Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13124 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13124 Anno 2024
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15941/2020 R.G. proposto da: rappresentante, NOME
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
CONCORDATO PREVENTIVO RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME
– controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 4370/2019 depositata il 14/10/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione al decreto ingiuntivo di pagamento emesso dal Tribunale di Venezia in favore della RAGIONE_SOCIALE (in bonis) per fatture aventi titolo nel contratto di subappalto tra le parti. Il Tribunale di Venezia, dopo aver istruito la causa, riconosceva in favore della COGNOME, di seguito RAGIONE_SOCIALE preventivo di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, una minor somma rispetto a quella portata nel decreto ingiuntivo. La società RAGIONE_SOCIALE interponeva gravame, che la Corte d’appello di Venezia rigettava.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE affidandosi a sei motivi. Il RAGIONE_SOCIALE preventivo RAGIONE_SOCIALE si è difeso con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RITENUTO CHE
1. -Con il primo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., la nullità della sentenza per difetto di motivazione e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nonché la violazione dell’art. 81 c.p.c. (art 360 n.5. e 3). La ricorrente si duole che non sia stata presa in considerazione la sua eccezione afferente la dedotta carenza di legittimazione del RAGIONE_SOCIALE specificata alle pagine 10 e seguenti delle repliche depositate in appello. Rileva che in data 14 maggio 2010 la RAGIONE_SOCIALE era stata ceduta in affitto alla RAGIONE_SOCIALE e quindi alla data del 31 maggio 2010, epoca di emissione della fattura n. 120 del 2010, di cui al decreto ingiuntivo, la società RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) non era più titolare del credito, ormai di esclusiva pertinenza della RAGIONE_SOCIALE; deduce che vi sarebbe stata anche violazione dell’art. 81 c.p.c. in quanto nessuno può fare valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.
2. -Il motivo è inammissibile.
Il motivo presenta plurimi profili di inammissibilità. In primo luogo perché sovrappone indebitamente, senza la dovuta chiarezza, diverse tipologie di censure e di vizi. Non è, infatti, consentito proporre cumulativamente mezzi di impugnazione eterogenei, in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso, riversando impropriamente con tale tecnica espositiva sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (Cass. n. 3397 del 06/02/2024; Cass. n. 26874 del 23/10/2018).
Inoltre, e prescindendo dalla questione della tempestività del rilievo, deve osservarsi che la censura è estremamente generica, in quanto fa discendere la dedotta carenza di legittimazione della COGNOME, per non essere più – asseritamente -titolare del credito alla data in cui è stata emessa la fattura n. 120, dalla mera enunciazione della circostanza che pochi giorni prima della emissione della fattura era stato stipulato un atto (notarile) di cessione in affitto. La parte, però, non riporta i contenuti di detto atto notarile, e segnatamente non chiarisce se l’affitto avesse una decorrenza diversa dalla data in cui è stato stipulato l’atto, come invece deduce la controparte, e non precisa se fosse previsto un regime particolare per i crediti anteriori. Il motivo difetta, pertanto, di specificità e di chiarezza (Cass. 14/03/2022, n.8117).
3. -Con il secondo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., la nullità della sentenza e il difetto di motivazione per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt.37, undicesimo comma, e 118 del decreto legislativo n. 163 del 2006.
La parte si duole che la Corte d’appello di Venezia avrebbe completamente omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio denunciato con il primo motivo d’appello. In particolare, la ricorrente osserva che, in esecuzione della sentenza di primo grado, essa sarebbe tenuta a corrispondere la somma di euro
127.688,33 che, aggiungendosi all’altra somma, incontestata, di euro 249.356,49, determinerebbe l’ammontare di un complessivo debito pari a euro 377.044,82. Tale importo determinerebbe, dunque, una incidenza percentuale dei lavori in subappalto pari al 37,80%, vale a dire di gran lunga eccedente la percentuale del 30% indicata dall’art. 5 del contratto di appalto, in violazione del limite previsto dall’art. 118 del D.lgs. n. 163 /2006, il cui superamento nell’ambito dei lavori pubblici integra un subappalto non autorizzato, con tutte le conseguenze in ordine alla nullità del contratto medesimo. Tale aspetto, ad avviso della ricorrente, avrebbe dovuto essere esaminato dalla Corte d’appello di Venezia, trattandosi di un fatto decisivo ai fini del giudizio.
4. -Il motivo è inammissibile.
Anche questo motivo sconta diversi profili di inammissibilità: oltre a quello già sopra evidenziato relativo al cumulo di eterogeni mezzi di impugnazione, deve rilevarsi che non può proporsi la censura di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio a fronte di una c.d. doppia conforme, non avendo la parte chiarito se detta eccezione fosse stata espressamente portata all’attenzione del giudice di primo grado ed in che termini, e come il giudice di primo grado avesse risposto. Nell’ipotesi di “doppia conforme” ex art. 348 ter, comma 5, c.p.c., è infatti onere del ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e del rigetto dell’appello, dimostrando che sono tra loro diverse ( ex multis Cass. n. 26934 del 20/09/2023).
In ogni caso si deve rilevare che la Corte d’appello ha esaminato la questione, ritenendo che ‘ l’esorbitante incidenza percentuale dei lavori di subappalto rispetto alle previsioni contrattuali oltre a risultare prive di un’adeguata specificità si risolvono in mere ed unilaterali allegazioni di parte che non trovano conforto nel compendio probatorio in atti ‘.
La Corte d’appello ha quindi ritenuto che dette argomentazioni restassero sfornite di prova e la parte non può in questa sede introdurre censure di merito, chiedendo una diversa valutazione del materiale probatorio già esaminato e ritenuto insufficiente dalla Corte di merito.
5. -Con il terzo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c.. La ricorrente critica la decisione impugnata nella parte in cui si è ritenuta tardiva l’eccezione di pagamento in ordine a lavori eseguiti per euro 249.356,49 e deduce che, avvenuto il pagamento della predetta somma, il credito è stato totalmente soddisfatto. La parte rileva che detta eccezione non è tardiva, in quanto la circostanza risultava documentata dal certificato di regolare esecuzione lavori emesso dalla stazione appaltante, che la stessa controparte aveva prodotto in giudizio nella fase monitoria e rispetto alla quale essa non aveva necessità di assolvere oneri probatori, trattandosi di un documento ufficiale acquisito agli atti. Deduce, inoltre, di avere tempestivamente eccepito l’inesistenza del credito azionato, allegando -a sostegno dell’opposizione -il medesimo certificato di esecuzione lavori; pertanto la dedotta inesistenza del credito era stata eccepita fin dall’origine, sulla base delle risultanze del certificato di esecuzione dei lavori. Rileva che, in ogni caso, l’eccezione diretta a contestare l’esistenza del presupposto oggettivo della domanda si configura non quale eccezione in senso proprio, ma come semplice difesa, non soggetta a preclusioni.
6. -Il motivo è fondato.
La Corte d’appello ha ritenuto che fosse stata tardivamente sollevata dall’odierna ricorrente la questione relativa alla dedotta estinzione totale del debito, in forza del pagamento della somma di euro 249.356,49, considerandola un ampliamento del thema
decidendum proposto con la comparsa conclusionale di primo grado.
Deve, però, rilevarsi che l’eccezione di pagamento è rilevabile anche d’ufficio poiché l’estinzione del debito, ove sia provata, va accertata dal giudice anche in assenza di richiesta da parte del debitore, sicché la questione può essere sollevata per la prima volta anche in appello (Cass. n. 9965 del 16/05/2016; Cass. n. 17196 del 02/07/2018; Cass. 08/02/2021, n. 2976).
La Corte di merito non si è attenuta al suesposto principio, poiché non rileva, nel senso precisato, che la questione fosse stata sollevata solo nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, in quanto ciò non esime il giudice d’appello dal doverla esaminare, trattandosi, peraltro, di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, mirante a contestare integralmente il credito.
7. -Con il quarto motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c.. La parte deduce che il giudicante ha erroneamente fatto riferimento alla deposizione del testimone COGNOME, senza valutare che proprio questo testimone aveva riconosciuto, e certificato con la sua sottoscrizione del certificato esecuzioni lavori, solo i lavori totalmente pagati per complessivi 249.356,49; la deposizione sarebbe, quindi, in contrasto con le risultanze di detto certificato.
Il motivo in esame è assorbito dall’accoglimento del terzo, dovendosi demandare alla Corte di merito una nuova complessiva valutazione della questione sopra indicata, nei limiti di cui si è detto.
8. -Con il quinto motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt.221 e 222 c. p.c. nonché degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione alla mancata ammissione della querela di falso. La parte si duole che nel giudizio di merito non sia stata ammessa la querela
di falso in relazione ai DDT relativi alle forniture di cui alla fattura 120 del 2010, recanti la sottoscrizione da parte di incaricata di altra società, benché costituissero elemento fondante la pretesa creditoria, poiché se detti DDT fossero falsi, la fattura n. 120/2010 sarebbe inopponibile alla ricorrente. Deduce che la Corte d’appello non avrebbe motivato adeguatamente la sua decisione sulla inammissibilità e rilevanza della querela di falso, così precludendo all’odierna ricorrente la possibilità di difendersi in modo idoneo. Osserva che la querela di falso è ammissibile anche in relazione alle scritture private e non necessariamente per l’atto pubblico; osserva, inoltre, che la querela che si intendeva proporre è rilevante e deduce di avere enunciato le ragioni addotte a sostegno della falsità, che erano state esaustivamente indicate nella querela di falso e unite al verbale di udienza nel giudizio di primo grado, ragioni espressamente richiamate nel terzo motivo di appello.
9. Il motivo è inammissibile.
La motivazione sul punto della Corte d’appello è fondata su una duplice ragione decisoria, e non soltanto sull’assunto che la querela di falso non potrebbe proporsi avverso le scritture private. La seconda ragione decisoria enunciata dalla Corte d’appello di per sé sola è idonea a sostenere la pronuncia di rigetto: il giudice d’appello osserva che la parte querelante ha omesso l’enunciazione delle ragioni addotte a sostegno della falsità. Detta ratio decidendi non è stata adeguatamente censurata, se non con la apodittica affermazione che invece dette ragioni sarebbero state esposte, senza, tuttavia, esplicitare compiutamente quali fossero.
10. -Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.. La ricorrente censura la statuizione in punto di spese di lite, evidenziando che, nonostante vi fosse stato l’accoglimento parziale dell’opposizione, il primo giudice aveva posto a carico di essa società per intero le
spese legali, omettendo di considerare che l’opposizione a decreto ingiuntivo le aveva consentito di ottenere, quantomeno, la riduzione del credito monitoriamente azionato.
Il motivo in disamina è assorbito dall’accoglimento del terzo, al quale consegue la cassazione sul punto della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, per un nuovo esame, nei limiti del motivo accolto; alla Corte di merito è demandata anche la regolamentazione delle spese di lite del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i motivi quarto ed il sesto; dichiara inammissibili i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata, nei limiti del motivo accolto, e rinvia la causa per un nuovo esame alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, alla quale è demandata anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10/04/2024.