Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 8800 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 8800 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4207/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso gli Uffici dell ‘ Avvocatura dell ‘ Ente, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE CAPITALE;
– intimata –
avverso la sentenza non definitiva n. 6013/2022 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 14/07/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. –NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, nonché l’RAGIONE_SOCIALE impugnarono dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio la determinazione della Regione Lazio del 27 febbraio 2019 n. GNUMERO_DOCUMENTO (concernente la valutazione di impatto ambientale sul progetto di discarica per rifiuti inerti a RAGIONE_SOCIALE in località Malnome), la determinazione dell’8 marzo 2019 n. NUMERO_DOCUMENTO (per aver confermato il parere favorevole al progetto di apertura nell’area citata di una discarica di rifiuti inerti), nonché tutti gli atti ad essi presupposti, connessi e/o consequenziali, ivi compresa la valutazione di incidenza ambientale, redatta dall’area cd. VINCA con nota n. 288757.
Instaurato il giudizio contro la Regione Lazio e nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, i ricorrenti dedussero la illegittimità delle determinazioni impugnate perché in contrasto con l’Allegato 1, punto 1.2.1. e punto 1.2.2. del d.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, emanato in attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.
Le fonti normative sopra richiamate, secondo la prospettazione dei ricorrenti, avrebbero impedito la costruzione di una discarica per rifiuti in assenza di una barriera geologica naturale, necessaria per impedire la contaminazione del terreno, delle acque freatiche e delle acque superficiali: il citato Allegato 1, punto 1.2.2., infatti, nell’ammettere la possibilità di completare o rinforzare la barriera geologica naturale mediante una barriera artificiale, avrebbe implicitamente confermato la necessità, ai fini della ubicazione della discarica, della preesistenza di una barriera geologica naturale.
Pertanto, in ragione della totale assenza di un’originaria barriera geologica naturale -rimossa a seguito delle escavazioni del coltivatore della cava -i ricorrenti dedussero la illegittimità dei provvedimenti impugnati, stante la insussistenza dei presupposti per poter procedere alla ubicazione di una discarica per rifiuti inerti.
1.1. -Per i medesimi profili di illegittimità, i ricorrenti impugnarono, altresì, l’autorizzazione per l’esercizio della menzionata discarica, rilasciata in data 27 dicembre 2019 dalla Regione Lazio ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
1.2. – Trattenute entrambe le cause in decisione, il TAR per il Lazio: dapprima, con la sentenza n. 1756/2021, rigettò la domanda avente ad oggetto l’annullamento della autorizzazione di cui al richiamato art. 208; quindi, con la sentenza n. 1903/2021, dichiarò improcedibile il ricorso instaurato avverso la valutazione di incidenza ambientale, in ragione della sopravvenuta carenza di interesse ad agire conseguente al rigetto della impugnazione della anzidetta autorizzazione.
-Avverso la sentenza n. 1903/2021 proponevano appello gli originari ricorrenti, deducendo l’illegittimità della sentenza impugnata: a ) per non essersi il TAR pronunciato in merito alla impugnazione della VIA, in violazione degli artt. 112 c.p.c. e 35, comma 1, lett. c ), c.p.a.; b ) per non aver disposto l’annullamento
della valutazione di impatto ambientale in quanto adottata in violazione dell’Allegato 1 del d.lgs. 36/2003 nella parte in cui ha ritenuto legittima l’ubicazione della discarica, nonché l’annullamento di entrambi i provvedimenti impugnati poiché viziati sotto il profilo della carenza di attività istruttoria e di motivazione; c ) per non aver disposto l’annullamento della VINCA, in quanto adottata in violazione dell’art. 6 della direttiva 92/43 (c.d. Direttiva habitat ) e le Linee guida comunitarie in materia.
2.1. -Gli appellanti impugnavano, con motivi aggiunti, il documento tecnico che indirizzava sul sito in questione la collocazione della discarica di rifiuti urbani di RAGIONE_SOCIALE (che veniva scelto con ordinanza sindacale del 31 dicembre 2019) ed estendevano il contraddittorio anche nei confronti di Città Metropolitana di RAGIONE_SOCIALE Capitale. Tuttavia, stante la revoca della scelta di tale sito, effettuata dal Sindaco in data 26.04.2021, rinunciavano ai motivi aggiunti e notificavano l’atto di appello a Città Metropolitana di RAGIONE_SOCIALE Capitale, solo affinché questa ne prendesse atto.
2.2. In prossimità dell’udienza fissata per la discussione del gravame, gli appellanti depositavano memoria con la quale instavano per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE) sulla seguente questione interpretativa: « se è conforme alla direttiva 1999/31 allegato 1.1. b) e c) l’ubicazione di una discarica in un’area di vuoto di cava (pertanto priva di barriera geologica naturale originaria, come riconosciuto da parte controinteressata), nella quale è stata intercettata la falda originaria profonda ».
2.2. – Il Consiglio di Stato, con sentenza non definitiva n. 6013 del 14 luglio 2022, riteneva fondato il motivo in rito (in quanto la valutazione di impatto ambientale è atto autonomamente impugnabile) e, nel merito, ‘rigetta(va) i motivi di appello come precisato in parte motiva sub §§ 1021’ e ‘rinvia(va) alla Corte di
giustizia dell’Unione europea le questioni pregiudiziali indicate in motivazione’, sospendendo nelle more il processo e ‘riserva(ndo) alla sentenza definitiva ogni pronuncia in ordine alle spese ed onorari del presente giudizio’.
2.2.1. – La rimessione alla CGUE delle questioni pregiudiziali di interpretazione, ai sensi dell’art. 267 TFUE, veniva occasionata dalla definizione del secondo motivo in cui era articolato il gravame che, censurando -per quanto qui rileva -la illegittimità del provvedimento autorizzatorio, poneva un problema di interpretazione del punto 1.2.2., Allegato 1 del d.lgs. 36 del 2003, emanato in attuazione della direttiva 1999/31/CE, nella parte in cui individua le caratteristiche che la barriera geologica naturale (di cui al punto 1.2.1.) deve possedere affinché, garantita la protezione del suolo, delle acque sotterranee e delle acque superficiali, possa essere consentita la realizzazione di una discarica di rifiuti inerti.
Il punto 1.2.2., in particolare, dopo aver individuato i criteri di ‘permeabilità e spessore’ minimi che la barriera geologica naturale di cui sopra deve rispettare, prevede che essa ‘può essere completata artificialmente attraverso un sistema di barriera di confinamento opportunamente realizzata che fornisca una protezione idraulica equivalente’.
Il Consiglio di Stato rilevato che ‘né la normativa europea né quella interna individua un valore di impermeabilità minimo in ragion del quale la barriera geologica naturale possa dirsi esistente’ e richiamata la propria giurisprudenza sui criteri, di cui all’art. 2.4.2 dell’Allegato I al d.lgs. n. 36/2003, di permeabilità e spessore della barriera geologica del sito ove è esercitata la discarica per rifiuti speciali (secondo un ‘ragionamento’ estensibile ‘agli impianti per inerti’) – interpretava il punto 1.2.1., cit., nel senso che la ratio delle disposizioni in esame risiede nella circostanza per cui la realizzazione o la gestione di una discarica sia consentita allorquando possano essere assicurate le condizioni di
sicurezza del sito, ‘indipendentemente dal tipo di barriera’. In definitiva, la normativa di settore stabiliva, pertanto, ‘l’equivalenza, sotto il profilo delle garanzie ambientali, tra la barriera geologica naturale e quella artificiale’.
Sicché, il giudice di appello concludeva nel senso della ‘idoneità del sito dal punto di vista idrogeologico’ in quanto era ‘incontestato che il progetto autorizzato preveda la messa in opera sul fondo dell’invaso di un sistema di impermeabilizzazione e di uno strato di argilla compatta spesso un metro, le cui caratteristiche soddisfano il requisito normativo di permeabilità K 109 m/s previsto per le discariche di rifiuti non pericolosi ‘.
2.2.2. -Il Consiglio di Stato, quindi, pur escludendo ‘la ricorrenza di ragionevoli dubbi interpretativi nella soluzione da fornire alla questione pregiudiziale’, riteneva, però, che non fosse ‘possibile dimostrare con certezza che l’interpretazione da dare alle pertinenti disposizioni si affermi soggettivamente, con evidenza, anche presso i giudici nazionali degli altri Stati membri e presso la stessa Corte di giustizia’. Ciò rendendo di ‘difficile accertamento’ le condizioni per escludere -secondo la consolida giurisprudenza comunitaria ( Cilfit ) -l’obbligo di rinvio pregiudiziale gravante sul giudice di ultima istanza ex art. 267 TFUE, con conseguenti ricadute in punto di responsabilità civile di detto giudice ai sensi dell’art. 2, comma 3 -bis , della legge n. 117 del 1988 e di responsabilità disciplinare, per evitare le quali ‘il giudice nazionale è costretto a disporre un rinvio pregiudiziale pur che sia’.
2.2.3. – Il giudice di appello, pertanto, poneva alla CGUE tre questioni pregiudiziali: due sulla perimetrazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale di cui all’art. 267 TFUE e una, di carattere sostanziale, concernente l’esatta interpretazione dell’Allegato 1, d.lgs. 36 / 2003.
In particolare, erano posti i seguenti quesiti:
« A) se la corretta interpretazione dell’art. 267 TFUE imponga al giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, di operare il rinvio pregiudiziale su una questione di interpretazione del diritto unionale rilevante nell’ambito della controversia principale, anche qualora possa escludersi un dubbio interpretativo sul significato da attribuire alla pertinente disposizione europea -tenuto conto della terminologia e del significato propri del diritto unionale attribuibili alle parole componenti la relativa disposizione, del contesto normativo europeo in cui la stessa è inserita e degli obiettivi di tutela sottesi alla sua previsione, considerando lo stadio di evoluzione del diritto europeo al momento in cui va data applicazione alla disposizione rilevante nell’ambito del giudizio nazionale -ma non sia possibile provare in maniera circostanziata, sotto un profilo soggettivo, avuto riguardo alla condotta di altri organi giurisdizionali, che l’interpretazione fornita dal giudice procedente sia la stessa di quella suscettibile di essere data dai giudici degli altri Stati membri e dalla Corte di giustizia ove investiti di identica questione »;
« B) se -per salvaguardare i valori costituzionali ed europei della indipendenza del giudice e della ragionevole durata dei processi -sia possibile interpretare l’articolo 267 TFUE, nel senso di escludere che il giudice supremo nazionale, che abbia preso in esame e ricusato la richiesta di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto della Unione europea, sia sottoposto automaticamente, ovvero a discrezione della sola parte che propone l’azione, ad un procedimento per responsabilità civile e disciplinare ».
In via subordinata , per l’ipotesi in cui la CGUE ‘dovesse risolvere negativamente i precedenti quesiti’, veniva sollevata un’ulteriore questione pregiudiziale, ‘nei termini in cui la stessa è stata sottoposta dagli appellanti’:
« C) se è conforme alla direttiva 199/31/CE, Allegato 1, l’ubicazione di una discarica in un’area di vuoto di cava, priva di barriera geologica naturale originaria, o comunque caratterizzata da una barriera geologica di limitata consistenza, in particolare nell’ipotesi in cui vi sia il dubbio che, nel pregresso esercizio dell’attività di cava, sia stata intercettata la falda originaria profonda ».
-Per la cassazione della sentenza non definitiva n. 6013/2022 ricorrono NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidando a tre motivi le sorti della impugnazione, la quale non è stata estesa a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, nonché all’RAGIONE_SOCIALE.
Resistono con distinti controricorsi RAGIONE_SOCIALE e la Regione Lazio.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimata RAGIONE_SOCIALE Capitale.
-Nelle more del presente giudizio è intervenuta l’ordinanza della CGUE, del 27 aprile 2023 in C -482/22, che ha definito la domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Consiglio di Stato con la sentenza non definitiva impugnata in questa sede.
4.1. – La CGUE, sul primo quesito, ha così provveduto: « L’articolo 267 TFUE dev’essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità deve essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze
giurisprudenziali in seno all’Unione europea. Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte ».
4.2. – Dalla definizione in termini negativi del primo quesito, la CGUE ha ritenuto che non occorresse rispondere alla terza questione, vertente sull’interpretazione della direttiva 199/31/CE.
4.3. -La seconda questione -sull’insorgenza di responsabilità civile e disciplinare a carico del giudice nazionale di ultima istanza -è stata, invece, dichiarata ‘manifestamente irricevibile’, in quanto non rilevante ai fini della definizione del procedimento principale, avente ad oggetto l’annullamento di un atto amministrativo relativo alla valutazione di impatto ambientale di un progetto di impianto di discarica per rifiuti inerti.
-In prossimità della camera di consiglio hanno depositato memoria i ricorrenti (allegando anche le dichiarazioni dei litisconsorti processuali non evocati nel presente giudizio di essere a conoscenza della pendenza del giudizio di cassazione e di non avere interesse ad impugnare la sentenza non definitiva n. 6013/2022), nonché la RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Con il primo mezzo è prospettata, ai sensi degli artt. 360, primo comma, n. 1 e 362, primo comma, c.p.c., violazione dell’art. 111, comma ottavo, Cost. e dell’art. 267, paragrafi 1 e 2, TFUE, per avere il Consiglio di Stato travalicato i limiti esterni della sua giurisdizione e illegittimamente pronunciato nell’ambito riservato alla giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Il giudice amministrativo, infatti, sarebbe incorso nel vizio di difetto relativo di giurisdizione, poiché ha deciso, con sentenza non
definitiva, tutti i motivi di ricorso – che ha integralmente respinto e con essi anche quello che aveva ad oggetto la questione pregiudiziale di interpretazione del diritto dell’Unione (§ 15 della sentenza d’appello), avendo disposto il rinvio ex art. 267 TFUE unicamente al fine di decidere in merito alle spese processuali.
I ricorrenti, nel porre in rilievo che la presente controversia dà evidenza ad un caso diverso da quelli risolti dalla giurisprudenza di questa Corte (ossia, non già ad omesso rinvio pregiudiziale, bensì a rinvio ex art. 267 TFUE disposto dal giudice di ultima istanza), chiedono, quindi, che venga cassata ‘la parte di sentenza che ha deciso la questione pregiudiziale’ così da consentire alla CGUE di esaminarla nel fondo e, in via subordinata, che sia la stessa Corte di cassazione a disporre il rinvio pregiudiziale della ‘questione C’, ciò consentendolo il fatto che il quesito sulle norme comunitarie è stato già individuato e posto dal Consiglio di Stato.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
1.1.1. -Alla luce del più recente e ormai consolidato orientamento di queste Sezioni Unite, l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione – che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento) -, nonché di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici, senza che tale ambito possa estendersi, di per sé, ai casi di sentenze ‘abnormi’,
‘anomale’ ovvero di uno ‘stravolgimento’ radicale delle norme di riferimento (tra le altre, Cass., S.U., n. 8311/2019; Cass., S.U., n. 19675/2020; Cass., S.U., n. 15573/2021; Cass., S.U., n. 11549/2022; Cass., S.U., n. 14301/2022).
In altri termini, il controllo del limite esterno della giurisdizione che l’art. 111, comma ottavo, Cost., affida alla Corte di cassazione – non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo , anche per contrasto con il diritto dell’Unione europea, operando i limiti istituzionali e costituzionali del controllo devoluto a questa Corte, ‘i quali restano invalicabili, quand’anche motivati per implicito, allorché si censuri il concreto esercizio di un potere da parte del giudice amministrativo, non potendo siffatta modalità di esercizio integrare un vizio di eccesso di potere giurisdizionale’ (Cass., S.U., n. 12586/2019).
1.1.2. -In siffatto più ampio contesto, questa Corte ha avuto modo di precisare l’ampiezza del vizio integrante il difetto relativo di giurisdizione (rilevante ai fini dello scrutinio della presente censura) anche con specifico riferimento alla giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea.
A tal riguardo, si è avuto modo di distinguere l’ipotesi in cui un giudice speciale di ultima istanza abbia omesso di adire la CGUE, ai sensi dell’art. 267 TFUE, mediante rinvio pregiudiziale di interpretazione ovvero tramite rinvio pregiudiziale di validità.
1.1.2.1. -La censura concernente l’omesso rinvio pregiudiziale alla CGUE avente ad oggetto la questione circa la validità di atti del diritto dell’Unione è, in astratto, prospettabile ex art. 111, comma ottavo, Cost. dinanzi a questa Corte regolatrice della giurisdizione.
E ciò in quanto rientra nella competenza giurisdizionale esclusiva della Corte di giustizia decidere sulla validità degli atti dell’Unione di diritto secondario (Cass., S.U., n. 21641/2021).
Il giudice nazionale, in particolare, è libero di formare il proprio convincimento in ordine alla validità ovvero alla illegittimità di un atto di diritto secondario dell’Unione europea. Tuttavia, là dove dovesse convincersi nel senso della invalidità dell’atto non avendo la competenza, né il potere di dichiarare l’illegittimità e annullare un ‘atto compiuto dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione’ sarà obbligato (sia esso, o meno, giudice di ultima istanza) ad adire la CGUE mediante lo strumento del rinvio pregiudiziale di validità.
Come, infatti, precisato dalla stessa giurisprudenza eurounitaria (CGUE, 22 ottobre 1987, in C-314/85; CGUE, 13 dicembre 1994, in C-306/1993; CGUE, 6 dicembre 2005, in C461/03; CGUE, 10 gennaio 2006, in C344/04), l’esigenza dell’uniforme applicazione del diritto comunitario cui sono prodromiche le funzioni che l’art. 177 TFUE attribuisce alla Corte di giustizia -è particolarmente imperiosa quando sia in causa la validità di un atto dell’Unione, giacché l’esistenza di divergenze fra i giudici degli Stati membri sulla validità degli atti comunitari potrebbe compromettere la stessa unità dell’ordinamento giuridico comunitario.
Pertanto, qualora il giudice speciale nazionale dovesse definire la controversia pronunciandosi nel senso dell’invalidità dell’atto comunitario, tale sentenza potrebbe essere impugnata dinanzi a questa Corte ai sensi dell’art. 111, comma ottavo, Cost., concretizzandosi una esorbitanza dai limiti esterni della giurisdizione di detto giudice.
1.1.2.2. La doglianza con cui si prospetta l’eccesso di giurisdizione del giudice nazionale in caso di violazione dell’obbligo, ex art. 267 TFUE, di rimessione alla CGUE delle questioni concernenti l’interpretazione delle norme dell’Unione è, invece, inammissibile.
In particolare, come affermato da questa Corte in più di un’occasione (Cass., S.U., n. 31226/2017; Cass., S.U., n. 29391/2018; Cass., S.U., n. 24107/2020), una siffatta censura non integra un ‘motivo attinente alla giurisdizione’, rilevante ai sensi dell’art. 111, comma ottavo, Cost.: a ) né secondo un’interpretazione statica di giurisdizione intesa come riparto tra ordini giudiziari -, perché le norme sul riparto di giurisdizione, tipiche ed esclusive dell’ordinamento nazionale italiano, non contemplano la CGUE tra i destinatari del riparto stesso; b ) né secondo un’interpretazione dinamica di giurisdizione da intendersi come strumento di definizione della controversia prospettata, mediante l’applicazione del disposto normativo , in quanto la CGUE, nell’esercizio del potere di interpretazione di cui all’art. 267 TFUE, non opera come giudice del caso concreto, bensì come interprete di disposizioni ritenute rilevanti ai fini del decidere da parte del giudice nazionale, in capo al quale permane in via esclusiva la funzione giurisdizionale.
Sotto quest’ultimo profilo, va, infatti, rammentato che tra il giudice nazionale e la CGUE si instaura un rapporto non di alternatività, ma di complementarietà, per cui anche il primo si fa interprete del diritto dell’Unione, così da rivestire un ruolo di ‘giudice comune europeo’ (così anche Cass., S.U., n. 9479/2023).
Nello svolgimento di tale rapporto è ben vero che il giudice nazionale è, infine, vincolato dal decisum interpretativo della CGUE, ma rimane comunque l’esclusivo titolare della tutela in concreto dei diritti coinvolti nel giudizio (cfr. anche: Cass., S.U., n. 30254/2008; Cass., S.U., n. 16886/2013; Cass., S.U., n. 31311/2021).
E’, dunque, in forza di tali principi che deve escludersi che la sentenza impugnata in questa sede -con cui il Consiglio di Stato ha rimesso alla CGUE una questione pregiudiziale di interpretazione, sulla quale si era, però, già pronunciato -abbia esorbitato dai limiti esterni della giurisdizione amministrativa, con
conseguente appropriazione di una sfera di competenza giurisdizionale della CGUE.
1.1.3. -I ricorrenti, come detto, insistono (anche con la memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.) sul novum rappresentato dal motivo di impugnazione in esame, per cui a venire in rilievo non è una censura attinente al mancato rinvio pregiudiziale alla CGUE da parte del giudice nazionale di ultima istanza, bensì l’esercizio pieno del potere giurisdizionale rispetto ad una questione di interpretazione del diritto dell’Unione su cui lo stesso giudice amministrativo ha richiesto l’intervento della CGUE ex art. 267 TFUE.
Ciò nonostante, la differenza tra le due anzidette ipotesi è, però, soltanto apparente.
Risulta evidente che, nella specie, il Consiglio di Stato si è pronunciato in via definitiva sulla res controversa , negando il bene della vita preteso dalle parti ricorrenti (cioè, l’annullamento dei provvedimenti impugnati per mancata sussistenza dei presupposti che la legge richiede per la realizzazione/gestione di una discarica di rifiuti inerti) attraverso l’interpretazione (e, di conseguenza, l’applicazione) del par. 1.2.2. e 2.4.2., Allegato -1, del d.lgs. 36/2003, emanato in attuazione della direttiva 1999/31/CE.
Tanto trova decisiva conferma non solo nel § 15 della sentenza non definitiva n. 6013/2022, ma anche, e segnatamente, nel dispositivo della medesima sentenza, giacché il giudice amministrativo ha rigettato ‘i motivi di appello’ sui quali si fondava, nel ‘merito’, l’impugnazione ed ha espressamente riservato alla successiva sentenza definitiva soltanto ‘ogni pronuncia in ordine alle spese ed onorari del presente giudizio’.
In tal modo, la decisione si palesa chiaramente come adottata con sentenza parziale , residuando unicamente da definirsi il capo, accessorio, delle spese
processuali e ciò, per appunto, all’esito del disposto rinvio pregiudiziale alla CGUE.
La questione così decisa non è, dunque, suscettibile di essere rimessa in discussione nel proseguo del giudizio di appello, con la conseguenza -rilevante in questa sede -che il relativo accertamento è intangibile, indipendentemente dall’esito della decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea (poi effettivamente intervenuta nelle more del presente giudizio).
In altri termini, anche laddove la CGUE -superato lo scoglio preliminare delle censure attinenti ai presupposti del rinvio pregiudiziale -avesse interpretato il diritto unionale nel senso che la direttiva 1999/31/CE richiedesse, ai fini della realizzazione/gestione di una discarica di rifiuti inerti, l’esistenza di una barriera geologica naturale, tale decisum non avrebbe potuto comunque dispiegare i suoi propri effetti di vincolo interpretativo nella prosecuzione del giudizio di secondo grado quanto al ‘merito’ dell’impugnazione proposta dagli interessati (e, dunque, per tutela effettiva della rispettiva posizione soggettiva azionata), essendo il giudizio ormai destinato a dispiegarsi soltanto in relazione alla regolamentazione delle spese di lite.
Dunque, non si può non considerare come lo sviluppo della vicenda processuale in cui si è concretizzato l’esercizio del potere giurisdizionale del Consiglio di Stato si sia risolto pur sempre in un omesso rinvio pregiudiziale di interpretazione: questa volta, però, ‘in concreto’.
Il giudice amministrativo, in altri termini, ha sì formalmente rimesso la questione alla CGUE, ma, pronunciandosi definitivamente nel merito sull’oggetto della stessa, si è di fatto reso immune dagli effetti vincolanti della futura pronuncia del giudice comunitario, con conseguenze equivalenti rispetto a quelle che deriverebbero da una mancata rimessione della questione di interpretazione ab origine .
1.1.4. – La specificità della vicenda processuale in esame disvela, dunque, il concetto di omesso rinvio pregiudiziale non soltanto in astratto, inteso come mancata formale rimessione della questione, ma anche ‘in concreto’, nel senso di impossibilità della pronuncia interpretativa della CGUE di dispiegare effetti vincolanti nel giudizio rimettente.
Pertanto, pure nell’ipotesi in cui il giudice speciale di ultima istanza dovesse pronunciarsi, in via definitiva (e con effetti, dunque, di determinare il giudicato sul punto), nel merito di una questione pregiudiziale di interpretazione che abbia anche formalmente devoluto alla CGUE ex art. 267 TFUE, non potrebbero comunque dirsi travalicati i limiti esterni della giurisdizione (nella specie, amministrativa).
Anche il caso in esame dà evidenza, quindi, a fattispecie attinente alle modalità con cui il Consiglio di Stato ha esercitato la funzione giurisdizionale ad esso spettante, che -in disparte eventuali errori in procedendo e qualsiasi valutazione in ordine alla loro gravità – non può essere censurata in questa sede.
1.1.5. -L’inammissibilità del motivo, per le esposte ragioni, assorbe anche l’istanza dei ricorrenti rivolta a questa Corte di addivenire, essa stessa, al rinvio pregiudiziale sulla questione di interpretazione della direttiva 1999/31/CE, poiché, come detto, il potere attribuito alle Sezioni Unite dall’art. 111, ottavo comma, Cost. è soltanto quello di vagliare il rispetto, da parte del giudice speciale, dei limiti esterni della giurisdizione (nella specie, amministrativa), senza che, su tale attribuzione di controllo, siano evidenziabili norme dell’Unione europea su cui veicolare quesiti interpretativi (tra le altre: Cass., S.U., n. 1454/2022; Cass., S.U., n. 23657/2022; Cass., S.U., n. 25503/2022).
– Con il secondo mezzo è denunciata, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 1 e 362, primo comma, c.p.c., violazione dell’art. 111, co. 8, Cost., dell’art. 267, co. 3, TFUE, degli artt. 4,
co. 3 e art. 19, co. 1, TUE, e dell’art. 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), per avere il Consiglio di Stato errato nel pronunciarsi su una questione -cioè la corretta interpretazione dell’Allegato 1 della direttiva 199/31/CE -appartenente alla giurisdizione della CGUE.
Nella vicenda in esame, infatti, secondo la prospettazione dei ricorrenti, sussisterebbero tutti i presupposti che la giurisprudenza europea richiede per l’ottemperanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale di cui all’art. 267 TFUE: a ) la pertinenza della questione pregiudiziale di cui alla lettera ‘C’ rispetto alla definizione del giudizio da cui scaturisce la rimessione; b ) l’assenza di precedenti giurisprudenziali della CGUE sul punto; c ) la ricorrenza di ragionevoli dubbi in ordine alla corretta interpretazione e applicazione della normativa rilevante nel caso di specie.
Con il ricorso si sostiene, quindi, che andrebbe rivisitato l’orientamento interpretativo invalso nella giurisprudenza di legittimità dopo la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 21 dicembre 2021, in C-497/2020, RAGIONE_SOCIALE -concernente la insindacabilità dell’omesso rinvio pregiudiziale alla CGUE da parte del Consiglio di Stato -non essendosi la stessa Corte di giustizia mai pronunciata a tal riguardo. Un siffatto orientamento, negando la giurisdizione della giudice dell’Unione, si risolverebbe, pertanto, nella violazione dei principi di equivalenza e di effettività.
I ricorrenti chiedono, pertanto, che venga proposta ai sensi dell’art. 267 TFUE la ‘questione pregiudiziale non decisa nel merito’ dalla CGUE con la sentenza ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ del 2021 e segnatamente: « se gli artt. 4 comma 3 e 19 comma 1 TUE, nonché l’art. 267 III comma TFUE, letti alla luce dell’art. 47 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una disposizione di diritto interno che, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, ha
per effetto che i singoli, nell’ambito di un ricorso per cassazione avverso una sentenza del supremo organo amministrativo, non possano contestare il fatto che quest’ultimo organo giurisdizionale di ultima istanza abbia immotivatamente omesso di adire la Corte in via pregiudiziale e/o comunque abbia immotivatamente deciso la questione pregiudiziale ».
2.1. – Il motivo è inammissibile in tutta la sua articolazione, anche per ciò che attiene all’istanza di rinvio pregiudiziale rivolta a queste Sezioni Unite.
E lo è alla luce delle argomentazioni già svolte in sede di scrutinio del primo motivo (alle quali integralmente si rinvia), cui vanno aggiunte le considerazioni che seguono.
2.1.1. -Anzitutto, non è senza rilievo la circostanza per cui, nella specie, quello che si è definito essere un omesso rinvio pregiudiziale ‘in concreto’ è frutto, comunque, di una ragionata decisione del giudice amministrativo, che, come tale, già fa venire meno il presupposto stesso (ossia che l’omissione del rinvio ex art. 267 TFUE sia immotivata) perché la CGUE possa essere nuovamente sollecitata ad esprimersi sul tema (così anche la citata Cass., S.U., n. 29150/2023).
2.1.2. -In ogni caso, varrà osservare che, in effetti, la CGUE, con la citata sentenza del 21 dicembre 2021, in C-497/2020, non si è pronunciata nel merito della (seconda) questione pregiudiziale (posta da Cass., S.U., n. 19598/2020) concernente la compatibilità o meno al diritto dell’Unione (artt. 4, par. 3, e 19, par. 1, TUE, nonché art. 267 TFUE) di una disposizione di diritto interno che, come interpretata dalla prassi giurisprudenziale nazionale, impedisce la ricorribilità per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato che abbiano immotivatamente omesso di adire la Corte in via pregiudiziale, sebbene sussistessero incertezze in merito alla corretta interpretazione del diritto dell’Unione (§. 82, sentenza RAGIONE_SOCIALE c. RAGIONE_SOCIALE ).
Tuttavia, questa Corte ha già posto in evidenza -con argomentazioni che il Collegio condivide -che, sebbene quel quesito sia stato dichiarato irricevibile per difetto di rilevanza nel giudizio a quo , dal complesso della motivazione della sentenza della CGUE (in cui si ribadisce con nettezza il principio di autonomia procedurale degli Stati membri) si evince chiaramente che ‘ogni, e qualsiasi, violazione del diritto dell’Unione non è riconducibile ai motivi qui denunciabili, esito questo non in contrasto con l’ordinamento sovranazionale’ (così Cass., S.U., n. 17250/2022, da cui anche le citazioni che seguono; in termini anche Cass., S.U., n. 29105/2023).
Pertanto, ‘una volta che la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha affermato che nessun principio di diritto europeo impone al legislatore nazionale di contemplare nel diritto processuale interno la possibilità di proporre ricorso per cassazione in detta ipotesi’, la violazione dell’obbligo di rinvio rimane confinata nella violazione di legge, in guisa di error in procedendo , ‘che può dare luogo esclusivamente ad un irrilevante (in questa sede) rifiuto di giurisdizione in concreto, come accade in tutti i casi di mancato esame di una questione … e di omessa pronuncia, … censurabili soltanto quando siano stati giustificati con l’asserita estraneità della domanda alle attribuzioni giurisdizionali del giudice amministrativo’.
La questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia costituisce, dunque, elemento processuale interno al processo, senza che essa risulti suscettibile di divenire oggetto di autonoma valutazione nell’ambito del sindacato di cui all’art. 111, comma ottavo, Cost.
Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, non è l’insindacabilità , da parte di questa Corte regolatrice, della giurisdizione dell’omesso rinvio pregiudiziale da parte del giudice speciale di ultima istanza a poter configurare, di per sé, una
violazione, per un verso, del principio di equivalenza (essendo la limitata impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 111, ottavo comma, Cost. indipendente ‘dal fatto che tali ricorsi siano basati su disposizioni di diritto nazionale o su disposizioni di diritto dell’Unione’: § 60 sentenza ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘) e, per altro verso, del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo (art. 47 CDFUE), potendo questa consumarsi, semmai, solo nell’ambito del giudizio dinanzi a quel giudice e, quindi, trovare rimedio aliunde (ad es., nel poter i singoli far valere la responsabilità risarcitoria dello Stato membro: § 80 sentenza ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘).
3. – Con il terzo mezzo è dedotta, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 1 e 362, primo comma, c.p.c., violazione dell’art. 111, comma ottavo, Cost., per avere il Consiglio di Stato travalicato la sfera di competenza riservata al legislatore, incorrendo nel vizio del difetto assoluto di giurisdizione.
Il giudice amministrativo, nell’interpretare l’Allegato I punto 1.2.1. e 1.2.2. del d.lgs. n. 36/2003, applicabile ratione temporis (ossia, prima della modifica recata dal d.lgs. 3 settembre 2020, n. 121), avrebbe colmato in via pretoria il vuoto normativo concernente l’individuazione di un valore di impermeabilità minimo in presenza del quale la barriera geologica naturale possa dirsi esistente.
In particolare, nel creare illegittimamente una regula iuris rilevante nel caso concreto, il Consiglio di Stato ha stabilito l’equivalenza, sotto il profilo delle garanzie ambientali, tra barriera geologica naturale e artificiale, così da consentire la realizzazione di una discarica avente ad oggetto rifiuti inerti anche in quei casi in cui, nonostante l’assenza di una barriera naturale, la barriera artificiale realizzi un’adeguata copertura di impermeabilizzazione del suolo.
L’operazione di creazione normativa effettuata con la sentenza impugnata in questa sede sarebbe dimostrata anche dalla comparazione tra la norma applicabile ratione temporis al caso di specie, la proposta governativa del 2020 sottoposta a parere parlamentare n. 168 del 2020 e la norma attualmente vigente (successiva alle modifiche di cui al d.lgs. n. 121/2020), dalla quale -diversamente da quanto opinato dal Consiglio di Stato nel senso dell’indifferenza del tipo di barriera utilizzata, a parità di limiti di permeabilità – trasparirebbe in modo evidente la volontà del legislatore di negare un giudizio di equivalenza tra barriera geologica naturale e barriera geologica artificiale.
3.1. -Anche il motivo in esame è inammissibile.
3.2. -E’ principio consolidato (tra le molte: Cass., S.U., n. 1034/2019; Cass., S.U., n. 36899/2021; Cass., S.U., n. 10078/2023) che l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore, denunciato in sede di ricorso alle Sezioni Unite avverso sentenza di un giudice speciale (nella specie, del giudice amministrativo), è configurabile solo allorché detto giudice abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento abnorme o anomalo ovvero abbia comportato uno stravolgimento delle norme di riferimento, atteso che in questi casi può profilarsi, eventualmente, un error in iudicando , ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione.
L’ammissibilità del sindacato delle sezioni Unite non è, dunque, in rapporto con la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa.
Sicché, l’eccesso di potere per sconfinamento del giudice amministrativo nell’ambito riservato alla potestà del legislatore costituisce una evenienza estrema e al contempo marginale nell’esperienza del diritto, che è nella legge, ma anche nell’applicazione ed interpretazione che ne danno i giudici, ragion per cui se il giudice amministrativo ha compiuto un’attività ricostruttiva del sistema interpretando la norma in un certo senso, l’eventuale errore dallo stesso commesso non potrà trasmodare in eccesso di potere sindacabile da queste Sezioni Unite.
Con l’ulteriore precisazione, anch’essa patrimonio del diritto vivente, che la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111, comma ottavo, Cost., atteso che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione (Cass., S.U., n. 32773/2018; Cass., S.U., 10087/2020; Cass., S.U., n. 19175/2020).
Dunque, non integra una violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale il caso in cui il giudice speciale abbia colmato un vuoto normativo ricercando la voluntas legis applicabile nel caso concreto; e ciò anche quando questa sia stata ricavata non dal tenore letterale delle singole disposizioni, ma dalla ratio che il loro coordinamento disvela.
Tale attività, infatti, riguardando le modalità con cui l’attività giurisdizionale è stata esercitata resta insindacabile da questa
Corte, in quanto estranea al perimetro applicativo dell’art. 111, comma ottavo, Cost. (Cass. S.U., n. 8311/2019).
3.3. -Nella specie, l’attività interpretativa condotta dal Consiglio di Stato con la sentenza impugnata in questa sede è rimasta nell’alveo dell’esercitata funzione giurisdizionale.
Il giudice amministrativo, in particolare, dopo aver individuato la disposizione da applicare al caso concreto (par. 1.2.2. e par. 2.4.2., Allegato 1, d.lgs. n. 36 del 2003) e, dopo aver appurato che ‘né la normativa europea né quella interna, individua un valore di impermeabilità minimo in ragione del quale la barriera geologica naturale possa dirsi esistente’, ha rinvenuto nell’interpretazione funzionale delle disposizioni in esame lo strumento per colmare la lacuna legis .
La considerazione secondo cui l’Allegato 1, d.lgs. 36/2003 consentirebbe la realizzazione di una discarica di rifiuti inerti laddove siano comunque assicurabili, ed in concreto assicurate, le condizioni di sicurezza del sito, indipendentemente dal tipo di barriera (naturale, rinforzata artificialmente ovvero artificiale) è ricavata, in particolare: a ) dal punto 1.2.2., d.lgs. 36, cit., che si limita ad individuare i ‘valori minimi di permeabilità’ che una barriera deve possedere per consentire la realizzazione di una discarica di rifiuti inerti, indipendentemente dal fatto che tale barriera sia naturale o rinforzata da una barriera di confinamento artificiale; b ) dal punto 2.4.2., d.lgs. 36, cit., che consente, in caso di inadeguatezza della sola barriera geologica naturale a rispettare i limiti di cui sopra, il suo completamento mediante un sistema di barriera di confinamento opportunamente realizzato che fornisca una ‘protezione equivalente’.
Il Consiglio di Stato ha, pertanto, interpretato le disposizioni in esame chiarendo il loro significato attraverso la ratio legis ad esse sottesa; ratio non arbitrariamente ricostruita dal giudice
amministrativo, ma ricavata dallo stesso tenore letterale dei punti 1.2.2. e 2.4.2, letti in coordinamento tra loro.
Né può dirsi privo di qualsiasi rilevanza il richiamo giurisprudenziale che il giudice amministrativo ha effettuato alla propria stessa giurisprudenza, osservando, con riferimento ad un’ipotesi analoga (parametri stabiliti per la realizzazione di discariche per rifiuti speciali), che l’art. 2.4.2., Allegato I, d.lgs. n. 36, ‘disciplina puntualmente i criteri di permeabilità e spessore che devono essere posseduti dal substrato della base e dei fianchi (c.d. barriera geologica) del sito ove l’attività di discarica è esercitata, il cui soddisfacimento, nelle fattispecie concrete, deve essere accertato mediante indagini e perforazioni geognostiche’ (sez. V, sentenza n. 2683 del 17 maggio 2013).
3.4. – Infine, non risultano concludenti le censure che i ricorrenti affidano all’argomento della comparazione, diacronica, tra la norma ratione temporis applicabile al caso di specie e la successiva evoluzione normativa.
Anzitutto, con esse si viene a prospettare non già un’operazione di creazione normativa, quanto, piuttosto, una lettura delle norme implicate diversa da quella fornita dal giudice della controversia. E ciò al fine di indurre queste Sezioni Unite ad un sindacato sulla esattezza degli esiti interpretativi ai quali è pervenuto il Consiglio di Stato, ossia ad un sindacato che, però, non è consentito dall’art. 111, comma ottavo, Cost., in quanto impingerebbe nei limiti interni della giurisdizione amministrativa.
Ma va, altresì, evidenziato che, rispetto al dedotto profilo di censura, non è neppure probante la circostanza che il Consiglio di Stato abbia mancato di dare rilievo ermeneutico, nel ricostruire la voluntas legis , ad una mera proposta governativa che non si è tradotta in alcun atto normativo, giacché i lavori preparatori, pur rappresentando uno degli elementi utili per l’attribuzione di un certo significato all’enunciato normativo positivo, non costituiscono,
tuttavia, un elemento decisivo al riguardo, dovendo la legge (anche nella sua evoluzione diacronica) essere interpretata essenzialmente secondo il suo contenuto obiettivo.
-L’inammissibilità del ricorso rende irrilevante che lo stesso non sia stato proposto (e, quindi, notificato) nei confronti dei litisconsorti processuali, ossia gli appellanti, diversi dagli odierni ricorrenti, che hanno preso parte al giudizio di primo e di secondo grado; vizio rilevabile d’ufficio che, tuttavia, è stato eccepito anche dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE
Nella specie, trova, infatti, applicazione la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui in caso di inammissibilità del ricorso appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (tra le altre: Cass., S.U., n. 6826/2010; Cass. n. n. 15106/2013; Cass. n. 12515/2018; Cass. n. 8980/2020).
E tanto in via assorbente anche rispetto al profilo, pur rilevante, di acquiescenza all’impugnazione ex art. 329 c.p.c. dedotto dai ricorrenti con il deposito delle dichiarazioni delle parti pretermesse -aventi la medesima posizione processuale e sostanziale dei ricorrenti medesimi – di non avere interesse ad impugnare la sentenza non definitiva n. 6013/2022.
-La peculiarità della vicenda processuale giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio delle Sezioni