Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1611 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1611 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12310/2023 R.G. proposto da: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
NOME;
– intimato – avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO DI SASSARI n. 11/2023, depositata il 06/04/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Ministero della Giustizia proponeva opposizione avverso il decreto emesso in fase monitoria dalla Corte d’Appello di Sassari, che riconosceva la durata irragionevole del procedimento presupposto condannando il Ministero al pagamento in favore di NOME COGNOME di €. 5.520,00.
A sostegno dell’opposizione, il Ministero rilevava che il procedimento presupposto (giudizio di opposizione a cartella esattoriale) era stato sospeso (dal 06.02.2009 al 30.07.2015) in attesa della definizione di un’altra controversia (causa di lavoro) da cui dipendeva la decisione della causa. Il Ministero evidenziava come il decreto impugnato si poneva in contrasto sia con l’art. 2, comma 2quater della legge n. 89/2001, sia con l’art. 4 della medesima legge in quanto – parametrando di fatto l’equo indennizzo anche alla durata del procedimento pregiudiziale – ha consentito al ricorrente di eludere il termine di decadenza previsto per la proponibilità della domanda di riparazione relativo alla causa pregiudicata.
Il giudice dell’opposizione accoglieva in parte l’istanza del Ministero della Giustizia, condannandolo a corrispondere ad NOME COGNOME la minor somma di €. 4.800,00. Per quel che qui ancora rileva, la Corte d’Appello di Cagliari-Sez. distaccata di Sassari applicava principio stabilito da questa Corte in virtù del quale la durata delle procedure fallimentari non può superare complessivamente 7 anni; oltre al fatto che la detrazione dal termine complessivo di durata del procedimento presupposto non è possibile a causa della mancata produzione degli atti della causa di lavoro pregiudicante.
Il decreto è impugnato dal Ministero della Giustizia per la cassazione, e il ricorso affidato ad un unico motivo.
Resta intimato NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso il Ministero deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 2quater , dell’art. 4 della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione l’art 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. L’Amministrazione ricorrente censura la pronuncia impugnata nella parte in cui fa erronea applicazione al caso di specie, relativo ad un giudizio ordinario, della giurisprudenza di codesta Corte di legittimità formatasi in tema di procedure concorsuali. Rispetto, infatti, ai giudizi ordinari la giurisprudenza di legittimità ritiene che vada sottratto il tempo in cui il processo è sospeso ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., come nel caso in discussione, posto che anche per il giudizio pregiudicante vale il principio della ragionevole durata la cui violazione può comportare il riconoscimento di un autonomo indennizzo. Pertanto, la Corte d’Appello, nel computare anche la durata del processo pregiudiziale, ha sostanzialmente violato gli artt. 2, comma 2quater e 4 della legge 89/2001. Il ricorrente, in particolare, censura il passaggio motivazionale in cui la Corte d’Appello ritiene di non poter operare alcuna detrazione dal termine complessivo di durata del procedimento pregiudicato la mancata produzione degli atti del procedimento pregiudiziale, posto che la circostanza che il processo presupposto sia stato sospeso per la definizione del giudizio pregiudiziale risultava pacifica tra le parti.
1.1. Il motivo è fondato.
A far data da Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 18197 del 16/09/2015 (Rv. 636464 – 01), che ha avuto modo di confrontarsi con la previsione di cui all’art. 2 comma 2quater della legge n. 89 del 2001, introdotto a seguito della novella del 2012 (D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134), è stato ritenuto da questa Corte che la disposizione, secondo cui non si tiene conto ai fini del computo della durata «del tempo in cui il processo è sospeso»,
include non solo l’ipotesi di sospensione ex art. 295 cod. proc. civ., ma tutte le altre ipotesi di sospensione, attesa l’ampiezza della formula introdotta dal legislatore del 2012, restando comunque salva la possibilità per la parte, che ritenga di aver subito un pregiudizio dall’eccessiva durata del processo pregiudicante, di proporre un’autonoma domanda di equa riparazione specificamente riferita a quest’ultimo giudizio (v. anche: Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 12001 del 13/04/2022, Rv. 664801 -01; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 16328 del 30/07/2020, Rv. 658750 -01; Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 5769 del 07/03/2017, Rv. 643259 – 01).
Nella motivazione della citata pronuncia n. 18197/2015 – oltre a darsi atto dell’impossibilità di poter dare séguito al diverso orientamento maturato in precedenza da questa Corte, a mente del quale, invece, anche i periodi di sospensione erano computati ai fini della durata ragionevole del processo presupposto, e ciò in considerazione dell’esplicita scelta del legislatore – è stato, altresì, affermato che tale scelta nel porre un vincolo all’interprete, il quale non può determinare la durata del processo comprendendo all’interno della stessa il periodo di sospensione per pregiudizialità, non pone neanche problemi dal punto di vista della compatibilità costituzionale e convenzionale della vigente disciplina. Infatti, pur nell’ambito di una disciplina chiaramente orientata a considerare in modo unitario il giudizio della cui irragionevole durata ci si duole, il legislatore non irragionevolmente ha ritenuto che non potesse essere addebitata all’amministrazione giudiziaria la durata derivata dalla sospensione del procedimento cui la domanda di equa riparazione si riferisce, restando peraltro impregiudicata la possibilità, per la parte che dall’eccessiva durata del giudizio pregiudicante ritenga di avere subìto un danno, di
proporre domanda di equa riparazione con specifico riferimento a tale procedimento e nei termini di decadenza ad esso riferibili.
La pronuncia impugnata merita, pertanto, di essere cassata, e il giudizio rinviato alla medesima Corte d’Appello in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento del ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia il giudizio alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda