Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20811 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20811 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28680-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza n. 2278/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/05/2022 R.G.N. 1120/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 27/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Lavoro privato Accertamento subordinazione
R.G.N. 28680/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 27/05/2025
CC
RILEVATO CHE
il Tribunale di Roma respingeva le domande di NOME COGNOME nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE di accertamento di rapporto di lavoro subordinato dall’1.7.2015 al 30.11.2016 con inquadramento al livello 3 CCNL Commercio e condanna al pagamento di differenze retributive, e accoglieva parzialmente la domanda riconvenzionale della società avente ad oggetto il saldo di fatture non pagate per € 65.750 ;
l a Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza di primo grado, nel contradditorio delle parti;
per la cassazione della sentenza d’appello ricorre NOME COGNOME con due motivi; controparte è rimasta intimata; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
preliminarmente, a fronte dell’istanza di parte ricorrente di interruzione del giudizio per cancellazione della società RAGIONE_SOCIALE osserva il Collegio che la cancellazione della società dal Registro delle imprese, se avvenuta dopo la proposizione del ricorso per cassazione, non è causa di interruzione del processo, benché comunicata dal difensore, atteso che nel giudizio di cassazione, dominato dall’impulso di ufficio, non sono applicabili le comuni cause interruttive previste dalla legge (Cass. n. 26452/2024, n. 6642/2024);
con il primo motivo, parte ricorrente denuncia (art. 360, n. 3 e n.5 c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 116, 253, 257 c.p.c., 2094, 2099 ss., 2104, 2106, 2697 c.c., per
omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia in ordine alla negata sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato;
3. il motivo è inammissibile, in quanto, in tema di ricorso per cassazione, non è ammessa la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. n. 3397/2024, n. 26874/2018, n. 19443/2011);
4. inoltre, la valutazione circa la sussistenza degli elementi dai quali inferire l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato costituisce un accertamento di fatto, rispetto al quale il sindacato della Corte di cassazione è equiparabile al più generale sindacato sul ricorso al ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito; la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro va correttamente individuata sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, con un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 14434/2015, n. 22846/2022, n. 11959/2023, N. 7168/2024, n. 14329/2024);
5. nel caso concreto, in fatto, la Corte d’Appello ha confermato integralmente la sentenza di primo grado, così realizzandosi ipotesi di cd. doppia conforme rilevante ai sensi dell’art. 348 -ter c.p.c. (ora art. 360, comma 4, c.p.c.) e dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.; la critica sulla scelta e valutazione dei cd. indici della subordinazione risulta, quindi, preclusa, atteso che, quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», con conseguente inammissibilità della censura ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni sono fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (v. Cass. n. 29715/2018, n. 7724/2022, n. 5934/2023, n. 26934/2023);
6. con il secondo motivo, parte ricorrente censura la sentenza impugnata (art. 360, n. 3, c.p.c.) per violazione degli artt. 2697, 2709, 2727 c.c., 113-115,116 c.p.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto sussistente la prova del credito azionato in via riconvenzionale sulla base di fatture commerciali e sulla scorta della mancata contestazione e omessa acquisizione di un documento sopravvenuto alla presentazione del ricorso;
7. il motivo è parimenti inammissibile;
8. spettano al giudice di merito la selezione e valutazione delle prove a base della decisione, l’individuazione delle fonti del proprio motivato convincimento, l’assegnazione di prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, senza necessità di esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga non rilevante o di enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni; infatti, il giudizio di Cassazione non è strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 15568/2020, e giurisprudenza ivi richiamata; Cass. n. 20814/2018, n. 20553/2021);
9. neppure è integrata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per cui occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; è, invece, inammissibile la diversa doglianza che il giudice di merito, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; la censura in esame si risolve in una contestazione della valutazione probatoria della Corte territoriale, riservata al giudice di merito e pertanto, qualora congruamente argomentata, insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 29404/2017, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019, S.U. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023);
non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione di controparte;
alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 27 maggio 2025.
Il Presidente
dott. NOME COGNOME