Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33860 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33860 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28322/2020 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO FRANCIA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 3384/2020 depositata il 10/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Frosinone, con decreto ingiuntivo n. 301/09, ha ingiunto alla RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE), a NOME COGNOME, a NOME COGNOME, a NOME COGNOME, a NOME COGNOME e a NOME COGNOME il pagamento in solido a favore della Banca BNL s.p.a. della somma di € 10.091.013,53 oltre accessori.
L’importo ingiunto traeva origine dai due contratti di mutuo stipulati da RAGIONE_SOCIALE con BNL, rispettivamente, in data 31.5.1990 per l’importo di lire 8.400.000.000 e in data 25.11.1992 per l’importo di lire 1.625.000.00.
Avverso tale decreto hanno proposto opposizione, con due distinti procedimenti, NOME e NOME COGNOME (procedimento 23/10, poi divenuto 8023/2010 a seguito della soppressione della sezione distaccata di Anagni) e RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME (procedimento n. 29/2010).
Il Tribunale di Frosinone, con sentenza del 31.7.2014, in parziale accoglimento dell’opposizione, nel revocare il decreto ingiuntivo opposto, ha accertato e dichiarato che il credito della BNL nei
confronti degli opponenti ammontava ad € 8.353.430,92 ed ha condannato questi ultimi al pagamento in solido della predetta somma.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 3384/2020, depositata il 10.7.2020, ha accolto l’appello, limitando la condanna solidale a RAGIONE_SOCIALE, NOME e NOME COGNOME e condannando, viceversa, NOME e NOME COGNOME al pagamento del debito accertato in primo grado in proporzione alle rispettive quote ereditarie.
Il giudice d’appello ha evidenziato la genericità delle censure degli appellanti in ordine alla usurarietà dei tassi di interesse dei mutui, non essendo stata indicata la percentuale dell’eventuale tasso illegittimo applicato e quella invece legittima che avrebbe dovuto diversamente applicarsi. Il giudice di secondo grado ha, altresì, evidenziato che il CTU, sulla base dei documenti prodotti dalla banca, era stato in grado di determinare esattamente il credito dell’istituto per capitale residuo, interessi corrispettivi e interessi di mora ed aveva accertato l’inesistenza dell’applicazione di interessi usurari ed anatocistici.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo a cinque motivi.
La Banca Nazione del Lavoro s.p.a. ha resistito in giudizio con controricorso.
Il ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 346 c.p.c. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Espone il ricorrente che la Corte d’Appello, nel respingere il suo gravame, era partita dall’erroneo presupposto che gli appellanti nel giudizio di primo grado e fino alla comparsa conclusionale si erano limitati a contestare esclusivamente la correttezza del calcolo eseguito dalla banca, senza mai sollevare questioni di usurarietà ed
anatocismo e tale rilievo risultava proposto nella comparsa conclusionale di primo grado contestata in sede di replica dalla difesa della BNL che ne aveva eccepito la tardività.
La Corte d’Appello non aveva considerato che il giudice di primo grado aveva individuato il thema decidendum nell’applicazione da parte della banca di tassi usurari ed al di sopra della soglia consentita, senza che fosse stata recepita l’eccezione di inammissibilità sollevata sul punto da BNL.
Ad avviso del ricorrente, il passaggio motivazionale del giudice d’appello, sopra riportato, era illegittimo, in quanto reso in violazione dell’art. 346 c.p.c. Infatti, tenuto conto che la predetta eccezione di inammissibilità era stata rigettata dal giudice di primo grado, affinché la stessa fosse valutata, la banca avrebbe dovuto riproporla nella comparsa di costituzione in appello, mentre ciò non era avvenuto, con la conseguenza che l’eccezione in oggetto doveva ritenersi rinunciata.
In conclusione, ad avviso del ricorrente, la sentenza impugnata doveva essere cassata per violazione dell’art. 346 c.p.c. nella parte in cui non aveva rilevato che l’eccezione della banca di inammissibilità per tardività delle domande attrici di usurarietà dei tassi di interesse ed anatocismo doveva ritenersi rinunciata.
2. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, la censura di ‘omessa, insufficiente, e contradditoria motivazione’ è inammissibile in quanto abrogata a seguito della nuova formulazione dell’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c..
Il motivo è, altresì, inammissibile per non aver colto, sul punto dallo stesso illustrato, la ratio decidendi e, comunque, per difetto di interesse.
Se è pur vero che la Corte d’Appello, nel rispondere al primo motivo d’appello, nella sua premessa, ha dato atto dell’eccezione di inammissibilità sollevata dalla banca in primo grado in ordine alla
tardività dell’allegazione del superamento, da parte del contratto di mutuo, del tasso soglia antiusura, facendo capire, tra le righe, che tale eccezione poteva essere fondata, tuttavia, non è questa la ratio decidendi del primo motivo d’appello.
Infatti, la Corte territoriale ha dato atto delle censure svolte dagli appellanti nel primo motivo d’appello -concernenti l’asserita erronea valutazione delle risultanze della CTU da parte del giudice di primo grado, che la aveva portato a concludere per il non superamento del tasso soglia – e, sul punto, ha puntualmente risposto, affermando che l’asserita usurarietà era mera affermazione apodittica, in quanto smentita dalle risultanze della CTU, diffondendosi sulla questione per quasi due pagine.
Non vi è dubbio quindi che la premessa inziale non fosse altro che una mera motivazione ad abundantiam priva di effetti giuridici e ininfluente ai fini della decisione, di modo che la parte soccombente non aveva né l’onere né l’interesse ad impugnarla.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 2697 c.c. e 119 T.U.B. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e omesso esame di fatto decisivo, ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c.
Espone il ricorrente che il giudice d’appello non aveva correttamente inteso il contenuto della CTU, atteso che l’ausiliare non aveva mai negato l’applicazione, da parte della banca, di interessi usurari, limitandosi a riscontrare l’assoluta impossibilità di effettuare la valutazione di detti tassi in virtù dell’assoluta mancanza di documentazione offerta dalla banca.
La banca, quindi, attraverso la propria condotta reiteratamente omissiva, aveva impedito che la CTU fosse esaustiva riguardo all’aspetto dell’entità dei tassi applicati ed al calcolo esatto degli importi dovuti in relazione ai contratti di finanziamento. Pertanto, la mancata consegna al CTU dei documenti dallo stesso reiteratamente richiesti, come da quesito del giudice di primo
grado, doveva essere assimilata all’inosservanza dell’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. e lo stesso giudice avrebbe dovuto desumere argomenti di prova ex art. 116 c.p.c..
Il ricorrente ricusa l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui non avrebbe mai svolto contestazioni sul metodo e sui calcoli effettuati dal CTU e, quanto alla ulteriore affermazione del giudice d’appello in ordine alla mancata specificazione da parte degli appellanti del tasso soglia che avrebbe dovuto applicarsi ai due contratti di finanziamento, rileva che tale censura è del tutto illegittima stante il carattere normativo delle disposizioni sui tassi soglia che, di volta in volta, vengono stabiliti a mezzo di decreti ministeriali.
4. Il motivo è inammissibile.
Oltre alla inammissibilità della dedotta ‘omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione’ per quanto già sopra illustrato al punto 2, non vi è dubbio che il ricorrente, con l’apparente doglianza di violazioni di legge, intenda, in realtà, sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti ed una differente valutazione del materiale probatorio operate dalla Corte d’Appello.
In particolare, il ricorrente, nel dedurre la violazione dell’art. 116 c.p.c., non pone una questione di interpretazione della predetta norma del codice di procedura civile, ma vuole soltanto contrastare, inammissibilmente, la valutazione di fatto compiuta dalla Corte d’Appello, che non ha inteso riconoscere argomenti di prova contro la banca, nonostante la stessa non avesse reso le informazioni richieste dal CTU.
Sul punto, il giudice d’appello ha, in particolare, evidenziato che il CTU, sulla base dei documenti prodotti dalla banca, era stato comunque in grado di determinare esattamente il credito dell’istituto per capitale residuo, interessi corrispettivi e interessi di mora, ed aveva accertato l’inesistenza dell’applicazione di interessi usurari ed anatocistici. In sostanza, il giudice d’appello ha ritenuto
ininfluente la condotta processuale della banca sul rilievo che i documenti prodotti in giudizio dalla banca avevano, comunque, consentito al CTU di rispondere ai quesiti sul superamento del tasso soglia; e tale valutazione non può essere sindacata in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione, nei termini di una motivazione non rispondente al requisito del ‘minimo costituzionale’, secondo quanto disposto dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053/2014 (profilo neppure dedotto dal ricorrente).
Infine, in ordine all’affermazione della Corte d’Appello sulla genericità delle censure degli appellanti in ordine alla usurarietà dei tassi di interesse dei mutui – per non essere stata indicata la percentuale dell’eventuale tasso illegittimo applicato e quella invece legittima che avrebbe dovuto diversamente applicarsi – è evidente che la Corte d’Appello ha rimproverato gli appellanti di essere rimasti sul vago, non avendo specificato, nei vari periodi di riferimento, quale tasso sarebbe stato effettivamente applicato dalla banca al cospetto di quello risultante dai decreti ministeriali, limitandosi alla generica censura del presunto superamento del tasso soglia.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4 L. 108/1996 e 1815 c.c.
Espone il ricorrente che la Corte d’Appello, nell’evidenziare che i contratti di finanziamento di cui è causa erano stati stipulati nel 1990 e 1992, prima, dunque, dell’entrata in vigore della L. 108/1996, ha escluso erroneamente che, nel caso di specie, l’istituto della usura sopravvenuta. Rileva che i tassi possono diventare usurari anche nel corso del rapporto di finanziamento, con la conseguenza che, in una tale eventualità si genera un fenomeno di sostituzione automatica dei tassi ex art. 1339 c.c., applicandosi il tasso soglia corrispondente in luogo del maggior tasso contrattualmente pattuito.
Il motivo è inammissibile per non aver colto la
ratio decidendi.
Va osservato infatti che sul punto la Corte d’Appello si è attenuta alle risultanze della CTU che aveva accertato, nel corso del rapporto di cui è causa, l’inesistenza dell’applicazione di interessi usurari. Dunque, gli interessi del mutuo si sono sempre mantenuti, nel corso del rapporto di mutuo, nei limiti del tasso soglia.
7. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. sul rilievo che la Corte d’appello aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda formulata da NOME COGNOME. Infatti, nonostante nella parte motiva il giudice di secondo grado avesse fatto riferimento alle domande di NOME, NOME e NOME COGNOME, nel dispositivo aveva pronunciato solo sulle posizioni di NOME e NOME COGNOME. Tale errore veniva ad incidere in maniera diretta e rilevante sulla sua posizione processuale atteso che, in mancanza di qualsivoglia statuizione a carico di NOME COGNOME (sia quale obbligata solidale con il ricorrente, come deciso in primo grado, sia pro quota) il ricorrente era esposto, unitamente agli altri due obbligati solidali, ad una condanna per un importo evidentemente maggiore rispetto a quello che sarebbe stato corretto, anche perché con il sopravvenuto fallimento della RAGIONE_SOCIALE era venuta a mancare la solidarietà passiva di un coobligato.
Il motivo è infondato.
Va osservato che la Corte d’Appello non è incorsa nel vizio di omessa pronuncia riguardo alla posizione di NOME COGNOME atteso che, nella parte motiva – come evidenziato dallo stesso ricorrente si è occupato specificamente di tale appellante, affermando espressamente che era tenuta al pagamento del debito in proporzione della rispettiva quota. Solo nel dispositivo, per un evidente errore materiale, il giudice d’appello ho omesso di riportare tra i nominativi di coloro che dovevano rispondere pro quota quello di NOME COGNOME. Ne consegue l’insussistenza della
violazione ex art. 112 c.p.c. e a tale omissione si può ovviare con la procedura ex art. 287 c.p.c..
Con il quanto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 91 c.p.c.
Il ricorrente si duole della propria condanna da parte del giudice d’appello al pagamento delle spese processuali, affermando che, una volta accolti i motivi del ricorso, la BNL dovrà essere condannata al pagamento delle spese di lite sia del giudizio d’appello che di quello di legittimità.
10. Il motivo è inammissibile, non avendo neppure la dignità di un motivo autonomo, essendo chiesta la condanna della banca come mero riflesso dell’accoglimento degli altri motivi.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida nella somma di € 30.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1-quater, del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I Sezione civile