Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7168 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7168 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14391-2022 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 4166/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/11/2021 R.G.N. 1305/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/01/2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Retribuzione
–
rapporto privato
R.G.N. 14391/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 31/01/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Latina di rigetto delle sue domande dirette alla condanna della RAGIONE_SOCIALE, previo accertamento dell’esatta qualifica del ricorrente, del periodo lavorativo e delle mansioni svolte e comunque di ogni altro suo diritto, al pagamento del trattamento economico dovuto a titolo di differenze retributive, TFR, ferie non godute, lavoro straordinario, oltre accessori e versamento totale dei contributi;
la Corte distrettuale, previo riesame critico del materiale probatorio alla luce dei motivi di appello, confermava le valutazioni del Tribunale circa gli esiti dell’attività istruttoria svolta nel contraddittorio delle parti, giudicando non raggiunta la prova di quanto dedotto dal lavoratore a fondamento delle proprie rivendicazioni economiche (lavoro alle dipendenze della resistente continuativo dal 1997 al 2011, con periodi non regolarizzati, orario di lavoro e mansioni dedotti in ricorso) e chiaro e congruo il percorso logico-valutativo seguito in primo grado;
per la cassazione della sentenza d’appello ricorre NOME COGNOME; controparte è rimasta intimata; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
parte ricorrente, con unico articolato motivo, si duole di vizio di motivazione apparente. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., violazione o falsa applicazione di norme di diritto e illogicità o insufficienza della motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., in relazione agli artt. 115,
116, 421, 132, comma 2, n. 4, c.p.c., travisamento della prova, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.;
il ricorso è inammissibile;
rileva in primo luogo il Collegio che la Corte d’Appello ha confermato integralmente le statuizioni di primo grado, così realizzandosi ipotesi di cd. doppia conforme rilevante ai sensi dell’art. 348 -ter c.p.c. (ora 360, comma 4, c.p.c.) e dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., nel senso che, quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente pe r i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», con conseguente inammissibilità della censura ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni sono fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (v. Cass. n. 29715/2018, n. 7724/2022, n. 5934/2023, n. 26934/2023); rispetto a tali oneri il ricorrente è rimasto inadempiente;
si osserva, inoltre, che spettano al giudice di merito la selezione e valutazione delle prove a base della decisione, l’individuazione delle fonti del proprio motivato convincimento, l’assegnazione di prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, senza necessità di esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga non rilevante o di enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza
necessità di ulteriori acquisizioni; infatti, il giudizio di Cassazione non è strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 15568/2020, e giurisprudenza ivi richiamata; Cass. n. 20814/2018, n. 20553/2021);
neppure è integrata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per cui occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; è, invece, inammissibile la diversa doglianza che il giudice di merito, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; la censura in esame si risolve in una contestazione della valutazione probatoria della Corte territoriale, riservata al giudice di merito e pertanto, qualora congruamente argomentata, insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 29404/2017, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019, S.U. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023);
non è, infine, apprezzabile nella motivazione della sentenza impugnata la prospettata nullità procedimentale; secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105/2017; conf. Cass, n. 20921/2019), restando il sindacato di legittimità sulla motivazione circoscritto alla sola verifica della violazione del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, sesto
comma, Cost. (Cass. S.U. n. 8053 e 8054//2014, n. 23940/2017, n. 16595/2019); nel caso di specie, la Corte ha esplicitato adeguatamente il percorso logico-argomentativo che l’ha portata (così come il Tribunale) a ritenere carente la prova dei fatti posti a fondamento delle rivendicazioni attoree;
non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione di controparte; alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 31 gennaio