Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 2446 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 2446 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/02/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 7881-2024 proposto da:
REGIONE BASILICATA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrenti –
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME POSSIDENTE NOME COGNOME UIL – UNIONE ITALIANA DEL LAVORO -FPL -FUNZIONE BASILICATA, UNAEP -UNIONE NAZIONALE AVVOCATI ENTI PUBBLICI;
– intimati avverso la sentenza n. 10049/2023 REG. PROVV. COLL. del CONSIGLIO DI STATO, pubblicata il 23/11/2023. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha chiesto l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso; lette le memorie depositate da entrambe le parti.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Con sentenza n. 10049/2023 reg. provv. coll. (pubblicata il 27 novembre 2023), il Consiglio di Stato -Sezione Quinta giurisdizionale, in accoglimento dell’appello formulato dagli avvocati NOME COGNOME COGNOME e COGNOME COGNOME ed in riforma della sentenza non definitiva del TAR Basilicata n. 420/2022, nonché di quella definitiva n. 621/2022 dello stesso TAR, annullava le disposizioni contenute nel regolamento n. 1 del 2021, di organizzazione e funzionamento della Giunta regionale Basilicata relative all’organizzazione dell’avvocatura regionale (con specifico riferimento a quelle previste dagli artt. 17 e 19).
La Regione Basilicata ha proposto, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., ricorso per cassazione avverso la citata sentenza del Consiglio di Stato.
2.1. Con il primo motivo, la Regione ricorrente denuncia eccesso di potere giurisdizionale; violazione dei limiti
esterni della giurisdizione del giudice amministrativo; travalicamento nel merito dell’azione amministrativa; violazione e falsa applicazione degli artt. 97, comma 1, 103, 111 e 117, comma 4, Cost., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 7 c.p.a. (d. lgs. n. 104/2010).
In particolare, con tale doglianza, la Regione ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sia incorsa nell’invasione della sfera riservata alla P.A., con riferimento al potere di autorganizzazione regionale, sul presupposto che il giudice amministrativo avrebbe impedito di configurare l’ufficio speciale dell’avvocatura regionale come struttura organizzativa generale, secondo l’indiri zzo deciso dalla Regione, affermando, nel contempo, l’ incompatibilità del modello organizzativo adottato con la realizzazione dei principi di indipendenza e di autonomia della funzione legale, così negando ogni fisiologica interazione tra l’ufficio legale e gli uffici di presidenza.
2.2. Con il secondo motivo, la Regione Basilicata deduce eccesso di potere giurisdizionale; violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa; travalicamento nel merito della discrezionalità del legislatore; violazione e falsa applicazione degli artt. 23 della legge n. 247/2021, oltre che violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della L.R. n. 29/2019.
Con questa censura la ricorrente ritiene che, con la sentenza impugnata, il Consiglio di Stato abbia travalicato nel merito della discrezionalità del legislatore, per la mancanza di norme che riferiscano i principi di autonomia e indipendenza dell’avvocato pubblico ad ambito diverso dall’attività professionale e perché il legislatore, nel
richiedere -ai fini dell’iscrizione nella sezione speciale dell’albo la stabile costituzione di un ufficio legale, non può che rimandare alla presenza di una struttura, alla quale sono assegnati dipendenti regionali sottoposti alle direttive degli organi gerarchicamente sovraordinati.
La Prima Presidente ha formulato proposta di definizione accelerata ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 1, c.p.c., potendosi ravvisare l’inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso.
La ricorrente Regione Basilicata ha chiesto, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, la decisione del ricorso, la cui trattazione per la sua definizione è stata fissata per l’odierna adunanza camerale.
Il PG ha depositato conclusioni scritte instando per la declaratoria di inammissibilità del ricorso o, in subordine, per il suo rigetto.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare vanno esaminate le due eccezioni pregiudiziali del ricorso formulate dai controricorrenti:
-la prima è basata sull’assunto che si sia formato il giudicato sulla giurisdizione e ciò sul presupposto che, affermata dal TAR adito in primo grado la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, la Regione Basilicata (attuale ricorrente) non aveva formulato appello incidentale per far valere l’assoluta carenza di giurisdizione, limitandosi solo a concludere per l’infondatezza del gravame, chiedendone il rigetto;
-la seconda risulta riferita all’omessa indicazione di tutte le parti del giudizio di appello (specificamente del l’Unaep e de lla UIL FPL Basilicata, intervenute ‘ad adiuvandum’),
non risultando indicate nell’epigrafe del ricorso, né richiamate nel suo svolgimento in fatto e in diritto, pur essendo state individuate ed indicate come destinatarie della notificazione del ricorso stesso, dalle stesse regolarmente ricevuto.
1.1. Entrambe le eccezioni sono infondate.
Con riferimento alla prima, si osserva che la giurisdizione discendente dalle sentenze del TAR attiene al riparto, ossia alla riconducibilità al plesso della giurisdizione amministrativa della domanda giudiziale. Senonché, ciò di cui si duole la Regione Basilicata è l’eccesso di potere giurisdizionale per avere (secondo la sua prospettazione) il Consiglio di Stato, in riforma delle decisioni di primo grado, annullato l’impugnato regolamento, esercitando poteri di merito. Pertanto, il vulnus rispetto ai poteri esercitati dalla suddetta Regione è riconducibile soltanto alla sentenza di appello, ragion per cui va esclusa la formazione di un giudicato sulla giurisdizione.
Con riguardo alla seconda eccezione, si rileva che -malgrado nel corpo dello svolgimento del ricorso non si ponga un espresso riferimento anche all’Unaep e alla UIL FPL Basilicata -appare evidente che la richiesta di accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza impugnata del Consiglio di Stato, comporta che il ricorso stesso debba intendersi rivolto anche alle predette organizzazioni (nei cui confronti, infatti, anche la sentenza di appello risulta emessa), tenendosi, peraltro, conto che le stesse erano intervenute soltanto ‘ad adiuvandum’ rispetto alle ragioni fatte valere dagli avvocati appellanti (perciò non facendo valere posizioni giuridiche autonome) e che, in ogni caso, il ricorso è stato ritualmente notificato anche ad esse, al fine di prendere
atto dell’intervenuta proposizione del lo stesso (con la conseguenza conoscibilità del suo contenuto) e di consentire l’eventuale loro costituzione dinanzi a queste Sezioni unite.
Premesso ciò, il ricorso -così come articolato nei suoi due motivi, esaminabili congiuntamente, siccome connessi -deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni esposte nella proposta di definizione accelerata redatta, ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 1, c.p.c., dalla Prima Presidente.
Occorre, invero, osservare come -in via generale costituisca principio pacificamente acquisito nella giurisprudenza di queste Sezioni unite quello secondo cui il ricorso ex art. 362, comma 1, c.p.c. è ammesso per far valere unicamente l’eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima, non essendo alle stesse Sezioni unite consentito di estendere il proprio sindacato anche al modo in cui tale giurisdizione è stata esercitata; da ciò consegue che, con riguardo all’interpretazione, da parte del Consiglio di Stato, di norme di regolamenti di enti territoriali, non è configurabile un eccesso di potere giurisdizionale, sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera della potestà amministrativa dell’ente, tenuto conto che gli errori eventualmente commessi nell’interpretare -e, prima ancora, nell’ individuare – dette norme non investono la sussistenza ed i limiti esterni del potere giurisdizionale del giudice amministrativo ma solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo (cfr., tra le tante, Cass. SU n. 24740/2016, Cass. SU n. 12586/2019 e Cass. SU n. 27904/2022).
In altri termini, l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore, denunziabile con il ricorso per cassazione ex art. 111, comma 8, Cost., si configura allorquando il giudice speciale applichi una norma da lui stesso creata, in tal modo esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, non già in relazione all’attività di interpretazione – sia pure estensiva o analogica – di una disposizione di legge, posto che eventuali errori ermeneutici, anche se comportanti uno stravolgimento radicale del senso della norma, non investono la sussistenza o i limiti esterni del potere giurisdizionale, ma soltanto la legittimità del suo esercizio (v., ancora, Cass. SU n. 36899/2021 e, da ultimo, Cass. SU n. 18722/2024).
Orbene, nella fattispecie che viene qui in rilievo, il Consiglio di Stato ha svolto (a prescindere dalla sua esattezza o meno) una verifica di legittimità del quadro normativo di riferimento in relazione al provvedimento amministrativo impugnato, ritenendo che l’assetto delineato dalla Regione Basilicata -in base al quale l’avvocatura regionale è stata configurata come struttura organizzativa non dirigenziale ed è stata inquadrata come sottordinata ad altra struttura di natura dirigenziale, in quanto da considerarsi inserita all’interno di un più ampio ‘Ufficio amministrativo speciale’ non risponda ai principi di autonomia ed indipendenza dell’avvocatura da ogni altra articolazione amministrativa dell’ente di appartenenza, stabiliti dal legislatore statale.
Il Consiglio di Stato ha, perciò, mantenendosi nei limiti della sua giurisdizione, rilevato la necessità che, sul piano organizzativo, l’ufficio legale di un ente territoriale sia dotato di una propria autonomia e che sia collegato
unicamente al rappresentante legale dell’ente stesso e non dipendente e condizionato dall’operato di altri dirigenti individuati quali soggetti abilitati a guidarne l’attività, osservando come, del resto, la stessa legge n. 247/2012 espliciti un principio già univocamente evincibile dal sistema nella parte in cui prevede che è indispensabile la ‘stabile costituzione di un ufficio legale’ che abbia una ‘specifica attribuzione’.
E’, quindi, indubbio che l’esercitata attività di ricostruzione e di interpretazione della portata e degli effetti del Regolamento regionale sull’Ordinamento amministrativo della Giunta regionale n. 1 del 2021 oggetto di impugnazione non ha comportato -con riferimento specifico alle disposizioni di cui agli artt. 17 e 19 -eccesso di potere giurisdizionale né invasione della sfera del legislatore, ponendosi in risalto che, anche se detta attività fosse erronea, ci si troverebbe comunque al di fuori dell’ambito di applicabilità dell’art. 111, comma 8, Cost. potendosi, tutt’al più, configurare un error in iudicando o un’inadeguata valutazione o un erroneo apprezzamento del contenuto dell’atto interpretato, di per sé non sindacabili davanti alle Sezioni unite, in quanto atti non idonei a travalicare i limiti esterni della giurisdizione speciale.
In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della soccombente Regione Basilicata al pagamento -in favore dei controricorrenti (costituiti congiuntamente) – delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo. Poiché la presente decisione è conforme alla proposta di definizione accelerata, vanno applicate le condanne -a
carico della stessa Regione ricorrente -al pagamento delle somme previste dall’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., rispettivamente in favore degli stessi controricorrenti e della Cassa delle ammende. Anche gli importi di tali somme si quantificano nei termini di cui in dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della stessa ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, dichiara il ricorso inammissibile e condanna la Regione ricorrente al pagamento -in favore dei controricorrenti -delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Condanna, altresì, la stessa Regione ricorrente al pagamento, sempre in favore dei controricorrenti ed in applicazione dell’art. 96, comma 3, c.p.a., della somma di euro 3.000,00, nonché, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento dell’importo di euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per i ricorsi, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio delle