Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23624 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 23624 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18202-2019 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 225/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 14/12/2018 R.G.N. 232/2017;
Oggetto
Effetto devolutivo appello
Doppia ratio decidenti
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 25/06/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/06/2024 dalla Consigliera AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
la Corte di appello di Potenza ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda del ricorrente volta ad ottenere il beneficio della rivalutazione contributiva per l’esposizione all’amianto, ai sensi della legge nr. 257 del 1992, durante lo svolgimento del l’attività lavorativa ;
a fondamento della decisione, i Giudici d’appello, condividendo sul punto quanto argomentato dal Tribunale, hanno ritenuto il diritto prescritto. Il dies a quo della prescrizione decennale decorreva dalla data del pensionamento, quale momento finale di doverosa consapevolezza, secondo l’ordinaria diligenza, della esposizione. Pertanto, in base ai dati di fatto rilevanti nella fattispecie concreta, il termine di prescrizione era maturato al momento di proposizione del ricorso introduttivo della lite;
i Giudici territoriali «per completezza di valutazione» rilevavano, anche, che la prova dell’esposizione qualificata non era desumibile dalla documentazione depositata in atti; in particolare, la consulenza espletata in sede penale non offriva elementi che consentissero di ritenere che il lavoratore fosse stato esposto «in modo qualificato» al rischio amianto. Invero, non era sufficiente lo svolgimento dell’attività lavorativa in un luogo nel quale fosse presente la sostanza nociva, richiedendosi piuttosto la prova dell’esposizione qualificata ;
ha proposto ricorso articolato in quattro motivi la parte privata. L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso;
il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in Camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE:
6. con il primo motivo, è dedotta la violazione dell’art. 2935 cod. civ. È censurata la sentenza di appello quanto alla individuazione del dies a quo del termine di decorrenza della prescrizione. Si assume che lo stesso deve fissarsi al momento della consapevolezza, da parte del lavoratore, all’esposizione ad amianto. Nel caso di specie, la Corte di appello avrebbe dovuto considerare, a tal fine, l’ist anza amministrativa di riconoscimento dell’esposizione alla sostanza nociva e non considerare il pensionamento quale evento certo di conoscenza del rischio lavorativo;
7. c on il secondo motivo è dedotto l’omesso esame di un elemento di fatto decisivo. La questione prospettata con il primo motivo è argomentata anche in termini di errore sui fatti. La Corte di appello non avrebbe valutato che solo nel momento in cui era diffusa la notizia del sequestro dello stabilimento per inquinamento ambientale e/o comunque alla data di presentazione all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE della istanza di certificazione era ravvisabile il presupposto di decorrenza della prescrizione (conoscenza e/o conoscibilità). Le censure del secondo mezzo evidenziano, altresì, sotto il profilo della violazione degli artt. 2727 e 2729 cod.civ., l’erroneità del ragionamento presuntivo dei giudici territoriali;
8. c on il terzo motivo è dedotta la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. per la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Assume il ricorrente che, con l’appello, la sentenza del Tribunale era censurata per avere dichiarato la prescrizione del diritto azionato. Il thema
decidendum era dunque circoscritto alla questione della prescrizione e, pertanto, la Corte di appello non avrebbe potuto pronunciare in punto di esposizione qualificata, se non travalicando i limiti del devoluto;
con il quarto motivo, infine, è censurata la statuizione con cui è stata esclusa l’esposizione qualificata all’amianto. Per il ricorrente, la Corte di appello non avrebbe fatto buona applicazione dei principi che affermano la sufficienza della rilevante pro babilità di un’esposizione. Ciò al fine di non rendere diabolica la prova richiesta al lavoratore.
ragioni di priorità logica-giuridica impongono di esaminare il terzo ed il quarto motivo;
il terzo motivo è infondato;
la Corte di appello, esaminato il profilo concernente l’estinzione del diritto per decorso del tempo, ha poi valutato anche quello relativo all’ insussistenza dei presupposti costitutivi del diritto alla rivalutazione contributiva. Rientra, infatti, nel potere del Giudice del gravame in senso stretto, qual è appunto il giudizio d’appello, il riesame dell’intera vicenda, nel complesso dei suoi aspetti, purché tale indagine non travalichi i limiti del devoluto (v. Cass. nr. 9202 del 2018; Cass. nr. 8604 del 2017; Cass. nr. 2973 del 2006) estendendosi cioè a punti decisivi della statuizione impugnata che, in assenza di contestazione, sono suscettibili di acquisire forza di giudicato. Entro questi limiti il Giudice dell’appello ha il potere di decidere, con gli stessi poteri dell’organo che ha emesso l’atto impugnato, con pronuncia che ha natura ed effetto sostitutivi di quella gravata. Nel caso di specie, i profili esaminati non erano in alcun modo preclusi alla Corte di appello, poiché il Tribunale si era arrestato al solo rilievo della prescrizione del diritto, senza ulteriori statuizioni. Pertanto, poiché l’art. 276 cod.proc.civ. non stabilisce,
all’interno delle questioni di merito, un preciso ordine nell’esame delle stesse (tra le tante, Cass. nr. 710 del 2024) e la questione di prescrizione configura una preliminare di merito (Cass. nr. 20726 del 2019; Cass. nr. 25553 del 2011), la Corte di appello di Potenza, dopo avere aderito ad una prima ratio decidendi, affermando la prescrizione del diritto, ha vagliato un secondo percorso argomentativo e giudicato insussistente anche l’esposizione qualificata del lavoratore al rischio amianto ;
in definitiva, la sentenza è sorretta da due rationes decidendi , distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata. Ciò, come di seguito si dirà meglio, rileva per l’esame delle successive censure ;
il quarto motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità;
in via generale, va osservato che l’ errore di diritto deve essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo ex art.366 nr. 4 cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione ( ex plurimis , Cass. nr. 16700 del 2020). Nel caso di specie, il ricorrente si limita a richiamare, quanto all’onere di allegazioni posto a carico di colui che agisce per ottenere il beneficio qui in discussione, alcuni precedenti della Corte che giudicano sufficiente la
deduzione della rilevante probabilità di esposizione all’amianto. Tuttavia, non chiarisce adeguatamente perché i precedenti siano riferibili alla fattispecie concreta. La Corte di appello, infatti, non ha affermato la rilevante probabilità della esposizione ad amianto e, poi, ha negato il diritto. I giudici territoriali hanno piuttosto ritenuto che non vi fosse «alcun elemento» per ritenere integrato il presupposto di legge. Le argomentazioni del ricorso, come sviluppate, non sono pertinenti rispetto al contenuto della decisione;
d a quanto innanzi, deriva l’inammissibilità anche dei primi due motivi di ricorso che, investendo nel complesso la ratio decidendi fondata sulla prescrizione del diritto, non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della sentenza impugnata. Si è, infatti, consolidata l’autonoma motivazione che parimenti sostiene la decisione e che riguarda, come si è detto , l’accertamento di insussistenza della esposizione all’amianto, perché oggetto del quarto motivo di ricorso, dichiarato inammissibile (sulla doppia ratio decidendi , tra le tante, Cass. nr. 710 del 2024 cit.);
in conclusione, il ricorso va, complessivamente, rigettato, con le spese che seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi
professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 giugno