Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26037 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26037 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20115-2023 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
resistente
con mandato –
Oggetto
Licenziamento
ex lege n. 92 del 2012
R.G.N. 20115/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 08/07/2025
CC
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza n. 586/2023 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 09/08/2023 R.G.N. 215/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/07/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME era stata dipendente di RAGIONE_SOCIALE e poi di RAGIONE_SOCIALE in virtù di cessione di ramo d’azienda. In data 3.1.2020 era stata licenziata da quest’ultima società per giustificato motivo oggettivo. Adiva il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto sostenendo la nullità del licenziamento in quanto intimato a non domino , in conseguenza dell’inopponibilità della cessione di ramo d’azienda alla lavoratrice perché in frode alla legge e per illiceità della causa, con la conseguente reintegrazione alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE Prospettava poi ulteriori vizi di illegittimità del recesso datoriale e ne chiedeva l’annullamento, con la conseguente tutela.
Costituitosi il contraddittorio, all’esito della fase sommaria introdotta dalla legge n. 92/2012 il Tribunale rigettava le domande della lavoratrice. All’esito dell’opposizione della Torre, il Tribunale confermava la pronuncia di rigetto anche in ordine alla compensazione delle spese di lite.
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello, accolta l’eccezione di decadenza riproposta da RAGIONE_SOCIALE in parziale accoglimento del gravame interposto dalla lavoratrice dichiarava illegittimo il licenziamento e condannava RAGIONE_SOCIALE a riassumere la ex dipendente entro tre giorni o, in alternativa, a corrisponderle un’indennità
nonchè contro
commisurata a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto; compensava integralmente le spese dei due gradi di giudizio fra tutte le parti.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava: a) era fondata l’eccezione di decadenza dal diritto di impugnare la cessione del contratto di lavoro ex art. 2112 cod. civ., riproposta in questo grado dalla cedente RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 32, n. 4), lett. c), L. n. 183/2010 con la memoria di costituzione nel giudizio di reclamo; b) secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione (Cass. n. 40652/2021), occorreva un provvedimento in forma scritta o un atto equipollente che negasse la titolarità del rapporto, ai fini della decorrenza del termine di decadenza; c) nel caso in esame la cessione del contratto di lavoro è stata preannunciata con lettera dell’11/04/2019, recapitata in data 02/05/2019, giorno dal quale decorreva il termine di sessanta giorni per l’impugnazione da parte della lavoratrice, che invece non vi aveva provveduto; d) tale decadenza non pregiudicava tuttavia l’impugnazione del licenziamento intimato da RAGIONE_SOCIALE in relazione al secondo motivo di reclamo, affetto da vizi suoi propri; e) come lamentato dalla lavoratrice, non era stato adempiuto l’obbligo di repêchage , che è elemento costitutivo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la cui prova incombe pertanto sul datore di lavoro (Cass. n. 4673/2021); f) dalla documentazione prodotta si evinceva che due unità lavorative, assunte in data 19/04/2019 con contratto di apprendistato professionalizzante a termine fino al 30/09/2019 in regime di part time al 60% e con inquadramento nel 5^ livello (un livello inferiore a quello della Torre) e mansioni di cassiere,
all’atto della scadenza del loro contratto si erano viste trasformare il rapporto in uno a tempo indeterminato; g) tale conversione era avvenuta poco più di tre mesi prima del licenziamento della Torre, per un orario pari al 120% di quello ordinario e ciò sconfessava l’assunto circa l’incollocabilità della reclamante, che ben poteva essere adibita a quelle mansioni inferiori ma comunque compatibili con le sue competenze professionali, tanto che ella, oltre alle mansioni di ‘caffettiere’ per le quali era sta ta assunta, svolgeva anche quelle di addetta alla cassa con maneggio denaro; h) il licenziamento andava, pertanto, dichiarato illegittimo, ma in considerazione dell’insussistenza del requisito dimensionale in capo a RAGIONE_SOCIALE per la tutela reintegratoria, doveva essere applicata quella c.d. obbligatoria.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, mentre RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata. L’INPS si è costituito non svolgendo, però, attività difensiva.
Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3) e 5), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione degli artt. 2909 c.c., 111 Cost., 324, 329, co. 2, 436 c.p.c. per avere la Corte territoriale accolto l’eccezione di decadenza riproposta da RAGIONE_SOCIALE, nonostante il Tribunale -sia nella fase sommaria che in quella di opposizione -l’avesse implicitamente rigettata, sicché sarebbe stato onere della
RAGIONE_SOCIALE farla valere mediante reclamo incidentale, invece non proposto.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3) e 5), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o errata applicazione’ degli artt. 32, n. 4, lett. c), L. n. 183/2010 e 2935 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto applicabile il regime decadenziale invece inapplicabile.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3) e 5), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o mancata applicazione’ degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere la Corte territoriale compensato integralmente fra tutte le parti le spese dei due gradi di giudizio.
Il primo motivo è fondato e si richiamano le argomentazioni di cui all’ordinanza di questa Corte n. 8845/2025.
In via di principio in sede di legittimità, in funzione nomofilattica, è stato affermato che in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, co. 2, c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329, co. 2, c.p.c.), né è sufficiente la mera riproposizione ex art. 346 c.p.c., utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure (Cass. sez. un. n. 11799/2017; Cass. n. 21264/2018; Cass. ord. n.
9844/2022). Va altresì precisato che quella introdotta dall’art. 32 L. n. 183/2010 è una decadenza sostanziale (Cass. n. 24258/2016), che rappresenta un’eccezione di merito rectius preliminare di merito e non di rito.
Nel caso in esame, entrambi i giudici delle due fasi ( ex lege n. 92/2012) del giudizio di primo grado hanno esteso la loro cognizione all’accertamento della sussistenza di una frode alla legge della cessione di ramo d’azienda, escludendola sulla base dell’esame di determinate circostanze, tutte relative al merito della vicenda. Dunque, sul piano logico-giuridico il presupposto implicito, ma necessario e quindi univoco, di questi accertamenti e delle conseguenti statuizioni era il rigetto dell’eccezione di decadenza, che rappresentava una questione preliminare di merito. Ne consegue che, al fine di sottoporre quella questione alla Corte territoriale, era onere della RAGIONE_SOCIALE dolersi di quel rigetto (sia pure implicito) mediante reclamo incidentale, se del caso condizionato.
Tale onere non è stato adempiuto e, quindi, erroneamente la Corte di appello ha valutato la eccezione sulla base della sola riproposizione della questione (che non poteva ritenersi ignorata dai giudici di primo grado) con la memoria di costituzione (pag. 3), come si legge nella gravata pronuncia.
La trattazione degli altri due motivi resta conseguentemente assorbita.
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio in relazione al primo motivo per un nuovo esame sulla ammissibilità in rito della questione relativa alla eccezione di decadenza dal diritto di impugnare la cessione del contratto di lavoro ex art. 2112 cod. civ., sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE avendo riguardo ai principi sopra citati, con rinvio alla Corte
di appello di Messina, in diversa composizione, che provvederà anche alle statuizioni sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione, in relazione al motivo accolto, nonché per la regolazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, l’8 luglio 2025.
La Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME