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Eccezione di prescrizione: l’onere della prova in giudizio

Un lavoratore agricolo ha citato in giudizio gli eredi del suo datore di lavoro per ottenere il pagamento di differenze retributive maturate in un rapporto di lavoro quarantennale. Gli eredi hanno sollevato un’eccezione di prescrizione, sostenendo che il diritto del lavoratore si era estinto. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, ha rigettato il ricorso del lavoratore. La Corte ha chiarito che, sebbene spetti a chi solleva l’eccezione di prescrizione allegare i fatti su cui essa si fonda (come la data di cessazione del rapporto), il lavoratore non è esonerato dal provare la continuità del rapporto di lavoro nel periodo rilevante ai fini della prescrizione. Non avendo fornito tale prova, la sua domanda è stata considerata prescritta.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Eccezione di Prescrizione: Chi Porta il Peso della Prova?

L’eccezione di prescrizione è uno strumento di difesa cruciale nel processo civile, ma la sua applicazione solleva spesso questioni complesse sull’onere della prova. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su come si ripartisce tale onere tra le parti in una causa di lavoro, in particolare quando un lavoratore rivendica differenze retributive per un rapporto di lunga data. La decisione sottolinea che, sebbene il datore di lavoro debba allegare i fatti a fondamento della prescrizione, il lavoratore non può restare inerte.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla domanda di un lavoratore agricolo che chiedeva il pagamento di circa 80.000 euro a titolo di differenze retributive per un rapporto di lavoro subordinato durato circa quarant’anni. La richiesta era rivolta agli eredi del suo datore di lavoro originario. Gli eredi si sono difesi sollevando un’eccezione di prescrizione, sostenendo che il rapporto di lavoro continuativo era cessato nel 1995 e che, successivamente, il lavoratore aveva prestato solo attività occasionali. Pertanto, il diritto a rivendicare le somme era ormai estinto.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione agli eredi, rigettando la domanda del lavoratore. Secondo i giudici di merito, il lavoratore non era riuscito a fornire prove sufficienti a dimostrare che il suo rapporto di lavoro fosse proseguito nel quinquennio antecedente alla sua prima richiesta formale di pagamento, avvenuta il 29 dicembre 2007.

L’Eccezione di Prescrizione e l’Onere della Prova secondo la Cassazione

Il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente che la Corte d’Appello avesse erroneamente invertito l’onere della prova. A suo avviso, spettava agli eredi, che avevano sollevato l’eccezione, dimostrare la data esatta di cessazione del rapporto di lavoro. In assenza di tale prova, l’eccezione di prescrizione avrebbe dovuto essere respinta.

La Suprema Corte ha rigettato questa tesi, offrendo un’importante chiarificazione sul funzionamento dell’art. 2697 del codice civile in materia. I giudici hanno stabilito che chi eccepisce la prescrizione ha l’onere di allegare il fatto costitutivo, ossia l’inerzia del titolare del diritto, e manifestare la volontà di avvalersene. In questo caso, gli eredi avevano adempiuto a tale onere indicando l’anno 1995 come momento di cessazione del rapporto continuativo e, di conseguenza, come data di decorrenza della prescrizione.

La Valutazione del Giudice e il Ruolo del Lavoratore

Una volta che la parte convenuta ha correttamente sollevato l’eccezione, spetta al giudice valutare tutte le prove disponibili. La Corte ha osservato che i giudici di merito avevano correttamente esaminato le testimonianze, concludendo che non vi era alcuna prova di una prestazione lavorativa subordinata nel quinquennio cruciale (dal 28 dicembre 2002 al 28 dicembre 2007). La mancanza di prova sul fatto che il rapporto fosse cessato in un’epoca più recente ha giocato a sfavore del lavoratore.

In sostanza, la Corte non ha invertito l’onere della prova, ma ha applicato il principio generale per cui, a fronte di una specifica allegazione difensiva, chi agisce in giudizio per far valere un diritto deve comunque fornire gli elementi probatori a suo sostegno.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che l’obbligo del debitore (in questo caso, gli eredi) è quello di allegare il fatto che determina l’inizio della decorrenza del termine di prescrizione. Gli eredi lo avevano fatto, indicando il 1995. Successivamente, il giudice di merito ha il potere-dovere di esaminare le prove per verificare se tale fatto, o un fatto diverso che estingue il diritto, si sia effettivamente verificato. Nel caso specifico, le prove testimoniali non supportavano la tesi del lavoratore riguardo alla continuazione del rapporto oltre il 28 dicembre 2002. Pertanto, al momento della richiesta formale nel 2007, il suo diritto era irrimediabilmente prescritto.

Inoltre, la Corte ha fatto riferimento al principio della “ragione più liquida”, affermando che sarebbe stato inutile accertare la natura esatta del rapporto di lavoro dopo il 1995, poiché anche se fosse stato provato come subordinato, la prescrizione quinquennale avrebbe comunque operato, estinguendo il diritto del lavoratore.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: quando viene sollevata un’eccezione di prescrizione, non è sufficiente per l’attore contestarla genericamente. Se il convenuto adempie al proprio onere di allegazione, indicando i fatti su cui basa la sua difesa, la palla torna nel campo dell’attore. Quest’ultimo deve fornire prove concrete che il suo diritto non si è estinto, dimostrando ad esempio la continuità del rapporto di lavoro in un periodo non coperto dalla prescrizione. La passività probatoria può risultare fatale, come dimostra questo caso.

Chi ha l’onere di provare i fatti su cui si fonda un’eccezione di prescrizione?
La parte che solleva l’eccezione di prescrizione (il debitore) ha l’onere di allegare i fatti che ne determinano l’inizio della decorrenza, come la data di cessazione del rapporto di lavoro. Tuttavia, spetta poi al giudice valutare le prove fornite da entrambe le parti per accertare se il diritto si sia effettivamente estinto.

È sufficiente per il datore di lavoro indicare una data di cessazione del rapporto per vincere la causa?
No, non è sufficiente. L’indicazione della data di cessazione adempie all’onere di allegazione, ma il giudice deciderà sulla base di tutte le prove presentate. Il lavoratore, a sua volta, ha l’onere di provare che il rapporto è continuato anche dopo la data indicata dal datore di lavoro, per contrastare l’eccezione.

Cosa succede se il lavoratore non riesce a provare che il rapporto di lavoro è continuato nel periodo non coperto da prescrizione?
Se il lavoratore non fornisce prove sufficienti a dimostrare la continuità del rapporto nel quinquennio antecedente alla sua richiesta, il suo diritto alle differenze retributive viene considerato prescritto e la sua domanda viene rigettata, come accaduto nel caso esaminato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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