Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 34786 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 34786 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 1726/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore ing. NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME unitamente ai quali elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio legale NOME COGNOME.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Rogno (BG), alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME -in proprio e quale mandataria della costituenda ATI con le mandanti RAGIONE_SOCIALE, con sede in Gordona (SO), alla INDIRIZZO, RAGIONE_SOCIALE, con sede in Bosisio Parini (LC), alla INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE con sede in Gavirate (VA), al INDIRIZZO, CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO e RAGIONE_SOCIALE con sede in Nembro (BG), alla INDIRIZZO -rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso , dall’ Avvocato NOME COGNOME EMAIL, con domicilio eletto come da registri di giustizia.
–
contro
ricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
-intimata al quale è seguito quello promosso da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Rogno (BG), alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME -in proprio e quale mandataria della costituenda ATI con le mandanti RAGIONE_SOCIALE, con sede in Gordona (SO), alla INDIRIZZO, RAGIONE_SOCIALE, con sede in Bosisio Parini (LC), alla INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE con sede in Gavirate (VA), al INDIRIZZO, CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO e RAGIONE_SOCIALE con sede in Nembro (BG), alla INDIRIZZO -rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso , dall’ Avvocato NOME COGNOME EMAIL, con domicilio eletto come da registri di giustizia.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore ; RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
-intimati – avverso la sentenza del CONSIGLIO DI STATO, n. 11596/2022, pubblicata il 29 dicembre 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 10/12/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili entrambi
i ricorsi.
FATTI DI CAUSA
Con bando di gara pubblicato in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 23 dicembre 2020 e nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 22 dicembre 2020, ARAGIONE_SOCIALE indisse una procedura aperta, da aggiudicare sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dell’Accordo Quadro quadriennale per l’esecuzione dei lavori di risanamento strutturale ed impiantistico delle gallerie suddiviso in 18 lotti.
1.1. All’esito delle operazioni di gara , risultò primo classificato in graduatoria il raggruppamento temporaneo di impresa RAGIONE_SOCIALE con il punteggio di 79,513 punti e con il ribasso offerto dell’11,56% , e secondo il RAGIONE_SOCIALE con il punteggio di 76,345 punti e con il ribasso offerto di 16, 232%.
Quest’ultimo, c on ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia impugnò il provvedimento di aggiudicazione.
2.1. Si costituirono RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nella qualità indicata in epigrafe, quest’ultima propone ndo pure ricorso incidentale con il quale lamentò l’illegittimità dell’ammissione della ricorrente alla procedura di gara per carenza del possesso in proprio, in capo alle consorziate indicate dal
RAGIONE_SOCIALE per l’esecuzione delle prestazioni (San Paolo, Alpin e Gimaco), dei requisiti di partecipazione richiesti dalla legge di gara.
2.2. L’adito Tribunale , con sentenza del 16 febbraio 2022, n. 365, accolse il ricorso principale e respinse quello incidentale.
Giudici RAGIONE_SOCIALE nella qualità indicata in epigrafe, promosse appello avverso tale decisione e nel relativo procedimento si costituirono RAGIONE_SOCIALE proponendo anche gravame incidentale, e RAGIONE_SOCIALE
3.1. Con sentenza del 29 dicembre 2022, n. 11596, il Consiglio di Stato, definendo le impugnazioni suddette, ne accolse, in parte, solo quello principale « e, per gli effetti, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia n. 365/2022 », accolse « il ricorso incidentale proposto in primo grado da RAGIONE_SOCIALE » e compensò « tra tutte le parti in causa le spese del doppio grado del giudizio ».
3.2. Per quanto di interesse in questa sede, quel giudice:
i ) disattese la doglianza con cui era stata contestata la sentenza di primo grado per aver escluso che le imprese avessero validamente dichiarato la volontà di ricorrere al subappalto cd. necessario. Osservò, in proposito, in primo luogo, che, « Nella dichiarazione resa alla stazione appaltante al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di gara, il r.t.i. Giudici dichiarava la sua intenzione di ricorrere al subappalto c.d. necessario (o qualificante) esclusivamente per le categorie di lavori OS3, OS9 e OS19, laddove, invece, per la categoria OG11 (così come per la categoria OG4) dichiarava di voler ricorrere al subappalto ‘nei limiti massimi di legge’. In questo modo, il raggruppamento marcava una netta distinzione tra le varie categorie di lavori dichiarandosi sfornito dei requisiti per quelle in relazione alle quali richiamava il subappalto qualificante e non per le altre, tra le quali la categoria OG11 di interesse al presente giudizio. Per quest’ultima il dichiarato ricor so al solo subappalto (e, dunque non a quello qualificante) presupponeva il possesso integrale dei requisiti di qualificazione, che, in questo modo, veniva offerto alla stazione appaltante ». Rimarcò, poi, che « La giurisprudenza amministrativa ha già esaminato vicende analoghe –
in cui, cioè, l’operatore economico non aveva dichiarato di voler ricorrere al subappalto cd. necessario per acquisire requisiti tecnico/professionali non posseduti, salvo, poi, in un secondo momento integrare la sua dichiarazione ed esprimere l’intenzione di farvi affidamento ed ha espresso un chiaro convincimento, che vale a superare ogni altra argomentazione spesa dalle appellanti: il concorrente non è tenuto ad indicare il nominativo del subappaltatore già in sede di offerta, ma è tenuto senz’altro a dichiarare la volontà di ricorrere al subappalto per supplire al requisito di qualificazione mancante ». Precisò, inoltre, che « La mancata dichiarazione della volontà di far ricorso al subappalto cd. necessario non può essere oggetto di soccorso istruttorio una volta che la stazione appaltante abbia accertato la carenza dei requisiti di partecipazione coerenti con la percentuale di lavori ch e l’impresa s’è impegnata a realizzare ». Opinò, infine, che, « Escluso che le imprese componenti il sub-raggruppamento deputato ad eseguire i lavori rientranti nella categoria OG11 potessero far ricorso al subappalto necessario per acquisire i requisiti di partecipazione mancanti, resta da verificare se la classifica posseduta dovesse ritenersi incrementata del quinto in virtù dell’art. 61, comma 2, primo periodo, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, a mente del quale ‘La qualificazione in una categoria abilita l’ impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto’. Anche per tale profilo la sentenza di primo grado merita conferma. Al Consorzio stabile RAGIONE_SOCIALE era precluso l’aumento del quinto della pro pria classifica dal divieto posto dall’ultimo periodo dell’art. 61, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010 per il quale: ‘nel caso di imprese raggruppate o consorziate la disposizione non si applica alla mandataria ai fini del conseguimento del requisito minimo d i cui all’articolo 92, comma 2’, vale a dire ai fini del raggiungimento del requisito di partecipazione nella misura del 40 per cento dell’importo dei lavori. A prescindere, infatti, dal ruolo assunto all’interno del sub-raggruppamento -se cioè potesse effettivamente assurgere alla qualifica di mandataria, questione, come si è visto, ormai superata -una volta ritenuto precluso il ricorso al subappalto necessario, l’incremento del quinto risultava
per il Consorzio indispensabile ad acquisire il requisito di partecipazione nella misura del 40 per cento, ovvero nella percentuale di lavori che si era impegnato ad eseguire in quella categoria »;
ii ) affermandosi « consapevole dei diversi orientamenti maturati » sulla questione concernente « se alla consorziata designata per l’esecuzione dei lavori fosse richiesto il possesso dei requisiti speciali di partecipazione previsti dal disciplinare di gara oppure se fosse solo il consorzio, eventualmente giovandosi del c.d. cumulo alla rinfusa, a dover essere in possesso dei predetti requisiti» , intese aderire all’interpretazione dell’art. 47 del d.lgs. n. 50 del 2016 data nella sua sentenza del 22 agosto 2022, n. 7360. In particolare, « Nel rinviare alla motivazione della stessa per l’enunciazione del ragionamento che conforta la decisione », ne richiamò le conclusioni cui la stessa era pervenuta, in particolare valorizzandone quella per cui: « il consorzio può, in sede evidenziale, designare, per l’esecuzione del contratto, una o più delle imprese consorziate (che, in tal caso, partecipano direttamente alla gara, concorrendo alla sostanziale formulazione dei tratti, anche soggettivi, dell’offerta ed assumendo, in via solidale, la responsabilità per l’esatta esecuzione, ancorché la formalizzazione del contratto sia rimessa al consorzio, che è parte formale: cfr., ancora, Cons. Stato, ad. plen., n. 5/2021 cit.); e) in tal caso (che è quello in cui si sussume la vicenda di specie) è necessario che le imprese designate possiedano e comprovino (con la ribadita salvezza dei, limitati e specifici, casi di qualificazione cumulativa) i requisiti, tecnici e professionali, di partecipazione» . Ritenne, pertanto, che, « Ai fini del presente giudizio, rileva in particolare quanto precisato nel punto sub e) della sentenza citata: le consorziate designate come esecutrici dei lavori devono essere in possesso (e comprovare) dei requisiti tecnico -professionali richi esti per l’esecuzione dei lavori. Siccome è pacifico in atti che le tre consorziate designate dal RAGIONE_SOCIALE non fossero in possesso delle attestazioni di qualificazione SOA per tutte le categorie di lavori previste dal disciplinare di gara, lo stesso andava escluso dalla procedura di gara ».
Per la cassazione di questa sentenza, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso affidato ad un motivo, cui ha resistito, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale mandataria della costituenda ATI con le mandanti RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE società consortile a r.l. e RAGIONE_SOCIALE, invece, non ha svolto difese in questa sede.
4.1. Contro la medesima sentenza, poi, RAGIONE_SOCIALE in proprio e nella indicata qualità, ha promosso autonomo ricorso, con un motivo, ma entrambe le parti destinatarie della sua notificazione non vi hanno resistito, rimanendo solo intimate.
4.2. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibili entrambi i ricorsi suddetti.
RAGIONE_SOCIALE in proprio e nella indicata qualità, e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo d el proprio ricorso, rubricato « Violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo per ‘sconfinamento’ nell’area riservata al legislatore. Violazione degli artt. 103, 113, 24 Cost. » , RAGIONE_SOCIALE premette che, « nell’attuale assetto normativo, vieppiù alla luce della normativa transitoria all’uopo dettata per i Consorzi Stabili , questi ultimi partecipano alle gare sempre in quanto tali e possono farlo sia prevedendo di eseguire i lavori in proprio con la propria organizzazione di impresa, sia designando imprese consorziate quali imprese esecutrici. In tale seconda ipotesi, è altrettanto pacifico che mentre i requisiti generali (cd. morali) devono essere posseduti da tutti i soggetti che vengono in contatto con la PA e quindi anche dalle imprese esecutrici pur non essendo queste concorrenti (come, del resto, avviene per i progettisti designati o per gli ausiliari o per i subappaltatori, soggetti tutti che non sono concorrenti ma devono avere i requisiti morali per entrare legittimamente in contatto con la
PA), quanto, invece, ai requisiti tecnici, unico soggetto concorrente è e resta il Consorzio anche quando designa per l’esecuzione sue imprese consorziate che a questi fini agiscono quale sua mera articolazione interna. Pertanto, i requisiti tecnici si verificano esclusivamente in capo al Consorzio che, a sua volta, li acquisisce, sia mediante la propria attività di impresa, sia con il cd. cumulo alla rinfusa, nel senso che ai fini della sua qualificazione spende a pieno titolo i requisiti di tutte le imprese consorziate ». Muovendo da tale assunto, il ricorrente sostiene, poi, che la modalità prescelta dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE per prendere parte alla procedura de qua « è senza dubbio legittima e conforme alle disposizioni attualmente vigenti, essendo l’esponente munito di regolare attestazione SOA nelle categorie richieste dalla lex specialis ai fini dell’ammissione in gara, né potendosi pretendere analoga dimostrazione da parte delle consorziate designate in gara », e che « La sentenza gravata merita di essere cassata venendo in rilievo, , una evidente violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo, per aver il Consiglio di Stato: completamente tralasciato di considerare la disciplina transitoria tuttora in vigore, in virtù della quale il cd. cumulo alla rinfusa (anche) dei requisiti di qualificazione SOA trova ancora piena applicazione, non essendo mai stato detto regime limitato alla (sola) sommatoria delle attrezzature, dei mezz i d’opera e dell’organico medio (di cui all’art. 47, comma 1, del Codice); riscritto per tale via le norme del Codice dei Contratti, nel senso di prevedere un nuovo regime di qualificazione dei consorzi mai previsto, importante, peraltro, la duplicazione dei requisiti in capo a consorzio e consorziata, entrambi soggetti concorrenti nella prospettazione (erronea) del Giudice di appello e, come tali, tenuti a dimostrare il possesso di idonea attestazione SOA; declinato, sulla base di tali premesse e mediante un’inammissibile produzione normativa, talune regole partecipative del consorzio stabile e delle consorziate che non trovano riscontro alcuno nella normativa allo stato vigente. A ciò consegue una indiscutibile attività di produzione normativa da parte del Giudice amministrativo, come tale inammissibile ». La censura è specificamente rivolta contro il capo della decisione oggi impugnata in cui il
Consiglio di Stato, ritenendo di aderire alle conclusioni già espresse dalla propria precedente pronuncia n. 7360 del 2022, ha opinato che, « Siccome è pacifico in atti che le tre consorziate designate dal RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione non fossero in possesso delle attestazioni di qualificazione SOA per tutte le categorie di lavori previste dal disciplinare di gara, lo stesso andava escluso dalla procedura di gara ».
2. Con l’unico motivo del suo ricorso, invece, rubricato « Violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo per eccesso di potere giurisdizionale e invasione dell’area riservata al legislatore; Violazione degli artt. 103, 113, 24 Cost. in relazione agli artt. 55, 60 e 120 c.p.a., 80, 48, c. 7, 51 e 32, c. 7, del D.Lgs. n. 50 del 2016, artt. 61 e 92 dpr 207/2010 », RAGIONE_SOCIALE, in proprio e nella indicata qualità, sostiene che « Il Consiglio di Stato ha superato i limiti della sua giurisdizione, con una pronuncia -in parte qua -abnorme nella misura in cui, accogliendo il ricorso incidentale della controinteressata, teso alla espressamente avanzata richiesta conservativa del provvedimento impugnato, ha concretamente disposto l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione ». La medesima ricorrente, rivolgendo la propria censura contro il capo della decisione oggi impugnata che l’ha vista soccombente in relazione al suo primo motivo di gravame (concernente la questione del possesso dei requisiti di qualificazione in capo alle imprese componenti il raggruppamento in misura corrispondente alle quote di esecuzione per le quali avevano dichiarato di impegnarsi e, in particolare, la contestazione della sentenza di primo grado per aver escluso che le imprese avessero validamente dichiarato la volontà di ricorrere al subappalto cd. necessario), ascrive al Consiglio di Stato di avere « completamente tralasciato di considerare che la mancanza in una dichiarazione di subappalto di qualunque riferimento all’istituto del subappalto qualificante non è dirimente e non può, di per sé, determinare l’irregolarità dell’offerta a fini espulsivi del concorrente dalla gara, né l’esclusione dalla gara del concorrente può legittimamente discendere dal fatto che lo stesso, in sede di offerta, non abbia qualificato come necessario il subappalto; riscritto per tale via le norme del
Codice dei Contratti, nel senso di prevedere un nuovo regime di qualificazione in via interpretativa; declinato, sulla base di tali premesse e mediante un’inammissibile produzione normativa, talune regole partecipative del RTI che non trovano riscontro studio legale alcuno nella normativa allo stato vigente ». In altri termini, il giudice di appello, « sostituendosi inammissibilmente al legislatore, ha completamente riscritto le norme attualmente vigenti, dal momento che: i) ha superato, senza nemmeno citarlo, il quadro normativo europeo; ii) ha introdotto il principio, non positivizzato, secondo cui, ai fini della qualificazione nelle categorie scorporabili non possedute dalla mandataria, possa sopperirsi mediante il ricorso al subappalto necessario o qualificante a condizione che l’operatore economico espressamente qualifichi come necessario o qualificante il subappalto al quale fa ricorso per sopperire al difetto di qualificazione; iii) e, infine, nella norma così illegittimamente creata dal Consiglio di Stato, pervenendo in palese eccesso di potere giurisdizionale, all’annullamento di un provvedimento che a seguito dell’accoglimento del ricorso incidentale, non può essere eliminato dall’ordinamento ».
Allo scrutinio di tali doglianze giova premettere che, come ancora recentemente ricordato da Cass., SU, nn. 23849 e 23850 del 2024, l’eccesso di potere giurisdizionale, denunciabile con il ricorso dinanzi al giudice di legittimità, deve riferirsi alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, che vanno individuate, secondo consolidato orientamento delle Sezioni Unite, e nel limes segnato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 18 gennaio 2018, n. 6, nell’ipotesi in cui un giudice speciale afferm i la propria giurisdizione nella sfera invece riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero quando la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento), ed, ancora, nelle ipotesi in cui sia riscontrabile il difetto relativo di giurisdizione, ossia quando il giudice abbia violato i cd. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra
giurisdizione speciale, ovvero negando la cognizione sull’erroneo presupposto dell’appartenenza della giurisdizione ad altro giudice. L’alveo del controllo sul rispetto della giurisdizione non si estende, invece, ad asserite violazioni di legge, sostanziale o processuale, concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale ( cfr. ex aliis , Cass., SU, n. 8311 del 2019; Cass., SU, nn. 19675 e 27770 del 2020; Cass., SU, n. 15573 del 2021; Cass., SU, n. 14301 del 2022; Cass., SU, n. 5862 del 2023).
4. Nel caso di specie, entrambe le parti ricorrenti, contestando, per quanto di rispettivo interesse, i capi della pronuncia della pronuncia oggi impugnata di cui si è dato ampiamente conto nel paragrafo 3.2. dei ‘ Fatti di causa ‘ (da intendersi qui riportato per intuibili ragioni di sintesi) , hanno ritenuto, come si è già detto in precedenza: i ) RAGIONE_SOCIALE che il Consiglio di Stato, nell’aderire alle conclusioni di cui alla sua precedente pronuncia n. 7360 del 2022, facendone concreta applicazione nella odierna vicenda, ha completamente tralasciato di considerare la disciplina transitoria tuttora in vigore, in virtù della quale il cd. cumulo alla rinfusa (anche) dei requisiti di qualificazione SOA trova ancora piena applicazione, non essendo mai stato detto regime limitato alla (sola) sommatoria delle attrezzature, dei mezzi d’opera e dell’organico medio (di cui all’art. 47, com ma 1, del Codice); riscritto per tale via le norme del Codice dei Contratti; declinato, sulla base di tali premesse e mediante un’inammissibile produzione normativa, talune regole partecipative del consorzio stabile e delle consorziate che non trovano riscontro alcuno nella normativa allo stato vigente; ii ) RAGIONE_SOCIALE.p.a., in proprio e nella indicata qualità (rimasta soccombente sulla questione del possesso dei requisiti di qualificazione in capo alle imprese componenti il raggruppamento in misura corrispondente alle quote di esecuzione per le quali avevano dichiarato di impegnarsi, in particolare, per avere il giudice di primo grado escluso che le imprese avessero validamente dichiarato la volontà di ricorrere al subappalto cd. necessario), che il Consiglio di Stato, sostituendosi inammissibilmente al legislatore, ha completamente riscritto le norme attualmente vigenti, dal
momento che: i ) ha superato, senza nemmeno citarlo, il quadro normativo europeo; ii ) ha introdotto il principio, non positivizzato, secondo cui, ai fini della qualificazione nelle categorie scorporabili non possedute dalla mandataria, possa sopperirsi mediante il ricorso al subappalto necessario o qualificante a condizione che l’operatore economico espressamente qualific hi come necessario o qualificante il subappalto al quale fa ricorso per sopperire al difetto di qualificazione.
4.1. Le menzionate ricorrenti, dunque, lamentano entrambe, per quanto di rispettivo interesse, un preteso sconfinamento dai propri poteri da parte del giudice amministrativo nella misura in cui quest’ultimo , ha « declinato , « mediante un’inammissibile produzione normativa, talune regole partecipative del consorzio stabile e delle consorziate che non trovano riscontro alcuno nella normativa allo stato vigente » ( cfr . pag. 8 del ricorso di RAGIONE_SOCIALE) oppure, « sostituendosi inammissibilmente al legislatore, ha completamente riscritto le norme attualmente vigenti» ( cfr . pag. 24 del ricorso di Giudici s.p.a.).
4.2. Le loro difese, tuttavia, benché suggestive, si infrangono sulla semplice constatazione che il giudice amministrativo: i ) da un lato, ha fatto concreta applicazione di un indirizzo ermeneutico già emerso nella propria giurisprudenza (il riferimento è alla sentenza del Consiglio di Stato n. 7360 del 2022) al fine di disattendere l’assunto su cui oggi mostra di insistere RAGIONE_SOCIALE (secondo cui il consorzio stabile -quale unico concorrente e contraente, anche quando designi in gara una consorziata esecutrice -si qualifica in proprio producendo un’attestazione SOA a sé stesso intestata e conseguita da una società di attestazione SOA, che verifica il cd. ‘ cumulo alla rinfusa ‘, ossia la sommatoria dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, nonché dei mezzi e del personale di tutte le consorziate; corrispondentemente, ai fini dell’ammissione alla gara e dell’esecuzione, unico soggetto tenuto a dimostrare il possesso dei requisiti di qualificazione SOA è il consorzio stesso, nulla dovendo comprovare la consorziata designata; peraltro, come per qualsiasi operatore economico, il possesso
dell’attestazione SOA è requisito necessario e sufficiente per partecipare alla gara. Cfr . pag. 2 del suo ricorso), basato sull’avvenuta cristallizzazione, nella giurisprudenza amministrativa, della valenza dell’istituto del cumulo alla rinfusa, che consiste nella possibilità, per i consorzi stabili, di qualificarsi nelle gare di affidamento di appalti pubblici utilizzando i requisiti delle proprie consorziate; ii ) dall’altro, ha valorizzato la circostanza che, nella dichiarazione resa alla stazione appaltante al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di gara, il r.t.i. RAGIONE_SOCIALE aveva dichiarato la sua intenzione di ricorrere al subappalto cd. necessario (o qualificante) esclusivamente per le categorie di lavori OS3, OS9 e OS19, laddove, invece, per la categoria OG11 (così come per la categoria OG4) aveva affermato di voler ricorrere al subappalto ‘ nei limiti massimi di legge ‘. In questo modo, il raggruppamento aveva marcato una netta distinzione tra le varie categorie di lavori dichiarandosi sfornito dei requisiti per quelle in relazione alle quali richiamava il subappalto qualificante e non per le altre, tra le quali la categoria OG11 di interesse al presente giudizio. Per quest’ultima , il dichiarato ricorso al solo subappalto (e, dunque non a quello qualificante) presupponeva il possesso integrale dei requisiti di qualificazione, che, in questo modo, veniva offerto alla stazione appaltante. Inoltre, ha ricordato che la giurisprudenza amministrativa aveva già esaminato vicende analoghe -in cui, cioè, l’operatore economico non aveva dichiarato di voler ricorrere al subappalto cd. necessario per acquisire requisiti tecnico-professionali non posseduti, salvo, poi, in un secondo momento, integrare la sua dichiarazione ed esprimere l’intenzione di farvi affidamento ed aveva espresso un chiaro convincimento, « che vale a superare ogni altra argomentazione spesa dalle appellanti: il concorrente non è tenuto ad indicare il nominativo del subappaltatore già in sede di offerta, ma è tenuto senz’altro a dichiarare la volontà di ricorrere al subappalto per supplire al requisito di qualificazione mancante. . La mancata dichiarazione della volontà di far ricorso al subappalto cd. necessario non può essere oggetto di soccorso istruttorio una volta che la stazione appaltante abbia accertato la carenza dei requisiti di
partecipazione coerenti con la percentuale di lavori che l’impresa s’è impegnata a realizzare » ( cfr. pag. 10-12 della sentenza impugnata). Infine, una volta escluso che le imprese componenti il sub -raggruppamento deputato ad eseguire i lavori rientranti nella categoria OG11 potessero far ricorso al subappalto necessario per acquisire i requisiti di partecipazione mancanti, ha negato che la possibilità classifica da esse posseduta (in particolare da RAGIONE_SOCIALE dovesse ritenersi incrementata del quinto in virtù dell’art. 61, comma 2, primo periodo, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, a mente de l quale ‘ La qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto ‘. Secondo il Consiglio di Stato, invero, « Al Consorzio stabile RAGIONE_SOCIALE era precluso l’aumento del quinto della propria classifica dal divieto posto dall’ultimo periodo dell’art. 61, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010 per il quale: ‘nel caso di imprese raggruppate o consorziate la disposizione non si applica alla mandataria ai fini del conseguimento del requisito minimo di cui all’articolo 92, comma 2’, vale a dire ai fini del raggiungimento del requisito di partecipazione nella misura del 40 per cento dell’importo dei lavori. A prescindere, infatti, dal ruolo assunto all’interno del sub-raggruppamento -se cioè potesse effettivamente assurgere alla qualifica di mandataria, questione, come si è visto, ormai superata -una volta ritenuto precluso il ricorso al subappalto necessario, l’incremento del quinto risultava per il Consorzio indispensabile ad acquisire il requisito di partecipazione nella misura del 40 per cento, ovvero nella percentuale di lavori che si era impegnato ad eseguire in quella categoria » ( cfr . pag. 12 della medesima sentenza).
4.3. Si è al cospetto, quindi, in relazione a questo secondo profilo, di un accertamento di natura sostanzialmente fattuale, rispetto al quale la non condivisione delle conclusioni raggiunte è indifferente ai fini della verifica del corretto esercizio della funzione di controllo giurisdizionale demandata al giudice amministrativo. Ma, soprattutto, emerge con evidenza, quanto al precedente primo profilo, che, quand’anche fosse stato commesso un errore
di interpretazione o di corretta applicazione alla fattispecie delle norme sostanziali, la sentenza avrebbe potuto essere denunciata per errores in iudicando , il che avrebbe posto le contestazioni ancora nell’alveo dei limiti interni della giurisdizione demandata al Consiglio di Stato. Questo però, non intacca affatto la giurisdizione e non può pertanto coinvolgere la Corte di legittimità, ai sensi dell’art. 362 cod. proc. civ. e 111, comma 8, Cost.
4.4. In altri termini, così argomentando, il giudice amministrativo non ha affatto introdotto nell’ordinamento norme che prima non vi erano -nel che risiederebbe il preteso sconfinamento nel terreno riservato al legislatore -ma, muovendo dal dato normativo esistente e da un orientamento interpretativo dello stesso puntualmente richiamato ed esaminato, ha proceduto ad una normale operazione di ermeneutica normativa: tale essendo quella mediante la quale il giudicante estrae la voluntas legis , oltre che dal dato letterale delle singole disposizioni, anche dalla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela. « Si può naturalmente sempre discutere circa la maggiore o minore condivisibilità degli esiti ai quali una siffatta operazione interpretativa conduce in ciascun caso concreto , ma ciò potrebbe al più mettere capo alla denuncia di un error in iudicando , non certo ad individuare la violazione dei limiti esterni della giurisdizione del Consiglio di Stato; e non occorre aggiungere che, invece, solo di una tale violazione è consentito dolersi in questa sede » ( cfr . pag. 5-6 della motivazione di Cass., SU, n. 22784 del 2012).
4.5. Da quanto fin qui esposto emerge chiara, dunque, la impraticabilità del tentativo di configurare un eccesso di potere ai danni del legislatore rinvenendolo in una attività di individuazione interpretativa, dovendosi altresì rimarcare che, con riguardo ai limiti al sindacato delle Sezioni Unite sulle decisioni del Consiglio di Stato, si è già opinato ( cfr ., in motivazione, Cass., SU, n. 27341 del 2014) che « l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è figura di rilievo affatto teorico, in quanto – dovendosi ipotizzare che il giudice applichi, non già la norma esistente, ma una norma all’uopo creata – detto eccesso potrebbe
ravvisarsi solo a condizione di poter distinguere un’attività di produzione normativa inammissibilmente esercitata dal giudice, da un’attività interpretativa; attività quest’ultima certamente non contenibile in una funzione meramente euristica, ma risolventesi in un’opera creativa della volontà della legge nel caso concreto (Cass., S.U., n. 20698 del 2013, cit.) ».
Ragioni di completezza, infine, impongono due ulteriori precisazioni.
5.1. Innanzitutto, che, alla luce della già citata sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 2018, appare rafforzato il giudizio d’implausibilità dell’orientamento giurisprudenziale che faceva leva sulla rilevante gravità dell’errore interpretativo, sulla decisione ” abnorme ” o ” anomala ” o sullo ” stravolgimento delle regole ” desumibili dalle norme di riferimento, a volte definito ” radicale “, allo scopo di fuoriuscire dall’ambito della violazione di legge e rendere sindacabili, per motivi inerenti alla giurisdizione, fattispecie concrete altrimenti non scrutinabili. Invero, come di recente osservato da Cass., SU, n. 8800 del 2024, « l’eccesso di potere per sconfinamento del giudice amministrativo nell’ambito riservato alla potestà del legislatore costituisce una evenienza estrema e al contempo marginale nell’esperienza del diritto, che è nella legge, ma anche nell’applicazione ed interpretazione che ne danno i giudici, ragion per cui se il giudice amministrativo ha compiuto un’attività ricostruttiva del sistema interpretando la norma in un certo senso, l’eventuale errore dallo stesso commesso non potrà trasmodare in eccesso di potere sindacabile da queste Sezioni Unite. Con l’ulteriore precisazione, anch’essa patrimonio del diritto vivente, che la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto Europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111, comma ottavo, Cost., atteso che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice
speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione (Cass., S.U., n. 32773/2018; Cass., S.U., 10087/2020; Cass., S.U., n. 19175/2020) ». Pertanto, non si è davanti ad una violazione dei limiti esterni della giurisdizione le volte in cui il giudice speciale od ordinario individui una regula iuris facendo uso dei poteri di rinvenimento della norma applicabile attraverso la consueta attività di interpretazione anche analogica del quadro delle norme ( cfr., ex aliis , Cass. n. 20698 del 2013; Cass., SU, nn. 24411 e 2068/2011; n. 20698/2013).
5.2. In secondo luogo, che la qui prospettata conclusione in punto di inammissibilità di entrambi i ricorsi, per inconfigurabilità dell’eccesso di potere come rispettivamente dedotto da entrambe le parti ricorrenti, non può certo mutare per il fatto che successive pronunce del Consiglio di Stato, anche in sede di adunanza plenaria, abbiano eventualmente aderito, in sostanza, alle argomentazioni di una di esse (nella specie, di RAGIONE_SOCIALE). Tanto integra, infatti, un’evenienza normale e fisiologica nell’evoluzione e nel progressivo consolidamento della giurisprudenza e non travalica i limiti esterni della giurisdizione del plesso giurisdizionale il fatto che un contrasto giurisprudenziale sia stato composto con l’abbandono delle soluzioni adottate dalla sentenza gravata, né la circostanza che siano state adottate soluzioni giurisprudenziali con altre contrastanti e poi superate dal componimento istituzionale del contrasto stesso ( cfr . Cass., SU, n. 30301 del 2017).
5.3. Va ribadito, da ultimo, che neppure potrebbe dirsi violato alcun limite esterno della giurisdizione per l’eventuale, asserita, inosservanza del diritto eurounitario o per il mancato rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, né tanto meno – disporsi in questa sede il rinvio non disposto dal giudice amministrativo.
6. In definitiva, i ricorsi di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, in proprio e nella indicata qualità indicata in epigrafe, devono essere dichiarati inammissibili, potendosene interamente compensare tra le parti costituite le rispettive spese di questo giudizio di legittimità ravvisandosene i
presupposti di cui all’art. 92 , comma 2, cod. proc. civ., come integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 77 del 2018.
6.1. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascuna delle menzionato ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi autonomamente promossi da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale mandataria della costituenda ATI con le mandanti RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE società consortile a r.l. e RAGIONE_SOCIALE
Compensa interamente tra le parti costituite le spese di questo giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di ciascuna delle menzionate parti ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il rispettivo ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili