Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 1626 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 1626 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 9556/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE quale incorporante di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DI MILANO (già Provincia di Milano), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura speciale in atti;
– controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in atti;
– controricorrente ad adiuvandum –
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza n. 8849/2022 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 18/10/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.1.- Con due distinti ricorsi in appello, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (rg. n. 5610 del 2015) e RAGIONE_SOCIALE (rg. n. 5809 del 2015), premessa a vario titolo la loro legittimazione sostanziale e processuale (RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE in quanto venditrici dell’in tero pacchetto azionario della RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE e quest’ultima in quanto incorporante la RAGIONE_SOCIALE), avevano impugnato dinanzi al Consiglio di Stato, per motivi in gran parte convergenti, la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia n. 2878 del 2014, che aveva respinto i ricorsi di prime cure dagli stessi proposti per l’annullamento della nota del 17 giugno 2009 con cui la Provincia di Milano aveva riscontrato negativamente la comunicazione (del 17 aprile 2009) della RAGIONE_SOCIALE (in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE di ritenersi libera da ogni obbligazione contratta con l’atto unilaterale d’obbligo sottoscritto da RAGIONE_SOCIALE nel novembre 2006, contestualmente richiedendo la restituzione della polizza fideiussoria rilasciata.
In entrambi i gravami si era costituita per resistere, la Città Metropolitana di Milano e, nel ricorso n.5809/2015, anche RAGIONE_SOCIALE in adesione dell’appellante RAGIONE_SOCIALE
1.2.- Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha respinto gli appelli riuniti, confermando la sentenza appellata e disponendo la compensazione delle spese di giudizio.
In particolare, il Consiglio di Stato ha premesso che:
In sede di conferenza di servizi ex art. 9 del d.lgs. n.114/98, volta all’esame del rilascio in favore di RAGIONE_SOCIALE dell’autorizzazione commerciale per l’apertura di una grande struttura di vendita (posta al confine fra i comuni di Gessate e di Bellinzago), il rilascio dell’autorizzazione era stato subordinato alla sottoscrizione (avvenuta in data 23 novembre 2006) di un atto unilaterale d’obbligo da parte della società RAGIONE_SOCIALE , che aveva assunto l’impegno di realizzare la variante alla strada provinciale ‘ex SS 11 padana superiore’, in località INDIRIZZO di Gessate (per un importo stimato in € 3.888.664).
Tale opera era stata appositamente individuata al fine di mitigare l’impatto ambientale e sulla viabilità prevedibilmente correlat o all’apertura del nuovo centro commerciale.
-L’atto d’obbligo prevedeva che la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva della variante sarebbe stata predisposta a cura dell’impresa. L’approvazione del progetto esecutivo e la messa a disposizione delle aree, da parte della Provincia di Milano, sarebbero dovute intervenire entro il 30 novembre 2008, salva la possibilità di una proroga biennale in caso di impedimento non imputabile alla medesima amministrazione, e salva la facoltà di richiedere il pagamento dell’importo stimato in euro 3.888. 664 in luogo della realizzazione della strada nel caso di mancata approvazione del progetto o mancata messa a disposizione delle aree, in ogni caso entro il 31 dicembre 2010.
La Provincia, in vista della scadenza biennale, aveva inteso avvalersi della facoltà di proroga.
Tuttavia, RAGIONE_SOCIALE nella qualità di procuratrice della società RAGIONE_SOCIALE, con nota del 16 aprile 2009 aveva dichiarato di ritenersi libera da ogni obbligazione contratta con l’atto d’obbligo; a ciò la Provincia di Milano aveva replicato con la nota del 17 giugno 2009, oggetto dell’impugnazione, che gli obblighi assunti nel novembre 2006 dovevano ritenersi ancora validi ed aveva reclamato il pagamento degli importi concordati.
Il TAR Lombardia aveva respinto il ricorso proposto dalle Società con domanda di annullamento delle repliche formulate dalla Provincia, ritenendo che « deve escludersi che le obbligazioni dedotte nell’atto d’obbligo si siano estinte in ragione della sopravvenuta impossibilità di realizzazione diretta dell’opera da parte della Gercom, in quanto quest’ultima non era l’unica modalità attuativa del patto».
-Le società interessate avevano impugnato la prima decisione denunciandone l’erroneità.
Il Consiglio di Stato ha, quindi, respinto il gravame e ritenuto determinante, ai fini della decisione, «l’esame dell’atto unilaterale d’obbligo, secondo cui l’approvazione del progetto esecutivo e la messa a disposizione delle aree sarebbero dovute intervenire entro il 30 novembre 2008, salva proroga biennale in caso di impedimento non imputabile alla Provincia di Milano, e decorsa la data del 30 novembre 2008 o, in caso di proroga biennale quella del 30 novembre 2010, senza l’approvazione del progetto e/o la disponibilità delle aree, la Provincia avrebbe potuto chiedere, in luogo dell’esecuzione diretta della variante, il versamento dell’importo di euro 3.888.664,00 entro il termine perentorio del 31 dicembre 2008, ovvero del 31 dicembre 2010 nel caso di proroga.» ed ha affermato che «Ne risulta confermata la lettura data dalla sentenza appellata, secondo cui si evince chiaramente che l’impresa, alternativamente alla realizzazione diretta della variante, si era espressamente obbligata a sostenere ‘per equivalente’ il peso economico dell’intervento, corrispondente all’importo di € 3.888.664,00 e nei soli limiti di tale importo.
Del resto, in considerazione dell’assetto di interessi delineato all’atto del rilascio del provvedimento di autorizzazione commerciale n. 1/2006 del 28 novembre 2006, confermato dai successivi provvedimenti (n. 2/2007 del 26 giugno 2007e 3/2008 del 15 dice mbre 2008), risulta chiaro l’impegno finanziario assunto da NOME e rimasto inalterato in ordine alla realizzazione dell’intervento viabilistico, posto quale condizione e presupposto di efficacia dell’autorizzazione commerciale. E proprio tale condizione rende evidente l’impossibilità di sostenere che l’accordo pubblico presupponesse
esclusivamente la realizzazione della variante secondo le modalità progettuali inizialmente proposte dall’operatore, bensì dovendosi identificare il contenuto specifico dell’accordo medesimo nella volontà di realizzare un’opera stradale che fosse idonea ad assorbire il carico urbanistico generato dal nuovo centro commerciale ‘La Corte Lombarda’, secondo una prospettiva ‘funzionale’ rimasta immutata anche in seguito alla realizzazione della variante con le nuove modalità progettuali.
Non può ritenersi neppure che la Provincia di Milano abbia tenuto un operato negligente, avendo concordato con gli altri enti interessati la nuova ipotesi progettuale delle opere complementari alla T.E.M. invece di superare il parere ostativo del comune di Gessate con i suoi poteri autoritativi. Invero, dalla documentazione versata in atti risulta come la stessa Provincia avesse ricercato il consenso del comune di Gessate, nel cui territorio erano ricomprese le aree destinate alla realizzazione dell’infrast ruttura, affinché lo stesso intraprendesse le iniziative necessarie a garantire la conformità urbanistica dell’opera e l’apposizione del vincolo espropriativo e, solo in seguito al rifiuto della soluzione progettuale ‘a piano campagna’ da parte dello stess o e dell’incremento di spesa che comportava il progetto ‘in trincea’ dal medesimo proposta nell’incontro del 6 luglio 2007 al fine di attenuare l’impatto ambientale, aveva ricercato, quale soluzione alternativa, la possibilità di inserire la variante strad ale nell’ambito delle opere complementari alla nuova Tangenziale esterna di Milano.
Inoltre, la stessa ha posto in essere regolarmente e nei termini l’esercizio dell’opzione di proroga con nota prot. n. 263404 del 17 novembre 2008.
Ne consegue che il versamento della somma pattuita pari ad euro 3.888.664 costituisce effettivamente l’equivalente della realizzazione del progetto stradale a cui si era impegnata Gercom e che condizionava sospensivamente l’autorizzazione rilasciata per la costruzione del centro commerciale, progetto stradale infine realizzato, anche se con modalità diverse da quelle pensate inizialmente, ma per il perseguimento della medesima funzione di mitigazione dell’impatto ambientale e sulla viabilità
correlata all’apertura del nuovo centro commerciale.» (fol.8/9 della sent. imp.)
Ha, infine, conclusivamente affermato che deve escludersi «che le obbligazioni dedotte nell’atto d’obbligo si siano estinte in ragione della sopravvenuta impossibilità di realizzazione diretta dell’opera da parte di Gercom, atteso che quest’ultima non era l’unica modalità attuativa del patto, in considerazione de ll’alternatività delle più volte citate obbligazioni.» .
1.3.- RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso con cinque mezzi, corroborati da memoria, avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 8849/2022, pubblicata il 18 ottobre 2022, che ha rigettato gli appelli proposti avverso la sentenza del TAR Lombardia n. 2878 del 2014, deducendo lo sconfinamento nella sfera del merito e quindi della discrezionalità e opportunità dell ‘ azione amministrativa.
RAGIONE_SOCIALE MILANO – già PROVINCIA DI MILANO, ha replicato con controricorso, illustrato con memoria.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso ad adiuvandum adesivo al ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE seguito da memoria.
RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
È stata disposta la trattazione camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. – Il primo motivo denuncia il difetto assoluto di giurisdizione per straripamento dai limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo in relazione agli artt. 111 cost. e 110 c.p.a. (d.lgs. n.104/2010).
La ricorrente deduce che il giudice amministrativo non si è limitato a verificare se le condizioni previste dell’atto d’obbligo unilaterale sottoscritto da NOME -oggi COGNOME– si fossero o meno verificate bensì ha compiuto direttamente scelte attinen ti all’interesse pubblico; sostiene che il Consiglio di Stato, laddove ha affermato che si deve ‘ identificare il contenuto specifico dell’accordo medesimo nella volontà di realizzare un’opera stradale che fosse idonea ad assorbire il carico urbanistico gen erato’ (pag. 8), si è sostituito nella valutazione dell’interesse pubblico, mediante una pronuncia che è espressiva
di un sindacato di merito avente il contenuto sostanziale e l’esecutorietà propria del provvedimento sostituito.
2.2.- Il secondo motivo denuncia il difetto assoluto di giurisdizione per straripamento dai limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo in relazione a ll’ art. 111, Cost., e all’art. 110, c.p.a., sotto altro profilo.
Secondo la ricorrente, il Giudice amministrativo si sarebbe sostituito alla pubblica amministrazione per avere ritenuto che, nel miglior perseguimento dell’interesse pubblico , NOME – oggi Altabasilio- possa essere condannata a pagare la somma di euro 3.888.664,00, intesa quale equivalente monetario dell’intervento che avrebbe dovuto realizzare in base all’atto d’obbligo.
Nello specifico, la censura si appunta sulla seguente statuizione del Consiglio di Stato ‘ in considerazione dell’assetto di interessi delineato all’atto del rilascio di autorizzazione commerciale (…) risulta chiaro l’impegno finanziario assunto da NOME e rimasto inalterato in ordine alla realizzazione dell’intervento viabilistico, posto qua le condizione e presupposto di efficacia dell’autorizzazione commerciale’ (pag. 8 della sent. imp.) e la ricorrente sostiene che il Consiglio di Stato si sia in tal modo sostituito alla valutazione di merito della pubblica amministrazione non sindacabile in sede giurisdizionale in ordine sia la configurazione stessa dell’interesse pubblico, che in merito al perseguimento concreto del medesimo, e ciò contrariamente a quanto previsto dall’atto di obbligo. La ricorrente deduce che è stato inopinatamente ritenuto che, alternativamente alla realizzazione diretta della variante con l’atto d’obbligo, COGNOME si era obbligata a sostenere per equivalente il peso economico dell’intervento.
2.3. -I primi due motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono inammissibili.
2.4. – Riguardo della denuncia di difetto assoluto di giurisdizione per sconfinamento nel merito amministrativo queste Sezioni Unite (ord. n. 23236/2024, con ampio richiamo giurisprudenziale) hanno ribadito che secondo un principio consolidato presso le Sezioni Unite, l ‘ eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione
– che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull ‘ erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento) – nonché di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici, senza che tale ambito possa estendersi, di per sé, ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento (tra le altre, v. Cass., Sez. Un., n. 8311/2019; n. 19675/2020; n. 15573/2021; n. 11549/2022; n. 14301/2022).
In particolare, quanto all ‘ eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nella sfera del merito amministrativo, esso è configurabile soltanto quando l ‘ indagine svolta dal giudice amministrativo abbia ecceduto i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, rivelandosi strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e della convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’amministrazione, attraverso un sindacato di merito, che si estrinsechi in una pronunzia avente il contenuto sostanziale e l’esecutorietà propria del provvedimento sostituito (tra molte, Cass. Sez. U. n.21651/2021; Cass. Sez. U. n.2604/2021; Cass. Sez. U. n. 17580/2020).
Del pari, il controllo del limite esterno della giurisdizione – che l ‘ art. 111, ottavo comma, Cost., affida alla Corte di cassazione – non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errores in iudicando o in procedendo , senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che l ‘ interpretazione delle norme costituisce il proprium distintivo dell ‘ attività giurisdizionale (Cass. Sez. U. n.30582/2021; Cass. Sez. U. n. 27770/2020 ed
altre conformi). Al contrario, ove la pronuncia impugnata si limiti al corretto inquadramento del fatto e all ‘ interpretazione del provvedimento amministrativo, secondo la sua portata letterale e complessiva, o della legge, essa esprime considerazioni che rientrano in toto nell ‘ ambito della giurisdizione del giudice investito della decisione, esulando, di conseguenza, dalla sfera di controllo dei limiti esterni della giurisdizione, affidata dagli artt. 111, ottavo comma, Cost., 362 cod. proc. civ. e 110 cod. proc. amm. alle Sezioni Unite della Cassazione.
Opinando diversamente ne risulterebbe superata la distinzione tra limiti interni ed esterni della giurisdizione e il sindacato di questa Corte sulle sentenze del giudice speciale verrebbe di fatto ad avere una latitudine non dissimile da quella che ha sui provvedimenti del giudice ordinario e ciò la norma costituzionale e le disposizioni processuali sopra richiamate, invece, non consentono (Cass. Sez. U. n.19085/2020).
2.5.- Nella specie, alla luce degli esposti principi, si deve escludere che la denunciata decisione del Consiglio di Stato integri la fattispecie dello sconfinamento nella sfera riservata al merito amministrativo.
2.6.- In verità, le due censure si focalizzano su parziali estrapolazioni della statuizione del Consiglio di Stato, che risulta invece unitariamente sviluppata, come si evince dalla lettura della sentenza ove è detto «Del resto, in considerazione dell’assetto di interessi delineato all’atto del rilascio del provvedimento di autorizzazione commerciale n. 1/2006 del 28 novembre 2006, confermato dai successivi provvedimenti (n. 2/2007 del 26 giugno 2007e 3/2008 del 15 dic embre 2008), risulta chiaro l’impegno f inanziario assunto da COGNOME e rimasto inalterato in ordine alla realizzazione dell’intervento viabilistico, posto quale condizione e presupposto di efficacia dell’autorizzazione commerciale. E proprio tale condizione rende evidente l’impossibilità di sostenere che l’accordo pubblico presupponesse esclusivamente la realizzazione della variante secondo le modalità progettuali inizialmente proposte dall’operatore, bensì dovendosi identificare il contenuto specifico dell’accordo medesimo nella volontà di realizzare un’opera stradale che fosse idonea ad assorbire il carico urbanistico generato dal nuovo centro
commerciale ‘La Corte Lombarda’, secondo una prospettiva ‘funzionale’ rimasta immutata anche in seguito alla realizzazione della variante con le nuove modalità progettuali» (fol.8 della sent. imp.)
2.7.- La complessiva lettura della statuizione consente di escludere che vi sia stato un superamento del limite esterno della giurisdizione amministrativa ed uno sconfinamento nel merito.
Il Consiglio di Stato ha, infatti, valutato la legittimità della nota del 17 giugno 2009 – con cui la Provincia di Milano ha riscontrato negativamente la comunicazione del 17 aprile 2009 della RAGIONE_SOCIALE ed ha chiesto il versamento della somma conve nuta con l’atto unilaterale d’obbligo in quanto ha evidenziato sia il contenuto economico e finanziario dell’atto d’obbligo ( ove diretto ad assicurare la materiale realizzazione dell’opera viaria o, in via alternativa, ove diretto a monetizzarne il relativo costo per impossibilità sopravvenuta della realizzazione a cura dell’obbligata ), che il contenuto prescrittivo e funzionale dell’atto, inteso alla realizzazione di un’opera stradale idonea ad assorbire il carico urbanistico generato dal nuovo centro commerciale, ed ha rimarcato che tutto ciò era stato complessivamente previsto quale condizione e presupposto di efficacia dell’autorizzazione commerciale, giacché si inseriva nel procedimento di rilascio del provvedimento concessorio in ragione d ell’assett o di interessi delineato nel provvedimento stesso.
La ratio decidendi , quale risulta dall’esame complessivo della decisione, non evidenzia nessun accertamento ulteriore rispetto a quanto avvenuto in sede amministrativa.
La sentenza impugnata, contrariamente a quanto opinato dal ricorso per cassazione, non ha espresso alcun apprezzamento in ordine all’opportunità ed alla convenienza del provvedimento, ma si è mantenuta nell ‘ ambito del sindacato di legittimità.
Pertanto, la decisione del Consiglio di Stato evidenzia la lettura della concreta vicenda, dei fatti e dei documenti di causa, la quale – ove pure fosse per ipotesi erronea o gravemente erronea – non integra la fattispecie di cui all ‘ art. 111, ottavo comma, Cost., ma, al più, una violazione di legge o
un ‘ inadeguata valutazione ed apprezzamento dei fatti, di per sé non sindacabili davanti alle Sezioni Unite, in quanto non idonee a travalicare i limiti esterni della giurisdizione speciale. In definitiva, si tratterebbe di errori che, ove anche sussistenti, non inciderebbero sui limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo.
Va, in proposito, ribadito che «Con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione previsto dall’art. 111, comma 8, Cost. avverso le sentenze del Consiglio di Stato -secondo quanto affermato anche dalla Corte costituzionale con la sentenza del 18 gennaio 2018 n. 6 -non possono essere censurati “errores in procedendo” o “in iudicando”, il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato afferente i limiti interni della giurisdizione, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di giudizio e non inerenti all ‘ essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dai limiti esterni di essa, ma solo al modo in cui è stata esercitata.» (Cass. Sez. U. n.17580/2020) e che l’interpretazione e la qualificazione da parte del giudice amministrativo dell’esatto contenuto e degli effetti degli atti impugnati, così come l’interpretazione della legge da applicare, costituiscono il proprium della funzione giurisdizionale, e non un’attività riservata alla p.a., sicché non eccede i limiti della propria giurisdizione il Consiglio di Stato che compia siffatta attività di interpretazione e qualificazione (Cass. Sez. U. n. 30582/2020; Cass. Sez. U. n. 18240/2018, tra molte).
3.1.- Con il terzo motivo si denuncia il diniego di giurisdizione.
La ricorrente denuncia che il Giudice amministrativo avrebbe negato la giurisdizione rifiutandosi di pronunciare in ordine al fatto che, come sarebbe stato dimostrato in corso di causa, la somma che dovrebbe versare NOME oggi Altabasiliosarebbe destinata ad un’opera che non riguarda il centro commerciale autorizzato cui si riferisce l’atto d’obbligo, che non sarebbe in grado di migliorare la viabilità derivante dall’afflusso di auto creato dal centro commerciale, e che, viceversa, peggiorerebbe la viabilità e la stessa visibilità del centro commerciale con grave nocumento dei diritti e degli interessi di Altabasilio.
3.2.- Il terzo motivo è inammissibile.
Anche il diniego di una risposta di giustizia -e quindi il mancato esercizio del potere giurisdizionale come ipotesi simmetrica ed opposta all’eccesso di potere giurisdizionale -è stato costruito come deducibile vizio di giurisdizione (Cass. Sez. U. n. 23542/2015, che richiama Cass. Sez. U. n. 30254/2008).
Sennonché, il diniego di giustizia è sindacabile con il ricorso per cassazione ex art. 111, ottavo comma, Cost., solo in astratto, cioè in relazione all’estraneità del deciso rispetto alle attribuzioni giurisdizionali dello stesso giudice, e mai in concreto (Cass. Sez. U. n. 30112/2021).
La censura non coglie nel segno, poiché non vi è stato affatto un rifiuto a pronunciarsi, essendo invece la pronuncia intervenuta incompatibile con quanto chiesto dalla ricorrente ed implicitamente reiettiva della domanda, in quanto il Consiglio di Stato ha accertato l’esatto contenuto dell’atto unilaterale d’obbligo condizionante il rilascio del provvedimento concessorio in un assetto di interessi riveniente da una forma di amministrazione consensuale e la sua rispondenza all’interesse pubblico.
4.1.Con quarto motivo si denuncia la violazione dell’art. 6 CEDU.
Nella prospettazione della ricorrente, dal diniego di giurisdizione di cui al terzo motivo discende direttamente la violazione dell’art. 6 CEDU sotto un duplice profilo: i) la violazione del principio del giusto processo e ii) la violazione del principio della pienezza della giurisdizione.
4.2.Con il quinto motivo si denuncia la violazione dell’art. 1 del Primo Protocollo aggiuntivo alla CEDU.
Secondo la ricorrente, il Consiglio di Stato avrebbe sostanzialmente posto a carico di un privato gli oneri per la realizzazione di un’opera pubblica, diversa da quella oggetto dell’atto unilaterale d’obbligo, realizzando così un esproprio in assenza di qualsiasi fondamento di legge e comunque in modo assolutamente arbitrario ed irragionevole.
4.3.- Il motivo quarto, con il quale la ricorrente denuncia in modo del tutto generico l’asserita violazione dell’art. 6 della CEDU, e il quinto motivo, con il quale la ricorrente denuncia la pretesa violazione dell’art. 1 del Primo Protocollo aggiuntivo alla CEDU perché, suo dire, sarebbero stati posti a suo carico «gli oneri per la realizzazione di un’opera realizzando così un esproprio
in assenza di qualsiasi fondamento di legge», possono essere trattati congiuntamente per connessione.
Gli stessi sono inammissibili, perché prospettano, nella sostanza, vizi in iudicando e, come eccepito dalla controricorrente Città Metropolitana, essi non sono riconducibili al paradigma di cui all’art. 111, ottavo comma, della Costituzione (Cass. Sez. U. n. 23542/2015).
In materia di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del limite esterno della giurisdizione – che l ‘ art. 111, ottavo comma, Cost., affida alla Corte di cassazione – non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori ‘ in iudicando ‘ o ‘ in procedendo ‘ , senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che l ‘ interpretazione delle norme costituisce il ‘ proprium ‘ distintivo dell ‘ attività giurisdizionale (Cass. Sez. U. n. 27770/2020)
4.4.- Nel caso concreto, la decisione del Consiglio di Stato di rigetto della domanda di annullamento dell’atto amministrativo impugnato si è incentrata sulla interpretazione dell’atto d’obbligo del 2006 e sulle finalità dello stesso, che ha individuato, da un lato nella previsione di uno specifico impegno economico e finanziario della società che aveva avanzato la richiesta di concessione all’apertura del grande centro commerciale, dall’altro nel contenimento del traffico derivante dell’apertura del centro commerciale ‘ Le Corti Lombarde ‘, il tutto destinato a rilevare nell’ambito del procedimento funzionale al rilascio del provvedimento concessorio riveniente da una forma di amministrazione consensuale.
Da quanto esposto, si evidenzia che la pronuncia impugnata si fonda su considerazioni che rientrano chiaramente nell’ambito della giurisdizione del giudice investito della decisione, esulando dalla sfera di controllo dei limiti esterni della giurisdizione.
Inoltre, come già affermato da queste Sezioni Unite, la violazione, da parte del Consiglio di Stato, di norme del diritto dell’Unione europea o della CEDU che si risolva in un ‘ error in iudicando ‘ (sia pure ‘ de iure procedendi ‘ )
non è sindacabile ad opera delle Sezioni Unite della Corte di cassazione in sede di controllo di giurisdizione, in quanto il controllo in questione è circoscritto all’osservanza dei meri limiti esterni della giurisdizione, senza estendersi ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale -l ‘ accertamento delle quali rientra nell ‘ ambito dei limiti interni della giurisdizione – concernenti il modo d’esercizio della giurisdizione speciale (Cass. Sez. U. n. 6460/2020; Cass. Sez. U. n. 29653/2020).
5. Il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico di RAGIONE_SOCIALE in favore di Città Metropolitana di Milano, nella misura liquidata in dispositivo.
Nulla per le spese tra NOME e Altobasilio, in ragione dell’adesione di NOME al ricorso proposto da Altobasilio; nulla per le spese tra NOME e Città Metropolitana di Milano, atteso che quest’ultima non ha svolto attività difensiva nei confronti di NOME.
Raddoppio del contributo unificato ove dovuto.
PQM
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di giudizio in favore di Città Metropolitana di Milano che liquida in euro 15.000,00, =, oltre euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30 maggio 2002, n.115, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, in data 26