Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3394 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3394 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2024
sul ricorso 3379/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME rappresentat a e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
-ricorrente –
contro
REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA NOME domiciliata ex lege in Roma presso la cancelleria della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 850/2017 depositata il 14/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE si duole, con un ricorso affidato a sette motivi, del rigetto, pronunciato dalla sentenza riportata in epigrafe, dell’appello da essa proposto avverso la decisione del Tribunale di Pordenone che, accogliendo l’opposizione della Provincia di Pordenone -cui in corso di causa sarebbe succeduta la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia -al decreto ingiuntivo fattole notificare al fine del pagamento del saldo dovuto in relazione all’affidamento dell’incarico per la costituzione della banca dati del catasto stradale provinciale e per lo studio dei livelli di immissione acustica procurati dalla rete stradale, aveva ritenuto legittima l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. opposta dall’ingiunta sul presupposto che la affidataria non aveva fornito il software operativo nei tre formati previsti dall’art. 24 del Capitolato Speciale di Oneri ed aveva lasciato inadempiuta l’obbligazione relativa allo studio sui livelli delle immissioni acustiche.
La Corte d’Appello ha respinto il proposto atto di gravame affermando, primamente, che non si poteva far luogo alla sospensione necessaria del giudizio per la pretesa pregiudizialità di altra causa corrente tra le medesime parti avanti al Tribunale di Trieste, difettando il prescritto requisito dell’antecedenza logicogiuridica e non spiegando d’altro canto l’appellante perché sarebbe stato necessario aspettare l’accertamento con efficacia di giudicato della domanda di riduzione del prezzo, oggetto del giudizio asseritamente pregiudicante, per decidere della legittimità dell’eccezione di inadempimento; indi, pronunciando nel merito, nel mentre ha reputato provati i fatti impeditivi opposti dall’ingiunta -anche per la dichiarazione confermativa resa, riguardo alla mancata
fornitura del software, dal rappresentante dell’impresa al momento del collaudo, nonché per l’inconferenza dell’argomento fatto valere riguardo alla mancata consegna dello studio sull’inquinamento acustico -ha ritenuto, viceversa, che gli elementi indiziari offerti in cognizione dall’affidataria a comprova dell’avvenuto adempimento delle obbligazioni assunte (verbali di consegna, pagamento delle fatture, verifiche del tecnico della appaltante, ecc.), in uno con la richiesta di prova testimoniale, non fossero idonei a smentire le contrarie risultanze, emerse con riguardo all’omessa fornitura del software, siccome non vi era prova, quanto allo studio, che l’obbligazione in tale veste assunta fosse stata regolarmente adempiuta e che il relativo elaborato fosse stato regolarmente consegnato.
Al mezzo così proposto, il cui contenuto è illustrato pure con memoria, resiste con controricorso l’intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la nullità dell’impugnata sentenza per un vizio di omessa pronuncia, non essendosi essa pronunciata sul quinto motivo di appello con cui, a fronte del rigetto pronunciato dal primo giudice della relativa istanza, si era denunciata la violazione dell’art. 295 cod. proc. civ., nonché la violazione della medesima norma atteso il rapporto di pregiudizialità tra la causa odierna e quella avanti al Tribunale di Trieste, è infondato e non merita pertanto alcun seguito.
2.2. La prima allegazione è per vero smentita dalla mera lettura della sentenza impugnata che al punto 4.1. della propria motivazione si occupa del quinto motivo di appello e lo rigetta pronunciandosi, dunque, su di esso, contrariamente a quanto dedotto.
2.3. Del pari infondata si rivela pure la seconda allegazione. Incontrastato, infatti, il principio di diritto a cui si è richiamato il
decidente, in guisa del quale la sospensione del processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c. presuppone che tra due cause, pendenti dinanzi allo stesso giudice o a due giudici diversi, esista un nesso di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico e non già in senso meramente logico, atteso che la ratio dell’istituto è quella di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati (Cass., Sez. I, 15/05/2019, n. 12999), rettamente si è escluso che nella specie ricorressero le condizioni per far luogo alla chiesta sospensiva sulla considerazione, avvalorata in linea di fatto dalla stessa ricorrente -che alla pagina 6 del ricorso afferma espressamente «il Tribunale di Trieste è stato investito di un’azione ex art. 1668 c.c.» -che nessuna ragione di pregiudizialità nel senso dianzi precisato si rendesse concretamente ravvisabile tra l’azione di adempimento e la riflessa eccezione di inadempimento fatte valere avanti al Tribunale di Pordenone e l’azione per i vizi incardinata avanti al Tribunale di Trieste ed intesa appunto a chiedere che il prezzo fosse proporzionalmente ridotto; il che porta a dire che, semmai si fosse resa rilevabile un’occasionale coincidenza o analogia di temi decisionali piuttosto che di causa petendi , la causa pregiudicante sarebbe stata la prima e non la seconda, la garanzia per vizi presupponendo che la prestazione sia stata adempiuta e non il contrario.
3. Il secondo motivo di ricorso, con il quale si allega la violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., nonché la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., del diritto alla prova e del contraddittorio con conseguente nullità della decisione impugnata, avendo essa preso in considerazione solo una parte degli elementi di prova presuntiva offerti in cognizione dall’appellante e non avendo effettuato una valutazione complessiva e di sintesi di essi, così incorrendo pure nell’omessa considerazione di un fatto
decisivo, è inammissibile afferendo ad una valutazione di merito non sindacabile in questa sede.
Fermo, per vero, che spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova (Cass., Sez. IV, 13/06/2014, n. 13485), e che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U, 7/05/2014, n. 8053), va qui ribadito -a fronte di un compendio motivazionale che ha mostrato di aver compiutamente esaminato i molteplici indici di prova rassegnati dall’appellante, ricavandone un conclusivo responso, in rapporto al già accertato suo inadempimento,che «gli elementi indiziari valorizzati dall’appellante non sono idonei a smentire le suddette risultanze oggettive» (cfr. punto 4.2. della motivazione) -il principio che il giudizio di cassazione non è funzionale a riesaminare nel merito le determinazioni adottate dal provvedimento impugnato. Il compito che l’ordinamento processuale affida alla Corte di Cassazione è, invero, preordinato ad assicurare unicamente la legittimità della decisione adottata, valutandone la correttezza sotto il profilo della coerenza e della concludenza del procedimento logico che ha condotto alla sua assunzione e la conformità in punto di diritto del ragionamento decisorio sviluppato dal giudice di merito. In questo
quadro l’apprezzamento delle risultanze istruttorie è compito che pertiene esclusivamente al giudice di merito, il cui responso è appunto censurabile in questa sede, secondo il modello del rimedio impugnatorio a critica vincolata, solo se esso sia infirmato da un vizio logico inficiante il procedimento deliberativo, ovvero da un errore di diritto comportante una violazione o falsa applicazione di legge, in difetto del che la presente allegazione non può che reputarsi inammissibile. Tanto più se, come qui, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio si miri, appunto , ad una rivalutazione dei fatti storici o delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito.
4. Il terzo motivo di ricorso, con il quale si allega un vizio di motivazione apparente in capo alla sentenza impugnata, avendo essa ravvisato la legittimità dell’opposta eccezione di inadempimento sotto il profilo della sua proporzionalità, riprendendo sul punto una pretesa affermazione della sentenza di primo grado in realtà insussistente ed, in via subordinata la violazione del principio dispositivo avendo essa posto a fondamento della decisione fatti mai allegati dalla parte, è infondato e non merita pertanto seguito alcuno.
E’ vero, perché lo riconosce lo stesso controricorrente (cfr. il punto 11.2 del controricorso), che la Corte d’Appello, nell’atto di apprezzare il profilo di che trattasi, abbia utilizzato un argomentazione erroneamente ascritta al giudice di primo grado, ma ciò non elide la tassonomia della decisione impugnata. Ed invero, fermo in principio che il vizio di che trattasi si rende riconoscibile allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal
modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass., Sez. VI-V, 7/04/2017, n. 9105), si ché la decisione non attinge la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (Cass., Sez. I, 30/06/2020, n. 13248), l’impianto motivazionale a supporto della decisione qui impugnata non solo è solidamente ancorato ai dati della cognizione, ma li elabora in modo logico e coerente, dando vita ad un discorso decisionale in cui gli elementi di diritto che coonestano l’eccezione di inadempimento (corrispettività, proporzionalità, buona fede) godono dell’inoppugnabile riscontro dei fatti e si sottraggono, perciò, ad ogni contraria smentita (cfr. il punto 4.2. della motivazione).
5. Il quarto motivo di ricorso, con il quale si allega la violazione dell’art. 1460 cod. civ., avendo la sentenza impugnata ravvisato comunque la legittimità dell’opposta eccezione di inadempimento senza, tuttavia, procedere alla valutazione in punto di corrispettività, proporzionalità e gravità delle reciproche condotte delle parti, è inammissibile, afferendo ad una valutazione di merito non sindacabile in questa sede.
Fermo, in principio, che per le ragioni già enunciate nella disamina del terzo motivo di ricorso, l’apprezzamento del profilo in questione è conforme al diritto vivente, in quanto il decidente ha dato puntualmente conto delle ragioni che a suo giudizio legittimano, alla luce del «patrimonio probatorio in atti», l’eccezione di inadempimento opposta dalla resistente, non può qui non rinnovarsi l’avviso più volte espresso da questa Corte, giusta il quale l’accertamento che ha luogo a questo titolo e, più in generale, a fronte di inadempimenti reciproci, fondandosi sulla valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Cass., Sez. II, 30/05/2017, n. 13627).
6. Il quinto motivo di ricorso, con il quale si allega l’omesso esame di un fatto decisivo, nonché la violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., avendo la sentenza impugnata omesso di valutare l’attestazione resa dal primo collaudatore della Provincia circa l’esistenza presso la sede di questa dei dati asseritamente mai installati, ed il sesto motivo di ricorso, con il quale si allega l’omesso esame di un fatto decisivo, nonché la violazione del principio in dispositivo, avendo la sentenza impugnata posto a proprio fondamento fatti mai allegati dalla parte, allorché aveva omesso di valutare la presenza presso la Provincia dello studio di valutazione acustica secondo quanto accertato dal suo collaboratore e dal perito nominato nella causa avanti al Tribunale di Trieste, esaminabili congiuntamente in quanto evocanti il medesimo tema decisionale, sono entrambi inammissibili, afferendo entrambi ad una valutazione di merito non sindacabile in questa sede.
Si è, per vero, nell’uno e nell’altro caso, -non dimenticando, come si è detto innanzi, che per la giurisprudenza di questa Corte i fatti decisivi sono cosa diversa dagli elementi istruttori -in presenza di un giudizio reso dal decidente di merito nell’esercizio delle prerogative che competono solo al medesimo di valutare i profili in fatto della vicenda secondo il metro del proprio prudente apprezzamento ed il cui conclusivo responso, ove, nel solco della discrezionalità, che, come si è sopra già ricordato, lo autorizza a selezionare le fonti del proprio convincimento, sia immune da vizi logici di ragionamento, si sottrae al sindacato di questa Corte che, si è visto, non è giudice del fatto sostanziale e non è soprattutto l’organo avanti al quale dolersi della pretesa ingiustizia della decisione impugnata.
7.1. Il settimo motivo di ricorso, con il quale si allega la violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 183 e 164 cod.
proc. civ., in uno con la violazione del diritto di difesa, del principio del contraddittorio e dell’art. 115 cod. proc. civ., nonché il vizio di omessa motivazione o di motivazione apparente su un fatto decisivo, avendo la decisione impugnata rigettato senza motivare in alcun modo e sulla base di fatti non dedotti dalle parti (inesistenza dei dati in luogo della loro consegna), le istanze di prova orale, nonostante la loro decisività, essendo destinate a provare l’avvenuta consegna dei dati nei formati concordati, è in parte infondato e in parte inammissibile.
7.2. La Corte d’Appello ha sul punto esplicitato il proprio pensiero osservando, testualmente che «5.0) Le prove testimoniali richieste con il secondo motivo, sarebbero idonee, in tesi appellante, a fornire la prova della sussistenza dei dati in tutti i formati richiesti. La lettura dei primi tre capitoli della memoria istruttoria (unici menzionati nell’atto di appello) non consente di superare il giudizio di superfluità esaurientemente motivato dal tribunale. 5.1 L’espletamento di una prova testimoniale su capitoli del tutto generici sull’avveramento di un dato (consegna completa dei formati) senza superare il dubbio sull’esistenza stessa dei formati mai prodotti in copia in questo giudizio non sarebbe in linea con il principio della celerità del giudizio a fronte degli insuperabili elementi contrari al tempestivo adempimento sopra illustrato.
7.3. E’ dunque intanto inizialmente infondata l’allegazione secondo cui il rigetto delle istanze istruttorie sarebbe immotivato. Con la soprariportata motivazione la Corte d’Appello dà, infatti, compiutamente conto delle ragioni che a suo avviso rendevano le prove richieste inammissibili, si ché, in disparte da giudizio che si possa nutrire se una tale motivazione soddisfi o meno le aspettative dell’istante, il vizio denunciato non è rilevabile, a fronte del fatto che, in modo logico e chiarendo inequivocamente le fonti del proprio
convincimento, il decidente abbia ritenuto che le prove in questione non fossero espletabili.
7.4. Il motivo si rivela, invece, inammissibile nell’allegazione secondo cui risulterebbe in tal modo preterito un fatto decisivo, sulla scorta per di più di un fatto mai dedotto dalle parti, lamentandosi, segnatamente, sotto questa angolazione che l’inesistenza dei dati valorizzata dal decidente integra un fatto nuovo mai introdotto dalle parti nel giudizio.
Ora, fermo che il fatto in questione è frutto di una pure deduzione logica, che il giudice nel merito, leggendo le carte e delibando il profilo probatorio della vicenda, come a lui solo compete, si è indotto a esternare prendendo atto di ciò che constava dallo svolgimento del processo, l’insistenza che la ricorrente mostra nel credere decisive le proprie asserzioni probatorie non si allinea infatti al contenuto del decisum . Avendo, infatti, la Corte d’Appello, come visto, ricusato l’ingresso delle prove sulla scorta del fatto che non era stata data neppure la prova che i dati non forniti fossero esistenti, essa ha esplicitato una ratio decidendi che, in una logica sequenza razionale del divenire, si colloca visibilmente a monte della consegna dei dati, elevando a fondamento della propria decisione sul punto un fatto intrinseco alla fattispecie, che il motivo tuttavia non censura, conseguendone l’ inammissibilità.
8. Il ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in
euro 2600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 26.10.2023.
Il AVV_NOTAIO COGNOME