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Durata ragionevole processo: il calcolo unitario

La Corte di Cassazione ha stabilito che, per determinare la durata ragionevole del processo ai fini dell’equa riparazione (Legge Pinto), la fase di cognizione e quella successiva di ottemperanza devono essere considerate unitariamente. In un caso riguardante la richiesta di indennizzo per l’eccessiva durata di un precedente procedimento di equa riparazione, la Corte ha chiarito che il tempo totale si ottiene sommando le durate delle due fasi. Tuttavia, il periodo intercorso tra la fine della prima fase e l’inizio della seconda non deve essere computato, in quanto non considerato ‘tempo del processo’. La decisione della Corte d’Appello, che aveva valutato separatamente le due fasi, è stata annullata.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Equa Riparazione: Come si calcola la durata ragionevole del processo?

La lentezza della giustizia è un problema noto che affligge il sistema italiano, causando danni patrimoniali e non patrimoniali ai cittadini in attesa di una decisione. Per porre rimedio, la ‘Legge Pinto’ prevede un’equa riparazione. Ma cosa succede quando anche il procedimento per ottenere questo indennizzo diventa irragionevolmente lungo? Con l’ordinanza n. 4749/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale su come calcolare la durata ragionevole del processo in questi casi, specialmente quando alla fase di accertamento del diritto segue quella di esecuzione forzata contro lo Stato.

I Fatti del Caso

Una cittadina, dopo aver ottenuto un indennizzo per la lentezza di un primo processo, si è trovata a dover affrontare un’ulteriore lungaggine per ottenere quanto le spettava. Il procedimento per l’equa riparazione era durato quasi sette mesi, mentre il successivo giudizio di ottemperanza, necessario per costringere l’amministrazione a pagare, si era protratto per quasi un anno. La cittadina ha quindi avviato un nuovo ricorso per ottenere un indennizzo per l’eccessiva durata di queste due fasi.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto la domanda, considerando separatamente la durata dei due procedimenti. Poiché nessuno dei due, preso singolarmente, superava il limite di un anno, il giudice aveva concluso che non vi fosse stata una violazione della ragionevole durata.

La Decisione della Corte sulla durata ragionevole del processo

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso della cittadina. Gli Ermellini hanno stabilito un principio di diritto cruciale: ai fini del calcolo della durata ragionevole del processo per equa riparazione, la fase di cognizione (che accerta il diritto all’indennizzo) e la successiva fase di ottemperanza (che ne garantisce il pagamento) devono essere considerate in modo unitario.

Questo significa che le durate dei due giudizi vanno sommate per ottenere la durata complessiva del percorso giudiziario affrontato dal cittadino. Se questa somma supera il limite di ragionevolezza, scatta il diritto all’indennizzo.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su precedenti e consolidati principi giurisprudenziali. Richiamando una sentenza della Corte Costituzionale (n. 36/2016), ha ribadito che la durata ragionevole di un procedimento di equa riparazione è fissata in un anno. Inoltre, citando una propria pronuncia a Sezioni Unite (n. 19883/2019), ha affermato che la fase di cognizione e quella esecutiva (in questo caso, l’ottemperanza) costituiscono un unicum funzionale. Sarebbe infatti illogico tutelare il cittadino dalla lentezza del processo di accertamento per poi abbandonarlo di fronte a un’esecuzione altrettanto lenta.

Un punto fondamentale chiarito dalla Corte riguarda il ‘tempo morto’ tra la fine della fase di cognizione e l’inizio dell’ottemperanza. Questo lasso di tempo, che include anche un termine dilatorio di sei mesi imposto per legge prima di poter agire contro lo Stato, non va computato nel calcolo. Tale ritardo, infatti, è attribuibile all’inerzia dello Stato come amministrazione debitrice, non come organo giudiziario, e rappresenta un pregiudizio distinto dal ‘tempo del processo’.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza rappresenta una vittoria importante per i cittadini che lottano contro la burocrazia e la lentezza della giustizia. Il principio del calcolo unitario garantisce una tutela più completa ed effettiva. La Corte d’Appello di Napoli, a cui il caso è stato rinviato, dovrà ora ricalcolare la durata complessiva del procedimento sommando i due periodi (quasi 7 mesi + quasi 12 mesi), detrarre l’anno di durata ragionevole e liquidare l’indennizzo per l’eccedenza. Questa decisione rafforza il diritto a ottenere giustizia in tempi certi, anche quando il debitore è lo Stato stesso.

Come si calcola la durata di un processo per equa riparazione se include anche la fase di esecuzione (ottemperanza)?
La durata va calcolata unitariamente, sommando il tempo del procedimento di cognizione (che accerta il diritto) e quello del successivo giudizio di ottemperanza (per ottenere il pagamento).

Il tempo di attesa tra la fine del primo giudizio e l’inizio del secondo rientra nel calcolo?
No, il periodo intercorso tra la definizione del processo di cognizione e l’inizio del ricorso per l’ottemperanza non viene considerato ‘tempo del processo’ e quindi non si conta ai fini della durata irragionevole.

Qual è la durata ragionevole per un procedimento di equa riparazione secondo la legge?
Secondo la sentenza n. 36/2016 della Corte Costituzionale, la durata ragionevole per un procedimento presupposto di equa riparazione è determinata in un anno per grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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