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Eccezione di prescrizione: quando è tardiva in arbitrato?

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo a un lodo arbitrale per appalti pubblici. La questione centrale era la tardività dell’eccezione di prescrizione sollevata dall’ente pubblico. Le società appaltatrici, pur avendo vinto parzialmente in sede arbitrale, hanno visto il loro ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione per non aver riproposto correttamente in appello la questione sulla tardività dell’eccezione. La sentenza sottolinea l’importanza del principio di autosufficienza e della corretta riproposizione delle eccezioni nei vari gradi di giudizio.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Eccezione di Prescrizione in Arbitrato: La Cassazione Chiarisce i Termini per Sollevarla

Nel complesso mondo degli appalti pubblici, le tempistiche sono tutto, non solo nell’esecuzione dei lavori, ma anche nell’esercizio dei propri diritti in sede legale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto fondamentale sull’importanza delle regole procedurali, in particolare riguardo alla eccezione di prescrizione sollevata durante un procedimento arbitrale. Vediamo come un cavillo procedurale può determinare l’esito di una lunga e complessa controversia.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una serie di contratti di appalto stipulati negli anni ’80 tra un’impresa di costruzioni e un Ente Pubblico per il restauro di un importante bene storico. L’impresa lamentava il mancato o ritardato pagamento di diverse somme dovute e, nel 2005, avviava un procedimento arbitrale per ottenere il saldo dei propri crediti.

Durante il procedimento, un’altra società subentrava alla prima a seguito di una cessione di ramo d’azienda. L’Ente Pubblico, costituendosi in giudizio con una memoria, sollevava diverse eccezioni, tra cui quella di prescrizione dei crediti vantati dalle imprese.

Il Collegio arbitrale accoglieva parzialmente le domande delle società, condannando l’Ente al pagamento di determinate somme e rigettando la richiesta di estromissione della società originaria. Tuttavia, l’Ente Pubblico non si arrendeva e impugnava il lodo arbitrale dinanzi alla Corte d’Appello, lamentandone la nullità. La Corte d’Appello, ribaltando la decisione, dichiarava nullo il lodo e rigettava le domande delle società, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione.

La Decisione della Corte di Cassazione

Le società appaltatrici proponevano quindi ricorso per Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare tardiva l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Ente solo con la memoria di replica nel giudizio arbitrale, e non nel primo atto difensivo utile.

La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito della tempestività dell’eccezione in sede arbitrale, ma si concentra su una mancanza procedurale delle stesse società ricorrenti.

Le Motivazioni: L’eccezione di prescrizione e l’onere di riproposizione

Il cuore della decisione risiede nel principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione e nell’onere della parte di riproporre le proprie eccezioni in ogni grado di giudizio.

Gli arbitri avevano ritenuto l’eccezione di prescrizione tempestiva, ma infondata nel merito. Le società, quindi, erano risultate ‘vittoriose’ su quel punto, anche se la motivazione non le soddisfaceva pienamente (infondatezza invece che tardività). Quando l’Ente ha impugnato il lodo, le società avrebbero dovuto, nel loro atto difensivo in appello, riproporre esplicitamente la questione della tardività dell’eccezione di prescrizione. Questo per manifestare la volontà di farla riesaminare qualora la Corte d’Appello avesse valutato diversamente il merito.

La Cassazione ha rilevato che le società, nel loro ricorso, pur affermando di aver sollevato la questione in appello, non hanno specificato ‘come, dove e quando’, violando il principio di autosufficienza. Non hanno riprodotto il contenuto del loro atto difensivo d’appello per dimostrare di aver correttamente riproposto l’eccezione. Questa omissione ha impedito alla Suprema Corte di valutare la censura, rendendola inammissibile.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che un altro motivo di ricorso era inammissibile perché criticava una parte della motivazione della Corte d’Appello resa ad abundantiam, ovvero un’argomentazione aggiuntiva e non essenziale per la decisione finale, che era già pienamente sorretta dalla ritenuta prescrizione dei crediti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito fondamentale per tutti gli operatori del diritto e le imprese. Vincere una battaglia non significa vincere la guerra. Anche quando si ottiene una decisione favorevole in un grado di giudizio, è cruciale non abbassare la guardia. Ogni eccezione o domanda non pienamente accolta (perché assorbita o superata) deve essere diligentemente e specificamente riproposta nel grado successivo. In caso contrario, si presume che vi si sia rinunciato. La cura meticolosa degli aspetti procedurali, come il rispetto del principio di autosufficienza negli atti di impugnazione, è tanto importante quanto la fondatezza delle proprie ragioni nel merito.

Una parte che ha ottenuto una decisione favorevole in primo grado deve riproporre le proprie eccezioni non accolte in appello?
Sì. Secondo la Cassazione, la parte vittoriosa nel merito in primo grado ha l’onere di riproporre espressamente nel giudizio di appello le proprie domande o eccezioni non accolte (perché ritenute assorbite o superate), al fine di evitare la presunzione di rinuncia e manifestare la volontà di un loro riesame.

Perché il ricorso delle società è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per la violazione del principio di autosufficienza. Le società ricorrenti non hanno adeguatamente documentato nel loro ricorso di aver correttamente e tempestivamente riproposto in appello la questione della tardività dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla controparte.

Cosa significa che un motivo di ricorso è inammissibile perché critica una motivazione ‘ad abundantiam’?
Significa che il motivo di ricorso è inammissibile perché si concentra su un’argomentazione della sentenza impugnata che è puramente accessoria e non fondamentale per la decisione finale. Poiché la decisione si regge su un’altra motivazione principale e autonoma (in questo caso, la prescrizione del diritto), criticare quella accessoria non potrebbe comunque portare all’annullamento della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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