Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15427 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15427 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7923/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro- tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME NOME ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME
Pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO
Pec:
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME e con il medesimo elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
Pec:
-ricorrente incidentalecontro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante protempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME NOME ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME
Pec:
-controricorrente all’incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 3096/2019 depositata il 25/07/2019.
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
la società RAGIONE_SOCIALE, cliente finale del servizio di somministrazione e vendita di energia elettrica svolto dal fornitore RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), propose opposizione a decreto ingiuntivo del Tribunale di Verona che, sulla base di fatture emesse dalla società fornitrice, le aveva ingiunto il pagamento della somma di € 144.601,38 , oltre interessi ai sensi del D.lgs. 231/2002, quale
corrispettivo a conguaglio dei maggiori consumi di energia elettrica somministrata e venduta alla RAGIONE_SOCIALE negli anni 2005-2010 a seguito di ricalcolo operato da RAGIONE_SOCIALE una volta verificato il malfunzionamento del contatore; allegò che il credito della fornitrice non esisteva anche in ragione del lamentato disservizio segnalato da RAGIONE_SOCIALE e chiese la condanna della RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni per illegittimo distacco dell’energia;
la RAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio, eccepì in via preliminare il proprio difetto di legittimazione passiva e chiese ed ottenne di essere autorizzata alla chiamata in causa di RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), quale proprio distributore, per essere manlevata per il caso in cui l’opposizione della COGNOME fosse stata accolta; rappresentò che RAGIONE_SOCIALE le aveva comunicato solo nel 2010 di aver erroneamente tarato un contatore installato presso la cliente fin dal 2004 e di aver emesso, a seguito del ricalcolo da parte di RAGIONE_SOCIALE dei conguagli dovuti per i maggiori consumi, le relative fatture; affermò di aver dato esecuzione al contratto stipulato con RAGIONE_SOCIALE e confermò la sussistenza del credito azionato sia nell’ an sia nel quantum ;
il Tribunale di Verona, acquisite prove testimoniali e disposta una CTU, accolse parzialmente l’opposizione sul presupposto che il rapporto contrattuale per la fornitura di energia elettrica fosse sorto tra l’attrice e la RAGIONE_SOCIALE, la quale riscuotendo i pagamenti era tenuta a rispondere delle anomalie delle fatturazioni; revocò il decreto ingiuntivo e condannò la NOME a versare alla RAGIONE_SOCIALE la minor somma di € 51.593,35 oltre interessi ; condannò altresì RAGIONE_SOCIALE a restituire a Multiut ility la somma di € 31.768,89 pari ai costi di trasporto non dovuti per gli anni 2005-2008, perché relativi a crediti prescritti; rigettò la domanda di danni formulata da ll’opponente e compensò tra le parti le spese di lite;
RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE, successore a titolo particolare ex art. 111 c.p.c. della RAGIONE_SOCIALE, propose appello lamentando l’erronea attribuzione di responsabilità per essere, invece, imputabile il ricalcolo dei consumi, risultati non dovuti, ad RAGIONE_SOCIALE, l’erronea applicazione delle norme sulla prescrizione, e l’erronea interpretazione della CTU; RAGIONE_SOCIALE, succeduta a RAGIONE_SOCIALE, si costituì in giudizio e propose appello incidentale chiedendo l’accoglimento della domanda di danni e solo in via subordinata la conferma della sentenza del Tribunale di Verona; RAGIONE_SOCIALE, succeduta ad RAGIONE_SOCIALE, si costituì in giudizio e propose appello incidentale per la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui era stata condannata a restituire a RAGIONE_SOCIALE la somma per il trasporto di energia risultata indebita;
la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 3096 pubblicata in data 25/7/2019, ha rigettato sia l’appello principale sia quelli incidentali compensando le spese del grado per il 50% e ponendo a carico di RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, in solido, il rimanente 50%;
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi;
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e proposto un ricorso incidentale affidato a cinque motivi;
RAGIONE_SOCIALE resiste al ricorso incidentale con controricorso;
le parti hanno depositato memoria;
MOTIVI DELLA DECISIONE
con il primo motivo del ricorso principale -violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo co. n. 4 c.p.c. la RAGIONE_SOCIALE chiede la cassazione della sentenza per omessa pronuncia sul motivo
di appello con cui aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva disposto la compensazione delle spese per reciproca soccombenza anche nel rapporto processuale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; rappresenta di aver chiesto con il quarto motivo di appello, di cui però non riporta il contenuto, l’integrale rifusione delle spese ponendole a carico della RAGIONE_SOCIALE e/o della RAGIONE_SOCIALE e che il motivo era stato disatteso perché il giudice d’appello, pur confermando la pronuncia di primo grado, non aveva spiegato le ragioni per le quali la compensazione delle spese potesse ritenersi coerente con le responsabilità addebitate ad RAGIONE_SOCIALE verso RAGIONE_SOCIALE; il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione del requisito a pena d’inammissibilità richiesto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., non risultando dalla ricorrente debitamente riportati nel ricorso gli atti e i documenti su cui fonda la mossa censura.
Deve per altro verso sottolinearsi che l’a sentenza risulta adotta in conformità al principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale il giudice d’appello, in caso di rigetto dell’impugnazione nel merito, può procedere alla modifica del capo di sentenza relativo alle spese del primo grado del giudizio soltanto nel caso in cui come nella specie vi sia un autonomo motivo di impugnazione relativo alle spese (Cass., 6-3, n. 23226 del 14/10/2013; Cass., 1, n. 14916 del 13/7/2020), ma non è obbligato a farlo; mentre nel caso in cui riformi la sentenza è tenuto a liquidare le spese sulla base dell’esito complessivo della lite, nel caso in cui la sentenza non sia riformata non è tenuto a modificare la pronuncia di primo grado sul capo relativo alle spese; né può ritenersi configurabile un vizio di omessa pronuncia nel caso in cui il giudice non si pronunci in modo espresso sul motivo di
appello relativo alle spese perché il rigetto del gravame comporta implicitamente il rigetto del capo relativo alle spese del primo grado;
né la ricorrente ha d’altro canto dimostrato che il motivo di appello sulle spese avesse per l’appunto una consistenza del tutto autonoma e slegata dall’esito del giudizio di merito , sicché legittimamente il giudice dell’appello ha implicitamente rigettato il motivo di impugnazione all’esito dell’integrale rigetto della mossa impugnazione;
con il secondo motivo violazione dell’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. per omessa pronuncia sulle istanze istruttorie e mancata ammissione di mezzi istruttori, orali e peritali formulate da RAGIONE_SOCIALE volte a dimostrare il momento di inizio della errata programmazione del contatore al momento della sua installazione il giorno 7 novembre 2004 quale fatto decisivo per l’ an del credito azionato -la ricorrente ripropone le medesime contestazioni relative all”errata taratura’ del contatore già rigettate sia dal giudice di prime cure sia dalla Corte d’Appello senza dimostrare che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni di merito fossero diverse;
con il terzo motivo -illegittimità ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. per omesso esame dei fatti storici riferiti all’andamento dei consumi negli anni 2006 e 2007 come verificati dal C.T.U. e rilevanti quali fatti gravi, precisi e concordanti ai fini dell’accertamento del credito per gli anni antecedenti al 2009 e 2010-conseguente illegittimità per violazione dell’art. 2729 c.c. la ricorrente censura la sentenza per non aver considerato gli elementi atti a comprovare la sussistenza di consumi più elevati negli anni 2006 e 2007;
i motivi sono inammissibili per violazione dell’art. 348 ter, IV co. c.p.c. in quanto, a fronte di una pronuncia c. d. ‘doppia conforme’ sugli elementi di fatto che la ricorrente pretende portare all’attenzione della
Corte prospettando un vizio di motivazione, la ricorrente non dimostra che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e d’appello sono diverse (Cass., 29715 del 2018); la doglianza relativa alla pretesa violazione dell’art. 2729 c.c. non è formulata secondo i criteri indicati da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto (si vedano i parr. 4 e ss., cui si rinvia); né la ricorrente osserva quanto statuito da Cass., L, n. 18611 del 30/6/2021 (conf. Cass., 2, n. 9054 del 21/3/2022 ed altre) secondo cui in tema di presunzioni la violazione dell’art. 2729 c.c. sotto il profilo dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per restare nell’ambito della violazione di legge, deve concentrarsi sull’insussistenza dei requisiti della presunzione nel ragionamento condotto nella sentenza impugnata, mentre non può svolgere argomentazioni dirette ad infirmarne la plausibilità criticando la ricostruzione del fatto ed evocando magari altri fatti che non risultino dalla motivazione, come nel caso di specie;
con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 92 c.p.c., per avere la sentenza disposto la compensazione delle spese del secondo grado di giudizio non come in primo grado per l’intero ma solo per il 50%, condannando RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE in solido alla rifusione dell’altro 50% a favore di RAGIONE_SOCIALE;
il motivo è infondato in quanto la parziale compensazione delle spese deriva dalla reciproca soccombenza conseguente al rigetto sia dell’appello principale sia di quelli incidentali ;
con il primo motivo -violazione/falsa applicazione degli artt. 112 cpc 132, secondo comma nn. 3 e 4 cpc -la ricorrente in via incidentale denunzia motivazione apparente sul motivo di appello con cui aveva chiesto l’ammissione di ulteriori prove testimoniali ed un supplemento di CTU per dimostrare che la data di inizio delle anomali rilevazioni di energia era quella del giorno 7 aprile 2004, data di installazione di un
nuovo contatore che permettesse di sostenere l’aumento di potenza richiesto da RAGIONE_SOCIALE; la sentenza di primo grado aveva rilevato che restava non provato in giudizio il momento in cui il contatore era stato erroneamente tarato in quanto le conclusioni del CTU erano meramente presuntive; tale valutazione è stata ribadita dalla sentenza d’appello che si è limitata ad aderire al ragionamento seguito dal primo giudice senza dare conto delle ragioni per declinare la richiesta di ammissione di nuovi testi o di una CTU;
il motivo è infondato, in quanto giusta orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità non è necessario un diniego espresso in relazione ad una istanza di rinnovo della CTU (Cass., 6-2, n. 5339 del 18/3/2015; Cass., 2, n. 26709 del 24/11/2020);
con il secondo motivo di ricorso -360 nn. 3 e 4 c.p.c. violazione/ falsa applicazione dell’art. 132, co. 2 n. 4 c.p.c, 156, 2° co. cpc 161 cpc. 118 disp. att. cpc, 111, 2° e 6° co. Cost- lamenta che la corte d’appello ha respinto l’appello incidentale con il quale aveva impugnato il capo della sentenza di primo grado contemplante la condanna del distributore a pagare a RAGIONE_SOCIALE la somma di € 31.768,89, a titolo di rimborso spese di trasporto energia non dovute senza dare un’adeguata motivazione ;
con il terzo motivo -360 nn. 3 e 4 c.p.c. per mancato rilievo della inammissibilità e nullità della domanda restitutoria svolta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per mancata indicazione della causa petendi , con conseguente violazione del diritto di difesa della terza chiamata e violazione e falsa applicazione degli artt. 163 n. 4 c.p.c. e dell’art. 164 c.p.c.censura il capo di sentenza con cui la corte di merito ha rigettato il suo appello incidentale volto ad ottenere la riforma della s entenza di prime cure che l’aveva condannata a restituire a RAGIONE_SOCIALE gli importi da quest’ultima pagati a corrispettivo di quella
quantità di energia elettrica che non era stata fornita; lamenta che la Corte d’Appello ha omesso di indicare nella sua decisione la causa petendi della domanda di restituzione costituita dall’art. 2033 c.c. e cioè dall’indebito oggettivo;
i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono infondati;
nell’impugnata sentenza la corte del merito ha fatto invero riferimento al documento NUMERO_DOCUMENTO dimesso da RAGIONE_SOCIALE e non contestato tra le parti da cui risultano emesse fatture a rettifica consumi per € 44.068,37, ed esclusi i periodi in relazione ai quali era maturata la prescrizione, ha confermato la statuizione di prime cure sulla debenza della diversa e minore somma di € 31.768,89; peraltro, come emerge dagli stessi atti menzionati dalla ricorrente, le ragioni a sostegno della domanda di ripetizione delle somme erano state oggetto di contestazione tra le parti sicché neppure è fondata la pretesa violazione del diritto di difesa per difetto del contraddittorio;
con il quarto motivo -60 nn. 3, 4 e 5 c.p.c. violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. anche in relazione alla mancata applicazione del principio di non contestazione, dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.la ricorrente denunzia omesso esame di alcune risultanze processuali, con conseguente motivazione perplessa e incomprensibile sul rigetto del proprio appello;
il motivo è inammissibile , risultando dalla ricorrente prospettata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. senza invero rispettare i criteri indicati da Cass. n. 11892 del 2016, ribaditi, in motivazione espressa, sebbene non massimata, da Cass. Sez. Un., n. 15698 del 2016 ed ora, ex multis , da Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020, secondo cui : ‘ In materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice
ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre. ‘ ‘ In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione ‘ ;
alle suestese considerazioni consegue il rigetto di entrambi i ricorsi con compensazione delle spese tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE e condanna delle medesime al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi, principale e incidentale. Compensa le spese del giudizio di cassazione tra le ricorrenti. Condanna le medesime società al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione,
che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle società ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato , pari a quello per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza