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Durata irragionevole processo: calcolo e limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16040/2024, ha chiarito i criteri per il calcolo della durata irragionevole processo ai fini dell’indennizzo ex legge Pinto. Sebbene il giudizio di merito e quello di ottemperanza vadano considerati come un ‘unicum’, dal computo totale vanno esclusi i tempi morti tra una fase e l’altra e il periodo per il passaggio in giudicato della sentenza. La Corte ha rigettato il ricorso di alcuni cittadini contro un Ministero, stabilendo che la durata complessiva del loro iter giudiziario non superava la soglia di ragionevolezza legale.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Durata Irragionevole Processo: Guida al Calcolo del Tempo Indennizzabile

Il diritto a un processo in tempi ragionevoli è un pilastro fondamentale dello Stato di diritto. Quando la giustizia è troppo lenta, la legge Pinto (L. 89/2001) offre uno strumento di tutela: l’equa riparazione. Tuttavia, definire cosa si intenda per durata irragionevole processo e come calcolarla non è sempre immediato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su aspetti cruciali, in particolare sulla valutazione unitaria del giudizio di merito e di quello esecutivo, e sui periodi che restano esclusi dal computo dell’indennizzo.

I Fatti del Caso: Un Lungo Percorso Giudiziario

Un gruppo di cittadini aveva intrapreso un giudizio amministrativo nel 2000. Il percorso si è articolato in due fasi principali: una prima fase di cognizione, per l’accertamento del loro diritto, conclusasi dopo due gradi di giudizio alla fine del 2003, e una successiva fase di ottemperanza, necessaria per ottenere l’esecuzione concreta della sentenza favorevole, anch’essa protrattasi per due gradi e terminata nel 2007. Ritenendo eccessiva la durata complessiva, i cittadini hanno chiesto un indennizzo per l’irragionevole durata del processo.

Il Principio dell’Unicum Processuale

La Corte di Cassazione, richiamando un suo precedente orientamento delle Sezioni Unite, ha ribadito un principio fondamentale: ai fini del calcolo della durata, il processo di cognizione e la successiva fase di ottemperanza (equiparabile all’esecuzione forzata nel processo civile) devono essere considerati come un ‘unicum’. Non si possono valutare separatamente, come se fossero due procedimenti distinti. L’indennizzo, se dovuto, copre l’intera durata del percorso giudiziario fino all’effettiva soddisfazione del diritto riconosciuto dal giudice.

La Valutazione della Durata Irragionevole del Processo

Nonostante l’applicazione del principio dell’unicum, la Corte ha respinto la richiesta dei cittadini. L’analisi si è concentrata sul calcolo effettivo del tempo. La durata complessiva delle due fasi attive del processo (merito ed esecuzione) è risultata essere di 5 anni e 3 mesi. Secondo i parametri legali, la durata ragionevole per un processo di cognizione in due gradi è di 5 anni (3 per il primo e 2 per il secondo). La Corte ha ritenuto che la durata effettiva non superasse in modo significativo questa soglia, e quindi non vi fosse un ritardo indennizzabile.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha fornito chiarimenti essenziali su quali periodi debbano essere inclusi nel calcolo del ‘tempo del processo’ e quali no.

Cosa Rientra nel Calcolo

Il calcolo deve includere esclusivamente i periodi in cui l’autorità giudiziaria è effettivamente investita della causa. In pratica, si conta il tempo che intercorre dal deposito del ricorso o dell’atto di appello fino alla pubblicazione della relativa sentenza. Nel caso di specie, sono stati sommati i seguenti periodi:
1. Durata del primo grado di merito.
2. Durata del secondo grado di merito.
3. Durata del primo grado di ottemperanza.
4. Durata del secondo grado di ottemperanza.

Cosa Viene Escluso dal Calcolo

La Corte ha specificato che alcuni intervalli di tempo non possono essere considerati ‘tempo del processo’ e, pertanto, non contribuiscono a generare il diritto all’indennizzo.
* Il tempo per il passaggio in giudicato: Il periodo che la legge prevede affinché una sentenza diventi definitiva non è considerato un ritardo. È un tempo ‘ragionevole’ per definizione, stabilito dal legislatore per consentire l’esercizio del diritto di impugnazione. Peraltro, le parti possono accelerare questo processo notificando la sentenza.
* Il tempo tra la fine di una fase e l’inizio della successiva: Il ritardo dell’Amministrazione nell’adempiere spontaneamente a una sentenza, prima che il cittadino avvii il giudizio di ottemperanza, non è un ritardo del ‘processo’. È un ritardo dello ‘Stato-amministrazione’, non dello ‘Stato-giudice’. Questo tipo di pregiudizio non trova ristoro nella legge Pinto, che è diretta a indennizzare solo i ritardi nell’attività giurisdizionale.

Conclusioni

Questa ordinanza offre una guida preziosa per cittadini e avvocati. Conferma che il processo va visto nella sua interezza, sommando fase di merito e fase esecutiva. Tuttavia, stabilisce anche dei paletti chiari: non tutto il tempo che trascorre è indennizzabile. I periodi di inattività tra una fase e l’altra, così come i tempi tecnici previsti dalla legge, sono esclusi dal calcolo. La decisione sottolinea una distinzione cruciale tra il ritardo del giudice nel decidere e il ritardo della pubblica amministrazione nell’eseguire, precisando che solo il primo è oggetto della tutela offerta dalla legge sull’equa riparazione.

Come si calcola la durata di un processo ai fini dell’indennizzo quando c’è una fase di merito e una di esecuzione (ottemperanza)?
Le due fasi, cognizione ed esecuzione, devono essere considerate in modo unitario, come un unico processo (‘unicum’). La durata totale si ottiene sommando i periodi di tempo di ciascuna fase attiva del giudizio, dal deposito dell’atto introduttivo alla pubblicazione della sentenza per ogni grado.

Il tempo necessario perché una sentenza diventi definitiva (passaggio in giudicato) rientra nel calcolo della durata irragionevole?
No. Il tempo per il passaggio in giudicato è un periodo definito dalla legge e considerato ‘ragionevole’ per sua stessa natura, in quanto serve a garantire il diritto di impugnazione. Pertanto, è escluso dal calcolo del ritardo indennizzabile.

Il ritardo della Pubblica Amministrazione nell’adempiere a una sentenza, prima che venga avviato il giudizio di ottemperanza, è indennizzabile ai sensi della legge Pinto?
No. La legge 89/2001 indennizza il pregiudizio derivante dal ritardo dello ‘Stato-giudice’ nel definire un processo, non il ritardo dello ‘Stato-amministrazione’ nell’eseguire una decisione. Il tempo intercorso tra la fine della fase di merito e l’inizio di quella di ottemperanza è considerato ‘fuori’ dal processo e quindi non è computabile ai fini dell’equa riparazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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