Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31028 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31028 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23589 – 2020 proposto da:
NOME COGNOME NOME VINCENZA e NOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Agropoli, presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dalla quale è rappresentata e difesa giusta procura in calce al controricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 545/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, pubblicata il 4/6/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal consigliere NOME COGNOME
letta la memoria della controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 18 giugno 2007, NOME COGNOME convenne in giudizio NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Eboli, chiedendo di dichiarare la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di compravendita immobiliare del 21 ottobre 2006, come rettificato il successivo 31 ottobre, con condanna dei convenuti al pagamento della somma di Euro 70.000,00, pari al doppio della caparra confirmatoria versata e al risarcimento degli ulteriori danni.
In particolare, l’attrice lamentò di non aver ricevuto tempestivamente, dai promittenti venditori, la documentazione relativa all’immobile promesso in vendita, consistente in un fabbricato e in una porzione di terreno derivante da frazionamento e di non aver potuto, in conseguenza, stipulare il mutuo bancario necessario all’acquisto.
1.1. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sostennero, invece, di aver messo tutta la documentazione necessaria a disposizione della promissaria acquirente, consegnandola all’avv. COGNOME suo legale e che, invece, ella non si era tempestivamente attivata, nonostante la diffida inviatele ex art. 1454 cod. civ; chiesero, pertanto, di dichiarare risolto il contratto e il suo diritto a trattenere la somma di E. 35.000,00, oltre all’ulteriore risarcimento danni.
Con sentenza n. 4149/2014, il Tribunale di Salerno preso atto delle contrapposte domande di risoluzione, comparati i rispettivi inadempimenti dei contraenti, dichiarò «la cessazione degli effetti del
contratto preliminare di compravendita», condannando NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME alla restituzione della sola somma di Euro 35.000,00, oltre interessi dal pagamento al soddisfo, rigettando ogni altra domanda e compensando le spese.
Con sentenza n. 545/2020, la Corte d’appello di Salerno rigettò l’appello di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Per quel che qui ancora rileva, la Corte d’appello confermò che gli appellanti avessero proposto una domanda riconvenzionale, che le dichiarazioni rese dal teste COGNOME non fossero rilevanti per loro genericità al fine di ritenere l’inadempimento di NOME COGNOME promissaria acquirente e che quest’ultima avesse immediatamente contestato il contenuto delle diffide ad adempiere.
Avverso questa sentenza, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidandolo a tre motivi, a cui NOME COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 36, 99 e 112 cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello qualificato erroneamente le loro eccezioni dirette a contrastare l’avversa pretesa quali domande riconvenzionali, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
1.1. Il motivo è inammissibile per sua formulazione perché in realtà è diretto ad ottenere da questa Corte, attraverso la denuncia di un vizio di ultrapetizione, una diversa interpretazione della comparsa di risposta.
Sul punto, invero, occorre precisare che l’interpretazione degli atti è attività propria del Giudice del merito: in conseguenza, la statuizione espressa sull’avvenuta proposizione di una domanda e sulla sua ricomprensione nel thema decidendum non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, perché tale vizio ricorrerebbe soltanto dopo aver stabilito l’erroneità dell’attività di interpretazione che, come tale, attiene a un momento logico precedente e, cioè, l’accertamento in concreto della volontà della parte (Cass. Sez. 2, n. 20718 del 2018 con richiami).
Ciò precisato, la C orte d’appello ha interpretato l’atto difensivo in primo grado di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in corretta applicazione dei criteri ermeneutici, privilegiando innanzitutto il dato letterale e valorizzando la formulazione delle conclusioni, in cui esplicitamente è stata richiesta la risoluzione delle due scritture intercorse tra le parti per esclusiva responsabilità dell’attrice, con la conseguente domanda di risarcimento dei danni; addirittura è stato rimarcato, in sentenza, che i convenuti, attuali ricorrenti, hanno esplicitamente dichiarato di limitare la loro domanda risarcitoria nei limiti della competenza di valore del giudice adito.
Questa motivazione – che si appalesa coerente in diritto e in fatto -non risulta adeguatamente censurata dai ricorrenti che si sono limitati a riportare alcuni principi interpretativi senza spiegare perché risulterebbero violati nella fattispecie.
Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n.4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. , i ricorrenti hanno sostenuto la nullità della sentenza per omessa o apparente motivazione sulla rilevanza delle dichiarazioni testimoniali rese dall’avv. COGNOME in riferimento all’in adempimento della promittente acquirente e sulla
rilevanza della raccomandata del 27/12/2006, quale prova dell’avvenuta consegna della documentazione.
2.1. Il motivo è infondato. Per principio ormai consolidato, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. 6 3, n. 22598 del 25/09/2018; Sez. 6 – 3, n. 22598 del 25/09/2018).
Nella specie, al contrario, la Corte territoriale ha espressamente valutato, a pag. 6 della sentenza, dal terzo capoverso, sia la deposizione dell’avv. COGNOME sia il contenuto delle raccomandate, escludendone la rilevanza probatoria in senso favorevole ai convenuti appellanti.
3. Infine, inammissibile è il terzo motivo, articolato in riferimento al n.5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., con cui i ricorrenti hanno lamentato che sia stato omesso l’ esame della prova testimoniale dell’avv. NOME COGNOME e della produzione delle due raccomandate attestanti la prima la consegna della documentazione richiesta dall’appellata e la seconda l’inoltro della diffida ad adempiere.
In disparte, infatti, ogni considerazione sulla proponibilità di una censura ex n. 5 soltanto quando l’esame del fatto decisivo sia stato effettivamente omesso e non, come accaduto nella fattispecie, quando l’esame sia stato effettuato, ma con risultati di fferenti da quelli
auspicabili per la parte, vi è che nella specie opera, ratione temporis (l’appello è stato proposto nel 2014 e il ricorso per cassazione pendeva alla data del 28/2/2023, come stabilito dall’art. 35 del d.lgs. n. 149/2022) la preclusione del l’ultimo comma dell’art. 348 ter, cod. proc. civ., secondo cui non sono impugnabili per omesso esame di fatti storici, ex n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., le sentenze di secondo grado che confermano la decisione di primo grado (c.d. doppia conforme) quando nei due gradi di merito le questioni di fatto siano state decise in base alle stesse ragioni o sulla base dello stesso iter logico del primo Giudice, anche quando il Giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. Sez. 6 – 2, n. 7724 del 09/03/2022).
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna dei ricorrenti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME al rimborso delle spese processuali in favore di NOME COGNOME, liquidate in dispositivo in relazione al valore della causa, con distrazione in favore dell’avv. NOMECOGNOME dichiaratasi antistataria .
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento, in favore di NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi
liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. NOMECOGNOME dichiaratasi antistataria.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda