Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 22267 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 22267 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 16251/2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende; -ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE
-intimata –
avverso la sentenza n. 2456/2024 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 13/03/2024.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Presidente NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale che la Corte dichiari inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso n. 147/2021 proposto innanzi al TAR Lombardia -Sez. staccata di Brescia, la società RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., esponeva di aver formulato istanza per il rilascio di concessione in sanatoria, riguardante i realizzati interventi di ampliamento del quarto piano di un edificio sul fronte nord, di modifica dell’accesso alla proprietà fronte ovest e di parziale modifica del parapetto in c.a. e della rampa carrabile fronte nord di collegamento al piano primo.
La ricorrente rappresentava che, tuttavia, il Comune di Grassobbio riteneva necessaria l’allegazione dell’accordo con il confinante per la deroga alla distanza del fabbricato dai confini.
Sulla base di questa premessa la citata società deduceva l’illegittimità dell’art. 1, comma 11, delle n.t.a. per contrarietà con la normativa di rango superiore costituita dall’art. 9 del DM n.
1444/1968, nonché l’eccesso di potere per illogicità e difetto di istruttoria in quanto il suddetto Comune aveva erroneamente interpretato il menzionato art. 1, comma 11, delle n.t.a., ravvisando l’indispensabilità dell’accordo tra confinanti al fine di derogare alla distanza dai confini.
Invocava, pertanto, la dichiarazione di annullamento di tutti i relativi provvedimenti amministrativi del predetto Comune, riguardanti, cioè, il suddetto procedimento.
Il TAR adito, con sentenza n. 465/2022, respingeva il ricorso.
Decidendo sull’impugnazione della società ricorrente, il Consiglio di Stato la rigettava con sentenza n. 2456/2024, compensando le spese processuali, rilevando che – sul presupposto che dovesse trovare applicazione non la disciplina in tema di distanze tra edifici di cui al D.M. n. 1444/1968, bensì quella in materia di distanze dai confini prevista dagli strumenti urbanistici locali – il provvedimento amministrativo impugnato si doveva considerare legittimamente adottato (come già ritenuto dal giudice amministrativo di primo grado).
La società appellante ha proposto ricorso avverso la citata sentenza del Consiglio di Stato, sulla base di un unico motivo, con il quale ha denunciato l’eccesso di potere giurisdizionale per violazione del disposto dell’art. 111, comma 8, Cost., del disposto di cui all’art. 360, comma 1, n. 1), c.p.c. e di cui agli artt. 112 e 362 c.p.c., oltre che di quello di cui agli artt. 110 e 133 del d.lgs. n. 104/2010 (cd. c.p.a.).
La ricorrente prospetta che il Consiglio di Stato avrebbe travalicato i limiti esterni della propria giurisdizione, attribuendo rilevanza
dirimente ad una questione sottoposta al giudice ordinario, con l’indebito richiamo del principio per essa affermato alla fattispecie in esame, quale istituto vincolante e preclusivo di un diverso orientamento, così legittimando, in concreto, un’applicazione illogica ed incoerente della norma tecnica in discorso.
Il Comune di Grassobbio ha resistito con controricorso, mentre l’altra intimata RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensive.
La Prima Presidente ha formulato, in data 8 gennaio 2025, una sintetica proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 1, c.p.c., ravvisando la manifesta infondatezza del ricorso.
La ricorrente, con istanza del 29 gennaio 2025, ha chiesto -in applicazione dell’art. 380 -bis, comma 2, c.p.c. -la decisione del ricorso, da cui la conseguente fissazione dell’adunanza camerale, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritengono queste Sezioni unite che il ricorso -come articolato nell’unica censura in precedenza riportata è manifestamente infondato, in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380-bis, comma 1, c.p.c.
Si osserva che, in effetti, il Consiglio di Stato non ha travalicato i limiti della propria giurisdizione, essendosi, nell’ambito di un controversia instauratasi tra la ricorrente e il Comune di Grassobbio (per avere la prima impugnato un provvedimento relativo al rilascio di permesso di costruire in sanatoria, rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistico-edilizia),
limitato a considerare se il citato Comune avesse compiuto le necessarie indagini istruttorie al fine di verificare la sussistenza delle condizioni poste a sostegno del diritto fatto valere dalla ricorrente richiedente il titolo abilitativo, sulla base degli elementi dalla stessa forniti.
In tal modo, il Consiglio di Stato non è venuto ad ingerirsi in una controversia tra privati proprietari, relativa alla violazione delle distanze tra le costruzioni o rispetto ai confini, la quale, invece, sarebbe appartenuta alla giurisdizione del giudice ordinario.
Il giudice amministrativo di appello -proprio al fine di verificare la fondatezza o meno dell’impugnativa dei su indicati provvedimenti amministrativi e la legittimità o meno degli stessi (costituenti propriamente oggetto del ricorso nella sede giurisdizionale amministrativa) -ha ravvisato la legittimità dell’applicazione, nel caso di specie, dell’art. 1, punto 11, delle n.t.a. del Comune di Grassobbio, disciplinante la materia afferente alle distanze dai confini, non rientrandosi nel caso regolamentato dal D.M. n. 1444/1968 (invocato dalla ricorrente), riguardante esclusivamente la distanza tra edifici e non anche quella dai confini.
In altri termini, il Consiglio di Stato -proprio allo scopo di ritenere la legittimità degli atti amministrativi oggetto di impugnazione da parte della società ricorrente -ha rilevato che il citato strumento regolatore locale aveva legittimamente introdotto norme integrative del codice civile in tema di distanze dai confini, onde la deduzione della RAGIONE_SOCIALE secondo cui il giudice amministrativo avrebbe esorbitato dai suoi limiti giurisdizionali per aver ravvisato l’applicabilità – proprio in funzione di desumere la legittimità degli
atti amministrativi impugnati dell’indicato art. 1, comma 11, delle n.t.a, si profila manifestamente infondata.
In definitiva, il ricorso va rigettato, in tal senso rimanendo confermata la prognosi indicata nella proposta ex art. 380-bis, comma 1, c.p.c.
Conseguono la condanna della ricorrente soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente Comune (che si liquidano come in dispositivo), nonché le condanne previste dall’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., così come richiamati dall’art. 380 -bis, comma 3, c.p.c., risultando definito il giudizio in conformità alla proposta prevista dallo stesso art. 380-bis, al comma 1.
Infine, occorre dare atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente Comune di Grassobbio, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Condanna, altresì, la stessa ricorrente al pagamento, sempre in favore del medesimo controricorrente ed ai sensi dell’art. 96,
comma 3, c.p.c., dell’importo di euro 3.000,00, nonché al pagamento, in applicazione dell’art. 96, comma 4, c.p.c., della somma ulteriore di euro 3.000,00, in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni unite in data 6