Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2343 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2343 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7756/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO n. 3342/2021 depositato il 15/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
AVV_NOTAIO NOME COGNOME ha chiesto di essere ammesso allo stato passivo del fallimento della RAGIONE_SOCIALE , in privilegio ai sensi dell’art. 2751 -bis, n. 2, cod. civ., per i compensi maturati in qualità di presidente del collegio sindacale della società dal 2012 al 2020.
La domanda è stata respinta in sede di verifica del passivo come effetto dell’e ccezione di inadempimento della curatela, attesa la violazione da parte del sindaco in questione (unitamente agli altri) degli obblighi professionali di vigilanza rispetto a gravi irregolarità commesse da ll’ organo amministrativo, con specifico riferimento all’illegittima appostazione di un credito del RAGIONE_SOCIALE, tale da alterare le risultanze contabili della società e di procrastinare l’emersione della perdita del capitale.
L’opposizione al passivo del COGNOME. COGNOME è stata a sua volta respinta dal tribunale di Busto Arsizio.
Per quanto interessa, il tribunale ha confermato che il RAGIONE_SOCIALE aveva erogato alla società la somma di oltre 4,9 mil. EUR in relazione a commesse attinenti a due progetti (‘AW TARGA_VEICOLO‘ e ‘AW TARGA_VEICOLO‘ ), secondo la disciplina dettata dalla l. n. 808 del 1985 ( ‘ Interventi per lo RAGIONE_SOCIALE e l’accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico’ ).
Secondo il tribunale, tenuto conto delle emergenze desumibili dagli stessi atti amministrativi di erogazione, s’era trattato di un’operazione complessiva di vero e proprio finanziamento, presupponente la successiva restituzione dei fondi secondo un piano di ammortamento deciso dal RAGIONE_SOCIALE stesso e sottoscritto dagli organi sociali. Donde era emerso l’inadempimento dei sindaci per l’inerzia da essi serbata rispetto alla violazione contabile perpetrata dagli amministratori fin dal primo anno di erogazione (2009), giacché gli importi del finanziamento non erano stati infine contabilizzati al passivo RAGIONE_SOCIALE stato patrimoniale, tra i
debiti esigibili nel lungo periodo, ma tra i ricavi del conto RAGIONE_SOCIALE (alla stregua di contributi a fondo perduto); cosa che aveva impedito l’emersione dell ‘azzeramento del capitale sociale.
Il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione contro il decreto del tribunale di Busto Arsizio, affidandosi a sei motivi.
Il Fallimento ha replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
– Col primo mezzo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione della l. n. 808 del 1982 e degli artt. 1362 e seg. cod. civ.
Censura la decisione per avere affermato che dal contenuto della normativa speciale, interpretato secondo buona fede, si sarebbe dovuto ricavare l’obbligo della società RAGIONE_SOCIALE di restituire le somme erogate dal RAGIONE_SOCIALE , quando invece il reale sistema previsto in relazione alle somme destinate al progetto aeronautico era stato incentrato su un rimborso senza interessi e in misura proporzionata ai presumibili risultati di mercato.
Col secondo mezzo il ricorrente assume la violazione o falsa applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE in relazione alla ritenuta indebita qualificazione della alternativa ricostruzione del ricorrente come in contrasto col divieto eurocomunitario degli aiuti di Stato.
Col terzo motivo egli denunzia la violazione o falsa applicazione della l. n. 808 del 1982 e degli artt. 1362 e seg. cod. civ., anche in ordine al progetto aeronautico denominato Programma AW 169.
Col quarto motivo censura la decisione per violazione o falsa applicazione degli artt. 2423 e seg. cod. civ., avendo il tribunale ritenuto che le somme erogate dal RAGIONE_SOCIALE costituissero una voce di debito da indicare nel bilancio della RAGIONE_SOCIALE, quando invece al momento dell’ammissione della società ai progetti ‘AW 149’ e ‘AW 169’ le somme erogabili dal RAGIONE_SOCIALE non erano affatto certe, atteso che il sistema aveva previsto l’erogazione annuale di un importo pari al 75 % di quanto realmente speso dalla società nel corso dell’anno precedente; sicché per tale semplice motivo sarebbe stato impossibile indicare fra i debiti qualsivoglia importo. Assume inoltre che il tribunale avrebbe
mancato di considerare che, in base al principio contabile del costo ammortizzato Oic 15, il debito relativo ai rimborsi verso il RAGIONE_SOCIALE doveva essere controbilanciato dalla posta a credito costituita dalle erogazioni dei contributi.
Col quinto motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1460 e 2697 cod. civ., e l’ omesso esame di fatti decisivi, nella parte in cui il tribunale ha ritenuto dimostrato l’ inadempimento ritenendo appurate (i) la condotta illegittima mediante l’identificazione temporale col primo anno di erogazione delle somme e (ii) la sua idoneità a occultare l’asserita perdita del capitale sociale fin dall’anno 2010.
Infine, col sesto mezzo deduce la v iolazione dell’art. 360, n. 5, cod. civ. per avere il tribunale omesso di esaminare, e comunque ritenuto assorbito, un fatto decisivo in merito alla contestazione circa l ‘eccepita prescrizione presuntiva di una quota del credito vantato.
II. – Possono essere esaminati unitariamente i motivi primo, terzo, quarto e quinto.
I motivi sono inammissibili perché nel complesso si risolvono in un tentativo di revisione del giudizio di merito, anche se la motivazione del decreto del tribunale di Busto Arsizio va corretta in ordine alla premessa in iure .
III. – Si discuteva (e si discute) dell’eccezione di inadempimento formulata dalla curatela fallimentare per paralizzare l’avversa domanda di ammissione al passivo.
Per sfrondare in nuce alcuni fuorvianti rilievi di parte ricorrente, va ricordato che la causa non attiene direttamente all’accertamento della responsabilità concorrente del sindaco (art. 2407 cod. civ.) quale base per una domanda di danni nei suoi confronti -cosa che ordinariamente imporrebbe la prova in capo alla curatela sia dell’inerzia del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo, sia del danno conseguente alla condotta dell’amministratore, sia infine del nesso causale tra inerzia e danno.
La causa coinvolge l’ambito d ella responsabilità come semplice base del l’eccezione d’inadempimento , in rapporto al credito vantato dal sindaco mediante l’insinuazione fallimentare .
IV. – I n termini generali, nel caso dell’eccezione di inadempimento , il criterio di riparto degli oneri probatori è esattamente identico a quello che rileva ove il creditore agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento.
Come in tal caso il creditore deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa costituito dall’avvenuto adempimento, così anche nell’ipotesi dell’eccezione di inadempimento vale il medesimo criterio: sull’eccipiente grava l’onere di allegare con specificità l’altrui inadempimento ovvero l’altrui inesatto adempimento e poi spetta alla controparte la prova del contrario (v. Cass. Sez. U n. 13533-01).
V. -A questo generale principio il tribunale ha fatto rinvio in premessa del suo ragionamento citando diverse consequenziali decisioni di questa Corte.
Tuttavia, quel principio necessita di esser ben compreso, perché il tribunale ne ha lapidariamente dedotto che, a fronte dell’eccezione di inadempimento della curatela in sede di accertamento del passivo, spetta sempre al professionista la prova ‘della correttezza del proprio operato’.
Mentre il punto è che quel medesimo principio -sebbene valido come astratto canone di giudizio -richiede poi una concretizzazione nelle diverse fattispecie alle quali si adatta.
VI. -Ora nella giurisprudenza di questa Corte è invalsa la sottolineatura che n ell’ipotesi dell’eccezione formulata per motivare l’esclusione di un credito professionale dal passivo di un fallimento non è dato al curatore prospettare l’eccezione solo sommariamente, senza indicare i fatti di inadempimento da imputare al creditore escluso (v. Cass. Sez. 6-1 n. 24794-18).
La ragione è che per i componenti del collegio sindacale di una società l’eccezione di inadempimento finisce col riprodurre la distinzione basica dell’art. 2407 cod. civ. tra responsabilità esclusiva e responsabilità concorrente dei sindaci con quella degli amministratori, per omessa vigilanza sui comportamenti di questi. E in questa seconda ipotesi implica doversi declinare
l’ambito d ei fatti alla luce del necessariamente variegato apporto che i sindaci, col proprio contegno di volta in volta integrante l’inosservanza dei doveri primari di cui all’ art. 2403 cod. civ., possano aver dato nelle altrettante variegate situazioni gestorie caratterizzanti gli inadempimenti degli amministratori.
Poiché l’allegazione di un comportamento specifico e negligente, secondo quanto espresso appunto dalla proposizione di un’eccezione effettiva e non sommaria di inadempimento, si manifesta come fatto modificativo del diritto al compenso del creditore, non sarebbe coerente ipotizzarne l’esito senza che sull’ eccipiente gravi anche la prova di quei fatti storici, attinenti alla gestione ovvero al concreto assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, sui quali si innesta la deviazione della condotta di vigilanza esigibile dal sindaco; quella condotta, cioè, che il sindaco, che poi agisce in sede concorsuale per l’adempimento del proprio credito stante il pregresso inadempimento del corrispettivo, avrebbe dovuto tenere -e non ha tenuto – in relazione al suo mandato. Solo, dunque, per essa appare sufficiente, nella ripartizione dell’onere della prova, che il creditore della prestazione di vigilanza (nella fattispecie, e per la società, il curatore fallimentare) possa anche limitarsi a eccepire , nei segnalati termini di specificità, l’inesatto adempimento, allegato come difetto di vigilanza rispetto a fatti specifici invece non solo descritti ma anche provati.
In questo senso va corretta la premessa giuridica del decreto impugnato. VII. –
Deve peraltro osservarsi che – nel concreto della valutazione – il tribunale di Busto Arsizio non si è poi discostato da un simile criterio di giudizio.
Ha infatti stabilito che l’eccezione era stata puntualmente formulata dalla curatela in relazione a un fatto specifico già rettamente indicato dal giudice delegato nel provvedimento di esclusione: l’avere il sindaco violato il dovere di vigilanza in relazione alla non corretta appostazione contabile del credito vantato dal RAGIONE_SOCIALE, per un importo significativo (quasi 5 mil. EUR), costituente non un finanziamento a fondo perduto ma un finanziamento suscettibile di rimborso secondo specifiche modalità indicate dal RAGIONE_SOCIALE stesso; e tale quindi da
dover essere esposto in bilancio tra i debiti RAGIONE_SOCIALE stato patrimoniale e non, come invece era accaduto, tra i crediti.
In guisa di tale fatto, la condotta del sindaco aveva concorso a una rappresentazione contabile -il fatto storico fin dall’inizio tale da impedire, quanto alla società, l’emersione della perdita del capitale.
VIII. L’affermazione integra un accertamento di fatto , e i sopra citati motivi di ricorso sono tesi a sindacarlo come riflesso dell ‘assunto di erronea interpretazione della legge n. 808 del 1985; la quale sarebbe stata, appunto, erroneamente interpretata perché in verità non contemplante finanziamenti da restituire immediatamente.
In sostanza il tribunale avrebbe, secondo il ricorrente, errato nel ritenere la condotta inadempiente fin dal primo anno di erogazione delle somme ( rectius : dal primo anno successivo, di redazione del bilancio), perché invece la restituzione dei finanziamenti avrebbe dovuto conseguire alle vendite dei prodotti realizzate con le tecnologie sviluppate nell’ambito del progetto , in base a scaglioni di avanzamento appositamente considerati.
IX. – Sennonché una simile tesi è astratta dal contesto della motivazione del tribunale, che difatti ha deciso sulla scorta dell’esegesi degli atti amministrativi (i decreti direttoriali del RAGIONE_SOCIALE) che, avendo fatto esplicito riferimento alla fattispecie di cui agli artt. 3, primo comma, lett. a), e 4, nono com ma, lett. a), della legge citata, avevano reso chiaro che l’erogazione era avvenuta nel 2009 a titolo di finanziamento suscettibile di restituzione secondo un preciso piano di ammortamento deciso dal RAGIONE_SOCIALE stesso; piano conosciuto dal vertice della società che invero l’aveva sottoscritto.
Da ciò il tribunale ha desunto che nel redigere poi il bilancio annuale gli amministratori avrebbero dovuto tenerne conto, mentre invece essi avevano violato le norme relative ai canoni di chiarezza, verità e correttezza (art. 2423 cod. civ.), visto che le somme non erano state appostate tra i debiti RAGIONE_SOCIALE stato patrimoniale ma tra i crediti del conto RAGIONE_SOCIALE. E a loro volta i sindaci avevano mancato di assolvere al loro incarico con la diligenza richiesta, poiché avevano mancato di rilevare l’incongruenz a contabile fin dal 2010 e di reagire segnalando l’atto pregiudizievole mediante denunce interne ed esterne.
X. – La motivazione è idonea a giustificare il diniego di ammissione al passivo.
Non può seguirsi il tentativo del ricorrente di portare il tema sul versante della l. n. 808 del 1985, quasi che vi sia stata una diretta errata applicazione di detta legge da parte del tribunale.
Il tribunale non ha applicato al caso concreto la legge in quanto tale, ma ha svolto la sua motivazione accertando ciò che il RAGIONE_SOCIALE aveva stabilito a fronte di un finanziamento accordato in base a quella legge.
Nel far questo il tribunale ha puntualizzato che il diritto alla restituzione del capitale era stato dal RAGIONE_SOCIALE considerato non subordinatamente alle vendite del prodotto per la cui ricerca erano stati erogati i finanziamenti, come invece paventato dal ricorrente anche in questa sede, ma sulla scorta di un piano di ammortamento, salva l’eventuale successiva rimodulazione degli importi e delle scadenze in esso contemplate.
Ne consegue che la diversa tesi del ricorrente si sostanzia in un sindacato di fatto laddove insiste nel prospettare che, invece, la determinazione del rimborso sarebbe stata da attuare mediante quote sul ricavato della vendita dei prodotti. E finisce per eludere la stessa ratio decidendi laddove pretende di ricavare tale risultato da una determinazione direttamente rimessa alla legge citata.
XI. – Per contro giova dire ai fini di causa che la legge n. 808 del 1985, art. 3, lett. a), si è limitata a stabilire la possibilità di concedere – alle imprese nazionali partecipanti a programmi in collaborazione internazionale per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici -‘ finanziamenti per l’elaborazione di programmi e l’esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi, inclusi i maggiori costi di produzione sostenuti in relazione all’apprendimento precedente al raggiungimento delle condizioni produttive di regime ‘ .
Si è mossa cioè nel consueto binario di astrattezza quanto al tipo di finanziamento concedibile.
Dopodiché ha stabilito che i finanziamenti restano soggetti a oneri di restituzione in base alle condizioni stabilite non da essa stessa legge ma dal RAGIONE_SOCIALE.
Questo si ricava con ogni evidenza dal l’ art. 4, nono comma, lett. c), che -come esattamente osservato dal tribunale -ha attribuito al RAGIONE_SOCIALE di stabilire con propri decreti, in caso di ammissione del programma ai benefici, ‘ le condizioni ed i modi per la restituzione allo Stato dei finanziamenti di cui all’articolo 3, primo comma, lettera a), senza corresponsione di interessi, mediante quote sul ricavato della vendita dei prodotti oggetto del programma in collaborazione, determinate in relazione ai previsti risultati commerciali ed economici ‘ .
Il riferimento alle quote sul ricavato non integra una condizione, quanto piuttosto una modalità. E a fronte di una simile previsione il tema di causa era (ed è) quello -appunto – delle modalità di restituzione concretamente prescelte, poi, dal RAGIONE_SOCIALE coi propri decreti direttoriali; decreti comunque determinativi dell’insorgenza di debiti restitutori a carico della società, da appostare a bilancio.
Il tema implicava quindi (e implica) distinti accertamenti di fatto, che il tribunale ha svolto stabilendo che il moRAGIONE_SOCIALE restitutorio era stato attuato mediante un piano di ammortamento del RAGIONE_SOCIALE, il quale era stato altresì sottoscritto dai vertici della società RAGIONE_SOCIALE e non era stato affatto subordinato -di per sé alle vendite dei prodotti conseguenti all’attività di ricerca , giacché la circostanza delle vendite avrebbe potuto al più determinarne una rimodulazione.
Donde quel piano aveva assunto fin dall’inizio una rilevanza obbligatoria per la società debitrice, così da dover essere coerentemente rappresentato nella contabilità; cosa che nell’inerzia dei sindaci non era stata fatta.
Si tratta di una ricostruzione in fatto coerente e immune da errori giuridici, come tale non sindacabile in questa sede.
XII. – Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché l’affermazione censurata -secondo cui l’alternativa ricostruzione del finanziamento come a
fondo perduto avrebbe integrato un aiuto di Stato in contrasto con la normativa europea -non costituisce una ratio decidendi del decreto impugnato.
XIII. – Il sesto motivo è egualmente inammissibile perché involge un asserito difetto della motivazione su questione non decisiva (l’infondatezza della avversa eccezione di prescrizione presuntiva per una quota del credito vantato).
Oltre tutto la censura è prospettata ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., non in relazione a fatti storici specifici (v. Cass. Sez. U n. 8053-14), sebbene appunto a una questione concernente l’andamento del giudizio di accertamento del passivo. Ed è formulata anche in modo perplesso, per avere cioè il tribunale ‘ omesso l’ esame/ritenuto assorbito un fatto decisivo’ , quando invece il vizio di omesso esame di fatti controversi decisivi (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) non può che attenere alla ricostruzione del fatto storico preprocessuale (la vicenda in sé).
XIV. -L’inammissibilità di tutti i motivi si converte nell’inammissibilità dell’intero ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 7.700,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì