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Durata irragionevole processo: il ritardo si calcola

La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini dell’equa riparazione per la durata irragionevole processo (Legge Pinto), il calcolo del tempo deve partire dal momento del deposito del ricorso d’appello, senza escludere il periodo intercorso fino alla sua notifica alla controparte. La Corte ha chiarito che le disfunzioni del sistema giudiziario, come un lungo ritardo nella notifica, non possono ricadere sulla parte che subisce il ritardo. Pertanto, ha annullato la decisione della Corte d’Appello che aveva ridotto l’indennizzo escludendo tale periodo, affermando che l’intero lasso di tempo va computato.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Durata Irragionevole Processo: il Ritardo di Notifica si Conta Sempre

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14598/2024, ha affermato un principio fondamentale in materia di durata irragionevole processo: ai fini del calcolo dell’equo indennizzo previsto dalla Legge Pinto, si deve considerare l’intera durata del giudizio a partire dal deposito del ricorso, senza poter escludere il lungo periodo di tempo trascorso prima della notifica dell’atto alla controparte. Questa decisione ribadisce che le inefficienze del sistema giudiziario non possono ricadere sui cittadini.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da una richiesta di equa riparazione presentata dagli eredi di una cittadina per l’eccessiva durata di un processo previdenziale. Il giudizio originario era iniziato nel 2008 e si era concluso solo nel 2021. Inizialmente, la Corte di Appello aveva riconosciuto agli eredi un indennizzo. Tuttavia, a seguito dell’opposizione del Ministero della Giustizia, la stessa Corte, in diversa composizione, aveva drasticamente ridotto l’importo.

La ragione della riduzione risiedeva in un calcolo peculiare della durata. La Corte d’Appello aveva deciso di escludere dal computo totale un lasso di tempo di oltre quattro anni intercorso tra il deposito del ricorso in appello da parte del Ministero e la sua successiva notifica agli eredi. Secondo i giudici di merito, questo periodo era da considerarsi ‘neutro’ perché la parte appellata non era ancora a conoscenza della pendenza del giudizio e, quindi, non avrebbe subito un danno da attesa.

Il Calcolo errato della durata irragionevole del processo

Contro questa decisione, gli eredi hanno proposto ricorso in Cassazione. La loro tesi era semplice ma cruciale: è illegittimo operare una scissione temporale e considerare la pendenza del processo a partire da momenti diversi per le due parti. Se per chi presenta l’appello il processo inizia con il deposito, lo stesso deve valere ai fini del calcolo della durata complessiva, poiché da quel momento il sistema giudiziario ha il dovere di agire con celerità.

Escludere dal calcolo un ritardo di anni, dovuto unicamente a disfunzioni dell’ufficio giudiziario nel notificare l’atto, significherebbe vanificare lo scopo della Legge Pinto, che è proprio quello di sanzionare l’inefficienza dello Stato e risarcire il cittadino.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le argomentazioni dei ricorrenti. Gli Ermellini hanno chiarito che, secondo la Legge Pinto (art. 2, comma 2-bis), nei procedimenti che iniziano con ricorso, il processo si considera iniziato con il suo deposito in cancelleria. Questo momento segna l’inizio del computo per la durata complessiva.

Il principio è che la legge tutela l’interesse generale a una giustizia celere, e ogni ritardo non imputabile alle parti ma a disfunzioni dell’apparato statale deve essere considerato ai fini della valutazione della durata irragionevole processo. Il lungo periodo trascorso tra il deposito del ricorso e la sua notifica non può essere considerato una ‘sospensione’ o un ‘periodo neutro’. Al contrario, rappresenta una chiara manifestazione di inefficienza del sistema, esattamente la situazione che la Legge Pinto intende indennizzare.

La Corte ha specificato che la scissione degli effetti processuali tra appellante e appellato non ha alcuna rilevanza ai fini del diritto all’equa riparazione. Tutto il periodo successivo al deposito del ricorso, se la dilatazione dei tempi non è colpa delle parti, va calcolato per determinare la durata complessiva del giudizio.

Conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione riafferma con forza che il diritto a un processo di ragionevole durata è un pilastro del nostro ordinamento. Le disfunzioni interne agli uffici giudiziari, come un carico di lavoro eccessivo o ritardi procedurali, non possono essere usate come giustificazione per superare i termini ragionevoli e, soprattutto, non possono tradursi in un danno per il cittadino che attende giustizia. La decisione della Corte d’Appello è stata cassata e il caso è stato rinviato per una nuova valutazione che dovrà includere nel calcolo anche i quattro anni di ritardo, portando a una corretta rideterminazione dell’indennizzo.

Quando inizia a decorrere il tempo per calcolare la durata di un processo avviato con ricorso?
Secondo la Corte di Cassazione, ai fini della Legge Pinto, il processo si considera iniziato al momento del deposito del ricorso introduttivo in cancelleria. Questo vale per l’intera durata e per tutte le parti coinvolte.

Il ritardo nella notifica di un atto di appello può essere escluso dal calcolo della durata totale del processo?
No. La Corte ha stabilito che il periodo intercorso tra il deposito del ricorso in appello e la sua effettiva notifica alla controparte deve essere sempre computato. Tale ritardo è una disfunzione del sistema giudiziario e non può penalizzare la parte che lo subisce.

Un elevato carico di lavoro dell’ufficio giudiziario può giustificare la violazione del termine di ragionevole durata?
No. La giurisprudenza costante della Cassazione afferma che il superamento del termine ragionevole di durata non può essere giustificato dal carico di lavoro gravante sull’ufficio giudiziario. Il diritto al risarcimento si fonda proprio sull’inadeguatezza del sistema a fornire una risposta in tempi ragionevoli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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