Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 18559 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 18559 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15771/2023 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende -controricorrente-
nonché contro PARCO ARCHEOLOGICO DELL’APPIA ANTICA, RAGIONE_SOCIALE -intimati- avverso SENTENZA di CONSIGLIO DI STATO NOME n. 718/2023 depositata il 20/01/2023.
Lette le conclusioni scritte del Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
La vicenda al vaglio, per quel che qui rileva, può sintetizzarsi nei termini di cui appresso.
NOME COGNOME, divenuto proprietario, a séguito di asta giudiziaria, di un fabbricato sito in Roma, INDIRIZZO, in area sottoposta a vincolo paesaggistico-storico-archeologico, presentata domanda di condono edilizio, riguardante preesistenti abusi, all’Amministrazione capitolina, impugnò la determinazione n. 3275 del 23/12/2020, con la quale il Parco Archeologico dell’Appia Antica aveva espresso parere negativo, ai sensi dell’art. 32, l. n. 47/1985.
-Il TAR per la Regione Lazio rigettò l’impugnazione del COGNOME.
-Il Consiglio di Stato disattese l’appello.
Il COGNOME ricorre avverso la sentenza d’appello sulla base di tre motivi.
Resistono con separati controricorsi il RAGIONE_SOCIALE e Roma Capitale.
All’approssimarsi dell’adunanza camerale il ricorrente ha depositato memoria e il P.G., conclusioni scritte, con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il ricorrente assume sussistere i presupposti per annullare la sentenza del Consiglio di Stato per essere, questa, incorsa in eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nel merito amministrativo e, sotto altro profilo, in rifiuto di giurisdizione.
Con il primo motivo, posto a sostegno del dedotto sconfinamento nella sfera riservata all’amministrazione pubblica, viene addebitato alla decisione impugnata di essersi sostituita alla p.a. nelle valutazioni di merito a quest’ultima spettanti (artt. 111 Cost. e 110 cod. proc. amm.).
L’art. 32, l. n. 47/1985, siccome interpretato dall’art. 1, co. 10, l. n. 449/1997, imponeva che la verifica RAGIONE_SOCIALE tutela del vincolo venisse espressa, con valutazione ‘ex post’ di compatibilità con lo
stato dei luoghi, in relazione ai quali vien chiesta la sanatoria, e non già con giudizio ‘ora per allora’.
Il Consiglio di Stato, prosegue il ricorrente, non limitandosi ad affermare la legittimità del parere, ha individuato ragioni ostative non apprezzate dall’organo amministrativo, così finendo per rendere un’autonoma motivazione <>.
Al fine di dimostrare l’assunto il ricorrente evidenzia che la sentenza, dopo avere affermato che <>, aveva soggiunto che tale profilo <>, ed era <>.
Pertanto, sostiene il ricorrente, il Consiglio di Stato, <>.
Per contro, il Parco non aveva mai affermato che la licenza del 1962 fosse stata travolta dal sopraggiunto d.m. 12/6/1986; né avrebbe potuto sostenerlo, stante che i vincoli d’inedificabilità sopraggiunti non possono <>.
Quanto alla mancata demolizione del fabbricato ‘A’, la cui volumetria era stata stornata al fabbricato ‘B’, il parere, soggiunge il ricorrente, si era limitato a evidenziare il maggior impatto paesaggistico e fisico (superiori carichi sul suolo oggetto di tutela archeologica).
In definitiva viene addebitato al Consiglio di Stato di avere statuito <>, così dando vita a un vero e proprio provvedimento amministrativo, che, travalicando il tema RAGIONE_SOCIALE decisione (limitato al giudizio di compatibilità delle opere difformi), aveva finito per affermare l’illegittimità dell’intera cubatura del fabbricato ‘B’, che non era stata contestata dal Parco.
Inoltre, il Consiglio di Stato aveva sostenuto non essere utile prendere in esame i pareri scientifici a riguardo RAGIONE_SOCIALE sovrapponibilità o meno tra fabbricato e sottostanti catacombe, assumendo dirimente quanto prescritto dal d.m. 12/6/1986, che imponeva un vincolo diretto sugli immobili che insistevano sul foglio 916, particella 19, 26, 74 e non essere esigibile o, comunque, determinante l’effettuazione di un numero indeterminabile di ulteriori saggi del terreno. Anche con ciò il Giudice amministrativo si era indebitamente sostituito
all’amministrazione, con l’effetto di precludere l’esame in fatto al fine d’accertare il posizionamento del reticolo catacombale.
Le sintetizzate affermazioni, secondo l’esponente, erano invasive del merito amministrativo, avendo il Consiglio di Stato sostenuto che il vincolo d’inedificabilità di cui al d.m. 14/12/1986 e all’art. 29 del PTP 15/12, imponeva valutazione negativa, a prescindere da ogni altra verifica.
In altri termini il Giudice avrebbe <>. Né si trattava di una valutazione vincolata, ma di veri e propri apprezzamenti riservati alla p.a.
Per contro, pur vero che il Parco era chiamato a valutare le opere abusive anche alla luce del vincolo archeologico e delle prescrizioni del PTP 15/12, ove l’ente avesse tenuto conto del nulla osta del 1965 e RAGIONE_SOCIALE documentazione attestante la posizione del fabbricato, <>. Solo successivamente il Consiglio di Stato avrebbe potuto verificare se la valutazione del Parco, così formulata, potesse o meno giudicarsi legittima.
Con il secondo motivo, a ulteriore implemento del primo, si addebita alla sentenza lo sconfinamento nella sfera riservata all’amministrazione per avere statuito <>.
La sentenza, scrive il ricorrente, sul presupposto che la compatibilità degli abusi doveva confrontarsi con il d.m. 12/6/1986, aveva reputato ultroneo esaminare i documenti di scavo archiviati.
In definitiva, chiosa l’esponente, il Giudice sostiene che il sopravvenire del d.m. 12/6/1986 travolgeva automaticamente la licenza del 1962; affermazione, quest’ultima, mai fatta dal Parco.
Con il terzo motivo il COGNOME addebita al Consiglio di Stato il diniego di giurisdizione per arretramento, essendo venuto meno al <>, avendo <>.
Il ricorso non supera il vaglio d’ammissibilità.
5.1. La sentenza del Consiglio di Stato ha disatteso l’impugnazione del COGNOME, così confermando quella del T.A.R., affermando, in sintesi, che:
-il parere del Parco Archeologico dell’Appia Antica non poteva prescindere, al fine di valutare la domanda di condono edilizio del 31/1/2017, dall’individuazione delle opere realizzate in difformità dall’ultimo titolo edilizio (quello del 1962);
-doveva aversi riguardo alla particolarità dell’area tutelata archeologicamente (anche attraverso vincoli sopravvenuti, come quello archeologico del 1986, per le particelle ove era stata individuata la presenza delle catacombe ebraiche di Vigna Randanini) e dal punto di vista paesaggistico del PTP 15/12 ‘Valle RAGIONE_SOCIALE Caffarella, Appia Antica, Acquedotti’ del 2010;
il T.A.R. aveva correttamente riscontrato essere stati violati sia il titolo edilizio assentito nel 1962, che i vincoli sopra riportati e, pertanto, era legittimo il parere negativo espresso dal Parco;
non potevano assumere rilievo i pareri RAGIONE_SOCIALE Soprintendenza evocati dalla parte privata, a prescindere da altre considerazioni, in quanto tutti precedenti al 1986;
-ultronea era da reputare l’acquisizione di pareri scientifici a riguardo RAGIONE_SOCIALE sovrapponibilità o meno del fabbricato al sottosuolo interessato dalle catacombe, stante che nel 1986 era stato apposto il vincolo sugli immobili insistenti sul foglio 916, particelle 19, 26, 74, il che comportava il dovere di verifica da parte dell’amministrazione RAGIONE_SOCIALE compatibilità dell’intervento edilizio con le ragioni di tutela, dovendosi salvaguardare area assoggettata ad approfondimenti, scavi archeologici e studi; per la medesima ragione doveva disattendersi la pretesa di dar vita a un numero indeterminato di saggi o di approfondite ricerche d’archivio: il parere negativo era bastevole fosse fondato su quanto già acquisito;
-la contestazione delle caratteristiche d’originale ruralità ravvisate dal parere non viene condivisa dal Giudice, pur essendo, tuttavia, assorbente il vincolo archeologico;
richiamando consolidata giurisprudenza dello stesso Giudice amministrativo, viene precisato che il <>; parere che, nel caso in esame, aveva evidenziato il contrasto con il vincolo archeologico (pur sopravvenuto) e con quello paesistico.
5.1.2. A riguardo RAGIONE_SOCIALE denuncia di difetto assoluto di giurisdizione per sconfinamento nel merito amministrativo queste Sez. unite (ord. n. 30582/2021) hanno chiarito che <>.
In altri termini, l’àmbito riservato alla p.a. viene indebitamente invaso dal giudice nel caso in cui questi dia luogo ad apprezzamenti di merito, che concernono, quindi, il se, il quando e il come, non limitandosi (salvo i casi in cui la giurisdizione sia estesa alla valutazione di merito) a verificare la legittimità dell’atto.
Una tale intrusione nel caso in esame non è configurabile, neppure in astratto, essendosi il Giudice limitato a confermare la legittimità dell’atto amministrativo impugnato avuto riguardo all’assetto normativo (d.m. del 1986), al carattere di ruralità del sito, correttamente evidenziato dal parere, senza minimamente sostituirsi al Parco in apprezzamenti di merito in ordine alla compatibilità dell’opera con le esigenza di tutela archeologica e paesistica, limitandosi a esprimere giudizio di legittimità giuridica di un tal parere.
Valutazione, quindi, squisitamente giuridica, che, perciò stesso non può invadere l’apprezzamento discrezionale riservato alla p.a.
5.2. Quanto alla denuncia di denegata giurisdizione deve rilevarsi che qui non è configurabile il prospettato arretramento e la collegata negazione del <>.
La sentenza impugnata non è frutto di denegata giustizia; ben diversamente, il Consiglio di Stato, peraltro in esatta sintonia con l’uso economico degli strumenti processuali, ha ritenuto (con valutazione in questa sede non sindacabile) che taluni approfondimenti istruttori fossero superflui, alla luce RAGIONE_SOCIALE ricognizione delle norme che trovavano applicazione nel caso concreto.
A tutto concedere, anche a volere, in tesi, ipotizzare che il Giudice abbia violato la legge nel negare gli approfondimenti istruttori, resta fermo che le decisioni del Consiglio di Stato, nel rispetto del paradigma di cui all’ultimo comma dell’art. 111 Cost., possono essere cassate o per motivi inerenti alla esistenza stessa RAGIONE_SOCIALE giurisdizione, ovvero quando il giudice amministrativo ne oltrepassi, in concreto, i limiti esterni, realizzandosi la prima ipotesi qualora il giudice eserciti la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (oppure, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale), verificandosi, invece, la seconda ove l’organo di giustizia amministrativa giudichi su materie attribuite alla giurisdizione ordinaria o ad altra e diversa giurisdizione speciale (oppure neghi la propria giurisdizione sull’erroneo presupposto che essa appartenga ad altri), ovvero quando, per materie attribuite alla propria giurisdizione, compia un sindacato di merito pur essendo la propria cognizione rigorosamente limitata alla indagine
di legittimità degli atti amministrativi (ex multis, S.U., n. 8117, 29/03/2017, Rv. 643556).
5.3. In conclusione, siccome precisato dalla Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 6/2018, con la quale è stato disegnato il perimetro dei limiti esterni alla giurisdizione, <>.
Successivamente questa Corte di legittimità non ha mostrato scostamenti, anche con specifico riguardo a dedotte violazioni dei principi eurounitari, da tale pronunciamento, il quale è volto a identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla Costituzione, nonché i presupposti e i limiti del ricorso ex art. 111, comma 8, Cost. (S.U. n. 8311/2019) – cfr., ex multis, S.U. nn. 19244/2021, 15573/2021, 29653/2020, 27770/2020, 25208/2020, 24379/2020, 5589/2020, 34470/2019, 29085/2019, 29082/2019, 22711/2019, 83111/2019, 7926/2019 -.
Le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, in favore dei controricorrenti siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e RAGIONE_SOCIALE qualità RAGIONE_SOCIALE causa, nonché delle attività espletate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M .
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per Roma Capitale in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge e per il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in € 4.000,00, oltre al rimborso delle spese anticipate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni