Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 29690 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 29690 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 10/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19088/2024 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO (dom. digitale), presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CONSIGLIO DI STATO ROMA n. 938/2024 depositata il 30/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ed NOME COGNOME – proprietari di cinque unità immobiliari e delle relative autorimesse facenti parte del condominio ‘RAGIONE_SOCIALE nel Comune di Cortina d’Ampezzo -proponevano ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, impugnando sia l’ordinanza n. 211/ED.PR., prot. 12045, del 1° luglio 2019 con la quale il Comune di Cortina d’Ampezzo disponeva il divieto di utilizzo dell’autorimessa condominiale sita al piano interrato fino al ripristino delle condizioni di sicurezza, attraverso la messa a norma dell’impianto elettrico ed antincendio e lo sgombero di materiale combustibile ivi depositato – sia gli atti di accertamento presupposti (nota del RAGIONE_SOCIALE Belluno del 28 giugno 2019, pratica n. 33556, prot. n. 9186 e nota del RAGIONE_SOCIALE Belluno del 31 luglio 2019, pratica n. 33556, prot. n. 1967), ed in
particolare il permesso di costruire n. 9/2008, rilasciato alla società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per modifiche interne dei locali volte al cambio di destinazione d’uso da magazzino ad autorimessa.
A sostegno del ricorso deducevano che l’autorimessa posta al piano interrato del RAGIONE_SOCIALE era stata vincolata, con atto a rogito AVV_NOTAIO, n. 32579 del 12 gennaio 1971, a parcheggio per nove posti auto e che, in conformità a tale vincolo, era stata rilasciata l’agibilità dell’autorimessa. Aggiungevano che, successivamente, la parte dell’interrato nel quale si trovavano gli originari nove posti auto era stata separata -attraverso l’edificazione di un muro (autorizzato con atto dell’Assessore anziano n. 98/1987 del 26 maggio 1987) – da quella ove erano posti altri locali utilizzati come magazzini.
Lamentavano inoltre che, nonostante l’atto di vincolo ed il citato titolo edilizio limitassero a nove il numero dei postiauto legittimamente presenti nell’autorimessa, il Comune aveva rilasciato alla società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ il permesso n. 9/2008 di costruire opere interne volte a trasformare uno dei locali adibito a magazzino in tre box auto. L’incremento del numero di box auto avrebbe avuto l’effetto di assoggettare l’intera autorimessa alla normativa in materia di sicurezza antincendio ed al conseguente obbligo di dotarla dei dispositivi di sicurezza indicati nell’ordinanza impugnata, la cui assenza ha dato causa al provvedimento inibitorio oggetto d’impugnazione.
Il ricorso straordinario veniva poi traslato in sede giurisdizionale, ove i ricorrenti lamentavano l’illegittimità del permesso di costruire per violazione dell’art. 2 r.d. 28 marzo 1929 n. 499, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e difetto di motivazione, violazione del dovere di imparzialità della P.A., nonché sviamento di potere per legittimazione dell’abuso edilizio, reiterando le proprie difese.
Il Tribunale amministrativo del Veneto dichiarava l’inammissibilità di talune delle domande e l’infondatezza delle altre. Il Consiglio di Stato respingeva l’appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto n. 1826/2022, confermando l’inammissibilità dei primi due motivi del ricorso inerenti al permesso di costruire n. 9/2008, giacché quest’ultimo consentiva soltanto modifiche interne per tre dei quindici box auto senza mutamento di destinazione d’uso e comunque non incideva sui presupposti di applicabilità delle disposizioni del d.m. 1° febbraio 1986, escludendo che l’autorizzazione comunale n. 98 del 26 maggio 1987 avesse disposto un ampliamento dei posti auto nell’autorimessa. La sentenza d’appello confermava che l’atto di vincolo di intavolazione del 12 gennaio 1971 non precludeva la possibilità di ricavare, nei locali adibiti a garage, ulteriori posti auto, e affermava l’infondatezza delle eccezioni di decadenza delle concessioni edilizie del 1972 e del 1997; reputava, inoltre, inammissibile, agli effetti del divieto di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a., la domanda di condanna a fare erigere nuovamente il muro al centro dell’area di manovra, trattandosi di esercizio di un potere non ancora espletato dall’amministrazione.
NOME COGNOME ricorre per la cassazione della summenzionata sentenza, articolando un unico motivo.
Replicano con rispettivi controricorsi sia la società RAGIONE_SOCIALE che il Comune di Cortina d’Ampezzo, eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso. Le altre parti non hanno svolto attività difensiva.
Depositata dalla Prima Presidente, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.., proposta di definizione accelerata del giudizio, comunicata al ricorrente, quest’ultimo ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c. con la quale, ha insistito per la decisione del ricorso. Quindi, è stata disposta la trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis 1., terzo comma, cod.proc.civ..
I ricorrenti ed il Comune di C ortina d’Ampezzo hanno depositato memorie difensive in prossimità dell’udienza.
Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
L’unico motivo di ricorso deduce .
Il ricorrente assume che la statuizione con la quale il Consiglio di Stato ha attribuito al vincolo tavolare del 1971 una disciplina diversa da quella predisposta con la sua istituzione, avrebbe invaso allo stesso tempo le attribuzioni riservate al legislatore e la sfera del merito amministrativo. Sarebbero invase le attribuzioni riservate al legislatore, perché la sentenza impugnata, nell’assegnare alla partita tavolare un contenuto difforme da quello risultante dal vincolo ha prescisso dalle disposizioni legislative rubricate, ritenendo superabile la presunzione di legittimità e di efficacia del vincolo pubblico intavolato permanente per nove box nel piano interrato dell’edificio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Avrebbe violato la sfera del merito amministrativo riservata alla P.A., atteso che l’amministrazione comunale non ha mai assentito alla modifica ovvero alla cancellazione del vincolo tavolare relativo ai nove box.
2.La proposta di definizione accelerata formulata in data 11 marzo 2025 dalla prima presidente deve trovare conferma.
Parte ricorrente, nel primo profilo censorio dell’unico motivo, denuncia il vizio di eccesso di potere per avere il Consiglio di Stato erroneamente applicato la normativa in materia tavolare.
4.Come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare, (Cass., Sez. Un., 13 maggio 2020, n. 8848; Cass., Sez. Un., 19
aprile 2021, n. 10245; Cass., Sez. Un., 26 ottobre 2021, n. 30112) l’eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione o eccesso di potere giurisdizionale (c.d. sconfinamento o invasione), o di rifiuto di giurisdizione (c.d. arretramento), che si verificano, rispettivamente, quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto «in assoluto» di cognizione giurisdizionale, o di difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici), e in coerenza con la relativa nozione posta dalla sentenza della Corte Cost. n. 6 del 2018 (che non ammette letture estensive neanche limitatamente ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento ), tale vizio non è configurabile in relazione ad errores in procedendo , i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale del giudice amministrativo e dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo ( cfr., Cass., Sez. Un., 6/7/2019, n. 18079; Cass., Sez. Un., 20/3/2019, n. 7926; Cass., Sez. Un., 4 febbraio 2021, n. 2605).
4.1. L’errore di giudizio è certamente una deviazione dall’esatto esercizio della giurisdizione e interferisce o pregiudica l’interesse alla decisione corretta, ma una tale eventuale erronea negazione (in concreto) della tutela – frutto di errores in iudicando o in procedendo, determinati dall’inesatta interpretazione delle norme e/o dalla non corretta ricognizione e valutazione degli elementi di fatto – non integra un rifiuto o un eccesso di giurisdizione.
4.2.Si è affermato (Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2018, n. 32773; Cass., Sez. Un., 9 aprile 2020, n. 7762) che la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111, ottavo comma, Cost., atteso che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il propríum della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione, pena l’invasione nella nomofilachia del giudice di vertice della giurisdizione speciale, cui solo è rimessa la cognizione degli errores in iudicando o in procedendo e della non corretta ricognizione degli elementi di in fatto (v., fra le più recenti, Cass., sez. un., ord., 30/11/2021, n. 37552; Cass., sez. un., ord., 9/11/2021, nn. 32673 e 32674; Cass. sez. un., ord., 26/10/2021, n. 30112). Opinando diversamente ne risulterebbe obliterata la distinzione tra limiti interni ed esterni della giurisdizione e il sindacato della Corte sulle sentenze del giudice speciale verrebbe di fatto ad avere una latitudine non dissimile da quella che ha sui provvedimenti del giudice ordinario e ciò gli artt. 111 Cost., comma 8, 362 c.p.c. e 110 c.p.a. non sembrano, invece, consentire (Cass., sez. un., 14 settembre 2020, n. 19085).
4.4. Nello specifico, nella sentenza impugnata non è riscontrabile il denunciato vizio di rifiuto o diniego di giurisdizione.
4.5. L’interpretazione data dal Consiglio di Stato alle disposizioni contenute nel vincolo tavolare – secondo cui non sarebbe previsto un limite massimo al numero di box realizzabili – non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione, così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111, comma 8, Cost., in quanto trattasi di attività di qualificazione
dell’esatto contenuto e degli effetti degli atti tavolari e amministrativi, nonché di attività esegetica della legge da applicare, che costituiscono il della funzione giurisdizionale e non un’attività riservata alla P.A. (così, Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 18240 del 11 luglio 2018).
4.6. Per tale ragione, resta al di fuori del perimetro dei motivi inerenti alla giurisdizione (di cui all’art. 111, u.c., Cost., e all’art. 110 c.p.a.) la censura in esame con cui si denuncia un cattivo esercizio da parte del Consiglio di Stato della propria giurisdizione, prospettandosi una violazione nell’interpretazione di norme di legge che disciplinano il vincolo tavolare ed in particolare quelle relative alla presunzione di legittimità del vincolo, queste ultime neppure attinte dall’attività esegetica del giudice amministrativo.
5. Quanto al secondo profilo censorio concernente lo sconfinamento del giudice amministrativo nell’alveo dei poteri amministrativi, è doveroso premettere che esso è configurabile (i) quando l’indagine svolta dal medesimo giudice amministrativo ecceda i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, dimostrandosi strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, (ii) ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, evidenzi l’intento dell’organo giudicante di sostituire la propria volontà a quella dell’Amministrazione mediante una pronuncia che, in quanto espressiva di un sindacato di merito ed avente il contenuto sostanziale e l’esecutorietà propria del provvedimento sostituito, non lasci spazio ad ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa (Sez. U, 4 febbraio 2021, n. 2604; 24 maggio 2019, n. 14264; 26 novembre 2018, n. 30526; Sez. U, 8 luglio 2024, n. 18559). In questi casi si ritiene che vi sia un trapasso da una giurisdizione sulla legittimità dell’atto ad una giurisdizione sul merito della regolazione della vicenda sottoposta all’organo di giurisdizione amministrativa.
5.1. Nel caso in esame, non si ravvisa uno sconfinamento nel merito amministrativo, in quanto il Consiglio di Stato nel negare il diritto ad ottenere l’ordine di edificare il muro, ha anteposto, a fronte delle pretese del ricorrente, il limite eretto dall’art. 34, comma 2, c.p.a., che fa divieto al giudice di pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati, ovvero di sostituirsi all’amministrazione sul versante dei poteri decisori.
5.2. Considerato che la pronuncia di rigetto del giudice amministrativo si esaurisce nella conferma del provvedimento impugnato e non si sostituisce ad esso, non è ipotizzabile in tale tipo di pronuncia una invasione nella sfera del merito e quindi della discrezionalità e opportunità dell’azione amministrativa (Cass. Sez. Unite, n. 32619 del 2018; S.U. 24 maggio 2019, n. 14264; S.U. 08/07/2024, n. 18559; S.U. n. 29842 del 2024; S.U. 21 marzo 2025, n. 7530).
Il ricorso è quindi inammissibile.
6.1. Deve trovare applicazione il disposto dell’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c. -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. -con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge – in favore della cassa delle ammende (cfr. Cass. S.U., 13.10.2023, n 28540).
Deve ancora darsi atto che ricorrono le condizioni processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del c.d. doppio contributo.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando a sezioni unite, dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Cortina d’Ampezzo che liquida in euro 5.000,00, per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed
accessori come per legge; condanna, altresì, parte ricorrente al pagamento in favore della società RAGIONE_SOCIALE delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 4.000,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge; nonché, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. , al pagamento in favore dell’ente locale della somma di Euro 2.500,00 ed in favore della società RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 2.000,00.
Condanna, inoltre, il ricorrente al versamento di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma i bis dello stesso art. 13.
Così deciso in data 21 ottobre 2025, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione.
La Presidente NOME COGNOME