Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27706 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27706 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19820/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente ed elettivamente domiciliato all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende ex lege;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 524/2022 depositata il 03/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’AVV_NOTAIO NOME COGNOME -premesso che in data 15.12.1990 l’RAGIONE_SOCIALE (di seguito l”RAGIONE_SOCIALE‘ o l’RAGIONE_SOCIALE‘) aggiudicava in appalto alla società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (di seguito la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ o la ‘società appaltatrice’) i lavori di manutenzione RAGIONE_SOCIALE impianti elettrici e di illuminazione presso la sede della RAGIONE_SOCIALE, sita in INDIRIZZO e che la direzione dei lavori veniva conferita all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME , giusto decreto rettorale n. 842 del 29.01.1991, in data 02.12.1991 veniva stipulato il contratto di appalto per un periodo di durata quinquennale, decorrente dalla consegna dei lavori e rinnovabile per un successivo quinquennio, salva formale disdetta dell’RAGIONE_SOCIALE; che in relazione a tale contratto di appalto, il direttore dei lavori svolgeva la propria attività ininterrottamente dal 27.09.1993 al 04.08.2005 e che in tale arco temporale l’RAGIONE_SOCIALE provvedeva a corrispondergli i compensi professionali solo fino all’anno 1999; che, pertanto, l’AVV_NOTAIO COGNOME si vedeva costretto ad intraprendere nel tempo diverse iniziative monitorie al fine di ottenere i compensi ad esso spettantigli per il restante periodo -chiedeva e otteneva, dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, ingiunzione di pagamento della somma di € 19.923,88, oltre accessori, a titolo di compensi professionali per attività di direzione dei lavori svolta nell’anno 2000, giusta fattura n. 2 del 23.04.2001.
Contro il decreto l’RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione, deducendo, a sostegno della stessa, l’invalidità della clausola contenuta nell’art. 3 del contratto di appalto di cui sopra, stante il divieto di rinnovo tacito dei contratti della P.A. per la fornitura di beni e servizi, sancito dall’art. 44 L. n. 724/1994. Precisava, in particolare, che in relazione agli esercizi successivi alla iniziale durata quinquennale
del contratto de quo , nessun altro incarico veniva conferito dall’RAGIONE_SOCIALE all’AVV_NOTAIO COGNOME con atto scritto riguardo alla somma di cui alla fattura del 23.04.2001.
Istruita documentalmente la causa, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 1374/2015 rigettava l’opposizione, sostenendo che la fattispecie in esame non sarebbe riconducibile all’ambito di operatività del divieto di rinnovo tacito dei contratti della P.A. previsto dall’art. 6 , co. 2 L. n. 537/1993, modificato dall’art. 44 L. n. 724/1994 e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo dichiarandolo esecutivo.
Avverso tale sentenza proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE e la Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 524/2022, riformava la sentenza di primo grado, rilevando l’ assenza di un contratto d’opera professionale in forma scritta stipulato tra lo RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’AVV_NOTAIO sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si ravvisa la violazione e/o la falsa applicazione ex art. 360 n.3 c.p.c., dell’art. 2909 c.c.
Nello specifico, sostiene il ricorrente che la Corte avrebbe errato nel ritenere invalido il rapporto professionale intercorso tra lo RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, in quanto, sulla medesima questione, ed in particolare sul corrispettivo della prestazione d’opera intellettuale effettuata dallo RAGIONE_SOCIALE nel successivo anno 2001, interveniva un giudicato implicito ed esplicito, formatosi sulla sentenza n. 27197 del 2008 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE di rigetto dell’opposizione proposta
dall’RAGIONE_SOCIALE, successivamente confermata dalla Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n. 35/2017, che riteneva valido ed efficace il negozio inter partes .
Il ricorso è inammissibile.
Infatti, la sentenza impugnata non prende in esame e nemmeno menziona un’eccezione di giudicato proposta dall’attuale ricorrente sulla base della indicata sentenza n. 35/2017. In verità, nonostante il silenzio della sentenza impugnata, il ricorrente neanche precisa di avere proposto una tale eccezione. Nella parte espositiva del ricorso, si legge che «l’odierno ricorrente, nel corso del grado d’appello (ed in particolare in data 26 ottobre 2021) ha depositato la sentenza n. 35/2017 della medesima Corte d’appello, munita dell’attestazione ex art. 124 disp. att. c.p.c.». Nello sviluppo del motivo, sempre con riguardo a tale questione, il ricorrente precisa che «avendo la difesa dello COGNOME fornito la prova dell’esistenza del giudicato (implicito ed esplicito) nei termini anzidetti, producendo già in primo grado la sentenza n. 2107/08 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE e successivamente quella confermativa, corredata dalla idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., la medesima Corte territoriale avrebbe dovuto prenderne atto ex ufficio e confermare la pronunzia di rigetto dell’opposizione». Si c omprende da tali rilievi che il ricorrente ritiene di avere introdotto la questione del giudicato formatosi in corso di causa – esclusivamente -tramite la produzione documentale. Occorre tuttavia considerare che la formulazione di un’eccezione, pur non richiedendo espressioni sacramentali, esige pur sempre una manifestazione non equivoca della volontà, dovendosi quindi escludere che gli estremi di una siffatta volontà possano essere ravvisati nella mera produzione di documenti, benché il loro contenuto risulti idoneo a dimostrare il
fondamento della già menzionata eccezione (Cass. n. 13606/2021; Cass. n. 11412/1998). Vale pertanto il principio che «in tema di giudicato esterno formatosi nel corso del giudizio di secondo grado, qualora la sua esistenza non sia stata eccepita dalla parte interessata, la sentenza d’appello pronunciata in difformità è impugnabile con il ricorso per revocazione ex art. 395, n. 5, c.p.c. e non con quello per cassazione, mentre, nelle ipotesi in cui l’esistenza di tale giudicato abbia costituito oggetto di eccezione ritualmente sollevata in giudizio, la sentenza d’appello difforme non è impugnabile con il ricorso per revocazione ma solo con il ricorso per cassazione» (v. Cass. n. 28733/2022; Cass. n. 22506/2015). In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, liquidate in € 2.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 27/03/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME