Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 22959 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 22959 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/08/2025
Oggetto
Ricorso contro decisioni di giudici speciali
sul ricorso iscritto al n. 22041/2024 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME domiciliati digitalmente ex lege ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE e Comune di Milano;
-intimati – avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 7128/2024, depositata il
14 agosto 2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 7128/2024, depositata il 14 agosto 2024, il Consiglio di Stato, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto il ricorso della RAGIONE_SOCIALE contro il provvedimento di esclusione dalla procedura negoziata per l’affidamento dell’Accordo Quadro avente ad oggetto i lavori di manutenzione straordinaria degli edifici scolastici del Comune di Milano , esclusione disposta all’esito del subprocedimento di verifica di congruità dell’offerta dell’appellante, risultata prima in graduatoria, in quanto gran parte dei prezzi offerti risultavano superiori alla soglia del 20% senza che gli stessi potessero essere giustificati mediante fatture di acquisto (essendo stati al riguardo presentati soltanto preventivi).
Ha, infatti, osservato che tale meccanismo di esclusione generalizzato e a carattere automatico era stato di fatto introdotto in corso di gara, soltanto dopo che la stazione appaltante aveva avuto piena cognizione circa il contenuto delle rispettive offerte degli operatori economici in competizione, con violazione dei principi di trasparenza ed imparzialità (profilo procedimentale), nonché del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa e dell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi, configurandosi un vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria (profili sostanziali).
Secondo i giudici d’appello , la stazione appaltante poteva bensì introdurre una « soglia di attenzione » delle offerte, al di sopra della quale chiedere ai singoli operatori eventuali « informazioni supplementari », ma non anche una « soglia di esclusione » di carattere automatico e generalizzato, peraltro superabile soltanto mediante eccessivi e sproporzionati mezzi di prova (fatture quietanzate).
Il giudice amministrativo d’appello ha conseguentemente disposto
l’ annullamento del provvedimento di esclusione in danno della RAGIONE_SOCIALE e della successiva aggiudicazione in favore di RAGIONE_SOCIALE nonché, « ai fini meramente risarcitori, in considerazione della particolare natura dell’appalto in contestazione (accordo quadro) , … la reintegrazione in forma specifica del danno e dunque l’aggiudicazione della commessa in favore di RAGIONE_SOCIALE la quale, se del caso, dovrà subentrare nel contratto nelle more stipulato con RAGIONE_SOCIALE ».
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso, con unico mezzo, la RAGIONE_SOCIALE
Nessuno degli intimati ha svolto difese nella presente sede.
In data 10 dicembre 2024 è stata comunicata ai difensori proposta di definizione, ex art. 380bis cod. proc. civ., per manifesta infondatezza del ricorso, sulla scorta della seguente motivazione:
« considerato che il motivo di ricorso per cassazione denuncia l’eccesso di potere giurisdizionale, per avere il giudice amministrativo operato valutazioni di merito riservate alla P.A., alla quale doveva essere demandata la riedizione del potere di verifica di congruità dell’offerta della RAGIONE_SOCIALE con violazione dell’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a.;
ritenuto che non integra eccesso di potere giurisdizionale del giudice amministrativo per usurpazione della funzione amministrativa la pronuncia, resa ai sensi dell’art. 122 c.p.a., di inefficacia del contratto seguito ad aggiudicazione definitivamente annullata e di subentro del ricorrente nel rapporto contrattuale, essendo tali statuizioni istituzionalmente riservate a quel giudice e precluse all’autorità amministrativa, né potendo configurarsi la violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa in pretesi errori di valutazione dei relativi presupposti (Cass. Sez. U. n. 21651 del 2021; n. 14437 del 2018) ».
In data 17 gennaio 2025 è stata depositata per la RAGIONE_SOCIALE rituale e tempestiva « istanza per la decisione del ricorso », corredata
da nuova procura.
La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ..
Il Procuratore Generale ha depositato memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
La società ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo la ricorrente denuncia, con riferimento agli artt. 360, primo comma, num. 1, e 362 cod. proc. civ., « eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nel merito amministrativo e conseguente violazione dei limiti della giurisdizione da parte del Consiglio di Stato », in violazione dell’art. 133, comma 1, lett. e) , n. 1, e dell’art. 122 del d.lgs. n. 104 del 2010 .
Lamenta che il Consiglio di Stato abbia travalicato i limiti della propria giurisdizione, sostituendosi all’Amministrazione nel disporre direttamente il subentro di RAGIONE_SOCIALE nell’Accordo Quadro, anziché il rinnovo della verifica di congruità, verifica prevista dalla lex specialis di gara e riservata alla stazione appaltante.
Rileva che contraddittoriamente il Consiglio di Stato ha, da un lato, evidenziato che era del tutto mancato, da parte del Comune « un giudizio in concreto tarato sui singoli prezzi, i quali hanno formato oggetto di negativa valutazione in virtù della applicazione mera di un criterio automatico » , dall’altro , però, anziché ordinare al Comune di ripetere tale verifica, ha disposto direttamente il subentro di RAGIONE_SOCIALE, eliminando un passaggio procedimentale indispensabile per garantire la serietà e sostenibilità dell’offerta, in tal modo adottando una decisione auto-esecutiva, espressiva di un sindacato di merito, che non lascia spazio ad ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Evidenzia al riguardo che il Comune, in espressa ottemperanza della sentenza, non ha affatto ri-adottato alcun provvedimento amministrativo in punto di verifica di congruità dell’offerta divenuta
aggiudicataria, ma, con Determina Dirigenziale del 12 settembre 2024 n. 7858/2024, pur riservando eventuale impugnazione, si è esclusivamente determinato nel senso di prendere atto della sentenza e del subentro da essa statuito della RAGIONE_SOCIALE nel contratto.
Sostiene che, in tal modo, il Consiglio di Stato ha finito per decidere esorbitando dai propri poteri giurisdizionali e nei fatti sostituendosi al potere amministrativo, che invece nella specie andava riesercitato, non potendo disporsi per saltum il subentro di RAGIONE_SOCIALE nell’Accordo Quadro in mancanza di qualsiasi verifica di congruità dell’offerta di quella concorrente e, dunque, della serietà e sostenibilità della stessa a fronte del rilevato scostamento del 37% oltre che di preventivi condizionati e aleatori: ciò che -soggiunge-, a tutela dell’ interesse pubblico sotteso alla gare, avrebbe dovuto farsi nell’ambito di un procedimento squisitamente amministrativo.
Come rilevato nella proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c. il motivo si appalesa infondato.
Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite, l’eccesso di potere denunziabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici), e in coerenza con la relativa nozione posta da Corte Cost. n. 6 del 2018 tale vizio non è configurabile in relazione ad errores in procedendo o in iudicando , i quali non investono la sussistenza e i limiti
esterni del potere giurisdizionale del giudice amministrativo e dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo (v., tra le molte: S.U 18722 del 2024; 19244 del 2021; 30605 e 34499 del 2024; Sez. U. n. 18259 del 2021; Sez. U. n. 8588 del 2022).
In particolare, l ‘ eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al merito amministrativo è configurabile quando l’indagine svolta dal giudice amministrativo ecceda i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e, sconfinando nella sfera del merito, istituzionalmente riservato alla pubblica amministrazione, compia una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, evidenzi l’intento dell’organo giudicante di sostituire la propria volontà a quella dell’amministrazione mediante una pronuncia che, in quanto espressiva di un sindacato di merito ed avente il contenuto sostanziale e l’esecutorietà propria del provvedimento sostituito, non lasci spazio ad ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa (Cass. Sez. U. 04/02/2021, n. 2604; Sez. U. 05/06/2018, n. 14437; Sez. U. 09/04/2018, n. 8720; Sez. U. 09/04/2018, n. 8719; v. altresì Sez. U. 02/05/2018, n. 10440; Sez. U. 21/02/2017, n. 4395; Sez. U. 05/09/2013, n. 20360; Sez. U. 28/04/2011, n. 9443).
In tale ambito, una peculiare regola di esercizio della giurisdizione amministrativa è dettata, con riferimento ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture , dall’art. 122 cod. proc. amm. a mente del quale « Fuori dei casi indicati dall’articolo 121, comma 1, e dall’articolo 123, comma 3, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei
vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta ».
Si trae da tale norma, secondo pacifica e più volte ribadita esegesi, che non integra eccesso di potere giurisdizionale del giudice amministrativo la pronuncia, resa ai sensi dell’art. 122 cod. proc. amm., di inefficacia del contratto seguito ad aggiudicazione definitivamente annullata e di subentro del ricorrente nel rapporto contrattuale, essendo tali statuizioni istituzionalmente riservate a quel giudice e precluse all’autorità amministrativa, né potendo configurarsi la violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa in pretesi errori di valutazione dei relativi presupposti (v. in tal senso Cass. Sez. U. 10/09/2019, n. 22568; Sez. U. 05/06/2018, n. 14437).
Nella specie il Consiglio di Stato, annullando il provvedimento di esclusione in danno della RAGIONE_SOCIALE e la successiva aggiudicazione in favore di RAGIONE_SOCIALE e disponendo il subentro nel contratto in favore dell’appellante RAGIONE_SOCIALE non ha affatto decampato dai poteri che tale speciale disposizione gli conferisce in materia ma ne ha fatto piuttosto applicazione.
Le censure che in relazione al modo e agli esiti di tale applicazione sono proposte, nel rappresentare profili di inadeguatezza o contraddittorietà delle motivazioni che la sorreggono non riescono a superare il piano del corretto esercizio di tale potere che è però tema che attiene ai limiti interni dello stesso, come tale estraneo al sindacato rimesso a queste Sezioni Unite dall’art. 111 Cost. riferibile esclusivamente, come detto, al superamento dei limiti esterni del potere medesimo.
8 . L’istanza di decisione ex art. 380bis c.p.c. e la memoria che, come detto, è stata successivamente depositata dal ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis.1 , primo comma, cod. proc. civ., reiterano le tesi
censorie già esposte in ricorso e non offrono argomenti che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio de l motivo che ne è posto a fondamento.
Né alcun argomento contrario alle esposte considerazioni può trarsi dai citati precedenti di Cass. Sez. U. n. 19253 del 2024; Sez. U. n. 2605 del 2021; Sez. U. n. 7295 del 2017, i primi due peraltro relativi a ipotesi affatto diverse da quelle regolate dal citato art. 122 cod. proc. amm., il terzo relativo a questione diversa da quella qui esaminata (superamento -negato dalle Sezioni Unite- dei limiti della giurisdizione del giudice amministrativo ex art. 122, in un caso di declaratoria di inefficacia del contratto conseguente all’annullamento di una gara di appalto).
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Non avendo le parti intimate svolto difese nella presente sede, non v’è luogo a provvedere sulle spese.
11 . Ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. « la Corte … quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 ».
11.1. La genericità del rinvio alle dette disposizioni induce a ritenere che se ne debbano anche osservare i relativi presupposti, con la conseguenza che, per l’applicazione del terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., non sarà sufficiente la sola decisione in conformità alla proposta ma sarà necessaria anche l’esistenza di una pronuncia sulle spese, nella specie, come detto, mancante per la mancata esplicazione di difesa in questa sede da parte degli intimati.
11.2. Da tale presupposto, però, può e deve prescindersi per l’applicazione del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ..
Nonostante anche quest’ultima previsione sia in premessa ancorata alla ricorrenza dei casi di cui al primo, secondo e terzo comma dello stesso art. 96 e, dunque, supponga che la controparte sia costituita, nel caso in esame (ossia quello della decisione conforme alla proposta
ex art. 380bis , terzo comma) appare consentito prescinderne, dal momento che a quei presupposti si sostituisce quello previsto dallo stesso terzo comma dell’art. 380 -bis : vale a dire la definizione del giudizio in conformità alla proposta.
Ove si verifichi tale evenienza il terzo comma dell’art. 380 -bis prevede, infatti, senza mediazione di alcun’altra verifica, l’« applicazione » dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ., utilizzando una locuzione che chiaramente evoca direttamente l’azione performativa che detta norma demanda al giudice, piuttosto che la fattispecie legale da essa presupposta.
Del resto, una diversa interpretazione priverebbe la previsione di cui all’art. 380 -bis , terzo comma, in gran parte se non del tutto di significato, almeno nella parte in cui richiama il quarto comma dell’art. 96, essendo evidente che, anche se quel richiamo mancasse, la Corte, chiamata a pronunciarsi a seguito di istanza di definizione ex art. 380bis , secondo comma, potrebbe comunque pronunciare, « nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma », condanna al pagamento in favore della cassa delle ammende.
L’art. 380 -bis , terzo comma, recupera dunque, in parte qua , un ben distinguibile spazio prescrittivo autonomo, coerente con l’obiettivo della novella, solo ove per la condanna prevista dal richiamato quarto comma dell’art. 96 si prescinda dai casi ivi previsti , in presenza del diverso e autosufficiente presupposto, che a quelli si sostituisce, della decisione conforme alla proposta.
Varrà aggiungere che in favore di tale esegesi militano, da un lato, la ratio della disposizione in esame che, diretta a disincentivare la richiesta di definizione ordinaria a fronte di una proposta di definizione accelerata, prescinde dalla costituzione dell’intimato e non può certo ritenersi meno avvertita nel caso in cui tale costituzione manchi (con il rischio, ad opinare diversamente, di un depotenziamento dell’istituto); dall’altro, il rilievo che quella prevista dal quarto comma dell’art. 96
cod. proc. civ. è sanzione disposta a favore della collettività e non già della parte vittoriosa, come è invece nel caso dell’art. 96, terzo comma (v. in senso conforme, tra le pronunce massimate, Cass. Sez. U. 22/09/2023, n. 27195, Rv. 668850 -01; Cass. 04/10/2023, n. 27947, Rv. 669107; 28/02/2024, n. 5243, Rv. 670413).
12. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente, ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., al pagamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 3.000.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite