Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 324 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 324 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso iscritto al n. 10183/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME GENOVESE NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME GENOVESE NOMECOGNOME GENOVESE NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME NOME COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li r appresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME. Ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso gli uffici dell’avvocato AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende ex lege.
Controricorrente
l’8.
avverso il decreto n. 100/2021 della Corte di appello di Genova, depositato 11. 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28. 11. 2023 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con ricorso ex art. 5 ter legge 24 marzo 2001, n. 89, depositato innanzi alla Corte d’Appello di Genova, COGNOME NOME e gli altri ricorrenti in epigrafe indicati chiedevano l’indennizzo per equa riparazione per l’irragionevole durata d i una procedura fallimentare svoltasi nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE loro datrice di lavoro, iniziata il 27. 7. 2012 e terminata il 20. 1. 2020.
Il giudice designato respingeva il ricorso di equa riparazione, escludendo il superamento del termine di ragionevole durata della procedura, atteso che tra la data di ammissione al passivo dei crediti vantati dagli esponenti ( 8. 7. 2014 ) e quella di chiusura del fallimento non erano trascorsi più di sei anni.
Proposta opposizione dai ricorrenti, la Corte d’ appello in composizione collegiale, con decreto n. 100/2021, la rigettava, affermando che correttamente era stato individuato il dies a quo , ai fini della durata della procedura, dalla data di ammissione dei crediti al passivo e non dal momento della loro richiesta di ammissione, in quanto solo da quel momento i creditori subiscono gli effetti della irragionevole durata della procedura.
Per la cassazione di questo decreto, con atto notificato il 12. 4. 2022, hanno proposto ricorso le parti indicate in epigrafe, sulla base di un unico motivo.
Il Ministero della Giustizia ha notificato controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 bis, legge n. 89 del 2001 e degli artt. 6, par. 1, e 13 CEDU, censurando la decisione impugnata per avere affermato che il termine iniziale della procedura fallimentare per i creditori, ai fini della durata ragionevole, debba essere fissato alla data in cui il loro credito è stato ammesso al passivo
e non dal quella in cui hanno proposto istanza di insinuazione. Nella specie ciò ha impedito di considerare il periodo di quasi due anni intercorso tra le istanze di insinuazione, tutte presentate nell’ottobre 2012, ed il decreto di ammissione, intervenuto il 18. 7. 2014.
Sostiene il ricorso che la decisione è errata, in quanto la richiesta di insinuazione è la forma obbligata dalla legge per il riconoscimento di un credito nei confronti della procedura ed è equiparata, dall’art. 94 legge fall., alla domanda giudiziale.
Ne discende che con la sua presentazione il creditore diventa parte della procedura e quindi titolare del diritto alla sua ragionevole durata, pena una sostanziale disparità di trattamento, a tale fine, tra il creditore che agisce nell’ambito del fallimento e quello che agisce in via ordinaria.
Sotto tale profilo il ricorso solleva, in via subordinata, eccezione di illegittimità dell’art. 2, comma bis, legge n. 89 del 2001, per come interpretato dalla Corte di appello, per contrasto con l’art. 3 Cost. e gli artt. 6 e 13 CEDU in relazione all’art. 117 Cost.
Il ricorso è fondato.
Le ragioni illustrate nel ricorso sono condivisibili e conformi alla giurisprudenza di legittimità.
Nella specie questa Corte ha affermato che, in tema di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001 n. 89, il termine dal quale decorre il computo della ragionevole durata di una procedura fallimentare va individuato nella domanda d’insinuazione al passivo, atteso è con essa che si instaura il rapporto processuale, mentre ciò che non rileva, e non può essere computato a tal fine, è unicamente il periodo anteriore, dopo la dichiarazione di apertura del fallimento, a cui il creditore è estraneo ( Cass. n. 20732 del 2011; n. 13819 del 2016; n. 2207 del 2010 ). Questa conclusione va confermata, risultando l’unica coerente con il disposto di cui all’art. 94 legge fallim., secondo cui il ricorso contenen te la domanda di ammissione di un credito al passivo ‘ produce di effetti della domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento ‘. La soluzione appare inoltre in linea con le decisioni di questa Corte che, in tema di durata ragionevole delle procedure concorsuali, segnalano la necessità di considerare la procedura unitariamente, tenendo anche conto della proliferazione di giudizi
connessi o della pluralità di procedure concorsuali interdipendenti ( Cass. n. 23982 del 2017; Cass. n. 9254 del 2012; Cass. n. 8668 del 2012 ).
Ne discende che, per i creditori, la procedura deve ritenersi iniziata dal momento del deposito della loro domanda di insinuazione al passivo, a mente , ai fini del computo della dell’art. 2, comma 2 bis, legge n. 89 del 2001, che durata, fissa come dies a quo il deposito del ricorso introduttivo del giudizio.
Non rileva in contrario l’arresto di questa Corte n. 7864 del 2018, citato da decreto impugnato, che non costituisce un precedente contrario, atteso che le considerazioni svolte sul punto non appaiono correlate ai motivi ed al decisum , avendo la Corte, da un lato, disatteso il motivo secondo cui il termine di ragionevole durata deve farsi decorrere, per i creditori, dalla data della dichiarazione di fallimento e non, come ritenuto dal giudice a quo , dalla domanda di insinuazione al passivo e, dall’altro, accolto il ricorso sulla base del principio che l’entità della pretesa azionata nel giudizio presupposto rileva unicamente ai fini della possibile riduzione dell’indennizzo, ma non consente la sua esclusione. Le osservazioni contenute in una sentenza o provvedimento del giudice non correlate, come rationes decidendi , alla statuizione adottata ( c.d. obiter dicta ), non sono infatti vincolanti e non hanno pertanto valore, nella giurisprudenza di questa Corte, di precedenti ( Cass. n. 3793 del 2019; Cass. n. 1815 del 2012 ).
Il decreto impugnato è quindi cassato e la causa rinviata alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, che si adeguerà nel decidere al principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 novembre 2023.
Il Presidente NOME COGNOME