Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2041 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2041 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi per procura alle liti in calce al ricorso dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO.
Ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, domiciliato presso i suoi uffici in Roma, INDIRIZZO.
Controricorrente-Ricorrente incidentale
avverso il decreto n. 11/2022 RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Genova, depositato l ‘ 1. 2. 2022.
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella pubblica udienza del 28. 11. 2023 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa e ragioni RAGIONE_SOCIALE decisione
Con ricorso ex art. 5-ter legge 24 marzo 2001, n. 89, depositato innanzi alla Corte d’Appello di Genova, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e
NOME, questi ultimi quali eredi di COGNOME NOME, chiedevano l’indennizzo per equa riparazione per l’irragionevole durata d i una procedura fallimentare svoltasi nei confronti RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, loro datrice di lavoro, iniziata il 14. 7. 1988 e terminata con il decreto di chiusura del fallimento in data 28. 11. 2019.
Il giudice designato accoglieva in parte il ricorso, liquidando a favore di COGNOME e COGNOME euro 1.600,00 ciascuno ed il medesimo importo in favore dei COGNOME, rilevando che la procedura dovesse ritenersi iniziata dal deposito RAGIONE_SOCIALE stato passivo e calcolando l’eccessiva durata RAGIONE_SOCIALE stessa in 4 anni, 1 mese e 15 giorni.
Proposta opposizione dai ricorrenti, la Corte d’Appello in composizione collegiale, con decreto n. 11/2022, la rigettava, affermando che correttamente era stato individuato il dies a quo , ai fini RAGIONE_SOCIALE durata RAGIONE_SOCIALE procedura, dalla data di ammissione dei crediti al passivo e non dal momento RAGIONE_SOCIALE loro richiesta di ammissione, in quanto solo da quel momento i creditori subiscono gli effetti RAGIONE_SOCIALE irragionevole durata RAGIONE_SOCIALE procedura e che la misura dell’indennizzo, calcolata in euro 400,00 per ogni anno di ritardo, fosse giustificata dalla considerazione che il giudizio presupposto coinvolgeva questioni di carattere patrimoniale e non diritti personalissimi. .
Per la cassazione di questo decreto, con atto notificato il 12. 4. 2022, hanno proposto ricorso le parti indicate in epigrafe, sulla base di tre motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso e ricorso incidentale, articolato su un unico motivo, cui i ricorrenti hanno resistito con controricorso. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio.
I ricorrenti in via principale hanno depositato memoria.
Con il primo motivo i ricorrenti in via principale denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 bis, legge n. 89 del 2001 e degli artt. 6, par. 1, e 13 CEDU, censurando la decisione impugnata per avere affermato che il termine iniziale RAGIONE_SOCIALE procedura fallimentare per i creditori, ai fini RAGIONE_SOCIALE durata ragionevole, debba essere fissato alla data in cui il loro credito è stato ammesso al passivo e non dal quella in cui hanno proposto istanza di insinuazione. Nella specie ciò ha impedito di considerare il lungo tempo trascorso tra le istanze di
insinuazione, presentate nell’ottobre 1988, ed il deposito RAGIONE_SOCIALE stato passivo, avvenuto in data 3. 10. 2009.
Sostiene il ricorso che la decisione è errata, in quanto la richiesta di insinuazione è la forma obbligata dalla legge per il riconoscimento di un credito nei confronti RAGIONE_SOCIALE procedura ed è equiparata, dall’art. 94 legge fall., alla domanda giudiziale. Ne discende che con la sua presentazione il creditore diventa parte RAGIONE_SOCIALE procedura e quindi titolare del diritto alla sua ragionevole durata, pena una sostanziale disparità di trattamento, a tale fine, tra il creditore che agisce nell’ambito del fallimento e quello che agisce in via ordinaria.
Sotto tale profilo il ricorso solleva, in via subordinata, eccezione di illegittimità dell’art. 2, comma bis, legge n. 89 del 2001, per come interpretato dalla Corte di appello, per contrasto con l’art. 3 Cost. e gli artt. 6 e 13 CEDU in relazione all’art. 117 Cost..
Il motivo è fondato.
Le ragioni illustrate nel ricorso sono condivisibili e conformi alla giurisprudenza di legittimità.
Nella specie questa Corte ha affermato che, in tema di equa riparazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE legge 24 marzo 2001 n. 89, il termine dal quale decorre il computo RAGIONE_SOCIALE ragionevole durata di una procedura fallimentare va individuato nella domanda d’insinuazione al passivo, atteso che è con essa che si instaura il rapporto processuale, mentre ciò che non rileva, e non può essere computato a tal fine, è unicamente il periodo anteriore, dopo la dichiarazione di apertura del fallimento, a cui il creditore è estraneo ( Cass. n. 20732 del 2011; n. 13819 del 2016; n. 2207 del 2010). Questa conclusione va confermata, risultando l’unica coerente con il disposto di cui all’art. 94 legge fallim., secondo cui il ricorso contenente la domanda di ammissione di un credito al passivo ‘ produce gli effetti RAGIONE_SOCIALE domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento ‘ . La soluzione appare, inoltre, in linea con le decisioni di questa Corte che, in tema di durata ragionevole delle procedure concorsuali, segnalano la necessità di considerare la procedura unitariamente, tenendo anche conto RAGIONE_SOCIALE proliferazione di giudizi connessi o RAGIONE_SOCIALE pluralità di procedure concorsuali interdipendenti (Cass. n. 23982 del 2017; Cass. n. 9254 del 2012; Cass. n. 8668 del 2012).
Ne discende che per i creditori la procedura deve ritenersi iniziata dal momento del deposito RAGIONE_SOCIALE loro domanda di insinuazione al passivo, a mente dell’art. 2, comma 2 bis, legge n. 89 del 2001, che, ai fini del computo RAGIONE_SOCIALE durata, fissa come dies a quo il deposito del ricorso introduttivo del giudizio.
Non rileva in contrario l’arresto di questa Corte n. 7864 del 2018, citato da decreto impugnato, che non costituisce un precedente contrario, atteso che le considerazioni svolte sul punto non appaiono correlate ai motivi ed al decisum , avendo la Corte, da un lato, disatteso il motivo secondo cui il termine di ragionevole durata deve farsi decorrere, per i creditori, dalla data RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di fallimento e non, come ritenuto dal giudice a quo , dalla domanda di insinuazione al passivo e, dall’altro, accolto il ricorso sulla base del principio che l’entità RAGIONE_SOCIALE pretesa azionata nel giudizio presupposto rileva unicamente ai fini RAGIONE_SOCIALE possibile riduzione dell’indennizzo, ma non consente la sua esclusione. Le osservazioni contenute in una sentenza o provvedimento del giudice non correlate, come rationes decidendi , alla statuizione adottata (c.d. obiter dicta ), non sono infatti vincolanti e non hanno pertanto valore, nella giurisprudenza di questa Corte, di precedenti (Cass. n. 3793 del 2019; Cass. n. 1815 del 2012).
Il secondo motivo del ricorso principale denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e 2700 cod. civ. in relazione a ll’art. 2, comma 2 bis, legge n. 89 del 2001, lamentando che la Corte di appello abbia ritenuto, con riguardo ai ricorrenti, di non poter fissare il dies a quo RAGIONE_SOCIALE procedura alla data del riparto parziale avvenuto nel 1996, quale prova RAGIONE_SOCIALE ammissione al passivo dei loro crediti, in mancanza RAGIONE_SOCIALE dimostrazione che essi ne avevano beneficiato.
Si sostiene, in contrario, che tale prova risultava dal rendiconto finale RAGIONE_SOCIALE procedura del 14. 5. 2015, da cui risultava l’esecuzione di riparti parziali, l’ultimo dei quali effettuato dalla curatela in data 2. 10. 1996, in favore dei lavoratori dipendenti RAGIONE_SOCIALE società fallita.
Il motivo va dichiarato assorbito in ragione dell’accoglimento del precedente motivo.
Il terzo motivo del ricorso principale denuncia violazione dell’art. 2 bis, comma 2, legge n. 89 del 2001, lamentando che la Corte di appello abbia calcolato la misura dell’indennizzo nell’importo annuo di euro 400,00, senza tenere conto dei criteri previs ti da tale disposizioni, con particolare riguardo all’esito, positivo per i ricorrenti, RAGIONE_SOCIALE procedura e del fatto che essi avevano fatto valere crediti da lavoro, volti a soddisfare le loro primarie esigenze di vita, adottando sul punto una motivazione del tutto incongrua.
Anche questo motivo va dichiarato assorbito, investendo il tema RAGIONE_SOCIALE liquidazione dell’indennizzo, che costituisce logicamente un posterius rispetto alla questione relativa alla determinazione del termine di non ragionevole durata del processo.
L’unico motivo del ricorso incidentale proposto dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 legge n. 89 del 2001, nonché dell’art. 75 cod. proc. civ., per avere la Corte liquidato in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME la stessa somma riconosciuta agli altri ricorrenti, omettendo di considerare che, avendo agito quali eredi di COGNOME NOME, per essi la durata del giudizio presupposto trovava il suo termine finale alla data del decesso RAGIONE_SOCIALE de cuius, avvenuta n el 1991, con l’effetto che nei loro confronti non poteva ritenersi consumata alcuna violazione del termine di ragionevole durata del processo.
Il motivo è fondato.
Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, nel caso in cui il ricorrente chieda l’indennizzo ai sensi RAGIONE_SOCIALE legge n. 89 del 2001 in qualità di erede RAGIONE_SOCIALE parte del giudizio presupposto, non può assumersi come riferimento temporale l’intero procedimento, ma si deve tenere conto soltanto del periodo di durata del processo fino alla morte RAGIONE_SOCIALE parte, potendo per il periodo successivo gli eredi agire in nome proprio, ma soltanto nel caso in cui si siano costituiti e per la durata del processo successiva alla loro costituzione ( Cass. n. 12096 del 2023; n. 17685 del 2021; n. 24771 del 2014).
Nel caso di specie i ricorrenti in via principale contestano la data del decesso RAGIONE_SOCIALE parte indicata dal RAGIONE_SOCIALE, spostandola dal 1991 al 1999, ma la contestazione non rileva ai fini RAGIONE_SOCIALE fondatezza del motivo, risultando
comunque che la Corte di appello non si è attenuta al principio di diritto sopra indicato, la cui applicazione nel caso di specie avrebbe richiesto un accertamento puntuale RAGIONE_SOCIALE data del decesso RAGIONE_SOCIALE parte nel giudizio presupposto.
In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, assorbiti gli altri motivi del ricorso principale. Il decreto impugnato è quindi cassato e la causa rinviata alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, che si adeguerà nel decidere ai principi di diritto sopra enunciati e provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, assorbiti gli altri motivi del ricorso principale; cassa in relazione ai motivi accolti il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 novembre 2023.