Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30788 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30788 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1382-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata – avverso la sentenza n. 1116/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/06/2018 R.G.N. 587/2017;
Oggetto
R.G.N. 1382/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 17/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO CHE
INPS impugna la sentenza n. 1116/2018 della Corte d’appello di Milano che ha riformato la pronuncia con cui il medesimo Tribunale aveva respinto l’opposizione di RAGIONE_SOCIALE ad avviso di addebito emesso in relazione a contributi evasi nel periodo dicembre 2014/marzo 2015.
Il Tribunale aveva rilevato la decadenza della Cooperativa dai benefici di cui all’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 essendo risultate a suo carico violazioni degli obblighi contributivi accertate con il verbale ispettivo da cui era scaturito l’a vviso di addebito. La Corte territoriale ha, viceversa, annullato l’avviso, dando rilevo al fatto che, in data 8 aprile 2015, INPS aveva emesso documento di regolarità contributiva su istanza della cooperativa.
RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il PG ha depositato memoria scritta, concludendo per l’accoglimento del ricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 17 ottobre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.)
CONSIDERATO CHE
INPS propone un unico motivo di ricorso in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 e del Decreto Ministero del Lavoro 24 ottobre 2007 n. 28578, nonché in connessione con gli artt. 1175 e 1375 cod. civ.
Il motivo è fondato.
Emerge dalla sentenza impugnata e dalla ricostruzione effettuata in ricorso dall”Istituto: che la RAGIONE_SOCIALE aveva proposto opposizione ad un precedente avviso di addebito, concernente omissioni contributive per il periodo aprile 2012/aprile 2014, ed il giudizio si era concluso con sentenza passata in giudicato confermativa dell’avviso; che nella persistenza dell’inadempimento per il periodo di cui sopra la RAGIONE_SOCIALE, per il periodo dicembre 2014/marzo 2015, aveva presentato ad INPS dichiarazioni mensili uniemens ove affermava di avere diritto al pagamento della contribuzione in misura ridotta, per legittima fruizione di sgravi; che l’Istituto, in sede di verifica delle dichiarazioni, aveva constatato il persistente inadempimento con riferimento alle omissioni contributive connesse all’avviso oggetto del giudizio conclusosi in via definitiva, invitando alla regolarizzazione, pena la perdita del diritto agli sgravi; che la società non aveva adempiuto e l’Istituto aveva emesso l’avviso di addebito oggetto dell’odierno giudizio per il recupero del differenziale contributivo non pagato per il periodo dicembre 2014/marzo 2015; che la società aveva, infine, chiesto ed ottenuto il DURC in data 8 aprile 2015.
La Corte ha accolto il gravame valorizzando l’emissione del DURC, in questi termini: il documento è stato rilasciato ad aprile 2015 quindi copre certamente il lasso temporale cui si riferisce la pretesa oggetto di causa, attestando che la cooperativa risultava regolare con il versamento dei premi e accessori al 15.4.2015; non è precisato se l’attestazione è stata rilasciata ex art. 8 o ex art. 5 del DM 24 ottobre 2007 (quindi in relazione a ‘crediti iscritti a ruolo per i quali sia stata disposta la sospensione della cartella a seguito di ricorso amministrativo o giudiziario’ o onde attestare l’inesistenza di ‘inadempienze in atto’); l’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 prevede che ‘a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, all’assenza di violazioni nelle predette materie, ivi comprese le violazioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale’; pertanto, la cooperativa aveva già provato in primo grado la sussistenza dell’essenziale presupposto per il godimento degli sgravi poiché ‘il possesso del DURC integra gli estremi previsti dalla norma sopra citata per la fruizione dei benefici contributivi’.
Così concludendo, il collegio milanese è incorso nelle violazioni lamentate dall’Istituto.
Valga al proposito richiamare quanto di recente ribadito in Cass. n. 21378/2023: «questa Corte di legittimità, …in tema di sgravi ma esprimendo un principio di ordine generale, ha avuto modo di precisare, in tema di rilevanza ed effetti del documento di regolarità contributiva (DURC), che la circostanza che l’INPS non abbia provveduto a segnalare eventuali irregolarità ostative al rilascio del DURC non determina in alcun modo l’inesigibilità delle differenze contributive rispetto agli sgravi, non potendo rovesciarsi sull’ente previdenziale gli effetti dell’inosservanza degli obblighi inerenti la regolarità contributiva, che sono in primis del datore di lavoro, …(così Cass. n. 27107 del 2018, cui ha dato continuità Cass. n. 24854 del 2022; Cass. 15-12-2022, n. 36846)».
Deve convenirsi con il Procuratore Generale laddove osserva che il mero possesso del DURC, di per sé solo, non può essere inteso come dimostrazione ex se della regolarità contributiva e non può, quindi, essere considerato elemento che impedisce, di fatto, all’I stituto previdenziale di procedere al recupero di sgravi che risultino indebitamente fruiti, a ciò ostando le peculiari funzioni e finalità del documento nonché la lettera stessa dell’art. 1, comma 1175, cit. che qualifica il Durc come condizione necessaria ma non sufficiente per fruire dei benefici contributivi, posto che è altresì richiesta ‘l’assenza di violazioni nelle predette materie’ e restano ‘fermi gli altri obblighi di legge e il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale’.
Su un piano più generale, «è costante l’orientamento secondo cui, nascendo (ed essendo conformato) il rapporto di
obbligazione contributiva direttamente dalla legge, per modo che gli atti ed i procedimenti amministrativi posti in essere dagli enti previdenziali in ordine alla sua gestione possiedono natura meramente ricognitiva, le iniziative degli enti medesimi che siano dirette alla riscossione di contributi che, con precedenti determinazioni, gli stessi enti avevano ritenuto non dovuti non sono propriamente riconducibili alla figura dell’autotutela, quale espressione del potere autoritativo dell’amministrazione di provvedere in merito ad atti precedentemente emanati, e non sono pertanto assoggettabili alle relative garanzie formali e sostanziali (così già Cass. n. 256 del 2001); si è recentemente precisato che tale principio non può soffrire deroghe nemmeno in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 10, che tutela l’affidamento del contribuente, trattandosi di principio che va contemperato con l’inderogabilità delle norme tributarie, l’indisponibilità dell’obbligazione contributiva, la vincolatività della funzione di imposizione e l’irrinunciabilità del diritto ai contributi, con conseguente impossibilità di attribuire effetti vincolanti per sé e per il giudice ordinario alle determinazioni dell’ente concernenti la sussistenza e la misura dell’obbligazione contributiva, sotto pena di riconoscere agli enti previdenziali un potere normativo che sarebbe in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge di cui all’art. 23 Cost. » (così Cass. n. 36846/2022, che richiama n. 16865 del 2020).
Pertanto, alla luce dei sopra richiamati principi, cui i Giudici territoriali non si sono attenuti, il motivo di ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 17 ottobre