Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27699 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27699 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20358/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso in proprio;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO INDIRIZZO, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di LECCO n. 798/2018, depositata il 14/12/2018;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; le conclusioni rese dal Procuratore Generale nella persona del udite dott. NOME COGNOME;
udita la discussione orale dell’AVV_NOTAIO per parte ricorrente, e la discussione orale dell’avvocatessa NOME COGNOME, per parte controricorrente.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, nella sua qualità di condòmino del fabbricato sito in Lecco alla INDIRIZZO, impugnava la delibera assembleare del 27.04.2015 innanzi al Giudice di Pace di Lecco, lamentando -per quel che qui ancora rileva – che in una precedente delibera del 18.12.2014 il condominio aveva ritenuto non necessaria, in base alla normativa vigente, la redazione di una diagnosi energetica e la determinazione del criterio di ripartizione delle spese di riscaldamento in base alla norma UNI 10200, rifiutando le relative prestazioni dell’architetto NOME COGNOME per €. 2.500,00 salvo poi deliberare -con l’atto impugnato – il conferimento di analogo in carico a favore della RAGIONE_SOCIALE per la maggior somma di €. 4.000,00.
1.1. Il Giudice di Pace di Lecco rigettava il ricorso statuendo, con riferimento alla doglianza sopra riportata, che trattavasi non già di invalidità della delibera sotto il profilo della sua legittimità, quanto della contestazione dell ‘ opportunità e convenienza delle scelte operate dall’assemblea, come tale non sottoponibile al vaglio dell’autorità giudiziaria fuori dall’ipotesi dell’eccesso di potere, non ricorrente nello specifico.
1.2. La pronuncia veniva impugnata da NOME COGNOME innanzi al Tribunale di Lecco per omessa pronuncia sul motivo di impugnazione, con il quale l’allora attore in primo grado aveva sostenuto che l’incarico allo studio RAGIONE_SOCIALE era stato deciso e conferito dall’assemblea ad installazione già avvenuta da due anni, dunque ad impianto di termoregolazione già realizzato; tanto per errori giuridici di interpretazione delle norme da parte dell’amministratore.
Lamentava, altresì, il condòmino appellante il non aver ritenuto configurato l’eccesso di potere e la violazione di legge.
Il Tribunale di Lecco rigettava l’appello sostenendo che:
dalla lettura dell’atto di citazione per impugnazione della delibera del 27.04.2015 innanzi al Giudice di Pace non si comprendessero le violazioni di legge contestate. Il condòmino pare lamentare la tardività dell’incarico conferito alla RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe dovuto essere conferito già all’epoca della modifica dell’impianto di riscaldamento. Tale doglianza, tuttavia, viene resa nota solo nell’ultimo atto difensivo, ossia nelle note conclusive depositate all’udienza di precisazione delle conclusioni innanzi al primo giudice, sul quale atto non si è instaurato alcun contraddittorio con controparte. La doglianza, prosegue il giudice di seconde cure, è stata poi meglio articolata nel motivo d’appello, ma comunque di essa non v’è traccia alcuna nell’atto di citazione in primo grado. Non può, dunque, parlarsi di un’illustrazione più compiuta di ragioni oppositive già contenute nell’atto di citazione, bensì di veri e propri motivi nuovi: l’inammissibilità del motivo perché sollevato tardivamente in primo grado non ne permette il recupero in secondo grado come motivo d’appello avverso la sentenza gravata. In ogni caso, conclude il secondo giudice, la successiva iniziativa assembleare di recuperare ex post quanto in precedenza omesso non è di per sé illegittima e, anzi, appare volta proprio a conferire al precedente operato quella legittimità che mancava;
anche sotto il profilo dell’eccesso di potere, il giudice d’appello ritiene che in ogni caso anche se l’assemblea, su sollecitazione dell’amministratore, avesse conferito l’incarico professionale in discorso spinta dai motivi di impugnativa della precedente delibera del 18.12.2014 sempre da parte dell’odierno appellante, non per questo si
verserebbe in un eccesso di potere, ma al contrario risponderebbe ad un interesse comune riportare nel pieno rispetto della normativa in materia gli interventi già eseguiti sull’impianto di riscaldamento;
sempre sotto il profilo dell’eccesso di potere, precisa il giudice di seconde cure che il controllo del giudice preteso dal COGNOME attiene alla congruenza economica della delibera assembleare e, quindi, al merito della decisione dei condòmini, che esula dal sindacato giudiziale, non ricorrendo il vizio di eccesso di potere per il solo fatto che sia stata scelta una soluzione più costosa, rientrando ciò nell’esercizio del potere discrezionale spettante all’assemblea.
La suddetta pronuncia è impugnata per la cassazione da NOME COGNOME; il ricorso, affidato a tre motivi, è illustrato da memoria.
Resiste il Condominio di INDIRIZZO.
Il Pubblico Ministero si è espresso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione/falsa applicazione di norme di diritto e del procedimento (art. 1137 cod. civ., art. 112 -art. 163, comma 3, n. 4, cod. proc. civ. -art. 345 cod. proc. civ.), nonché del principio iura novit curia , sotto il profilo della delimitazione e trattamento della c.d. causa petendi e dell’individuazione della domanda. Il ricorrente contesta la qualificazione di nuovi motivi conferita dal giudice di appello alle argomentazioni contenute nelle note conclusive, le quali di contro si riferivano unicamente all’applicazione di norme di diritto che avrebbero, peraltro, dovuto essere rilevate dal giudice di primo grado e d’appello. Del resto, la stessa controparte aveva anticipato le difese riguardo agli approfondimenti fatti dall’attore nelle note conclusive, con ciò mostrando di aver ben chiaro quale fosse il motivo di impugnazione proposto, ossia l’aver deliberato l’installazione di un impianto di
termoregolazione e contabilizzazione calore del riscaldamento centralizzato condominiale, come previsto dalla Legge Regionale Lombardia e dagli artt. 25-26 e 28 della Legge n. 10/1991 e dalla normativa europea, senza la predisposizione preventiva di un «progetto» che accertasse se fosse «obbligatorio» installare quell’impianto, in quanto in grado di garantire un risparmio energetico economicamente vantaggioso ed efficiente. Conclude il ricorrente che l’identificazione delle norme di diritto utili per giusti ficare la domanda è riservata al giudice al quale spetta collocare i fatti e il petitum sotto le norme giuridiche ritenute idonee a giustificare quanto richiesto.
1.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Innanzitutto, come rilevato dal Pubblico Ministero, la doglianza non intercetta il contenuto motivazionale della decisione in appello, che si fonda non già su di un’erronea indicazione delle violazioni di legge contestate, quanto su un ‘ affermata confusa esposizione dei fatti di causa che hanno trovato una compiuta argomentazione esclusivamente nelle note di precisazione delle conclusioni dove parte ricorrente avrebbe anche «aggiunto elementi assolutamente mancanti nell’atto introduttivo e che rappresentano nuove ragioni di opposizione del tutto inammissibili perché tardive» (v. sentenza p. 4, righi 8-10).
Risultano, pertanto, inconferenti le pronunce di questa Corte richiamate in ricorso (pp. 40-44), che affermano un principio non pertinente al caso di specie, ossia il riconoscimento del potere del giudice in ordine alla ricerca della cornice normativa pertinente, anche nell’ipotesi di mancata o errata individuazione delle norme di diritto a cura del ricorrente.
1.1.1. Tanto precisato, il motivo è infondato, in quanto l’erronea interpretazione delle domande non è censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., perché non pone in discussione il
significato della norma ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. (per tutte: Cass. Sez. 6-1, n. 31546 del 03.12.2019).
In tal caso, il dedotto errore del giudice non si configura come error in procedendo , ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (Cass. n. 20718 del 13 agosto 2018).
2. Con il secondo motivo si deduce violazione/falsa applicazione di norme di diritto (art. 1137 cod. civ. -art. 1120 cod. civ. -art. 1421 cod. civ. -art. 2909 cod. civ. -art. 112 -art. 345, comma 2 cod. proc. civ. -art. 9 Direttiva Europea 2012/27/UE -art. 9 L.R. Lombardia n. 24/2006 e art. 17 L.R. Lombardia n. 3/2011 -Delibere Giunta Regione Lombardia N. IX/2601 Seduta del 30/11/2011 e N.X/1118 Seduta del 20/12/2013 e conseguenti «disposizioni operative» emanate come «atti normativi» -artt. 26 e 28 L. n. 10/1991 ): mancata rilevazione d’ufficio della nullità della delibera impugnata e contrasto con sentenza passata in giudicato. Il ricorrente si duole per la mancata dichiarazione di nullità d’ufficio della delibera del 27.04.2015 già rilevata dallo stesso giudice con la sentenza n. 754/2016, nei confronti della delibera del condominio RAGIONE_SOCIALE del 18.12. 2014, che costituisce il presupposto e l’antecedente necessario di quella in esame. Evidenzia, inoltre, il ricorso che il passaggio motivazionale sul punto è illogico e contraddittorio, essendo impossibile che una successiva iniziativa assembleare possa recuperare ex post quanto in precedenza omesso, e che possa conferire al precedente operato quella legittimità che mancava. Oltre al fatto che,
pur ammettendo questa possibilità, l’elaborato redatto dallo RAGIONE_SOCIALE, che per la Corte conferisce al precedente operato la legittimità che mancava, non contiene alcun adempimento e requisito che la normativa violata richiedeva: da qui discende l’inutilità della diagnosi energetica approvata con la delibera qui impugnata che, in quanto doveva servire a verificare la possibilità degli interventi, nell’ottica di garantire un risparmio energetico, una volta intervenuta ex post , ad impianto realizzato, nulla poteva aggiungere alle opere di installazione del sistema di termoregolazione e contabilizzazione del calore.
2.1. Il motivo è infondato.
Nel caso che ci occupa, la delibera del 27.04.2015 è stata impugnata dal COGNOME lamentando soprattutto il fatto che il nuovo incarico affidato alla RAGIONE_SOCIALE fosse economicamente più oneroso per il Condominio rispetto all’identico incarico rifiutato due anni prima all’AVV_NOTAIO. COGNOME. Detta doglianza, come si dirà al punto 3.1., non è censurabile innanzi all’autorità giudiziaria, in quanto non integra un’ipotesi d i eccesso di potere: essa si risolve nell’insindacabile esercizio del legittimo potere discrezionale dell’assemblea.
2.2. Quanto alla doglianza relativa alla tardività e inutilità dell’incarico conferito tardivamente alla RAGIONE_SOCIALE, questa Corte ha già avuto modo di precisare che «La delibera condominiale di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari, ai sensi dell’art. 26, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, in relazione all’art. 8, lett. g), della stessa legge, assunta a maggioranza delle quote millesimali, è valida anche se non accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui al successivo art. 28, comma 1, attenendo tale progetto alla fase di esecuzione della delibera. Le
suddette norme, nell’ambito delle operazioni di trasformazione degli impianti di riscaldamento destinate al risparmio di energia, distinguono infatti una fase deliberativa ‘ interna ‘ (attinente ai rapporti tra i condomini, disciplinati in deroga al disposto dell’art. 1120 cod. civ.) da una fase esecutiva ‘ esterna ‘ (relativa ai successivi provvedimenti di competenza della pubblica amministrazione), e solo per quest’ultima impongono gli adempimenti in argomento» (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 862 del 20/01/2015, Rv. 634146 -01; Sez. 2, Sentenza n. 1166 del 29/01/2002, Rv. 551953 – 01).
3. Con il terzo motivo si deduce violazione/falsa applicazione norme di diritto (artt. 1135 -1136 e 1137 cod. civ. -art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ.): mancato riconoscimento di un «eccesso di potere» da parte dell’assemblea e motivazione «apparente». Il ricorrente rileva che il vizio di eccesso di potere sia integrato dal fatto che l’assemblea condominiale, pur consapevole della necessità di far precedere ogni intervento sull’impianto di riscaldamento da una perizia tecnica (come accertato dalla sentenza n. 754/2016 del Tribunale di Lecco), in un primo momento ha deliberato per la non necessità di detta perizia, rifiutandone una prima proposta economicamente vantaggiosa; successivamente, ha affidato l’esecuzione della stessa ad altro perito, sostenendo costi maggiori. Si tratta, ribadisce il ricorrente, di scelte arbitrarie, frutto della volontà di pochi condòmini, rispetto alle quali la sentenza del giudice d’ appello risulta mancante di motivazione, nella parte in cui giustifica la decisione assembleare con l’esigenza di riportare a regolarità normativa l’attività tecnica eseguita in precedenza; circostanza questa che ad avviso del ricorrente non è possibile, visto che con una delibera successiva non si può sanare la nullità di una delibera. La sentenza, infine, appare illogica e scorretta laddove ha ritenuto che non via sia la possibilità di comparazione tra le
due prestazioni che, ad avviso del ricorrente, andrebbe condotta tra il documento dell’AVV_NOTAIO COGNOME e l’oggetto della delibera, e non con il contenuto della diagnosi energetica.
3.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha chiarito che l’eccesso di potere sindacabile dall’autorità giudiziaria è inteso quale controllo del legittimo esercizio del potere di cui l’assemblea medesima dispone, non potendosi invece estendere al merito ed al controllo della discrezionalità di cui tale organo sovrano è investito; ne consegue che ragioni attinenti alla opportunità ed alla convenienza della gestione del condominio possono essere valutate soltanto in caso di delibera che arrechi grave pregiudizio alla cosa comune, ai sensi dell’art. 1109, comma 1, cod. civ. ( ex multis : Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 15320 del 13/05/2022, Rv. 664798 -01; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5061 del 25/02/2020, Rv. 657265 – 01).
Nel caso di specie, la legittimità dell’esercizio del potere limitatamente alla violazione di legge o di regolamento, esclusa la valutazione sulla convenienza della gestione – non è stata messa in discussione dal giudice del merito, il quale -incidenter tantum – ha ritenuto legittima la delibera del 27.04.2015 che intendesse «sanare» la precedente decisione del 18.12.2014 in ordine agli interventi sull’impianto di riscaldamento privi di progetto e diagnosi prescritti dalla normativa vigente in materia di efficientazione energetica (v. sentenza p. 5, righi 11-13).
Non ha pregio, dunque, la censura attinente alla mancanza di motivazione, o motivazione illogica e apparente; vizio che ricorre nella diversa situazione in cui la motivazione, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il
ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 23123 del 28/07/2023, Rv. 668609 -01; Cass Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639 -01; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145; Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Cass. Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016).
3.2. Infine, deve dichiararsi inammissibile la doglianza nella parte in cui censura la motivazione per aver ritenuto incomparabili le due prestazioni (l’una dell’AVV_NOTAIO COGNOME, mai conferita dall’assemblea; l’altra dello RAGIONE_SOCIALE), trattasi di valutazioni di merito, estranee al sindacato di questa Corte.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza, come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 2.000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 20 marzo 2025.
La Relatrice NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME