configuravano, invece, le spese di gestione conto in quanto espressamente pattuite, mentre illecite si rilevavano le commissioni applicate di massimo scoperto in quanto prive di alcun criterio determinativo.
Infine, recepiva il Tribunale la ritenuta limitazione degli interessi infra soglia, avendo il ctu utilizzato per la determinazione del TEG le vigenti istruzioni della Banca d’Italia con la relativa formula.
Concludeva il primo giudice la disamina delle questioni dibattute valutando la contestata responsabilità della terza chiamata da parte convenuta, condividendo le argomentazioni difensive addotte dalla stessa società chiamata in causa relativamente al fatto che, nella specie, non sussisteva alcun difetto di legittimazione passiva della banca convenuta, posto che nel concreto era stata operata una cessione in blocco dei crediti del e non anche del contratto di mutuo in essere con la con un finanziamento azionato in sede esecutiva dalla Banca erogatrice e creditrice e parzialmente soddisfatto in sede di esecuzione immobiliare ancor prima del presente giudizio, conseguendo che era in sede esecutiva che la mutuataria avrebbe dovuto opporre la legittimità del mutuo.
In punto di regolamentazione delle spese, reputava, infine, il Tribunale che il parziale ridimensionamento della pretesa attorea potesse supportare una disposta compensazione parziale delle stesse nella misura del 50%, disponendo invece una integrale compensazione tra la parte attrice e la terza chiamata.
La statuizione suddetta non acquietava nessuna delle parti determinando le stesse a proporre i rispettivi i gravami di cui appresso.
In particolare, la avente causa del , , proponeva un gravame principale a supporto del quale articolava quattro motivi d’impugnativa.
Con un primo motivo, contestava l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui dichiarava la continuità giuridica tra l’originario conto corrente , estinto il 10/3/1999 ed il conto successivo e diverso, estraneo al giudizio, richiamando a supporto della censura i riscontri contabili in atti derivanti dagli estratti conto prodotti dalla stessa parte attrice; con un secondo motivo, censurava l’erroneità della sentenza nella parte in cui dichiarava l’idoneità della missiva del 18/10/2005 trasmessa dal ricorrente alla Banca, ai fini della prescri zione del ricorso introduttivo; con un terzo motivo, si doleva per l’erroneità della
gravata sentenza nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto per accertata l’applicazione al rapporto de quo di indebita capitalizzazione trimestrale ed infine, con un quarto motivo, cont estava l’erroneità della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto la soccombenza dell’odierna appellante con la conseguenziale statuizione di condanna alle spese, sia pure con disposta compensazione parziale, invocando, sulla scorta dei predetti motivi, una sospensione cautelare della esecutività dell’impugnata sentenz a.
Si costituiva l’appellata la quale, in via principale contestava la fondatezza degli avversi motivi ex adverso addotti e, in via incidentale, proponeva a sua volta un gravame supportato da quattro specifiche doglianze.
In particolare, con un primo motivo, contestava la ritenuta accoglibilità, sia pure nei termini di cui innanzi, della eccezione di prescrizione genericamente sollevata dalla senza alcuna individuazione delle rimesse solutorie soggette al termine prescrittivo per il decennio antecedente il 18/10/95, così di fatto decurtando la pretesa creditoria e ripetitoria di essa appellante; con un secondo motivo, si doleva per l’ingiustificata omessa maggiorazione rivalutativa del credito riconosciuto in favore di parte attrice; con un terzo motivo censurava la disposta decorrenza degli interessi legali sulla sorte capitale a credito della parte attrice solamente dal deposito della ctu e non anche dalla costituzione in mora del 18/10/2005, ovvero, quanto meno, dalla data di deposito del ricorso introduttivo ed infine, con un quarto motivo contrapposto specularmente a quello analogo del gravame principale, contestava la disposta compensazione parziale delle spese.
All’esito della disposta comparizione in sede cautelare per l’udienza del 15/4/2022 precedente a quella di prima comparizione dell’1/7/2022, disattesa la predetta istanza d’inibitoria per la ritenuta insussistenza dei presupposti di legge, veniva fissata per la p.c. l’udienza di cui in epigrafe del 22/3/2024, trattata con la disposta modalità cartolare, nel corso della quale, acquisite le prescritte note di trattazione scritta, la causa veniva riservata per la decisione previa concessione alle parti dei termini ex art.190 c.p.c.
Motivazione della decisione
La prioritaria disamina dei motivi addotti a supporto del proposto gravame principale, seguendo lo stesso ordine espositivo adottata dall’appellante, conduce il Collegio ad un integrale rigetto dello stesso.
Infondata si configura la prima censura attinente ad una pretesa distinzione tra i due conti correnti susseguitisi, senza soluzione di continuità, a fronte di una corretta individuazione, da parte del primo giudice, di riscontri contabili denotanti una palese continuità dell’unico rapporto originato dal contratto del 9/12/99 che, contrariamente a quanto sostenuto dalla banca, non era stato chiuso contabilmente ma solamente confluito su un successivo e consecutivo rapporto con diversa numerazione.
Trattavasi, invero, di una unilaterale modificazione, meramente numerica, da parte della essendo rimasti invariate le parti del rapporto e finanche la stessa filiale bancaria.
Dirimente nel sorreggere il rilievo si configurava il richiamato riscontro contabile, evincibile dagli estratti conto conclusivi del primo ed iniziale del secondo, attestanti un mero trasferimento del saldo attivo del primo quale prima operazione del secondo.
A tale riguardo, sulla scorta di un rilievo motivazionale integralmente condivisibile, il primo giudice, recependo quanto già evidenziato dal ctu, ribadiva che sul conto rinumerato, a seguito della chiusura di quello in essere in data 10/3/99, senza formalizzare un nuovo contratto di conto corrente, fosse stata eseguita un’operazione a credito consistente in un bonifico di £104.423, pari all’importo addebita to alla stessa data sul conto primigenio, oltre all’addebito degli interessi e competenze maturate.
Dato l’importo in addebito con contestuale accredito e liquidazione delle competenze finali del c/c 27/3629 con addebito del conto rinumerato 27/4114, doveva ritenersi che il nuovo conto rinumerato costituisse la prosecuzione del conto corrente originario con conseguente unicità e continuità di rapporto.
Il rilievo, tra l’altro, oltre che avallato dai riscontri contabili di cui innanzi e dalla mancanza di un nuovo e differente contratto, si configurava dirimente nell’escludere, come sostenuto in tesi della banca, la compiuta prescrizione delle rimesse alla predetta data di chiusura del 10/3/99, rimanendo estraneo al giudizio introdotto con il ricorso del 19/5/2014 il nuovo conto, da ritenersi, invece la continuazione storica e contabile del conto originario.
La seconda censura attiene alla asserita inidoneità della diffida stragiudiziale del 18/10/05 quale valido atto interruttivo della eccepita prescrizione ordinaria.
La tesi difensiva di parte appellante supporta la doglianza rilevando la estrema genericità della missiva in esame, priva dei presupposti inderogabili per qualificarsi quale costituzione in mora e, in quanto tale, valido atto interruttivo della prescrizione.
La censura è destituita di fondamento, atteso che dalla mera disamina testuale della missiva si desume la sussistenza dei presupposti di legge per attribuire alla stessa l’efficacia interruttiva predetta, rinven endosi agevolmente la volontà del correntista in ordine alla pretesa ripetitoria delle somme addebitate illecitamente, a nulla rilevando l’omessa esatta determinazione delle stesse e delle contestate nullità contrattuali , attesa la consolidata giurisprudenza di legittimità per cui si ritiene idoneo ad interrompere la prescrizione qualsiasi atto stragiudiziale che individua la persona del debitore e contiene la richiesta scritta di adempiere (come nel caso di specie), escludendosi che l’atto interruttivo debba necessariamente indicare l’importo richiesto in pagamento o l’intimazione ad adempiere, ess endo sufficiente anche la mera richiesta scritta di adempimento oltre alla individuazione del debitore (cfr. ex multis Cass. ordinanza n.7835 del 10/3/2022;conf. Cass n.16465 del 4/7/2017).
La Suprema Corte ricorda, infatti, che già con un precedente arresto aveva chiarito come, ai fini dell’interruzione della prescrizione, sia sufficiente la comunicazione del fatto costitutivo della pretesa e l’inequivoca volontà, portata a conoscenza del debitore, del creditore di far valere il proprio diritto (cfr. anche Cass. n.24054/2015),presupposti formali inequivocamente presenti nel testo della diffida in esame.
La terza censura attiene alla distinta questione relativa all’illecito fenomeno anatocistico contestato dal correntista cui si contrapponeva il rilievo della banca di essersi adeguata alla nota circolare interministeriale del 9/2/2000, introducendo un regime di pari periodicità per la capitalizzazione sia degli interessi debitori che di quelli creditori.
Sostiene quindi la l’ingiustificata esclusione, nella ricostruzione contabile del rapporto, di qualsivoglia capitalizzazione.
La censura in esame è destituita di fondamento, ostandovi il decisivo rilievo cronologico che, nel caso in esame, il conto corrente in questione fosse previgente alla delibera CICR del 9/2/2000, con conseguente necessità di subordinare la capitalizzazione periodica in deroga ad una esplicita accettazione scritta del correntista, a nulla rileva ndo l’asserito
adeguamento con le forme di legge, configurandosi la fattispecie in un evidente peggioramento delle condizioni del cliente precedentemente applicate (V. Cass. n.28215/2024; Cass. 9140/2020; Cass. n.17634/2021; C.Appello Venezia 11/12/2020).
Parimenti destituito di pregio è l’ultima censura in punto di regolame ntazione delle spese, atteso che, contrariamente a quanto in fondatamente ritenuto dall’appellante, la riduzione della pretesa creditoria, in ogni caso ritenuta fondata, evidenziava una soccombenza processuale e sostanziale della imponendosi solamente una parziale compensazione delle spese proprio in conseguenza della rideterminazione della pretesa creditoria a seguito dell ‘ accoglimento della proposta eccezione prescrittiva con riferimento alle rimesse solutorie antecedenti il 18/10/1995.
Venendo quindi al gravame incidentale, occorre esaminare in primo ,luogo la censura attinente il contestato accoglimento, sia pure parziale, della eccezione di prescrizione proposta dalla banca, malgrado la genericità della stessa e la carente specificità in ordine alla individuazione delle rimesse solutorie da considerarsi prescritte, in quanto antecedenti al decennio anteriore alla data di notifica della domanda introduttiva.
La censura si sviluppa in due profili di carattere processuale e sostanziale, lamentando l’appellante , sia la carente specificità dell’eccezione in ordine alla distinzione tra rimesse solutorie e meramente ripristinatorie, essendo, notoriamente, applicabile la prescrizione contabile solamente alle prime, dovendo invece decorrere la prescrizione per le seconde, sprovviste di natura solutoria ma intese solo a ripristinare l’affidamento concesso, solamente dalla chiusura del conto (cfr. SS.UU. 24418/2010), ovvero, nel caso di specie, dal 7/4/2003 e quindi, a seguito dell’atto interruttivo del 18/10/ 2005, dal 18/10/2015, e sia la materiale individuazione delle rimesse prescrivibili nel periodo precedente il decennio antecedente il deposito del ricorso introduttivo del 19/5/2014 (venendo quindi in rilievo le rimesse solutorie antecedenti il 18/10/1995 e decorrenti dal 9/12/92)
Il primo profilo di natura processuale risulta da tempo superato da un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato, sin dall’autorevole pronuncia in chiave nomofilattica del 2019 con la quale, innovando rispetto al precedente orientamento, si enunciava il rilevante principio secondo il quale: ‘ l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia oppor re l’eccezione di pres crizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente p agate nel corso del
rapporto di conto corrente assistito da un’apertura di credito è soddisfatto con l’affermazione dell’ inerzia del titolare del diritto e la dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione specifica delle rimesse solutorie ‘.
Il principio è st ato reiteratamente confermato, enunciandosi che: ‘ In linea con i principi in tema di onere di allegazione riferito alla specifica eccezione di prescrizione, non è necessaria l’indicazione, da parte della banca, del dies a quo del decorso della prescri zione; l’elemento qualificante dell’eccezione di prescr i zione è l’allegazione dell’inerzia del titolare del diritto, che costituisce, appunto, il fatto principale, al quale la legge riconnette l’invocato effetto estintivo ; richiedere al convenuto, ai fini della valutazione di ammissibilità dell’eccezione, che tale inerzia sia particolarmente connotata in riferimento al termine iniziale della stessa (individuando e specificando diverse rimesse solutorie) comporterebbe l’introduzione indiretta di una nuova tipizzazione delle diverse forme di prescrizione; il problema della specifica indicazione delle rimesse solutorie non viene eliminato, ma si sposta semplicemente dal piano delle allegazioni a quello della prova, sicché il giudice deve valutare la fondatezza delle contrapposte tesi al lume del riparto dell’onere probatorio ‘(cfr. Cass. sentenza n.5610 del 28/2/2020’.
Venendo poi al riparto del suddetto onere probatorio, devesi valorizzare il principio secondo il quale: ‘ In presenza di eccezione di prescrizione della banca, è onere del correntista, attore in ripetizione dell’indebito, allegare e provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito in conto corrente, che consenta di qualificare come non già solutorie, bensì meramente ripristinatorie della provvista, le rimesse effettuate entro i limiti dell’affidamento ‘(Cass. 18/1/2022 n.1388) .
Le osservazioni del CTP di parte attrice, del 16/10/2019, non si configurano aggiornate ed uniformate al principio di diritto di cui innanzi, atteso che contestava al CTU l’onere, inevaso, della banca di comprovare dettagliatamente le stesse rimesse solutorie prescritte, limitandosi ad eccepire una prescri zione decennale ‘assolutamente generica’ richiedendo al CTU una ricostruzione contabile che escluda ‘qualunque ipotesi di prescri zione’
Quanto poi al profilo sostanziale, ovvero, in assenza di prova contraria a carico del correntista, la individuazione delle rimesse aventi natura di pagamenti e quindi la rilevata assenza di affidamento o apertura di credito da parte della banca, ritiene il Collegio di
poter condividere, anche in questa sede, le argomentazioni addotte dal CTU a supportare la ritenuta inesistenza di alcuna apertura di credito in assenza di esplicita pattuizione nell’originario contratto del dicembre del 1992, a nulla rilevando i molteplici anticipi non concorrendo gli stessi a dete rminare un fido rilevante ai fini dell’individuazione delle rimesse solutorie , dovendo tenere distinta l’apertura di credito o fido di cassa dagli affidamenti di altra natura. Con
Infatti, come correttamente evidenziato dal CTU ‘solo con il fido di cassa si viene a creare un’immediata ed incondizionata disponibilità di credito in favore del correntista il quale potrà effettuare rimesse ripristinatorie della provvista fino alla scadenza o revoca del contratto’
Nel caso in esame si evidenziavano, invece, solo molteplici anticipi sbf con conseguente esclusione dell’affidamento vero e proprio e, conseguentemente, di rimesse ripristinatore, residuando solamente rimesse aventi natura solutoria e quindi, soggette alla ordinaria prescrizione decennale nei termini predetti.
Il criterio distintivo dell’anticipo sbf dal fido di cassa è evidente, in quanto per il primo il credito, inizialmente erogato, non riveste contestuale efficacia contrattuale (come per il fido di cassa con immediata disponibilità del correntista) differendo la propria liquidità ed esigibilità solamente alla scadenza del documento contabile, senza che si crei quindi una vera e propria disponibilità creditizia ripristinabile e riutilizzabile.
La conseguenza di natura contabile e giuridica di tale rilevante distinzione è che la misura del ‘castelletto di sconto’ non possa concorrere alla det erminazione del fido rilevante ai fini della qualificazione della rimessa solutoria o ripristinatoria, anche qualora tra le due linee di credito sussista un collegamento di fatto.
Correttamente quindi il CTU, sulla scorta di tale inoppugnabile argomentazione, integralmente recepita in sentenza, aveva escluso tutti i conti anticipi sbf oggetto di causa per la individuazione delle rimesse solutorie, giustificate dalla rilevata assenza di qualsiasi affidamento di cassa, conseguendone una corretta determinazione delle rimesse solutorie fino al 17/10/1995, pari ad €13.646,45 importo correttamente detratto da quello richiesto dal correntista senza alcuna prescrizione, rideterminandosi la corretta pretesa creditoria nella minor somma di €28.286,44 .
La doglianza deve quindi disattendersi.
Parimenti destituita è la seconda censura con cui si contesta l’omessa attualizzazione della somma a credito come innanzi determinata, non avendola richiesta lo stesso correntista il quale, si limitava a richiedere solamente gli interessi dalla data della domanda, precludendo di fatto al Tribunale di disporre d’ufficio una maggiorazione non richiesta per non incorrere in un palese vizio di ultrapetizione, non rispettando il potere dispositivo delle parti che con le loro domande ed eccezioni circoscrivono quanto richiesto (cfr. Cass. n.22761 del 20/7/2022; conf. Cass. n.8048 del 21/3/2019; n.9002 dell’11/4/2018)
Priva di fondamento è poi la doglianza con cui si lamenta una ingiusta parziale limitazione, in punto di condanna alla rifusione delle spese processuali a carico della banca soccombente, avendo il Tribunale disposto una parziale compensazione, nei limiti del 50%, delle stesse.
Sul punto si condivide pienamente la motivazione addotta dal primo giudice il quale, valorizzava opportunamente il rilevante ‘ridimensionamento’ della pretesa creditoria originaria oltre all’ulteriore circostanza di una innegabile soccombenza reciproca in ordine alla ventilata inammissibilità dell’eccezione prescrittiva proposta dalla banca.
, invece, condivisione l’ulteriore doglianza in ordine ad una immotivata decorrenza degli interessi legali dal di del deposito della CTU e non da quello della domanda, ovvero del deposito del ricorso introduttivo del 19/5/2014.
A tale riguardo invero oltre all’omessa motivazione in ordine alla ri dotta maggiorazione degli interessi con una decorrenza immotivata, dirimente ai fini del richiesto emendamento è il rilevante principio di diritto contenuto proprio nella pronuncia citata dallo stesso Tribunale con riguardo alla ritenuta accoglibilità dell ‘eccezione prescrittiva allorché, in punto di decorrenza degli interessi, si enuncia l’ulteriore principio di dir itto secondo cui: ‘ ai fini del decorso degli interessi in ipotesi di ripet izione d’indebito oggettivo, il termine domanda di cui all’art.2033 cc non va inteso come riferito esclusivamente alla domanda giudiziale ma comprende, anche, gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in m ora ai sensi dell’art.1219 c.c.’ (Cass. SS.UU.1895/2019) ovvero, applicando il suddetto principio al caso in esame, laddove, come innanzi evidenziato, si è riconosciuta l’idoneità della missiva del 17 -18/10/2005 a rivestire la qualifica di valida
costituzione in mora, la decorrenza corretta è da configurarsi, ancor prima del deposito del ricorso introduttivo del 19/5/2014, proprio dalla ricezione della predetta costituzione in mora del 18/10/2005.
In punto di regolamentazione delle spese del grado, il solo limitato accoglimento della ridetta censura, non può esimere il Collegio dal prospettare una ipotesi di reciproca soccombenza di entrambi gli appellanti e quindi di statuire una integrale compensazione delle spese del grado.
PQM
La Corte, defini tivamente pronunciando sull’appello principale proposto da avverso la sentenza n.202/2022, resa dal Tribunale di Trani, in composizione monocratica, in data 31/1/2022, pubblicata il successivo 2/2/2022, nonché sull’appello incidentale p roposto da avverso la medesima sentenza, così provvede:
1)Rigetta l’appello principale;
2)Accoglie, per quanto di ragione, l’appello incidentale e per l’effetto, in parziale riforma della gravata sentenza, che per il resto conferma
3)Condanna , già , in persona del legale rappresentante, al pagamento in favore di , della somma di €28.286,44 oltre interessi legali sulla stessa decorrenti dal 18/10/2005 al soddisfo;
4)Dichiara integralmente compensate le spese relative al presente grado;
5)Da atto della ricorrenza dei presupposti di legge per dichiarare l’appellante , in persona del legale rappresentante, tenuta al versamento, in favore dell’Erario, di un importo pari al contributo unificato già versato all’atto d’iscriz ione del gravame.
Così deciso all’esito della Camera di Consiglio in videoconferenza del 22/7/2025.
Il Presidente
(dott. NOME COGNOME)
Il Giudice Ausiliario estensore
(avv. NOME COGNOME