Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3211 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3211  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
R.G.N. 32132/19
C.C. 18/1/2024
Appalto -Subappalto -Pagamento del compenso -Consegna della polizza postuma sul ricorso (iscritto al N.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ,  rappresentata  e  difesa,  giusta procura  in  calce  al  ricorso,  dall’AVV_NOTAIO,  elettivamente domiciliata  in  Roma,  INDIRIZZO,  presso  lo  studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ;
-intimata – avverso la  sentenza  della  Corte  d’appello  di  Venezia  n. 2649/2018, pubblicata il 25 settembre 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera  di consiglio  del  18  gennaio  2024  dal  Consigliere  relatore  NOME COGNOME;
letta la  memoria  illustrativa  depositata  nell’interesse  della ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 4138/2008, il Tribunale di Verona ingiungeva il pagamento, a carico della RAGIONE_SOCIALE e in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 26.011,97, a titolo di saldo di quanto dovuto in forza della fattura n. 13/2008 per l’ultimazione dei lavori di costruzione della copertura metallica del polo natatorio del centro sportivo San Pietro del Comune di Castiglione delle Stiviere, opera assunta globalmente in appalto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE G enerali e da quest’ultima subappaltata a RAGIONE_SOCIALE limitatamente alla sola copertura metallica.
Proponeva opposizione la RAGIONE_SOCIALE, eccependo l’incompetenza territoriale del Tribunale adito e proponendo domanda di risarcimento danni, nei confronti dell’ingiungente, per l’inadempimento di quest’ultima all’obbligo contrattuale assunto di consegnare all’opponente una polizza assicurativa postuma sull’opera realizzata, nella misura di euro 95.057,14. Per l’effetto, conveniva, davanti al Tribunale di Verona, la RAGIONE_SOCIALE e chiedeva che il decreto ingiuntivo opposto fosse revocato e che fosse disposta la condanna al risarcimento dei danni invocati.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava integralmente le ragioni addotte a fondamento dell’opposizione e, in  particolare,  rilevava  che  il  contratto  di  subappalto  concluso dalle  parti  non  prevedeva alcun obbligo, a carico di RAGIONE_SOCIALE, di
stipulare  una  specifica  polizza  assicurativa  postuma,  avente  ad esclusivo oggetto la copertura del polo natatorio e quale beneficiario  la  RAGIONE_SOCIALE.  Chiedeva,  quindi,  il rigetto  dell’opposizione  e,  in  via  riconvenzionale,  il  pagamento dell’ulteriore somma di euro 6.178,72, trattenuta da RAGIONE_SOCIALE a titolo di cauzione sul corrispettivo contrattuale, cauzione non più dovuta a seguito del completamento dell’opera e della sua esecuzione a regola d’arte.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1989/2010 del 12 marzo 2010, respingeva l’eccezione di incompetenza territoriale e, nel  merito,  revocava il  decreto  ingiuntivo  opposto  e  condannava RAGIONE_SOCIALE a consegnare all’opponente la polizza assicurativa fideiussoria  decennale  postuma,  disattendendo  tutte  le  ulteriori domande proposte.
2. -Con atto di citazione notificato il 13 ottobre 2011, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado la RAGIONE_SOCIALE, la quale lamentava: l’erronea interpretazione del contratto concluso tra le parti, in ordine alla previsione dell’obbligo di stipulare una polizza assicurativa postuma in favore dell’appaltatore sub -appaltante; -l’erronea valutazione delle domande delle parti, in ragione dell’accoglimento di un’eccezione di inadempimento in realtà mai proposta dall’opponente; -l’erronea valut azione delle prove documentali, da cui emergeva che la RAGIONE_SOCIALE fosse dotata di una propria polizza assicurativa decennale, posta a copertura delle sue responsabilità verso i committenti; -il mancato riconoscimento dell’avvenuta transazione della controversia in forza della scrittura privata del 17 aprile 2008; l’errore sulla regolamentazione delle spese di lite
di primo grado, poste a integrale carico della RAGIONE_SOCIALE, nonostante la reciproca soccombenza.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava le ragioni addotte a fondamento del gravame e ne chiedeva il rigetto. In via incidentale,  chiedeva  la  condanna  di  RAGIONE_SOCIALE  alla  restituzione della somma di euro 28.500,00 versata in esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e revocato nonché l’accertamento dell’obbligo di manlevare la RAGIONE_SOCIALE da qualsivoglia vizio dell’opera.
Decidendo  sul  gravame  interposto,  la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di  ragione  l’impugnazione  spiegata  e,  per  l’effetto,  disponeva  la compensazione  delle  spese  di  lite  relative  al  giudizio  di  primo grado,  confermando  per  il  resto  le  statuizioni  della  sentenza gravata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la pretesa sussistenza di una gerarchia tra le clausole del contratto stipulato tra le parti, di cui l’allegato A costituiva parte integrante, era priva di fondamento giuridico; b ) che, in specie, le previsioni contenute nell’allegato A che impegnavano la subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE alla prestazione delle garanzie non assicurative, quella biennale sulle infiltrazioni e quella decennale sui materiali -non erano in contrasto, né letterale, né logico, con la previsione contenuta nella parte generale, agli artt. 5 e 15, punto 13, che segnavano l’obbligo della subappaltatrice di contrarre la polizza decennale a favore dell’appellata, sicché tali previsioni rafforzavano la garanzia assunta da RAGIONE_SOCIALE, assicurando alla sub-committente RAGIONE_SOCIALE uno
strumento più immediato e sicuro per la realizzazione del proprio interesse e diritto ad essere efficacemente manlevata dall’effettiva responsabile di eventuali inconvenienti legati alla qualità dell’opera e all’impiego di materiali difettosi, rispetto ad eventuali pretese risarcitorie avanzate dal committente principale; c ) che neanche il disposto dell’art. 1342 c.c. giovava alla tesi dell’appellante, poiché la disposta prevalenza delle clausole aggiunte al modulo negoziale tipo presupponeva appunto l’obiettiva incompatibilità tra le une e le altre, inconciliabilità che nel caso di specie era esclusa; d ) che, sebbene l’opponente non avesse espressamente proposto l’eccezione in senso proprio di inadempimento, al fine dichiarato di paralizzare l’altrui pretesa di pagamento, con l’opposizione al decreto ingiuntivo, tuttavia, la volontà di avvalersi di tale eccezione, nei confronti del contraente verso cui si pretendeva l’adempimento, benché non esplicitata, poteva essere desunta dal giudice attraverso l’esame delle sue difese, come era accaduto nella fattispecie, in cui il mancato pagamento della fattura posta a base del provvedimento monitorio era stato posto in immediata e diretta relazione con il mancato rilascio della polizza fideiussoria decennale postuma, a cura della subappaltatrice.
-Avverso  la  sentenza  d’appello  ha  proposto  ricorso  per cassazione, affidato a quattro motivi, l ‘intimat a RAGIONE_SOCIALE
È rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE
-La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1370 e 1342 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la comune intenzione delle parti e la conseguente volontà contrattuale prevedessero l’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di consegnare, al termine dei lavori, una polizza assicurativa postuma decennale, recante quale beneficiario la RAGIONE_SOCIALE ed emessa con specifico ed esclusivo riferimento alla copertura realizzata.
Per converso, ad avviso dell’istante, gli artt. 5, 15, punto 13, e l’allegato A, sezione ‘Oneri compresi’, avrebbero dovuto essere interpretati  nel  senso  di  dare  prevalenza,  non  già  al  dettato dell’art.  5  del  modulo  generale  predisposto  da  COGNOME,  bensì  alle specifiche  previsioni  dell’art.  15,  punto  13,  e  dell’allegato  A, sezione  ‘Oneri  compresi’,  frutto  della  specifica  trattativa  svolta tra le parti.
Obietta,  ancora,  la  ricorrente  che  erroneamente  sarebbe stata  data  prevalenza  al  tenore  testuale  dell’art.  5,  senza  la concatenata  lettura  con  l’art.  15,  punto  13,  e  con  l’allegato  A, sezione ‘Oneri compresi’, secondo una lettura non orientata dalla buona  fede  e  correttezza  contrattuale,  che  avrebbero  dovuto indurre a ritenere sufficiente la polizza assicurativa della subappaltatrice per tutte le opere realizzate nell’ambito della sua attività di impresa.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
E tanto perché la ricorrente muove da una premessa erronea, ossia  dal  presupposto  che  il  tenore  delle  tre  clausole  citate
importi delle conclusioni ermeneutiche difformi, con la conseguenza che avrebbe dovuto essere attribuita prevalenza al disposto di cui alle clausole specificamente negoziate.
Per contro, la sentenza impugnata ha chiarito che le previsioni contenute nell’allegato A che impegnavano la subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE alla prestazione delle garanzie non assicurative, quella biennale sulle infiltrazioni e quella decennale sui materiali -non erano in contrasto, né letterale, né logico, con la previsione contenuta nella parte generale, agli artt. 5 e 15, punto 13, che segnavano l’obbligo della subappaltatrice di contrarre la polizza decennale postuma a favore dell’appellata, sicché tali previsioni rafforzavano la garanzia assunta da RAGIONE_SOCIALE.
A fronte di questo rilievo, la ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non ha precisato in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, posto che l’accertamento della volontà delle parti, in relazione al contenuto di un negozio giuridico, si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito.
Sicché  la  censura  si  risolve  nella  mera  contrapposizione dell’interpretazione della ricorrente a quella accolta nella sentenza  impugnata  (Cass.  Sez.  1,  Ordinanza  n.  9461  del 09/04/2021; Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017; Sez. 1, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017).
2. -Con il secondo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale attribuito al patto contrattuale un valore ed un significato diversi da quelli effettivamente voluti dalle parti, ricavando un obbligo a carico di RAGIONE_SOCIALE in realtà non concordato e non stabilito nel negozio, in ordine al riferito impegno di garanzia decennale mediante la stipula di un’apposita ed autonoma polizza, indicante quale beneficiario la RAGIONE_SOCIALE, con l’obbligo di consegna del titolo assicurativo.
Con la conseguenza che tale soluzione sarebbe stata contrastante con le prove documentali fornite.
2.1. -Il motivo è infondato.
Ora, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 37382 del 21/12/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 27847 del 12/10/2021; Sez. 5, Ordinanza n. 16016 del 09/06/2021; Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020).
Segnatamente, in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 34786 del 17/11/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Sez. 5, Ordinanza n. 16016 del 09/06/2021; Sez. 3, Sentenza n. 15276 del 01/06/2021; Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Sez. 6-3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018).
Ed infatti, il potere del giudice di valutazione della prova non è sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione dell’art. 116, primo comma, c.p.c., quale apprezzamento riferito ad un astratto e generale parametro non prudente della prova, posto che l’utilizzo del pronome ‘suo’ è estrinsecazione dello specifico prudente apprezzamento del giudice della causa, a garanzia dell’autonomia del giudizio in ordine ai fatti relativi, salvo il limite che ‘la legge disponga altrimenti’.
A ciò consegue che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione  e  di  omesso  esame  circa  un  fatto  decisivo  per  il giudizio, il motivo mira, in realtà, del tutto inammissibilmente, ad una  rivalutazione  dei  fatti  storici  operata  dal  giudice  di  merito (Cass.  Sez.  1,  Ordinanza  n.  5987  del  04/03/2021;  Sez.  U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
3. -Con  il  terzo  motivo  la  ricorrente  prospetta,  ai  sensi dell’art.  360,  primo  comma,  n.  3,  c.p.c.,  la  violazione  e  falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1460 c.c., per avere la Corte  distrettuale  confermato  la  revoca  del  decreto  ingiuntivo opposto, in ragione della legittima proposizione, a cura dell’opponente,  dell’eccezione  di  inadempimento,  che  in  realtà non sarebbe stata mai sollevata.
In  tale  prospettiva,  la  RAGIONE_SOCIALE  avrebbe ottenuto  la  condanna  di  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  completamento  dell’opera subappaltata,  pur  andando  esente  dal  suo  correlato  obbligo  di corrispondere, a sua volta, il pagamento del compenso, all’esito della  rilevazione  d’ufficio  di  un’eccezione  mai  sollevata  dalla parte.
3.1. -Il motivo è infondato.
Al  riguardo,  secondo  le  congrue  valutazioni  della  sentenza impugnata, sebbene l’opponente non avesse espressamente proposto  l’eccezione  in  senso  proprio  di  inadempimento,  al  fine dichiarato di paralizzare l’altrui pretesa di pagamento,  con l’opposizione al decreto ingiuntivo, tuttavia, la volontà di avvalersi di tale eccezione, nei confronti del contraente verso cui
si pretendeva l’adempimento, è stata desunta dal giudice attraverso l’esame delle sue difese.
Ed invero, il mancato pagamento della fattura posta a base del  provvedimento  monitorio  era  stato  posto  in  immediata  e diretta relazione con il mancato rilascio della polizza fideiussoria decennale postuma, a cura della subappaltatrice.
E d’altronde è pacifico che, proprio in ragione della mancata prestazione  della  polizza  postuma  decennale  in  favore  del  subcommittente, l’opponente abbia chiesto la revoca del provvedimento monitorio opposto.
Sicché l’eccezione  in  senso proprio  di  inadempimento  non  è stata sollevata d’ufficio.
Ebbene, come già divisato dalla Corte d’appello, l’ exceptio inadimpleti contractus , di cui all’art. 1460 c.c., costituisce un’eccezione in senso proprio, rimessa pertanto alla disponibilità e all’iniziativa del convenuto, senza che il giudice abbia il dovere di esaminarla d’ufficio. Tuttavia, essa, al pari di ogni altra eccezione, non richiede l’adozione di forme speciali o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla (onde paralizzare l’avversa domanda di adempimento) sia desumibile, in modo non equivoco, dall’insieme delle sue difese e, più in generale, dalla sua condotta processuale, secondo un’interpretazione del giudice del merito che, se ancorata a corretti canoni di ermeneutica processuale, non è censurabile in sede di legittimità (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6762 del 10/03/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 20546 del 30/07/2019; Sez. 2, Sentenza n. 17424 del 23/07/2010; Sez. 2, Sentenza n. 20870 del 29/09/2009; Sez. 2, Sentenza n. 2706 del 12/02/2004; Sez.
2,  Sentenza  n.  11728  del  05/08/2002;  Sez.  3,  Sentenza  n. 10764 del 29/09/1999).
4. -Con il quarto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione dell’art. 1460, secondo comma, c.c., per avere la Corte del gravame omesso di considerare, per un verso, che la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata dotata di una propria generale copertura assicurativa decennale postuma sulle opere realizzate e, per altro verso, che il costo di una polizza corrispondente alle richieste di RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato pari, per il decennio, ad euro 350,00.
Cosicché  sarebbe  stato  contrario  a  buona  fede,  in  base  alle circostanze, il rifiuto dell’esecuzione della prestazione in conseguenza della proposta eccezione di inadempimento, anche in  considerazione  del  decorso,  nelle  more,  del  decennio  che avrebbe  dovuto  essere  coperto  dalla  polizza  postuma  senza  la denuncia di alcun vizio sull’opera realizzata in subappalto.
4.1. -Il motivo è inammissibile.
Infatti, sono introdotte per la prima volta in sede di legittimità circostanze nuove, la cui esistenza richiede un accertamento in fatto, qui precluso.
Parte istante non ha, sul punto, dato atto di aver posto tali questioni già nei gradi di merito.
5. -In  conseguenza  delle  considerazioni  esposte,  il  ricorso deve essere respinto.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite, atteso che la controparte del soccombente è rimasta intimata.
Sussistono  i  presupposti  processuali  per  il  versamento  –  ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater ,  del  d.P.R.  30  maggio 2002,
n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.  Q.  M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1 -quater ,  del  d.P.R.  n.  115  del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Seconda