Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25709 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25709 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difes i dall’Avvocato NOME COGNOME
Ricorrenti
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato.
Controricorrente avverso il decreto n. 369/2022 della Corte di appello di Messina, depositato il 23.3.2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15.4.2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con ricorso ex art. 5 ter legge 24 marzo 2001, n. 89, depositato innanzi alla Corte d’ appello di Messina, COGNOME NOME chiese l’indennizzo per equa riparazione per l’irragionevole durata d i un giudizio avente ad oggetto il pagamento del proprio compenso professionale svoltosi dinanzi al tribunale di
Messina, introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo depositato il 25.3.2013 e definito, a seguito del giudizio di opposizione, con sentenza del 12.5.2020.
Il giudice designato dichiar ò inammissibile l’istanza ai sensi dell’art. 2, comma 1, legge n. 89 citata, per mancato esperimento del rimedio preventivo previsto dall’art. 1 -ter, comma 1.
Proposta opposizione, la Corte d’ appello, in composizione collegiale, con decreto n. 369 del 2022, la rigettò, rilevando che, diversamente da quanto assunto dal ricorrente, nel caso di specie la citata disposizione dell’art. 1 ter trovava applicazione ai sensi dell’art. 6, comma 3, in quanto alla data ivi indicata del 31.10.2016 il processo non aveva ancora superato il termine ragionevole di durata di tre anni. Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il termine iniziale del processo, ai fini dell’e qua riparazione, va infatti individuato alla data di notifica dell’atto di citazione in opposizione, avvenuta nel caso concreto il 14.11.2013, e non alla data del deposito del ricorso per ingiunzione.
Per la cassazione di questo decreto, con atto notificato il 28.9.2022, ha proposto ricorso COGNOME DomenicoCOGNOME sulla base di cinque motivi.
Il Ministero della Giustizia ha notificato controricorso.
Nelle more della trattazione del ricorso si sono costituiti COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 2, comma 2 bis, legge n. 89 del 2001, censurando il provvedimento impugnato per avere affermato che , ai fini della domanda di indennizzo per l’irragionevole durata del processo, nel caso in cui il giudizio presupposto sia di opposizione a decreto ingiuntivo, il computo della durata del processo vada compiuto individuando il dies a quo nella data di notifica dell’atto di opposizione, invece che nella data di deposito del ricorso per ingiunzione. Si assume che questa interpretazione è errata, da momento che, ai sensi dell’art. 2, comma 2 bis, legge n. 89 del 2001 , il processo si considera iniziato con il deposito del ricorso introduttivo, mentre l’ art. 643, comma 3, c.p.c., precisa che comunque la notifica del decreto ingiuntivo ‘determina la pendenza della lite’. Nel caso di specie, essendo stato il decreto ingiuntivo notificato l’8.10.2013, alla data del 31.10.2016, indicata dalla norma
transitoria dell’art. 6, comma 2 bis, il giudizio presupposto aveva pertanto già superato il termine di durata ragionevole di tre anni. Né, si aggiunge, possono ritenersi validi i precedenti contrari della Corte di Cassazione, richiamati dal decreto impugnato, risalendo essi ad una situazione normativa col tempo profondamente mutata.
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, legge n. 89 del 2001, in relazione all’art. 2, comma 2 bis e all’art. 2 bis, comma 1 quater stessa legge, assumendo che la decisione impugnata appare in contrasto con il precetto normativo secondo cui il processo si considera iniziato con il deposito del ricorso, il quale costituisce il primo atto del processo.
I primi due motivi di ricorso, che possono trattarsi congiuntamente per la loro connessione oggettiva, sono parzialmente accolti, nei limiti appresso precisati, con conseguente assorbimento degli altri, del resto proposti in via subordinata.
La questione di diritto sollevata dal ricorso riguarda l’interpretazione dell’art. 2, comma 2 bis della legge n. 89 del 2001, nella parte in cui dispone ‘ Ai fini del computo della durata il processo si considera iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la notifica dell’atto di citazione ‘. Il quesito concerne, nello specifico, se, con riferimento al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la data di inizio del processo debba essere individuata al momento del deposito del ricorso per ingiunzione oppure al momento della sua notifica o, ancora, alla data in cui è proposta opposizione.
La soluzione corretta appare quella di ravvisare nella data di notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo il momento in cui il processo, anche al fine del computo della sua durata ai sensi della legge n. 89 del 2001, ha inizio.
Tale conclusione trova sostegno ne lla puntuale disposizione contenuta nell’art. 643, comma 3 c.p.c., secondo cui la notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo ‘determina la pendenza della lite’. In base a questa disposizione, che ha un evidente carattere di specialità rispetto alla nozione di pendenza della lite accolta dalle norme generali sul processo (ex art. 39, comma 3, c.p.c.), la notifica del decreto ingiuntivo produce gli effetti sostanziali e processuali della
domanda. La ragione della datazione di tali effetti al momento della notifica del decreto rappresenta una scelta del legislatore mossa evidentemente dalla particolare struttura del procedimento per ingiunzione, il quale ha inizio con il ricorso con cui l’istante formula una domanda diretta esclusivamente al giudice e non all’altra parte, la quale in questa fase rimane del tutto estranea e può continuare ad esserlo, nel caso in cui il ricorso non sia accolto o il decreto ingiuntivo non sia notificato; soltanto con la notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo si instaura invece il rapporto con il debitore, che acquista conoscenza della pretesa della controparte e dell’ingiunzione del giudice unitamente all’avvertimento che potrà contestare entrambi con l’opposizione. La notifica del ricorso e del decreto equivalgono quindi, in base alla legge processuale, alla proposizione della domanda in giudizio, anche se la controversia è del tutto eventuale, restando rimesso alla volontà del debitore ingiunto.
Tanto stabilito, non vi sono ragioni per cui la disposizione processuale sopra indicata non possa trovare applicazione anche ai fini del computo della durata del processo ai sensi della legge sull’equa riparazione . La soluzione contraria potrebbe giustificarsi solo in forza della considerazione che l’art. 2, comma 2 bis, citato, nell’ individuare il termine iniziale del processo nel deposito nel ricorso introduttivo o nella notifica dell’atto di citazione, abbia portata derogatoria rispetto alla legge processuale, nello specifico riguardo all’art. 643 , comma 3, c.p.c. Una tale opzione non appare però convincente. L’art. 2, comma 2 bis citato non ha una valenza processuale ma sostanziale, essendo diretto a delineare la fattispecie in presenza della quale lo Stato riconosce alla parte il diritto all’equa riparazione . In conformità con la sua natura di diritto sostanziale, la disposizione va quindi intesa come diretta a richiamare, in generale e nel suo complesso, senza deroghe, la legge processuale e, quindi, anche, nel caso in cui il giudizio presupposto sia di opposizione a decreto ingiuntivo, la specifica disciplina dettata dalla legge in materia.
Le soluzioni alternative vanno quindi disattese. Quella accolta dal provvedimento impugnato, che individua il momento di inizio del processo presupposto nella data di notifica dell’atto di opposizione, dal momento che non considera la fase precedente della notifica all’ingiunto del ricorso e del decreto
ingiuntivo, in forza del quale si è perfezionata la postulazione della pretesa dell’ingiungente e si è instaurato un rapporto processuale tra le parti. Quella, avanzata in via principale dai ricorrenti, secondo cui la lite inizierebbe già con il deposito del ricorso monitorio, omettendo anch’essa di considerare il dato fondamentale, letterale e di carattere sostanziale, che l’art. 2, comma 2 bis, ricollega l’inizio del processo al deposito del ‘ricorso introduttivo’, laddove il ricorso monitorio instaura un procedimento inaudita altera parte , che esclude qualsiasi contraddittorio con il destinatario della pretesa fatta valere e che, per tale ragione, non può essere equiparato alle fattispecie in cui il giudizio è introdotto, anziché con atto di citazione, con ricorso.
Il decreto impugnato della Corte di appello di Mesina richiama, a sostegno della conclusione accolta, due precedenti di questa Corte, i quali hanno affermato che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la durata del processo va computata avendo riguardo al momento in cui il giudizio stesso ha avuto inizio con la notifica dell’atto di opposizione e non al momento in cui il decreto opposto è stato emesso (Cass. n. 21822 del 2012; Cass. n. 5540 del 2006).
Si osserva al riguardo che, come dedotto da parte ricorrente, le suddette pronunce debbono ritenersi superate e comunque non sono significative, essendo la disciplina attuale della legge Pinto, come risultante dalle modifiche introdotte da decreto-legge n. 83 del 2012, convertito con modificazioni nella legge n. 134 del 2012, che ha aggiunto il menzionato comma 2 bis all’art. 2 legge n. 89 del 2001, profondamente diversa da quella in vigore al momento in cui esse furono adottate. In particolare, va considerato che la legge n. 89 del 2001 all’epoca in vigore non contemplava alcun criterio univoco per l’individuazione del dies a quo della durata del processo, dando così luogo ad obiettive incertezze in ordine alla diversa tipologia dei procedimenti. A ciò può aggiungersi che la motivazione delle sentenze citate, condizionate in ciò evidentemente dai motivi di ricorso, si limitano ad una postulazione di principio, senza addurre alcuna argomentazione a sostegno della conclusione accolta.
L’errore ravvisato nella decisione impugnata ha carattere decisivo. Poiché infatti il decreto ingiuntivo risulta notificato l’8.10.2023, ne discende che alla data del 31. 10.2016, indicata dalla norma transitoria dettata dall’art. 6, comma 2 bis legge n. 89 del 2001, il processo presupposto già eccedeva la durata ragionevole di tre anni. Ai sensi di questa disposizione, pertanto, il comma 1 dell’art. 2, secondo cui la domanda di equa riparazione non è proponibile in caso di mancato esperimento dei rimedi preventivi, non trovava applicazione nel caso di specie.
Alla luce di tali considerazioni, che portano a superare anche le argomentazioni contrarie sollevate dall’Avvocatura dello Stato nel proprio controricorso, il ricorso va accolto, nei sensi di cui in motivazione, con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio della causa alla Corte di appello di Messina, che si adeguerà nel decidere al seguente principio di diritto: «la durata ragionevole del processo di opposizione a decreto ingiuntivo va computata, ai sensi dell’art. 2, comma 2 bis, della legge n. 89 del 2001, individuando come dies a quo la data della notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo».
Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie nei limiti di cui in motivazione i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri; cassa in relazione ai motivi accolti il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte di appello di Messina, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 15 aprile 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME