Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9616 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9616 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 34241-2019 proposto da:
NOME , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2141/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/05/2019 R.G.N. 340/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 07/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Oggetto
Lavoro privato
R.G.N. 34241/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 07/02/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di prime cure nella parte in cui aveva annullato il decreto con cui era stato ingiunto alla RAGIONE_SOCIALE di pagare a NOME COGNOME la somma di euro 16.200,00 quale corrispettivo di un rapporto di lavoro a progetto; la Corte ha anche confermato la condanna del COGNOME a restituire a parte opponente la somma di € 12.000,00, oltre interessi legali, a titolo di rimborso per le spese di alloggio;
la Corte, in sintesi, ha disatteso il primo motivo di appello argomentando che il Tribunale aveva ‘deciso la causa in base all’accoglimento dell’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c. e non accertando la cessazione del rapporto di lavoro in data antecedente al dicembre 2011’; ha respinto anche il secondo motivo di gravame ritenendo che ‘il COGNOME non ha mai provato di aver correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni ed ha invece imputato l’inadempimento a cause che non ha affatto prov ato delle quali non vi è traccia né nei documenti né nelle prove testimoniali’;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con tre motivi; ha resistito con controricorso l’intimata RAGIONE_SOCIALE, che ha anche comunicato memoria ; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati;
1.1. col primo si denuncia la violazione dell’art. 1460 c.c., sostenendo che ‘l’eccezione di inadempimento richiamata nel citato articolo non può essere in alcun modo applicata al contratto in essere tra le parti in quanto il settore umanitario è regolato da una normativa, ovvero la legge n. 49/1987, per la quale l’art. 1460 c.c. non è applicabile’; 1.2. col secondo motivo si denuncia ancora la violazione dell’art. 1460 c.c., in relazione all’art. 61 del d. lgs. n. 276 del 2003, assumendo che l’eccezione di inadempimento sarebbe inapplicabile ai rapporti di lavoro a progetto; 1.3. con il terzo mezzo si lamenta un ‘omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 n. 5 c.p.c.’ rappresentato dalla mancata valutazione del CUD’ emesso dalla RAGIONE_SOCIALE; si lamenta anche che i giudici del merito avrebbero indebitamente condannato il COGNOME al rimborso dei costi di locazione dell’abitazione, asserendo che ‘la suddetta abitazione era utilizzata da tutti i partecipanti al progetto’;
i primi due motivi di ricorso, che possono essere valutati congiuntamente perché connessi, non meritano accoglimento;
infatti, le censure neanche individuano la ragione giuridica per la quale le discipline rappresentate dalla legge n. 49 del 1987 ovvero dalla legge n. 276 del 2003 non consentirebbero l’applicazione della norma generale costituita dall’art. 1460 c.c., operante quale istituto di diritto comune per i contratti a prestazioni corrispettive, come incontestabilmente è il rapporto negoziale in controversia;
3. il terzo motivo è inammissibile perché evoca il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifich e introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a
base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019);
pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con condanna alle spese secondo il regime della soccombenza;
non può trovare accoglimento, invece, la richiesta di condanna per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., formulata dalla controricorrente; come noto detta disposizione prevede una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata previste dai commi 1 e 2 dello stesso articolo, volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente (Cass. n. 20018 del 2020 e Cass. n. 3830 del 2021); reputa il Collegio che tale abuso non sia ravvisabile nella specie;
ai sensi, infine, dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 3.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese forfettario al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 febbraio